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Mag 30, 2014 - concorsi, considerazioni sparse, pennivendolerie    Commenti disabilitati su Nel Frattempo, Alla Fattoria…

Nel Frattempo, Alla Fattoria…

Tornata, o Lettori!

E questa volta per davvero.

Mi siete mancati, sapete? Adesso, piacendo alla divinità dei blog, torniamo ai ritmi di pubblicazione normali – cominciando da oggi. E per oggi vediamo di ricapitolare brevemente che cosa è successo in queste tre settimane di naufragio.

Allora, mentre ero spiaggiata, in realtà, non mi sono esattamente annoiata, e anzi: sono successe diverse cosette. Alcune le sapete già, grazie all’occasionale piccione viaggiatore che sono riuscita a mandare this way…

anitagaribaldi3I. Di Aninha, per esempio, sapete qualcosa: nonostante la bonaccia innaturale, tutto è andato bene… o forse non era poi così bonaccia – né, di conseguenza, così innaturale – perché turns out a posteriori che la Primadonna, la bravissima Giulia Bottura, era tesa, agitata, nervosa e terrorizzata come un quarantaquattro gatti cui qualcuno  avesse pestato tutte le code allineate in una volta. Quindi si potrebbe dire che G. ci abbia salvati, immagino… On a personal note, forse vi ho detto che il signore delle luci del teatro Italia è stato così gentile da affidarmi completamente la sua preziosa consolle, consentendomi di giocarci liberamente, e ciò è stato molto bello e istruttivo – anche perché la consolle stessa era una creatura ragionevole e non tanto complicata da intimidire. E l’ho già detto quanto è incantevole il piccolo Italia, gioiellino liberty degli anni Venti, costruito con grazia e buon senso e riguardo per le esigenze di una compagnia piccola… Ah!

II. Quel che non sapete, perché non sono riuscita a comunicarlo, è che la sera del 23 il gruppo Ad Alta Voce si è prodotto in un incontro fuori programma, in collaborazione con un gruppo di simpaticissimi scout locali tra i 16 e i 19 anni – membri della Pattuglia Sturm und Drang. Il tema, scelto dai ragazzi, era la libertà – e si è letto un po’ di tutto, dalla Leggenda del Piave ad Allen Ginzberg, da Seneca a Pietro Citati… Interessante esperienza, ed eminentemente ripetibile – magari da rodare un pochino, accendere un po’, oltre al confronto, anche la discussione. Ne riparleremo.

III. Di Pisa un po’ sapete. Quel che non sapete è l’odissea ferroviaria per arrivare fin Laggiù. Mi si dice che incappare in una simile collezione di ritardi personali, ritardi istituzionali, elezioni (proprio non avevo calcolato questa evangelicissima migrazione amministrativa), sconti promozionali e casi misti assortiti non è da tutti – ed è possibile che sia abbastanza vero. Dopo tutto, quattro treni persi in un giorno solo devono essere quasi un record, giusto? Poi però Quieta Movere, il secondo posto e un certo numero di possibili contatti allacciati e sviluppi potenziali hanno giustificato tutto.

IV. Novità nuova è che tra luglio e agosto terrò due incontri shakespearian-marloviani nell’ambito delle Serate in Giardino di Casa Andreasi, organizzate dall’attivissima Associazione per i Monumenti Domenicani di Mantova. Casa Andreasi è un bellissimo luogo, e il giardino è un vero giardino rinascimentale… Se non per sentire me, vale la pena di venire anche soltanto per vedere il posto. Le mie date, ve lo anticipo, sono il 23 luglio e il 2o agosto, ma ve lo ricorderò – oh, se ve lo ricorderò! – e vi darò dettagli sul programma per intero.James Crichton Caption : THE ADMIRABLE CRICHTON.

V. Mercoledì pomeriggio, a Milano*, sono stata ospite delle sorelle Spinelli, nel bellissimo vecchionuovo Atelier Cartesio. Annidato in un bel cortile di Corso Garibaldi, Marina e Grazia hanno creato uno spazio davvero ideale, e hanno anche messo in mostra (gasp!) un tomo dell’edizione ciceroniana di Aldo Manuzio il Giovane… Quella parzialmente dedicata all’Ammirabile Critonio – di cui forse abbiamo parlato in abbondanza e forse no. Ed è qui che sono entrata in scena io per una chiacchierata su James Crichton, Aldo il Giovane, i Gonzaga e una manciatina di altri. Bellissima esperienza destinata ad avere seguito – e vi anticipo che anche di questa gente, e del mio romanzo che ne parla, potete rassegnarvi a leggere ancora in un prossimo futuro.

VI. Ieri sera c’è stato una sorta di pre-debutto di Borgocultura, associazione nuova di zecca, con un sacco di grandi idee e progetti ambiziosi. Riusciremo a realizzare quel che ci prefiggiamo? Lo dirà il tempo… -empo… -empo… Nel frattempo, ieri sera il bravissimo Giacomo Cecchin ci ha incantati tutti con una brillante, coltissima e intelligente conferenza su “Il Marketing del Monaco”, ovvero il modo in cui un’abbondante presenza monastica ha plasmato lo sviluppo urbanistico di Mantova. Anche di Borgocultura sentirete parlare ancora.

E scusate se è poco…

Maggio è stato un mese interessante. Giugno è alle porte  – stiamo a vedere che succede. E voi? Che avete fatto mentre non guardavo?

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* E anche qui, odisseuzza ferroviaria, viaggiando sulla cuspide tra guasti apocalittici alla linea e sciopero dei trasporti. In qualche modo siamo riuscite ad arrivare (in ritardissimo) e a ripartire – il che non era poi del tutto scontato, visto che tutto attorno si cancellavano treni come se piovesse…

 

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Nov 22, 2009 - fenomenologia dello sbregaverze, pennivendolerie    Commenti disabilitati su Si fa quel che si può

Si fa quel che si può

Essendosi domenica, tradizione vorrebbe un filmato, magari inerente allo Sbregaverze della settimana… Alas, l’ho già detto: sul Critonio non c’è nulla di nulla.

E allora, nella mia impudenza, credo che oggi posterò invece un estrattino del mio Specchio Convesso.

Dunque, si è appena tenuta una giostra, nel corso della quale il Critonio ha battuto l’amico di Don Vincenzo, vincendo una grossa somma di denaro. Il narratore, il cortigiano Marcello Donati, è incaricato dal Principe di pagare la scommessa, e trova il Critonio occupato a medicarsi da sé una ferita superficiale, nonché di pessimo umore. Quando lo Scozzese esprime l’amabile intenzione di gettare la borsa nel lago insieme al suo padrone, e Donati mostra di credergli molto poco…

– Voi mi giudicate stupido, Dottor Donati? -interrogò inaspettatamente.

– Ci sono molte cose che penso di voi, Critonio, -risposi, aggrottando la fronte nel mio stupore,- e non tutte sono buone. Ma stupido no, non ho mai creduto che lo foste.

– Ah, si direbbe che lo sia, invece! -esclamò lo Scozzese, con una voce che non pareva nemmeno la sua- Tutti pensate che debba essere contento di quel che ho ottenuto qui, non è vero? Che abbia combinato parecchio, dal giorno in cui il Duca lesse le mie lettere… Ma se sapeste! Quand’ero ragazzo, con la mia nascita e le mie qualità, non c’era nulla che paresse troppo per le mie ambizioni… E adesso guardatemi: un giostratore da fiera e un pappagallo ammaestrato, la meraviglia degli eruditi e il balocco parlante del Duca! –

E allora mi dispiacqui per lui, Manuzio. Per un istante ebbi una gran pena per quel giovane che aveva messo tanta cura nel rendersi insensibile e non vi era riuscito. Lo avevo sempre creduto così soddisfatto di sé e invece, dietro la maschera incurante, nessuno giudicava Giacomo Critonio tanto severamente quanto lui stesso faceva.

– Non dovete pensare così… -mormorai, ma lo Scozzese m’interruppe con un gesto.

– No? -domandò amaramente- Se non passa giorno senza che debba fare esibizione di qualche bravura! Se sbaglio, scherno e disprezzo; se riesco, una borsa, come se fossi un mangiatore di spade sulla piazza, e non posso nemmeno rigettarla in faccia… –

S’era incollerito di nuovo, nel parlare, ma tutt’a un tratto s’interruppe fissando a bocca aperta qualcuno che entrava tempestosamente  dalla porta alle mie spalle.

Voltandomi, vidi la signora Armida. La fanciulla rimase per un istante sulla porta, con gli occhi lucenti e il fiato corto di chi avesse corso e poi, senza badare affatto a me, si avvicinò di slancio al Critonio che, per lo stupore dell’improvvisa apparizione, aveva dimenticato di alzarsi. Armida era in preda alla più viva agitazione. Afferrò la mano dello Scozzese e gli sfiorò delicatamente il braccio ferito.

– Per causa mia! -mormorò, e scosse la testa quando il giovane volle assicurarla che era solo un graffio. Si tolse dalla manica un fazzolettino ricamato e, inumiditolo dalla boccetta di aceto aromatico che portava alla cintura, s’inginocchiò accanto allo Scozzese, facendogli poggiare il braccio sulla panca.

– Ditemelo, se vi faccio male. -gli sussurrò, e prese a lavargli la ferita. Curvo su di lei, il Critonio la guardava con occhi pieni di stupore e di qualche altra cosa che non mi piaceva vedere. Tenendogli ferma la mano, l’Armida lavorava di buona lena e a tratti, quando lo sentiva irrigidire il muscolo (perché l’aceto doveva bruciargli non poco), gli levava gli occhi in viso, e sorrideva in risposta quando egli sorrideva per rassicurarla, e tornava a chinare il capo, assalita da ondate di rossore.

Tutto ciò, come vi ho detto, non mi piaceva. La fanciulla era assai poco padrona di sé mentre il Critonio, recuperata in parte la sua freddezza, lo era fin troppo. Guardava la sua piccola cerusica con una sorta di trionfante determinazione, quasi una ferocia. Vedevo bene che, benché avesse frenato i segni esteriori della collera, era ancora fuori di sé, incurante di ogni prudenza e fin troppo avido di vibrare un’altra stoccata a don Vincenzo. Per di più, ora la fanciulla gli si offriva perduta e soggiogata, dimentica delle sue malizie, e anzi proprio da quelle travolta.

Sapevo che quei due non avrebbero esitato oltre, a meno che non fossi intervenuto.

– Signora Armida, -dissi pertanto, chinandomi a prendere la fanciulla per un braccio- avete fatto una gentilezza, il signor Giacomo vi è grato e sa che voi siete grata a lui, però non è bene che stiate qui. Date retta a un uomo anziano abbastanza per essere una volta e mezza vostro padre, e che ha a cuore la vostra reputazione: andate, e lasciate che finisca io di occuparmi di questa graffiatura. –

Ma l’Armida balzò in piedi come punta, sottraendo il braccio alla mia presa.

– No, Dottore, no! -gridò, mezzo piangendo e mezzo ridendo- Non m’importa quello che si dirà, non m’importa di nessuno e meno di tutti del Principe! Sono stata perfida e molto sciocca, e il signor Giacomo avrà molto da perdonare, se vorrà… -si voltò verso il giovane che si era chinato a baciarle la mano e alzò su di lei uno sguardo ardente. Non era mai stato tanto bello, e l’Armida, con un piccolo sospiro, tornò ad inginocchiarglisi accanto.

– Signor Giacomo… -cominciai col mio fare più severo, ma mi fermai incontrando gli occhi color della nebbia, accesi da una luce di vittoria e accompagnati dall’ombra di un sorriso arrogante.

E allora, invece d’interferire ancora, allargai le braccia in segno d’impotenza e mi voltai per andarmene. Quando, dalla soglia, gettai un’occhiata sopra la mia spalla, vidi il giovane inginocchiato a sua volta sul pavimento, la bocca sulla bocca dell’Armida e le mani affondate nei suoi capelli.

Nov 20, 2009 - fenomenologia dello sbregaverze    Commenti disabilitati su Quando si dice i Posteri

Quando si dice i Posteri

Per quanto ne so, non ci sono film sull’Ammirabile Critonio. A dire il vero c’è una commedia di J.M. Barrie (sì, quello di Peter Pan) chiamata The Admirable Crichton, dalla quale sono stati tratti diversi film*, ma…

Ricordate il sobriquet di Madame Sans-Gêne? Che non era affatto suo, ma era stato sottratto ad un’altra e reso celebre per lei? Ebbene, qui abbiamo il caso opposto. L’Ammirabile Crichton di Barrie è un maggiordomo inglese che, alla fine del XIX Secolo, fa naufragio con i suoi padroni su un’isola deserta… Quindi, vedete, non c’entra assolutamente nulla. Però a Barrie piaceva il nome: lo ha sottratto senza remore, e il suo maggiordomo (almeno nei paesi anglosassoni) è più celebre del suo namesake rinascimentale. Cose che capitano: è successo alla povera Thérèse comesichiamava, la MSG originale, ed è successo a James Crichton. Che volete farci? Gli scrittori sono gente senza coscienza, e il furto di un nome per loro è come bere un bicchier d’acqua fresca.

lapide.jpgSempre per quanto ne so, non ci sono nemmeno statue. C’è questa lapide bilingue**, fatta apporre da un discendente nella chiesa di S.Simone a Mantova nel 1914, e c’è una targa nella chiesa di Sanquhar, in Scozia. Della lapide scozzese non ho trovato un’immagine, ma quella mantovana mi dà l’occasione di dire un paio di cose sulla morte del Critonio storico. Vi sareste aspettati (o almeno, io mi sarei aspettata) funerali solenni per il favorito del Duca di Mantova. Ma c’era il piccolo particolare che il favorito in questione era stato ucciso dall’erede del Ducato in circostanze che era caritatevole definire poco chiare… morale: lo Scozzese fu sepolto nella chiesa di S.Simone, in tutta semplicità perché non c’erano soldi, e con il suo servo per tutto corteo funebre. Altro che i dieci giorni di lutto cittadino descritti da Sir Thomas: pieno di debiti, sepolto in imbarazzata fretta, e dimenticato alla velocità del lampo***!

 Quindi, in realtà, le sue tristezze il Critonio le avrebbe avute. Una delle linee narrative nello Specchio Convesso è che il giovanotto non fosse affatto contento di sé: con la sua nascita e le sue qualità avrebbe potuto aspirare a molto di più, e molto di meglio, delle dispute pubbliche, le giostre e una precaria posizione di favorito in una corte minore come Mantova… Il mio Giacomo Critonio non ha una buona opinione di se stesso. Un’altra linea narrativa è che sia una spia al soldo di Venezia, un’altra ancora è che non possa tornare a casa in Scozia… Insomma, ci ho strologato su, ho amplificato certi aspetti, ne ho omessi ben pochi, ma ho messo tutto nella luce che preferivo… alla fin fine, mi sa di avere sbregaverzizzato non poco a mia volta.

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* Fatterello bizzarro: secondo IMDb, le due versioni di Travolti da un insolito destino… sarebbero altrettanti adattamenti di The Admirable Crichton. Mai visto nessuna delle due, quindi non posso pronunciarmi.

** Mi si fa notare che la Fenomenologia sta assumendo un carattere lievemente cimiteriale, con tutte queste lapidi. Vero, ma che posso farci se tutti gli Sbregaverze sono ampiamenti passati a miglior vita?

*** Con l’eccezione di Aldo Manuzio il Giovane, che dedicò alla sua memoria un’edizione del De Amicitia di Cicerone. Oh, e poi ci sono generazioni di biografi scozzesi, che suonerebbero più attendibili se non si limitassero a ripetere ciascuno i propri predecessori, e tutti, alla fin fine, Manuzio stesso.

 

L’Ammirabile Critonio: Lo Sbregaverze Mal Riuscito

James_Crichton_1.jpgNon tutti gli Sbregaverze riescono col buco, e questo è il solo punto di contatto che veda tra gli Sbregaverze e le ciambelle. Forse bisognerebbe qualificare, perché di James Crichton letterari ne contiamo almeno due*, ma mostreremo perché, a dispetto delle apparenze, Sir Thomas Urquhart non sia affatto il nonno di tutti gli sbregaverzizzatori; e perché William Ainsworth, con uno Sbregaverze al suo attivo, è un autore completamente dimenticato.

Prima, però, tanto per sapere di cosa (e di chi) parliamo, cominciamo con un po’ di storia.

James Crichton of Eliock and Cluny era nato nel 1560, figlio del Lord Avvocato di Scozia e di una Stewart di sangue reale**. Siccome il ragazzino pareva promettere assai bene, fu spedito giovanissimo all’università di St.Andrews, dove si laureò alla matura età di tredici anni, e fu licenziato Master of Arts a quattordici. Poi, come un antesignano del Progetto Erasmus, passò in Francia per completare la sua educazione. Dopo di questo, le notizie diventano un po’ vaghe. Potrebbe avere servito per due anni come cavaliere nelle truppe del Re di Francia senza ricoprire alcun grado di rilievo, oppure no. Potrebbe avere lasciato una profonda impressione di sé a corte e negli ambienti accademici parigini, oppure no, checché ne dicano gli adoranti biografi scozzesi, contemporanei e posteri. Next we know, il giovanotto riemerge a Genova nel 1579, e lo sappiamo per certo perché c’è un’orazione di Giacomo Critonio, Scoto rivolta alla Repubblica di Genova. Non un successo travolgente, se dobbiamo giudicare dal fatto che l’anno successivo il Critonio era già a Venezia. Lì andò meglio: i patrizi, gli eruditi e i professori di Padova erano impressionati: Aldo Manuzio il giovane c’informa che il suo scozzese parlava dieci o undici lingue, disputava di filosofia, teologia, araldica, matematica, musica, politica e chi più ne ha più ne metta; tirava di scherma, danzava, cavalcava, saltava (!)… ed era pure bello. Pur avendo incontrato tanto entusiasmo, il giovane Giacomo passò a Mantova in tempo per il Carnevale del 1582, e lì divenne, alla velocità del fulmine, il favorito del gobbo, cinico e sospettosissimo Duca Guglielmo Gonzaga. “Come diavolo avrà fatto?” si domandavano tutti, per primo il figlio del Duca, il brillante, irresponsabile, bel Don Vincenzo, cui in vent’anni non era mai riuscito d’andar d’accordo con il padre… A parte il Duca e le dame di corte, però, Mantova si mostrò meno entusiastica di Venezia. Meno felice di tutti era Don Vincenzo, cui non piaceva vedersi capitare tra i piedi un rivale in tutti i campi. Come fu, come non fu, la parabola mantovana del Critonio durò fino ai primi di luglio, quando ebbe la cattiva sorte d’incontrare Piccoli Duchi Crescono in una stradina buia. Uno spintone, un insulto o due, le staffe perdute, i pugnali sguainati… ben presto sul terreno restò un amico di Don Vincenzo, mentre il nostro Scozzese, ferito al fianco, correva via in cerca di soccorso. Arrivò a una bottega di speziale giusto in tempo per morirci. Aveva ventidue anni. Forse era stato un prodigio di erudizione multiforme, forse un millantatore intrigante. Non lo sappiamo per certo, perché le fonti sono dubbie. Forse non lo sapremo mai.

Chi credeva di avere le idee chiarissime in proposito era Sir Thomas Urquhart. Ho già accennato a lui, ThomasUrquhart.pngqualche post fa: un altro erudito scozzese, viaggiatore, scrittore, traduttore di Rabelais, inventore di lingue universali… bel soggetto. Nel 1652, Sir Thomas dedicò alle prodezze di James Crichton, che era il suo idolo e modello, la maggior parte del suo Exkybalauron, ovvero La Scoperta di un Meraviglioso Gioiello, singolarissimo trattato sul carattere nazionale scozzese, che sovrasta, lo si capisce bene, il carattere nazionale di qualsiasi altro popolo. Sir Tom era fatto così, e anche il suo Crichton era fatto così: un eroe senza macchia e senza paura, ineffabile nella sua spavalderia e presunzione, che attraversa l’Europa vendicando torti altrui per pura magnanimità, riducendo al più umiliato silenzio gli eruditi di tutte le università, battendo in duello chiunque gli si pari davanti, e ovunque ottenendo il plauso e l’ammirazione degli ottimati, l’amore delle donne e la grata adorazione del popolo. Unica eccezione, naturalmente, Mantova, dove il malvagio, invidioso Don Vincenzo va in giro con dieci compagni armati fino ai denti. E lo stesso, riesce a battere “Crichtoun” solo con l’inganno: riconoscendo il suo augusto avversario, lo Scozzese si ferma, s’inginocchia e porge la spada… e Vincenzo prende l’arma e trapassa l’avversario disarmato! Non so se mi spiego. Comunque, non siamo davanti a uno Sbregaverze. Sir Tom fa sul serio, sul serissimo: non considera la sua improbabilissima storia un romanzo, ma un’opera storica, una biografia e un trattato tutto assieme. E’ fermamente convinto di non avere esagerato nemmeno un pochino, e gli attributi sbregaverzeschi di Crichtoun sono del tutto involontari. Poco importa che sconfigga spadaccini seriali per sport, che sia sopraffinamente geloso del suo onore, che faccia fuori da solo tutti e dieci i compagni di Don Vincenzo, spacciandolo in altrettanti modi diversi, tutti “scientifici”… Resta il fatto che a Sir Tom, gentiluomo barocco e scozzese, non sembra di avere ritoccato la verità***… E la creazione di uno Sbregaverze deve essere deliberata. Peccato, vero?

Ma non è finita qui.

180px-William_Harrison_Ainsworth_-_Project_Gutenberg_eText_12369.pngLasciamo passare un altro paio di secoli, e scendiamo dalla Scozia a Londra. Enter William Harrison Ainsworth. “E chi era costui?” vi chiedete voi. Ebbene, WHA era un romanziere storico, un contemporaneo di Dickens, autore di una quarantina di romanzi storici, tra cui The Admirable Crichton. Vale la pena di ricordare che per un certo numero di anni Ainsworth fu considerato al pari, se non più di Dickens, che ebbe il suo periodico, che i suoi lavori venivano adattati per il teatro… come ciò sia possibile non mi è del tutto chiaro. E’ vero, di suo ho letto solo TAC, che non è il suo capolavoro, ma credetemi: è uno dei libri più brutti che abbia mai letto. Che cos’ha che non va? Voglio dire, Sir Thomas o no, a prima vista, il Critonio ha tutto quello che serve per un eroe da romanzo vittoriano: nobile, bello, giovane, avventuroso, diseredato o qualcosa di simile, un duellatore di prima forza… andiamo! Che si può volere di più? Ma Ainsworth, no. Non contento delle pittoresche (pur se dubbie) fonti a disposizione, va a scegliere il periodo più oscuro della vita del Critonio, quello di cui non sappiamo praticamente un bottone: gli anni francesi! Be’, avrà voluto lasciarsi margine di manovra, pensa il lettore ottimista. Sssì… e per cosa lo usa, questo margine? Per la più improbabile storia di congiure, alchimia e veleni che si possa immaginare. Oh, l’intenzione sbregaverzesca questa volta c’è: di Sir Tom, Ainsworth conserva una cosa sola, ed è l’aura da Sette Ammazzai Tutti d’Un Colpo di Crichton, solo che non siamo più nel XVII Secolo. Per cui, ecco la facile suscettibilità, ecco la professione delle armi (gentiluomo povero con precedenti in cavalleria), ecco lo sprezzo incosciente del pericolo, ecco la straordinaria abilità con la spada, ecco la condizione di outsider (un Inglese alla corte di Enrico III…), ecco l’irresistibile impulso a difendere le cause perdute (l’impossibilmente piatta principessa Esclairmonde), ecco l’amata poco significativa (vedi sopra), ecco una specie di sideckick (lo studente inglese Simon Blount), ecco… ecco. Basta. Crichton non invecchia per rimpiangere la sua giovinezza turbolenta e felice, ma non muore nemmeno. Anziché far morire Crichton pugnalato o altrimenti, a Mantova**** o altrove, Ainsworth gli fa sventare non uno, ma due attentati alla vita del Re nel giro di venti pagine. Seguono matrimonio con la principessa e concessione di una paria. Oh gaudio! Oh tripudio! Ne viene che Crichton non ha tristezze di sorta. Ma d’altra parte, non ha mai nemmeno dubbi, né incertezze, né rimpianti, nulla di nulla: è sempre perfetto, sicuro, cavalleresco ed efficace. Difficile affezionarsi a uno così. Eppure, ci dice Ainsworth, tutti adorano Crichton! Reali, nobili e popolani, uomini e donne, buoni e malvagi non meschini, tutti cantano in coro le sue lodi. In coro con l’autore, intendo. Perché, come dicevo prima, tutto questo non è che lo vediamo: ce lo dice Ainsworth. E ce lo ripete. E ce lo ripete ancora. E ancora. E ancora, tante volte che a pagina 18 noi lo detestiamo già cordialmente, ‘sto Ammirabile Crichton. E quanto più Ainsworth insiste, tanto più lo prendiamo in antipatia. Ricordate quando dicevamo che gli Sbregaverze traboccano di fascino? Be’, ecco a voi il motivo per cui non avete mai sentito parlare di Ainsworth: non è capace di mostrarci un singolo motivo per cui dovremmo essere affascinati da James Crichton, ma spera tanto che, se continua a ripetercelo, finiremo col crederci*****.

Insomma, la morale di questa settimana è che non bastano una spada e un ego delle dimensioni di un melone per fare uno Sbregaverze. Bisogna che l’autore sappia quello che fa. Che riconosca nel suo personaggio uno Sbregaverze, e che sappia dargli una personalità, delle malinconie, delle debolezze, delle nostalgie, dei momenti di furia, delle giornate storte, delle idee irragionevoli, delle aspirazioni inappagate, delle testardaggini. Tutte quelle irritanti, adorabili, umanissime ombre che fanno dello Sbregaverze una persona vera, e non una figurina di cartone colorato.

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* Oddìo, se fossi in vena di autopromozione, potrei dire che ce ne sono tre: c’è anche il mio “Lo Specchio Convesso”…

** Sì, sì, sì: un nome da Re, come Alan. Ma, credetemi, le somiglianze finiscono qui.

*** Per qualche motivo, il Chrictoun di Sir Tom ha una trentina d’anni, anziché poco più che venti. Non sono mai riuscita ad accertare se si trattasse di una svista o di una scelta deliberata. E nel secondo caso, perché mai? Un ragazzino ventenne non gli sarebbe parso all’altezza di tante qualità?

**** Mantova compare solo di straforo, nella persona di Don Vincenzo Gonzaga, vilain occasionale, malvagio, meschino e inefficace.

***** Eppure qualcuno dovette cascarci. Non ricordo chi fosse il recensore secondo cui The Admirable Crichton stava “solo e irraggiungibile alla testa di tutti i romanzi inglesi di ogni tempo”!