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Giu 12, 2015 - LeggerMangiando, romanzo storico    Commenti disabilitati su LeggerMangiando: La Carpa alla Birra di Frau Krause

LeggerMangiando: La Carpa alla Birra di Frau Krause

Mr.PyleBella vita e guerre altrui di mr. Pyle, gentiluomo, è un romanzo storico di Alessandro Barbero – il primo, credo, uscito la bellezza di vent’anni fa.

La vicenda è quella dell’eponimo giovane americano, diplomatico, gaudente e diarista che, inviato dal Congresso, attraversa mezza Europa napoleonica e la osserva con gli occhi di chi viene da un altro continente.

Tra palazzi e locande, vecchi ministri e belle donne, carrozze di posta e l’occasionale cannonata, Barbero ha l’aria di essersi divertito un mondo a scrivere un massiccio baedeker fittissimo di particolari e a caratterizzare il suo inaffidabile narratore, cui i piaceri della vita e lo spirito del turista interessano almeno quanto – se non più – della sua missione diplomatica.

E tra i piaceri della vita c’è senz’altro la cucina, e in particolare la carpa alla birra che Mr. Pyle assaggia in una locanda berlinese, tanto deliziosa da spingerlo a chiederne la ricetta. E la locandiera, Frau Krause, si dichiara incapace di dettare una ricetta, ma propone all’ospite straniero di guardarla cucinare, per annotarsi la ricetta da  sé, se proprio crede.

Quel che Mr. Pyle ne ricava è questo:

La ragazza , rimboccatasi le maniche, sventrò il pesce, ne cavò le interiora che finirono immediatamente ai gatti del cortile, poi ne fece scolare il sangue in un bicchiere d’aceto. Nel frattempo la padrona aveva aperto una bottiglia di birra, di quella che a Berlino chiamano bianca, e l’aveva versata nella pentola, insieme a una buona quantità di cipolle affettate. Adagiato il pesce in quel brodo, vi aggiunse sale, pepe e spezie, e il bicchiere di aceto in cui era scolato il sangue del pesce; poi mise la pentola sul fuoco. Ben presto la birra cominciò a bollire, e allora essa aggiunse un grosso pezzo di burro, che si sciolse rapidamente.
“Ecco!” dichiarò poi, trionfante. “Adesso il signore fa cuocere il pesce finché la birra non sia consumata, ma badi che bisogna lasciare una salsa sufficientemente densa.” “Ed è tutto?” “È tutto! Anzi no, povera me: un quarto d’ora o mezz’ora prima di servire si aggiunge un bicchiere di vino bianco, è molto importante.” Carpa-alla-birra-Secondi-di-pesce-250x212

E no, non è la ricetta più precisa del creato. Non c’è una dose, non c’è un tempo, non c’è nulla – ma è una piccola scena deliziosamente realistica. In fondo è la maniera in cui, duecento e dieci anni più tardi, ci comportiamo con le ricette di casa, giusto? A occhio, a spanne, a esperienza. E poi gli amici che ci chiedono le ricette levano gli occhi al cielo…*

Confesso di non avere mai sperimentato la carpa alla birra di Frau Krause**, quindi non so se posso raccomandare la ricetta. In fact, se qualcuno di voi – più disinvolto di me ai fornelli – decidesse di fare un tentativo, sarei grata di averne notizie.

Quel che posso raccomandare, invece, è il libro, ironica cavalcata alla scoperta dell’Europa – e di un Americano – del 1806.

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* Right: in realtà, mia madre si comporta così, e io levo gli occhi al cielo quando cerco di farmi dare una ricetta e lei comincia a parlare di “un po’ di burro”, o di cuocere “finché non ha il colore giusto.”

** All else apart, la sola idea di far dissanguare il pesce in un bicchiere è qualcosa a cui non voglio nemmeno pensare troppo.

 

Mag 27, 2015 - LeggerMangiando    Commenti disabilitati su LeggerMangiando: il Prosciutto agli Scalogni di Casa Buddenbrook

LeggerMangiando: il Prosciutto agli Scalogni di Casa Buddenbrook

188509I Buddenbrook, in realtà, è una miniera di ricette. Si riceve spesso, si mangia molto, e molti piatti vengono descritti in decorativo dettaglio, perché i pranzi dei Buddenbrook non sono soltanto fonte di calorie, ma un indice di stato sociale.

Il piatto più celebre e citato, forse, è il prosciutto al forno con gli scalogni del Capitolo Quinto, piatto forte del pranzo che consacra l’ascesa dei Buddenbrook appena insediati nella loro nuova dimora.

Sentiamo che dice Herr Mann:

“Di nuovo furono cambiati i piatti. E comparve un enorme prosciutto, rosso mattone, affumicato e cotto con una salsa di scalogno bruna e acidula e una tale quantità di verdure che ogni piatto sarebbe bastato a saziarli tutti. Lebrecht Kröger si assunse l’incarico di scalcare. Alzando leggermente i gomiti, gli indici distesi sul dorso del coltello e della forchetta, tagliò i pezzi sugosi con molta circospezione.”

Ora, mio padre, che adorava Mann e in particolare i Buddenbrook, insisté per anni perché mia madre gli cucinasse il prosciutto in questione – e mia madre si documentò, imbattendosi in un certo numero di ricette. Tutte cominciavano così:

Prosciutto agli Scalogni – per quindici persone.

Prendete un buon prosciutto disossato del peso di quattro chili, una bottiglia di porto e un chilo di scalogni…

20140108-091600

No, questo è l’irragionevole prosciutto. Lo stinco somiglierà di più… non so, a uno stinco.

E a questo punto mia madre invariabilmente si arrendeva. Un prosciutto disossato da tre o quattro chili? Quindici persone?  E in via sperimentale? Come invitare quindici persone per un esperimento culinario? E altrimenti, che fare con cinque chili di prosciutto e scalogni senza avere invitato dodici persone? E il guaio si è che i prosciutti sono quel che sono, e non è facile trovarne di dimensioni ragionevoli. Col tempo, tuttavia, la genitrice giunse a un compromesso – che vi passo così come l’ho trovato nel quaderno delle ricette:

Stinco di Maiale agli Scalogni

Ingredienti per quattro persone:

– 2 stinchi di maiale per un peso di circa un chilo*
– Buon vino rosso fermo
– 200 grammi di scalogni piccoli
– 1 cucchiaio di burro
– 1 cucchiaio di zucchero
– 1 cucchiaio di aceto balsamico
– olio e sale q.b.**

Mettete gli stinchi in una teglia da forno con un po’ d’olio, copriteli e cuoceteli in forno per un paio d’ore, girandoli spesso e bagnandoli di tanto in tanto con il vino rosso.

Intanto sbucciate gli scalogni e tagliateli a metà. A metà cottura aggiungeteli agli stinchi insieme al burro, allo zucchero e all’aceto. Salate e completate la cottura senza coprire – ma non stancatevi di girare gli stinchi di quando in quando. .

Se tutto è andato bene, gli stinchi dovrebbero essere lucidi e sugosi, e il fondo di cottura dovrebbe avere acquisito un bel colore  scuro e un delicato gusto agrodolce. Si sposa molto bene con le patate al forno.

Meno terrificante, non vi pare? E se dico che è ragionevole a farsi, non è la mia parola che dovrete prendere per buona ma quella di mia madre, che è una cuoca incomparabilmente migliore.

Confesso che personalmente non ho la minima intenzione di provarci – davvero: non saprei nemmeno da dove cominciare. Se siete più audaci di me (e non ci vuol molto), fatemi sapere come sarà andata, volete?

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* Non lasciatevi allarmare dalle proporzioni: il prosciutto era disossato, gli stinchi no.

** Una di quelle cose… Come diamine faccio a sapere quanto ne basta, eh? Eh?

 

Mag 20, 2015 - anglomaniac, LeggerMangiando, teatro    Commenti disabilitati su MangiarLeggendo: i Sandwich al Cetriolo di Algy Moncrieff

MangiarLeggendo: i Sandwich al Cetriolo di Algy Moncrieff

Expo, giusto?

Cose mangerecce in ogni dove… E allora, mi chiedo, perché noi no?

Dopo tutto nei romanzi e a teatro si mangia spesso e volentieri, giusto?

E allora che ve ne parrebbe se, a partire da oggi, ce ne andassimo settimanalmente in esplorazioni letterario-culinarie? Non faccio promesse sulla durata della faccenda: intanto cominciamo, poi si vedrà.

10123_2E cominciamo da Oscar Wilde, e dall’Importanza di Chiamarsi Ernesto, in cui si prende il tè due volte nel giro di tre atti, si sgranocchiano lingue di gatto, si beve limonata e ci si scambiano innumerevoli inviti a cena – con e senza musica. Principe di questa abbondanza culinaria è Algy Moncrieff, l’uomo che non sopporta chi non è serio in fatto di pasti. E infatti il primo tè lo si prende proprio a casa sua, accompagnato da pane e burro (nelle case migliori, I’ll have you know, la torta proprio non usa più) e sandwich al cetriolo fatti preparare espressamente per la terribile Zia Augusta. In realtà poi i sandwich Lady Bracknell non li vedrà nemmeno, avendoli Algy divorati prima dell’arrivo degli ospiti… E allora l’impassibile cameriere Lane interverrà lamentando la straordinaria mancanza di cetrioli al mercato.

Ora, se avete soggiornato per qualsiasi quantità di tempo nelle Isole Britanniche, odds are che i sandwich in questione li abbiate assaggiati. Altrimenti non inorridite, per favore: fatti come si deve sono assolutamente deliziosi, leggeri e molto freschi. Di ricette ne esistono molte, ma vediamo di andare sul semplice e sul tradizionale, volete?

Per dodici piccoli sandwich*:

– Sei fette di pane bianco da tramezzini (quello soffice e non gommoso, per capirci)
– Mezzo cetriolo sbucciato (o intero – dipende dalla dimensione)- Sale
– Pepe bianco
– Burro (non salato) a temperatura ambiente

Tagliate i cetrioli a fettine, metteteli in un colino, salateli e lasciateli dove sono per una decina di minuti. Intanto imburrate CucumberSandwichleggermente le vostre fette di pane. Recuperate i cetrioli, scolateli per bene, asciugateli delicatamente con la carta da cucina e poi disponeteli su metà del pane, sovrapponendo un poco le fettine. Cospargete di pepe bianco – senza esagerare, e coprite con il resto del pane imburrato. Infine tagliate ciascun sandwich in quattro – a triangolini, quadratini o rettangoli – facendo attenzione a non lasciar sfuggire le fettine di cetriolo.

Servite subito con il tè. Se dovete aspettare, coprite i sandwich con un tovagliolo leggermente umido.

Semplice, no? Esistono variazioni che richiedono il pane scuro invece di quello bianco, oppure fanno marinare le fette di cetriolo nell’aceto per un po’, oppure sostituiscono il formaggio spalmabile al burro, o ancora condiscono il cetriolo con una spruzzata di limone e foglie di menta… Gli Americani mettono (gasp!) la maionese invece del burro – ma non è colpa loro: è che sono nati sul lato sbagliato della Tinozza.

Sperimentate, sperimentate – ma fate attenzione al pepe. A suo tempo, per un debutto dell’Importanza, preparammo (preparai) davvero un piatto di questi arnesi per la prima scena. Essendo Lady Bracknell, non arrivai ad assaggiarne nemmeno l’ombra, ma il nostro Algernon, che doveva mangiarne a quattro palmenti, per poco non si strozzò con il pepe. D’altra parte, Jack/Ernest gli aveva appena chiuso una mano nel pianoforte, per cui… Debutto interessante – ma mi si disse che, pepe a parte, i  sandwich erano buoni.

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* Sto assumendo che abbiate qualche ospite per il tè.