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Mag 25, 2018 - teatro    Commenti disabilitati su Le Colpe dei Padri al D’Arco

Le Colpe dei Padri al D’Arco

Continua la stagione dei saggi della Scuola di Teatro Campogalliani – e, dopo la fantasia scolastico-dantesca del Corso Ragazzi, adesso tocca al II Anno con…

Colpe dei Padri

 

L’atmosfera è decisamente cambiata, vero? Questa volta si parla di tragedia greca, di…

Padri e figli e dei, fato e libero arbitrio… attorno a una manciata di personaggi tragici e ai loro conflitti, gli allievi del Secondo Anno hanno costruito un testo che s’interroga su temi antichi e sempre attuali. Da Edipo a Giasone, da Agamennone a Creonte, qual è il prezzo per chi non sà ascoltare?
Già venticinque secoli orsono i grandi autori dell’antica Grecia raccontavano l’incapacità di comunicare tra generazioni; ne Le Colpe dei Padri, un Coro moderno dà voce a dubbi e domande – esplorando ciò che cambia e ciò che non cambia attraverso i millenni.

E sì: gli allievi hanno costruito il testo. Perché il fatto è che adesso tra le materie del secondo anno c’è anche la scrittura teatrale – per offrire un panorama sempre più completo delle arti che convergono in ciò che si vede in scena, ma anche nella convinzione che studiare i principi che governano la scrittura renda lettori più consapevoli – cosa fondamentale nel lavoro del regista e dell’attore.

Il corso prevede una parte pratica, naturalmente, e il progetto di quest’anno consisteva nella scrittura collaborativa di parte del testo: una cornice per i brani tragici che abbiamo scelto, incentrati sul rapporto padri-figli. La scelta non poteva non cadere sul device principe del teatro greco: il Coro – e così il Secondo Anno ha collaborativamente scritto un coro moderno che non solo lega narrativamente le varie vicende, ma fa da ponte attraverso venticinque secoli, dando voce alle nostre domande moderne di fronte a certe questioni universali, alle scelte, alla mentalità di questi antenati così distanti…

In un certo senso, è un’altra faccenda tra padri e figli – seppur lontani e ideali, non trovate? Se v’incuriosisce vedere che cosa abbiamo fatto di tutto ciò, andiamo in scena sabato 26 alle ore 21 e domenica 27 alle ore 17.

Gli interpreti sono Francesca Cogna, Anna Contesini, Paolo Di Mauro, Alessia Ferro, Costanza Fontana, Ramona Laconi, Rossella Mattioli, Beatrice Ruggerini, Marco Sissa, Roberta Tognoli e Monica Zanardi Lamberti – con le voci di Diego Fusari e Mario Zolin.

Vi aspettiamo!

***

Informazioni e prenotazioni, come di consueto, al numero 0376 325363 (via telefono o fax) oppure via mail all’indirizzo biglietteria@teatro-campogallian.it. La biglietteria è aperta dal mercoledì al sabato, tra le 17 e le 18.30.

Ago 22, 2016 - teatro    Commenti disabilitati su La Maschera di Rame (Atto II)

La Maschera di Rame (Atto II)

Untitled 3Ci eravamo lasciati sulla bocciatura della povera maschera veneziana, ricordate? Con G. che vuole una maschera greca e la Clarina che non è per niente d’accordo…

“Il pubblico deve capire che sei un coro greco!”

“Ma è proprio questo, il punto! Non sono affatto…”

Eccetera, eccetera, eccetera.

E, se la prima fiammeggiante reazione è “e allora niente maschera”, poi mi metto a strologarci su. Perché in realtà G. ha ragione, e l’idea della maschera mi piace più di quanto sia disposta ad ammettere. Ma non greca. Semmai voglio una maschera enigmatica, tra l’atemporale e il vagamente elisabettiano… Come si fa in questi casi, mi metto a caccia su e giù per la Rete, e trovo un’infinità di cose bellissime e niente di straordinariamente pratico. Tre conclusioni però le raggiungo: voglio che sia color rame, voglio che copra solo parte del viso (à la Phantom of the Opera) e voglio che sia montata su una bacchetta.

Ed è a questo punto che entra in scena Alchemilla.Untitled 16

Alchemilla, come R., come F., come tutto il mio immediato circolo di amici e famigliari, è una santa. Tutti costoro hanno sopportato con allegra pazienza i mesi di avvicinamento a SiW, gli alti e bassi, le mie crisi di terrore, le prove, i litigi e tutto il resto. Per cui, quando over tea le racconto dei miei guai con la maschera, Alchemilla sa da dove arriviamo. E, meraviglia delle meraviglie, ha le idee più chiare di me su dove andare.

“Una maschera si fa,” mi rassicura. E comincia a meditare di forme, di carte speciali, di colori acrilici… Io annuisco e intanto penso che non ce la farò mai, perché – con la misteriosa eccezione di dicembre – ho la manualità di un paguro. Alchemilla osserva, sorride e viene in soccorso degli afflitti.

Untitled 1“Tu procurati il materiale e cerca qualche immagine,” dice. “Quando torno dalla montagna ti aiuto io.”

E mentre lei sgambetta su e giù pei declivi erbosi, io metto insieme una mascheruolina provvisoria – carta colorata in doppio spessore e una cannuccia ricoperta di nastrino – e comincio a portarmela alle prove, e… Ora, non so se ve l’avessi detto, ma questo per me era un ritorno alle scene dopo molti, molti anni. Fino a qualche anno fa mi capitava ogni tanto di coprire qualche ruolettino minorissimo in caso di necessità, ma poi avevo smesso anche quello – e comunque, ridendo e scherzando, erano vent’anni che non recitavo una parte vera e propria. Per cui ero terrorizzata, malcerta e rigida come un rastrello, e niente affatto certa di non bloccarmi… Ma, nel momento in cui ho cominciato a usare la mascheruola provvisoria, ecco il miracoletto: il Coro trova se stesso, e io comincio a sentirmi più sicura.

Evviva – e nel frattempo  continuo a cercare immagini a diritta e a mancina – nell’idea di accogliere 2-trifaccia-dipinta-maskAlchemilla, al suo ritorno, con delle idee ragionevolmente chiare.  Solo che poi… sappiamo tutti com’è la rete, vero? Quando Alchemilla ridiscende a valle, la mia collezione  comprende una dozzina abbondante di possibilità che più diverse tra loro non potrebbero essere – dalla maschera trifronte alla colombina classica, passando per il Fantasma dell’Opera  e le filigrane… e alla prima manca meno di una settimana.

E… fine dell’atto secondo.

Riuscirà Alchemilla a venire a capo delle incertezze della Clarina? A tradurre i suoi voli pindarici in qualcosa di umanamente realizzabile – mentre il tempo scorre e la prima si avvicina? Non perdete il terzo e ultimo atto de… La Maschera di Rame!

Ago 17, 2016 - considerazioni sparse, grillopensante, teatro    Commenti disabilitati su La Maschera di Rame (Atto I)

La Maschera di Rame (Atto I)

Red-Masquerade-Eye-MaskParlando di cappelli, avevo accennato alla maschera, nevvero?

Ebbene, eccoci qui: oggi maschera.

Dunque, dovete sapere che il Coro è una sorta di voce narrante. Una. “Non un coro: il Coro,” mi sono divertita a rispondere a più di un perplesso nel corso degli ultimi mesi.  “Come un Coro Greco ma non un Coro Greco. Un Coro Elisabettiano. Una persona sola.”

È una soluzione  antica e blasonata per la necessità di cucire insieme eventi, tempi o faccende diverse, riassumere e spiegare senza averne troppo l’aria, et caetera similia. E SiW, mescolando fette di almeno tre drammi storici e due sonetti, di un legante aveva proprio bisogno. Non dico che non si sarebbe potuto fare diversamente – ma ho fatto così: un Coro.

E del Coro non sono troppo insoddisfatta. Come poi sia finita a recitarlo io è un’altra faccenda – ma tant’è. E presto, prestissimo, è stato chiaro che volevamo una messa in scena sobria e minimale: tutti in costume rigorosamente nero, con un elemento di colore a distinguere il Coro. Perché il Coro non è un personaggio in senso stretto e, come si diceva, non è qualcuno: è qualcosa. Qualcosa di onnisciente, atemporale e più che un po’ crudele, che osserva, racconta e talvolta muove i personaggi. Quindi andava distinto in qualche modo. p187983_1

Il mio primo pensiero era stato una stola. Una stola color rame, molto lunga, da potersi indossare e usare in molti modi diversi mano a mano che il Coro attraversava le sue varie funzioni… E per un po’ abbiamo provato così, ed è parso che andasse ragionevolmente bene – finché, una sera, G. la Regista mi guarda per bene, aggrotta la fronte e mi chiede che cosa intendo usare come elemento speciale del Coro.

Io alzo una stola e un sopracciglio, e G. storce il naso.

“Quella roba lì da mezza sera? Hmf.”

58f928516d69d368489c0fd4796121b4Ora, tra una cosa e l’altra sono quasi venticinque anni che faccio teatro con G. e ho imparato a non dire quasi mai cose come “Ma se ancora ieri hai detto che andava bene!” Tuttavia mi sono affezionata alla mia stola, e potrei dar voce all’Obiezione Che Non Si Fa, se G. me ne lasciasse il tempo.

Ma non me lo lascia. “No, sai che cosa ti ci vuole? Una maschera. Una di quelle maschere greche meravigliose. Non sei un coro, tu?”

Spiego che no, non sono un coro – sono il Coro. E comunque sono il Coro Elisabettiano, e non un Coro Greco… G. dice “sciocchezze”; io dico “niente affatto”; G. dice “procurati una maschera greca”; io dico “nemmeno per idea”; G. dice che sono sempre stata troppo cerebrale per il mio bene e piena di resistenze (o qualcos’altro allo stesso effetto) e che comunque lei vuole una maschera greca – e le prove non finiscono proprio nello spirito migliore, e me ne vengo a casa di umor ribelle. Una maschera greca – figuriamoci…! Untitled 5

O quanto meno, parto di umor ribelle. Epperò, più guido e sbollisco il nervosismo, più l’idea della maschera mi pare degna di considerazione. Di certo è più significativa di una stola. Rimuginon-rimuginoni me ne arrivo a casa, e dissotterro una bautta comprata a Venezia, mezza bianca e mezza nera. “Ecco il Coro!” penso tra me – e l’indomani ne metto a parte G. per telefono.

“Banale,” è il verdetto. Cercati una maschera greca.” Fuoco e fiamme: sono forse un Coro Greco, io? E qui potete immaginare una ripetizione pressoché verbatim della discussione di due paragrafi più sopra. Una maschera greca, forsooth!

E… Sipario! Fine dell’Atto Primo. Luci di sala, intervallo, brusio, calicetti di vin bianco nel foyer.

Come andrà a finire? G. e la Clarina troveranno un accordo? Coro Greco o Coro Elisabettiano? Ci sarà una maschera affatto? Non perdete il prossimo appassionante episodio de… La Maschera di Rame.

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Giu 8, 2011 - considerazioni sparse    2 Comments

Idiot’s Foot

Immaginate la scena: stazione di Bologna, le due pomeridiane di un ordinario lunedì di giugno. La folla assetata di trasporto su rotaia brulica sui marciapiedi, sulle scale, nei sottopassi, nelle sale d’aspetto, nelle edicole, nei bar. Uomini, donne e fanciulli s’affannano trascinandosi dietro ogni genere di bagaglio, dallo zaino Invicta al baule di cartone, dal trolley rosa fragola alla ventiquattrore LV, dai borsoni Esercito Italiano al costume da samba nel porta-abiti di plastica…

Ed ecco che la Clarina fende questo ribollire d’umanità frettolosa. Lo fende con falcate tanto lunghe quanto gliene consente la sua non torreggiante statura. Da una spalla le penzola il computer portatile, dall’altra la borsetta, e in mano stringe il bagaglio overnight. Le falde del suo spolverino a quadretti le sventolano attorno – come le vele di una tartana nel Libeccio.

CORO GRECO: Corri, Clarina, corri! Galoppa al piazzale ovest e prendi il tuo treno – e se lo prenderai sarà, come suol dirsi, per un pelo.

La Clarina galoppa, occhieggiando i numeri sui tabelloni luminosi. Forse… forse…

LA CLARINA: (ansimando persino nel pensiero) Tienimi una man sul capo, o nume protettor de’ ferrati cavalli, che forse ce la faccio…

La Clarina raccoglie le forze per un ultimo sprint e…

CORO GRECO: Bada, o Clarina, che il Destino Beffardo è in agguato!

LA CLARINA: (guardando per aria) Eh?

Il gradino è lì. Piccoletto, unassuming – un gradinetto. Innocente, lo direste. Ma la Clarina non lo vede, ci poggia male il piede, danza qualche passo di minuetto nel tentativo di mantenere l’equilibrio e non far cadere il computer…

CORO GRECO: Toi! Toi! Otototoi!

La caviglia della Clarina si piega ad angolo retto in una direzione non prevista dalla natura umana.

LA CLARINA: Feu! Feu! Feu!* (al Coro, con risentimento) “Bada Clarina…”? Vi veniva il mal di viscere a dirmi “gradino”?

CORO GRECO: Che ci vuoi fare? Il Coro Greco confonde quelli che vuole perdere… o forse quelli sono gli dei?

LA CLARINA: (saltellando su un piede solo, tra la crudele indifferenza della folla) Non scriverò mai nulla che abbia un Coro del cavolo…

CORO GRECO: Bada al cavallo ferrato, o Clarina – la vendetta dopo.

LA CLARINA: Cavallo…? oh, toi!

La Clarina zoppica penosamente verso il I Binario Piazzale Ovest, e nel contempo cerca di estrarre dal bagaglio overnight il biglietto da obliterare nell’apposito macchinario color tuorlo.

CORO GRECO: E adesso…

LA CLARINA: (marcia trucemente verso l’obliteratrice – badando a dove cammina- e borbotta tra i denti) Toi! Non mi turlupinate più, espositori prezzolati – e inaffidabili! Toi, toi!

DESTINO BEFFARDO (con l’assurdamente gaia intonazione degli altoparlanti Trenitalia) Il Treno Regionale Veloce n° tanti-e-tanti con destinazione Brennero partirà dal Binario 1 Piazzale Ovest con dieci minuti di ritardo! (Sottotesto: non è carino, bambini?)

LA CLARINA (debolmente) Toi…

CORO GRECO: Te l’avevamo detto che c’era il Destino Beffardo in agguato…

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Fade to: Ospedale Carlo Poma – Pronto Soccorso Ortopedico.

CERUSICO DELLE OSSA: (esaminando le lastre) Trauma distorsivo submalleolare.

LA CLARINA: (spalanca gli occhi e porta la mano alla gola) No!

CDO: (oracolare) Fasciatura elastico-compressiva. Arto a scarico. Analgesici al bisogno. Stampelle.

LA CLARINA: No!!

CDO: (implacabile) Una settimana.

LA CLARINA: No!!! Lo spettacolo… la rievocazione… i referendum… Toi!

CORO GRECO: (con rumore di scrollata di spalle collettiva) Be’, mettila così: almeno non hai perso il treno.

SIPARIO

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C’è gente che lamenta il ginocchio della lavandaia, chi soffre del gomito del tennista…

Io ho il piede dell’idiota.

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* E anche a few things not fit for printing.