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Il Labirinto nel Labirinto

AntiocoC’era una volta, tanto tempo fa, un Editor che fece notare alla Clarina come l’espressione “una mente diabolica” in bocca ad Antioco III di Siria fosse un potenziale anacronismo*. Alla Clarina venne freddo: un anacronismo!? La Clarina, che detestava e detesta gli anacronismi alla pari dei r (quelle orribili bestie con otto zampe che fanno le r-tele), tentò di difendere la sua scelta lessicale spiegando delle figure di demoni nelle varie mitologie antiche, ma dovette ammettere che il rischio era grosso, e che “demoniaca” era semmai ancor peggio. E tuttavia, come far definire al Re la mente di Annibale in quella specifica circostanza? Per la cronaca, si parlava di uno stratagemma che Annibale aveva ideato col duplice scopo di far ammattire il Temporeggiatore e metterlo in una posizione dubbia di fronte ai suoi, una di quelle astuzie greche che i Romani disprezzavano e che Antioco ammirava. Come esprimere in un aggettivo la fascinazione che il Re provava per la mente capace di concepire un piano del genere?

Allora, dopo avere inutilmente ponzato e cogitato alla ricerca dell’aggettivo perfetto, la Clarina prese un foglio di carta, qualche penna e un’Anima Paziente e, così armata, si mise a far rimbalzare idee. Insieme all’A.P. buttò giù una lunga lista di tutte le idee, le associazioni, le connotazioni e le immagini che il suo Antioco legava alla mente di Annibale, e la lista era quella che vedete qui sotto. Brainstorming.png

Molte di queste parole erano parziali, perché coprivano solo un aspetto di ciò che il Re pensava; alcune c’entravano fino a un certo punto, ed erano più che altro ponti che conducevano verso altre parole; altre ancora erano del tutto pertinenti, ma non erano L’Aggettivo – o almeno non L’Aggettivo che serviva in quello specifico punto.

Insomma, per farla breve, di parola in parola si giunse a quel labirintica che era perfetto per la bisogna… a dire il  vero, si sarebbe giunti a labirintina, che suona ancor meglio per la bisogna – ma l’Editor fece notare che “labirintino” in Italiano non esiste, e il fatto che ne esista un equivalente in Inglese non bastava affatto…

labirintoChissà, probabilmente adesso la Clarina punterebbe i piedi e difenderebbe l’Aggettivo Perfettissimo – ma allora, giovane e inesperta, ripiegò sulla versione più ortodossa, che tutto sommato andava abbastanza bene anche così. Dopo tutto, con tutte le connotazioni mitologiche di gente smarrita, di oscurità, di pericolo, di astuzia, di stratagemmi, d’inganni, di fili provvidenziali**, col ricordo delle figure dipinte sulle rovine di Creta, con tutti i significati simbolici associati all’idea del labirinto, poteva esserci aggettivo più adatto? E, a dire il vero, poteva esserci sport migliore che dare la caccia a un aggettivo lungo tunnel di parole?

No davvero, on both accounts.

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* Ecco, tra parentesi, una delle cose a cui serve un editor: io avevo usato diabolica in un senso che non era davvero anacronistico, ma mi ero lasciata sfuggire completamente il piccolo particolare che il senso più comune del termine ne poteva fare un anacronismo grosso come una portaelicotteri. Ugh! Mi ero sentita come Foscolo con il Re dei Salamini!

** Ed ecco un’altra parola che non va bene…

Gen 18, 2012 - Oggi Tecnica, scrittura    3 Comments

L’Aggettivo Perfetto

Mail:

Ok, ho fatto il safari e sterminato la maggior parte degli aggettivi, come dice Mark Twain. Non dico che le cose non siano migliorate, però gli aggettivi che sono rimasti erano un po’ così prima e sono un po’ così adesso. Semmai hanno l’aria di farsela un po’ addosso: metti mai che ci ripensi e faccia fuori anche noi? No, scherzi a parte: mi pare che mi manchi ancora qualcosa. Quelli che ho lasciato li ho lasciati perché il sostantivo da solo non bastava proprio, ma come faccio a renderli significativi?

Confesso che l’idea degli aggettivi superstiti con le crisi di panico mi ha divertita. Mi par di vederli, tutti ammucchiati in un paragrafo che cercano di farsi coraggio… Ma non lasciamoci intenerire. Gli aggettivi non sono graziose bestiole spaventate. Gli aggettivi sono subdoli, prolifici e anche un po’ parassiti: quelli più blandi sono talmente abili nel volare sotto il radar che a volte li usiamo senza nemmeno farci caso, mentre l’abitudine a usarne molti si cronicizza e, senza accorgerne, ce ne ritroviamo intere colonie su ogni pagina, tutti occupati a succhiare significato alla nostra prosa…

Comunque, una volta effettuato un safari, che si fa con i superstiti? Ci si accerta che ciascuno di loro sia perfetto, significativo, irrinunciabile. Come si fa? In un certo numero di casi ci pensernno il subconscio, il gusto esercitato e il dizionario interiore, e l’aggettivo scintillerà al posto giusto in tutta la sua gloria di connotazioni. Otherwise bisogna strologarci su – operazione per la quale ciascuno elabora il proprio metodo. Ho messo il mittente della mail a parte del mio, che a suo tempo avevo illustrato in questo post. Il mittente ha letto, meditato e poi ha risposto:

E tu fai questa roba per ogni singolo aggettivo? Ci credo che impieghi vent’anni a scrivere un romanzo! Mi sa tanto che adesso riprendo la doppietta e vado a sterminare anche i pochi che mi sono rimasti…

Dite che questo faccia di me l’Erode degli aggettivi? No, sono quasi certa che Erode è il Mittente, e io… hm, never mind. Per la pace generale, ad ogni modo, sappiate che ho dissuaso il Mittente dai suoi truculenti propositi e l’ho invece incoraggiato lungo una strada di duro lavoro. Non voglio spingermi a dire che faccio “questa roba” per ogni singolo aggettivo, ma – indovinate un po’ – scrivere è hard work. Scrivere bene, even harder. E temo che un uso “un po’ così” degli aggettivi sia una di quelle debolezze traditrici…

Facciamo un paio di esempi specifici e uno generico.

C’è questo libro un po’ strambo, The Nine Lives Of Kit Marlowe, che è ho letto di recente rimanendone molto delusa. È irritante sotto molti aspetti, ma uno di essi è l’uso degli aggettivi. Per esempio, tutto è exotic. I due protagonisti inglesi attraversano tutta l’Europa (passando anche per un paio di posti immaginari), e dappertutto salta fuori qualcosa di exotic. Le dame francesi indossano abiti di corte exotic… del che non so immaginare il senso, visto che nel tardo Cinquecento la moda francese non era affatto sconosciuta in Inghilterra. Poi si arriva a Roma e il cibo è exotic, le maschere del carnevale sono exotic, ma anche l’accento dei Nostri è exotic… E non parliamo dell’isola immaginaria, dove non c’è nulla che non sia exotic. E una volta a Venezia, la misteriosa dama emana un profumo – l’avete indovinato! – exotic. Ebbene, Esotico è uno di quegli aggettivi che, logorati dall’uso e dagli ananas, non vogliono più dire granché. Quando poi non sappiamo rispetto a chi si applichi, siamo proprio a post. Rispetto agli Inglesi? Ai Romani? All’Europa tutta? Uno di quei casi in cui l’uso indiscriminato si accompagna al pallore dell’aggettivo con effetti deprimenti.

E passiamo per un attimo al buon Salgari. Un corsaro di qualche colore – sinceramente non ricordo – aveva nella sua biblioteca “scaffali di metallo dorato di foggia antichissima.” Ah. A parte il fatto che gli scaffali di metallo dorato, per qualche motivo, mi fanno tanto Anni Ottanta, che cosa è mai una foggia antichissima? L’intera espressione è mal congegnata*, ma l’aggettivo che vuol mai dire? Scaffali di foggia minoica? Libreria in stile assiro-babilonese? Moduli componibili mod. Ziqqurat? E vi dirò: “antica” sarebbe stato un po’ meno disastroso. Non molto, ma un po’. Ripetete con me: se un aggettivo fa danno, ci sono buone probabilità che il suo superlativo ne faccia esponenzialmente di più. 

Infine, un pet peeve tutto mio: ampio. Non so se sono solo io, ma mi pare che Ampio sia diventato ubiquo quasi quanto Hello Kitty. Ampie finestre, ampi corridoi, ampie vallate, ampi balconi… provate a farci caso. Non sempre nei corsi di scrittura gli allievi fanno i compiti, ma una che li faceva una volta mi portò la descrizione di una villa antica: su cinquecento parole scarse, un’ottantina erano aggettivi, e il dannatissimo Ampio ricorreva quattordici volte. A parte tutto il resto, il sovraffollamento è abuso, l’abuso logora e il logorio rende l’aggettivo blando.

E l’aggettivo blando non fa da prisma, non cattura la luce, non la rifrange sul suo sostantivo in inattese iridescenze… D’accordo – mi fermo qui, ma dopo lungo peregrinare ecco il sugo della mia esortazione al Mittente: vale sempre la pena di cercare l’aggettivo perfetto con l’ardore di una quest medievale.

E ripensandoci, a riprova del fatto che razzolare e predicare sono due sport ben diversi, sono amaramente pentita di non avere scelto, a suo tempo, Labirintina invece di Labirintica. E so bene che in Italiano Labirintino non esiste, ma è – era – sarebbe stato esattamente quello che volevo, in suono, colore, immagine, consistenza, associazioni mentali… Traviata – no, non traviata, ma sviata dal Treccani. Che faccenda triste.

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* Non so a voi, ma a me suscita immagini del Corsaro occupato a fare shopping di mobili da Centomo (reparto mobili in stile) nel periodo dei saldi…