Tagged with " james thurber"
Ott 16, 2017 - pessima gente, scribblemania    Commenti disabilitati su La Natura dello Scrittore

La Natura dello Scrittore

writGli scrittori, queste bizzarre creature, sono mostri dalla coscienza atrofizzata in posizione contorta.

O almeno, questa scrittrice è un mostro dalla coscienza atrofizzata eccetera.

Una volta, qualche tempo fa, ero a un funerale, e a un certo punto mi sono sorpresa ad ascoltare solo molto vagamente quello che diceva il sacerdote. Il resto del mio cervello, avendo colto un possibile spunto nella predica, era già impegnato a strologarci sopra una trama. Mi sono sentita davvero orrida, perché sono sinceramente affezionata alla famiglia della persona di cui si stava celebrando il funerale, e non avevo nessuna intenzione di distrarmi o, peggio ancora, di mettermi a scrivere.Writeinoneshead

Scrivere, sì. James Thurber raccontava che sua moglie, quando lo coglieva con lo sguardo assente, durante una cena con gli amici oppure a teatro, sbottava dicendogli “Dannazione, Thurber, piantala di scrivere!”, con questo intendendo (a ragione) che il marito era impegnato a rimuginare trame o giri di frase. E sono certissima che Thurber non faceva apposta, come io non ho fatto apposta durante il funerale: è come se un lembo di cervello rimanesse sempre di sentinella, pronto a cogliere la minima circostanza passibile di sviluppi narrativi e ad elucubrarci sopra. Ci si scopre a farlo mentre si fa la coda all’ufficio postale, mentre si guida, mentre si fa conversazione senza troppo interesse, mentre si sfoglia una rivista, mentre si fa ginnastica, in treno, al ristorante, in chiesa (sigh!), al cinema**… O per la maggior parte del tempo non ci si scopre affatto: lo si fa e basta.

Immagino che faccia parte del gioco. Una volta un vigile del fuoco mi ha detto che, dovunque vada, per prima cosa cerca con gli occhi gl’impianti antincendio e le uscite di sicurezza. È più o meno lo stesso, se si eccettua il fatto che tendono ad esserci molti più spunti narrativi che idranti. Salvo forse in un negozio d’idranti, ma non è detto.

DistractedE poi che cosa si fa con queste schegge? Se ci sono sia il mezzo che la possibilità, le si annota***, spesso e volentieri le si lascia perdere. Qualcuna mette radici, la maggior parte no. Qualcuna si sviluppa, qualcuna torna in mente al momento giusto per combinarsi con qualche altra cosa, qualcuna diventa un racconto, una poesia o un romanzo, magari dieci anni più tardi. La maggior parte si dimentica, o rimane annotata a matita sull’orlo di una pagina o su un biglietto ferroviario: il tasso di sopravvivenza fino a compimento è infinitesimale. E però non per questo si smette di partire per strane tangenti alla minima provocazione, con l’occhio assente e la figuraccia sempre dietro l’angolo: è una seconda natura, anzi una prima natura.

La natura dello scrittore, diciamo a noi stessi, per consolarci quando siamo sorpresi (o ci sorprendiamo da noi) a scrivere nella nostra testa nelle situazioni meno opportune.

___________________________________________________________________________________________

* Giuro di averlo fatto durante una lezione di Sociologia, pur continuando a prendere appunti per tutto il tempo. Ma allora ero molto più giovane, e probabilmente avevo più neuroni per fare del multi-tasking.

** È per questo che sarebbe bene avere sempre un taccuino al seguito. E una penna, ovviamente.

Mantellina Scarlatta

Che ne dite di una sfida?

Ebbene, state a sentire: nel 1957 James Thurber scrisse The Wonderful O, che narra di una lettera eliminata dalla lingua inglese. Tutta la vicenda è scritta senza usare questa lettera, ed è una delizia.

Una bizzarria? C’è chi ha ne ha fatte di più estreme: nel 1969 il Francese G. Perec scrisse  La Disparition, due centinaia di pagine senza utilizzare la lettera E. La trama è incentrata su tale Anton Voyl, che sparisce e dà il via a una serie d’incidenti. Perec, che faceva parte di una clique letteraria assai incline a sperimentare, diceva che il limite accende e ispira la fantasia.

Pare anche a me: aggirare i limiti spinge a cercare, e semmai creare, strade alternative.

E quindi, la sfida: cercare di scrivere pezzi senza una lettera a scelta, e riuscire a limitare le bizzarrie linguistiche. E’ stupefacente quel che si riesce a fare…

C’era, tanti e tanti anni fa, una bambina detta da tutti Mantellina Scarlatta, a causa della cappa che teneva sempre sulle spalle. La bambina viveva assieme alla mamma in una casetta al limitare della selva. Grandmaman, invece, viveva dall’altra parte, e per raggiungere la sua casa si passava per sentieri bui, lunghi e malsicuri, stretti tra gli alberi antichi e i cespugli carichi di spine. Accadeva raramente che Grandmaman si ammalasse, e in quei casi Mamma mandava da lei Mantellina Scarlatta. Prima che la bimba partisse, Mamma metteva in un paniere le ciambelle appena fatte, e ripeteva: guai a fermarsi nella selva, guai a parlare agli estranei! E specialmente, attenta ai lupi! Mantellina Scarlatta stava a sentire e rideva. Dite la verità: qual è la bambina che, prima di partire per una gita nella selva, dà retta alla mamma in ansia?

Basta, grazie, perché la faccenda richiede una certa fatica.

Chi altri tenta? Fatemi sapere i risultati!

_________________________________________________________________________________

E a questo punto spero che apprezziate il fatto che in tutto il post qui sopra, se non mi è sfuggito qualcosa, ci sono soltanto cinque O, e nessuna di esse è mia: due sono nel titolo di Thurber, una nel titolo di Perec e due nel nome del suo protagonista. Qui sotto ci sono le note relative a due particolari che ho sottolineato: niente asterischi, perché non ho avuto la pazienza di scrivere anche le note senza O, e non volevo scoprire le mie carte troppo presto…

Voyl: Voyl-Voyelle, got it? Immagino che sia Anton Vocal nella traduzione italiana (La Scomparsa, Guida, 1995, trad. di Piero Falchetta), che non ho letto. Esistono anche traduzioni in Inglese (A Void), Tedesco, Spagnolo, Olandese, Svedese e Turco, quanto meno, e non mi stupirei se ce ne fossero altre: dev’essere il genere di sfida che un traduttore sogna per tutta la vita.

Clique letteraria: per ovvie ragioni non potevo scrivere “movimento letterario“, ma c’è la consolazione che una delle auto-non-definizioni di OuLiPo (che sta per Ouvroir de Littérature Potentielle) è quella di non essere un movimento letterario. Quando si è detto che a OuLiPo sono appartenuti autori come Calvino e Queneau, le cose diventano, je crois, un pochino più chiare.