Tagged with " edimburgo"

Il Mistero Dello Scultore Misterioso

Lo so che la giornata mondiale del libro sarebbe stata lunedì, ma Shakespeare ha interferito. Col che non voglio dire che Shakespeare non sia materia libresca, ma sapete che cosa intendo.

E allora oggi riparo alla mancanza di lunedì con qualcosa che ha a che fare con i libri su vari livelli… 

Avevo sentito parlare di questa incantevole faccenda qua e là per la rete, avevo visto qualche immagine e progettato di postarci su – progettato in quella vaga maniera prima-o-poi…

Ma adesso trovo un reportage completo in proposito su questo bel blog chiamato Scissors + Paper Rock! e non ho scuse per rimandare ulteriormente.

E quindi lasciate che vi racconti una storia…

C’era una volta – e c’è ancora – a Edimburgo, la Scottish Poetry Library, dove un giorno di marzo dello scorso anno lo staff trovò su un tavolo una scultura di carta. Era un meraviglioso piccolo albero su un libro-piedistallo:

edinburgo, libri, sculture di carta

E il biglietto diceva così: …Sappiamo che una biblioteca è molto più di un edificio pieno di libri… un libro è molto più di un insieme di pagine piene di parole… Questo è per voi, in sostegno alle biblioteche, ai libri, alle parole, alle idee… (forse un gesto poetico?)

Da dove saltava fuori? Nessuno aveva visto nulla, nessuno ne aveva idea. Poi, alla fine di giugno, un altra scultura di carta comparve alla National Library of Scotland:

edinburgo, libri, sculture di carta

Un dono in sostegno alle biblioteche, ai libri, alle parole, alle idee… (& contro la loro fine)

E poi fu la volta della Filmhouse. Un piccolo, dettagliatissimo, meraviglioso cinema di carta…

edinburgo, libri, sculture di carta


in sostegno […] a tutto quel che c’è di “magico”.

E in luglio un uovo di drago allo Scottish Storytelling Centre:

edimburgo, libri, sculture di carta


Perché “C’era una volta un libro, e nel libro c’era un nido, e nel nido c’era un uovo, e nell’uovo c’era un drago, e nel drago c’era una storia.”

A questo punto la storia era diventata celebre, tutta Edimburgo e tutta la Rete (Twitter in particolare, visto che i biglietti erano sempre indirizzati al Twitter handle dell’istituzione rilevante) s’interrogavano sull’identità dello Scultore Misterioso. Lasciare le sculture di nascosto doveva essere diventato più difficile, dato il livello di curiosità e attenzione. ma questo non impedì allo Scultore di seminare altri due doni all’Edinburgh International Book Festival. Questo delizioso vassoio della colazione nel bookshop :

edinburgo, libri, sculture di carta


E questo libro/bosco allo stand dell’UNESCO:

edimburgo, libri, sculture di carta

“Nessun fanciullo ha facoltà di decidere da quali circostanze sarà circondato” (Robert Owen)

E poi alla fine di agosto questa lente d’ingrandimento comparve alla Central Lending Library:

 

edimburgo, libri, sculture di carta


Libraries are EXPENSIVE EXPANSIVE, diceva il biglietto. E la lente era puntata su una citazione di Edwin Morgan: “Quando entro, voglio che sia luminoso, voglio trovare tutto quel che c’è in piena vista.”

Fu a questo punto che l’Edinburgh Evening News tentò di trascinare lo Scultore allo scoperto dichiarando di conoscerne l’identità e di cominciare a trovare la faccenda un nonnulla tediosa… E concorderete con me che si trattava di uno stratagemma singolarmente poco sottile: non so immaginare la persona capace di tagliuzzare queste sculture mentre addenta un’esca giornalistica del genere.

E infatti lo Scultore non batté ciglio, se non riconoscendo la necessità di un finale appropriato per una buona storia. Questa storia, apparentemente, si doveva concludere là dove aveva avuto inizio, alla Scottish Poetry Library. Nella sezione delle antologie comparvero una cuffietta di piume e un paio di guanti striati come il dorso di un’ape:

edimburgo, libri, sculture di carta


Proprio come in una poesia di Norman MacCaig.

Insieme alla scultura c’era un messaggio di congedo in cui lo Scultore Misterioso si rivelava essere in realtà una Scultrice Misteriosa e definiva il suo delizioso, poetico gioco come un “minuscolo gesto” a sostegno dei posti speciali, delle cose impossibili…

edimburgo, libri, sculture di carta

 

Questa era la decima scultura, comunicava la Scultrice – il che significava che dovevano essercene altre due da qualche parte, altre due che nessuno aveva ancora notato…

E infatti, nei giorni successivi, fu la volta di un dinosauro al National Museum of Scotland…

edimburgo, libri, sculture di carta


…e di una strada sinistra nella stanza dedicata a Stevenson nel Writer’s Museum:

edimburgo, libri, sculture di carta


E a questo punto vi aspettereste qualche rivelazione, vero? E invece no. La Scultrice ha tenuto fede alla sua parola: non ha più dato segno di vita ed è rimasta anonima per davvero. Non stava cercando la fama, si direbbe. Aveva profuso una quantità d’impegno e di pensiero in un magnifico progetto, aveva scelto con cura istituzioni e libri, aveva reso omaggio a poeti e scrittori (primo tra tutti Ian Rankin) e in tutto questo aveva fatto ogni sforzo per rimanere dietro le quinte. E c’era riuscita.

Non era una trovata pubblicitaria, non era autopromozione. Era una dichiarazione d’amore nei confronti delle biblioteche, dei libri, delle parole, delle idee, dei posti speciali e delle cose impossibili.

E tutti vissero felici e contenti.

__________________________________________________

Per leggere la storia originale e vedere altre fotografie delle sculture e dei loro straordinari particolari, vi rimando ancora a Scissors + Paper Rock!: qui, qui e qui.

Feb 24, 2010 - Genius Loci    1 Comment

Un Sogno di Mattoni e Pietra Viva: Stevenson ed Edimburgo

370px-Robert_louis_stevenson.jpgCome fa un libro ambientato a Londra ad essere una metafora edimburghese? Basta che a scriverlo sia Robert Louis Stevenson, che da Edimburgo se ne andò più di una volta, fisicamente, ma ci lasciò il cuore, seppur senza volere.

Perché a volte è difficile capire se a Stevenson Edimburgo piaccia davvero…

Di sicuro la giudica una città scissa, ed ecco che torniamo all’inizio: Lo Strano Caso del Dr. Jekill e Mr. Hyde è sì una storia londinese, ma il tema della dualità è qualcosa che Stevenson lega sempre alla sua gelida, ventosa, oscura e soprattutto duplice città natale. Cominciamo da qui: quando nel 1707 la Regina Anna, l’ultima Stewart regnante, firma l’Act of Union, facendo di Scozia e Inghilterra un’unica corona, Edimburgo perde non solo il suo status di capitale, ma anche qualsiasi possibilità di recuperarlo. E alla città che era stata il centro di un regno per due secoli, questo non piace nemmeno un po’. Morale, quando gli Stewart in esilio provano per due volte a riprendersi la corona di Scozia (e già che ci sono, magari, pure quella d’Inghilterra), Edimburgo li accoglie con più di un palpito. Nel 1745 le ultimissime velleità giacobite vengono spente brutalmente nel sangue a Culloden, ma gli Hanover, i nuovi re tedeschi che hanno ereditato il trono da Anna, non sono stupidi. L’idea è che, se non può più essere capitale, Edimburgo va trattata come se lo fosse, almeno in parte. Così, nell’ultimo terzo del XVIII Secolo, avviano una ricostruzione in grande: alla vecchia Edimburgo medievale, arroccata sopra e intorno allo sperone di roccia del castello, se ne affianca una nuova, settecentesca, luminosa e ordinata.9858ViewfromCaltonHilllookingwest1822.jpg

Che differenza tra i vicoli ripidi della città vecchia, i palazzoni stretti stretti, alti fino a quattordici piani, i cortili di pietra, le finestre a feritoia, le garguglie e i pinnacoli e, dall’altra parte, le vie ampie, le statue equestri dei vari Giorgi nelle piazze, le cancellate, le facciate a stucco, gli alberghi, i negozi! Tutta la Edimburgo bene, quella che prima si affollava nelle magioni avite intorno al castello, migra sull’altro lato di Princes Street, lasciando indietro un formicaio di small folks tutto attorno al castello, tagliato longitudinalmente dal Royal Mile, la strada che conduce giù giù fino a Holyrood Palace. Due città, una gotica e una georgiana; una cresciuta su se stessa, l’altra progettata a tavolino; una antica, l’altra moderna; una buia, l’altra bianca; una povera e pericolosa, l’altra agiata e rispettabile; una colma di leggende e di fantasmi, l’altra tanto placida quanto si può esserlo in questi climi. Due mondi.

Ma questa non è la sola dicotomia che Stevenson vede nella sua Edimburgo.

0_engraving_-_one_1_088_castle_hill.jpgFin dall’infanzia, il piccolo Louis, malaticcio e solitario, pensa e vede per chiaroscuri, aiutato in questo da un’educazione famigliare rigidamente presbiteriana, una tata con un dono per le storie di battaglie e fantasmi, e un temperamento di sognatore. E per parte sua, Edimburgo è, va detto, perfetta.

Edimburgo è una città di provincia per cinquanta settimane l’anno, che poi si anima all’improvviso in capitale per i quindici giorni di residenza del Lord Commissioner, scatenandosi in un carosello di parate, cerimonie, ricevimenti, petizioni e cortei.

Edimburgo ha una celebre scuola di medicina, dove si formano i migliori physicians delle isole britanniche, ma… gli studenti di Edimburgo sono migliori degli altri perché praticano di più, studiano meglio l’anatomia sui cadaveri. E da dove arrivano i 0_engraving_-_one_3_000_university_and_south_bridge.jpgcadaveri? La vecchia università è piena di storie raccapriccianti: cimiteri violati, furti di cadaveri, omicidi tout court. C’è tutta una letteratura in proposito, e Stevenson stesso nel suo cupo The Body Snatcher, sembra dire: meglio non domandarsi troppo, signori, dove e come il vostro medico ha acquisito tutta la sua maestria!

A Edimburgo, d’altra parte, morte e vita sembrano andare a braccetto con molta familiarità: né Giuseppe II né Napoleone sono mai giunti su questo lato della Manica, e la città vecchia è inaspettatamente piena di cimiteri. Si svolta un angolo, ed eccone uno, su cui guarda magari il retro di cinque o sei palazzi. Dalle finestre escono i rumori della vita quotidiana, l’acciottolio di stoviglie lavate, il pianto di un neonato, il canto di una cucitrice al lavoro si mescolano ai colpi di badile del becchino, gl’inquilini al piano terra stendono la biancheria ad asciugare tra le lapidi, e i gatti del caseggiato cacciano i passeri tra le tombe. D’altra parte, nella città vecchia non è del tutto infrequente, dice Stevenson, passare davanti a qualche porta coperta di tavole inchiodate, chiusa così dall’ultima epidemia di peste e mai più riaperta, nel timore superstizioso che il morbo sia ancora dentro, acquattato e pronto a balzare sull’incauto che apra la porta. O ancora, c’è chi ha per vicino il fantasma di qualche assassinato, o di un criminale irretito dal demonio: tutto il vicinato sa dei rumori che si sentono a notte fonda, e i monelli più coraggiosi vanno a gridare ingiurie attraverso il buco della porta sprangata.0_engraving_-_one_1_129-_royal_mile_-_heart_of_midlothian.jpg

Non è strano, a Edimburgo, questa città così preoccupata della propria anima, così devota, così pia, e dove però i Presbiteriani sono in guerra perpetua con gli Anglicani, e con centro altre sette e confessioni, tanto che la domenica, quando tutte le campane suonano, non è un concerto, ma un coacervo di suoni discordanti. E poi, a fianco di quest’ansia di faziosa devozione, ecco il permanere di certe celebrazioni pagane. Se Natale si celebra in severa, protestante sobrietà, il primo dell’anno è Hogmanay, una giornata di alcool, fiaccole, danze licenziose ed eccessi vari. E guai quando il primo dell’anno cade di domenica!

0_engraving_-_one_2_141-_george_street.jpgInsomma, non c’è aspetto di Edimburgo che, agli occhi di Stevenson, non abbia due facce, come ci viene ben ricordato ogni volta che la città compare nei suoi libri: basta ricordarsi dell’arrivo di David Balfour, che nelle strade della città vecchia trova rifugio e nuovi pericoli, giustizia e una condanna ingiusta evitata di stretta misura, amore e rivalità feroce… Nelle Picturesque Notes, la descrizione della città va tutta per dicotomie, e non si potrebbe essere più chiari. In The Body Snatcher, i due vecchi medici, il luminare e il fallito, allievi della stessa facoltà di medicina, mostrano le due facce di quello che s’impara a Edimburgo. Ma forse è nello Strano Caso, che il pensiero di Stevenson sulla sua città emerge meglio. Perché noi tendiamo a credere che il Dr. Jekill sia una brava persona, e Mr. Hyde un mostro, ma la faccenda è più complessa: il “buon dottore”, in realtà, è un uomo che per tutta una vita riesce a celare delle propensioni oscure sotto una facciata di rispettabilità; i guai cominciano soltanto quando la pozione fa uscire allo scoperto la parte peggiore del nostro eroe, ma la parte peggiore è sempre stata lì… Pare che Stevenson non prenda posizione, tra le due città: la vecchia sarà malsana, oscura e minacciosa, pur nella sua bellezza gotica, ma guardiamoci dal prendere per buona la rispettabilità color gesso e le cancellate ben dipinte della nuova!

EdinburghCastle_CaltonHill.jpgE detto tutto questo, vien da chiederselo: ma a Stevenson piaceva Edimburgo? La domanda è legittima. Il quadro che esce dalle sue opere non è eccessivamente gaio, e lui stesso se ne andò più volte, in cerca di climi più benevoli per i suoi polmoni malridotti. Eppure, quando era distante, ne ebbe sempre nostalgia. Nostalgia del cielo nordico, del vento che canta, delle colline coperte di erica in lontananza, delle luci ammiccanti nella notte, della pietra scura, e di quella qualità irreale, quell’ultima dicotomia sognante che gli fece scrivere, come in una constatazione sorpresa e lievemente incredula, che “questa profusione di eccentricità, questo sogno di mattoni e roccia viva, non è una quinta di teatro, ma una città del mondo reale.”  

Gen 12, 2010 - Genius Loci    Commenti disabilitati su Genius Loci

Genius Loci

Bene, è giunto il momento di riscuotersi dall’accidia post-vacanziera, dalla tendenza al lamento da Lunedì Mattina Cosmico, dal salterellar di palo in frasca. E’ giunto il momento di concentrarsi su una nuova serie di post a tema.

Perciò, dalla settimana prossima, avrà inizio – rullo di tamburi… – Genius Loci, ovvero scrittori e città.

Questo nasce da una serie di lezioni tenute, nel quadro di un corso in collaborazione, presso la UTE di Mantova, e prevede cinque puntate con un’abbondanza di illustrazioni, letture, aneddoti, storia e letteratura, senza trascurare il minimo indispensabile di geografia. Nell’ordine (o forse no) avremo:

* Londra e Dickens

* Parigi e Dumas père

* Vienna e Joseph (non Philip) Roth

* Londra (di nuovo, sì…) e Virginia Woolf

* Edimburgo e Stevenson.

Considerando un’introduzione generale a mistica e realtà del rapporto scrittori/città, e un congedo per tirare le conclusioni a cose fatte, ciò significa che per sette settimane ci occuperemo di genio dei luoghi, luoghi del genio, luoghi e genio. Sette settimane a partire dalla prossima ci dovrebbero portare, se la matematica e il calendario non sono un’opinione (debatable matters, both of them), agl’inizi di marzo, quando nei prati fioriranno le violette e sbocceranno le margherite. E per allora si vedrà.

E sì, lo so: tre su cinque sono autori britannici… Ma d’altra parte non è una novità: io sono un’anglomane malata e convinta e voi, alla fin fine, ve lo aspettavate, nevvero?