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Uno Strumento Potentissimo: C.W. Hodges e il Teatro

Il teatro come istituzione è il principale meccanismo tramite il quale gli esseri umani sviluppano i loro modelli di condotta, la loro moralità, le aspirazioni, l’idea del bene e del male e, in generale, quelle fantasie a proposito di se stessi e dei loro simili che, se praticate con persistenza, tendono a diventare fatti nella vita reale.

Trovo l’idea dell’umanità che prova e modella se stessa attraverso il teatro CWHodgesenormemente affascinante – ma immagino che da me non ci si possa aspettare altro, giusto?

Ad ogni modo, l’idea è dell’Inglese Cyril Walter Hodges, pluripremiato illustratore, scenografo, costumista, romanziere storico e studioso shakespeariano. Personaggio parecchio eclettico – ma con un metodo, considerando che la maggior parte del suo lavoro ruota attorno al teatro, alla storia e alla storia del teatro.

Personalmente adoro le sue illustrazioni: le linee veloci ed eleganti, l’equilibrio tra abbondanza di dettagli e stilizzazione, i colori trasparenti e luminosi… Di tutti i suoi lavori, i miei preferiti sono quelli dedicati al teatro, e a quello elisabettiano in particolare. L’intero corpus fu acquistato negli anni Ottanta dalla Folger Library, che adesso ha digitalizzato tutto quanto per renderlo disponibile nella Reticella – qui e qui. Raccomando cautela, perché è uno di quegli e-posti in cui si possono passare tante e tante ore felici – ovvero un Pozzo delle Ore Perdute… Non so quante volte mi ci sono e-recata in cerca di qualcosa di specifico per poi perdermi a girovagare felicemente.

Globe+Full+ColourEd è un po’ un’ironia che un uomo che ha incentrato la sua vita su una passione per il teatro elisabettiano dovesse avere pessimi ricordi del Dulwich College – fondato dal grande attore elisabettiano Edward Alleyn – tanto da ricordare i suoi anni scolastici come “un’infelicissima prigionia”… Ma per fortuna l’infelicità scolastica non spense l’interesse del giovane Hodges per il periodo, e non gli impedì di diventare l’uomo i cui disegni speculativi e la cui erudizione sono stati fondamentali nella ricostruzione moderna dei teatri elisabettiani.

Mi piace pensare che, se il teatro serve a modellare l’idea che l’umanità ha di se stessa, Cyril Walter Hodges ha senz’altro contribuito in modo essenziale a modellare l’idea che noi abbiamo del teatro elisabettiano.

Shakespeare – Ritratto Istantaneo

LocLUPo2E ieri sera piacevolissimo debutto degli aperitivi letterari di Inchiostro&Vino all’Enoteca Porto Catena – con buon vino e un pubblico entusiasta.

Oggi, invece, si converserà di fama postuma alla Libera Università Poggese, a Poggio Rusco – e credo che sarà una storia di sorprese, a suo modo…

In mezzo alle infinite eccentricità shakespearian-marloviane che costellano gli ultimi quattro secoli e qualcosa, parleremo anche del Ritratto Janssen. È questo ritratto seicentesco che vedete qui sotto a destra – o almeno lo era quando la Folger Shakespeare Library di Washington lo acquisì a fine anni Ottanta del secolo scorso, con l’attribuzione “Ritratto di William Shakespeare, artista anonimo.” Non era in buone condizioni, povero riratto, così venne subito messo a restauro.

Janssen_pre_1988

Mr. Shakespeare, suppongo?

E alla prima radiografia, a restauratori e curatori caddero le braccia. I raggi X mostravano che il Ritratto di William Shakespeare era in realtà una crosta che copriva… qualcos’altro. Rimosso lo strato esterno, venne alla luce un altro uomo – completamente diverso. Niente fronte calva e bombata, niente naso diritto, niente occhi scuri… Niente Shakespeare, alas. Solo qualche altro, anonimo gentiluomo contemporaneo del Bardo. In fondo sulla sinistra.

Alla Folger, comprensibilmente, non erano proprio ebbri di gioia. Credevano di essersi portati a casa un ritratto dell’eroe eponimo, e invece si ritrovavano… con che cosa, esattamente? Be’, in realtà si ritrovavano con un documento affascinante della bardolatria nel tardo Settecento – e del mercato che ci si era raggrumato attorno.

Painting s17

Well… non proprio

Perché quel che era successo era una di due cose: o un pittore si era ritrovato per le mani un ritratto di anonimo e gli era balenato in mente che ci avrebbe ricavato molto di più se si fosse trattato di Shakespeare, oppure prima gli venne l’idea e andò a cercarsi apposta un ritratto compatibile. Either way, quando? Be’, senz’altro prima del 1770 – quando il ritratto emerse come super cimelio shakespeariano – e altrettanto senz’altro dopo il 1741, quando David Garrick riportò Shakespeare all’attenzione del grande pubblico interpretando Riccardo III al Drury Lane. Personalmente sospetto che si possa restringere alquanto la finestra temporale, perché il bardolatrismo e il commercio di cimeli e souvenir si possono datare al 1769, al Grande Giubileo Shakespeariano di Stratford, che Garrick volle, organizzò e diresse, e poi spostò a Londra. Si può dire che quella sia stata la vera e propria instaurazione del culto – con Garrick come unico profeta.

Per cui immaginate la tentazione per un povero pittore, magari squattrinato, magari frustrato dallo scarso successo dei suoi paesaggetti arcadici… E una sera, venendosene via da teatro dopo una delle novanta (90!) rappresentazioni del Jubilee… folgorazione! Idea! Instant portrait!

Come vedete, la nostra epoca cinica in realtà non ha inventato granché.

E se volete sentire come secoli di storie come questa abbiano costruito, modellato e cementato la fama di Shakespeare (e Marlowe), se ne parla oggi alle 17, alla Biblioteca Mondadori di Poggio Rusco.

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