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Feb 19, 2018 - grilloleggente, libri, libri e libri, musica    Commenti disabilitati su Colonne Sonore

Colonne Sonore

Un tempmusicaLargeo ascoltavo molta più musica. Nel senso di dieci, dodici, a volte anche quattordici ore al giorno. Mentre studiavo, mentre leggevo mentre scrivevo, mentre lavoravo… sempre musica. Anni fa, quando facevo tutt’altro lavoro, ero descritta nell’ambiente come “quella che in ufficio ha sempre la musica classica/l’opera”. E siccome procedevo per infatuazioni, ed ero capace di ascoltare e riascoltare lo stesso disco all’infinito, non era infrequente che finissi con l’associare un particolare pezzo a un libro, a un esame, a un progetto…

Così, per esempio, benché siano passati quasi trent’anni, non potrò mai sentire la IV Sinfonia di Brahms senza pensare al Deserto dei Tartari. L’Allegro non troppo e le travi scure della Fortezza Bastiani sono legati indissolubilmente per me. E la cosa buffa è che non mi ricordo nemmeno se nelle descrizioni di Buzzati la fortezza avesse davvero queste travi, ma è come la immaginavo ascoltando questa musica, e dubito che cambierò mai idea.

RambaudAltra associazione definitiva: le Five Variants of Dives and Lazarus di Vaughan Williams e le truppe napoleoniche accampate sull’isola di Lobau ne La Battaglia, di Patrick Rambaud. Mi si è fatto notare che non c’entra un bottone (e io protesto: non è del tutto vero), mi si è fatto notare che in anni successivi ho ascoltato le dannate Variants in ogni genere di altre circostanze, con o senza libri di mezzo… può darsi, ma quando violini&arpa attaccano il tema, io rivedo i fuochi da campo sull’isola.

Poi ci sono accostamenti seriamente dissennati, come la X Sinfonia di Mahler e l’Introduzione alla Sociologia Generale di Roucher (a cui andrebbe aggiunto anche il tè al bergamotto), oppure Dio che nell’alma infondere, dal Don Carlo di Verdi, e tonnellate di Economia Politica, o le Danze Ungheresi di Brahms e EC Law… l’ho già detto che ascoltavo musica mentre studiavo? Questi sono del tutto casuali, ma non per questo meno durevoli, visto che non sono svaniti in vent’anni e rotti, e sono solo alcuni di un numero notevole. E siccome non ho uno straccio di memoria visiva, ma ricordo perfettamente quello che studiavo o leggevo o facevo in corrispondenza di decine e decine di pezzi musicali, ne deduco che il mio cervello funzioni molto meglio con i suoni che con le immagini. Quando dovevo ricordare a memoria formule o elenchi, l’unico metodo veramente efficace era appiccicarli a un pezzetto di musica. Non c’è niente da ridere: è così che, dopo vent’anni abbondanti, mi ricordo ancora che nella quollah etiope si coltivano dura, mais, cotone e tabacco*. O almeno ci si coltivavano trent’anni fa**.musica8

Qualcun altro funziona nello stesso modo? Che cosa e come associate? E qualcuno che ragiona e ricorda per immagini?

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* Da  cantarsi sull’aria di “Maramao perché sei morto?” Don’t. Ask.

** Sì, lo so: una di quelle nozioni che non sai mai quando potranno servirti nella vita…

Lug 20, 2015 - libri, libri e libri, musica    2 Comments

Parole & Musica

MusicUn tempo ascoltavo molta più musica. Nel senso di dieci, dodici, anche quattordici ore al dì. Mentre leggevo, mentre studiavo, mentre scrivevo… sempre musica. E all’epoca in cui facevo tutt’altro lavoro, ero descritta nell’ambiente come “quella che in ufficio ha sempre la musica”. Poi, siccome procedevo per infatuazioni ed ero capace di ascoltare e riascoltare lo stesso disco all’infinito, era molto frequente che associassi un particolare brano a un libro, a un esame, a un progetto…48e902a9fb3d73425f4d6bad3733165b

La mia ur-associazione musical-letteraria: benché siano passati più di vent’anni, non potrò mai sentire la IV Sinfonia di Brahms senza pensare al Deserto dei Tartari. L’Allegro non troppo e le travi scure della Fortezza Bastiani per me sono legate indissolubilmente. E di fatto, non ricordo se nelle descrizioni di Buzzati ci fossero davvero delle travi di legno scuro, ma so di averle immaginate mentre leggevo e ascoltavo, e dubito molto che cambierò mai idea.

Cattura2Altro caso sono le Five Variant on Dives and Lazarus di Vaughan Williams e le truppe napoleoniche accampate sull’Isola di Lobau ne La Battaglia, di Patrick Rambaud. C’è chi mi ha fatto notare che non c’entra un bottone, e io protesto: non è del tutto vero. Mi si osserva anche che in anni successivi ho ascoltato le Variants in ogni genere di circostanze, con o senza libri di mezzo; questo è vero, ma non vuol dir nulla. Quando arpa&violini attaccano il tema, io non posso fare a meno di immaginare la sera umida e i fuochi da campo che si specchiano nell’acqua del Danubio.

Poi ci sono accostamenti seriamente dissennati, come la X Sinfonia di Mahler e l’Introduzione alla Sociologia Generale di Roucher*, o Dio che nell’alma infondere, dal Don Carlo di Verdi, e una tonnellata di Economia Politica. L’ho già detto che ascoltavo musica mentre studiavo? E questi sono solo un paio di casi, ma ne ho un’infinità. Ora, si dà il caso che non abbia uno straccio di memoria visiva, però ricordo perfettamente che cosa stavo leggendo, studiando o scrivendo in corrispondenza di centinaia di brani musicali. Se ne deduce che il mio cervello funzioni meglio con i suoni che con le immagini. Molte volte ho sfruttato la faccenda a fini pratici, appiccicando a un pezzo di musica formule o elenchi da imparare a memoria. Per esempio, è così che mi ricordo ancora che nella quollah etiope si coltivano dura, mais, cotone e tabacco**. O almeno ci si coltivavano vent’anni fa***.

Quindi, non uno straccio di memoria visiva – ma, per parafrasare Wilde, c’è poco che questa donna non riuscirebbe a fare, con la musica giusta… Qualcun altro che funziona così? E qualcuno che invece ragiona e ricorda per immagini?

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* E qui andrebbe aggiunto, per completezza, il tè Earl Grey, quello al bergamotto.

** Da cantarsi sull’aria di “Maramao perché sei morto?” Dont. Ask.

*** Sì, lo so: una di quelle nozioni che non sai mai quando ti potranno servire nella vita…

Apr 1, 2011 - musica    Commenti disabilitati su La Fisica Dei Concerti

La Fisica Dei Concerti

Hampson_marco-borggreve2-300x248.jpgLa teoria di Thomas Hampson in fatto di lieder è che ognuno va interpretato come se fosse una storia, un’opera in miniatura. Questa teoria è uno dei fattori – insieme a una tecnica superlativa e a un’espressività intensa e raffinata al tempo stesso – che hanno fatto di lui un liederista di prim’ordine. Specialmente quando si parla di Mahler, Thomas Hampson è la meraviglia delle meraviglie.

Nondimeno, quando lunedì sera ha iniziato il suo recital alla Scala, doveva avere qualche riserva. Forse perché in Italia canta poco, forse perché qui da noi è accompagnato da una serie di pregiudizi nei confronti della sua voce “non verdiana”, forse perché all’inizio il teatro sembrava la sala da musica di un sanatorio, dove tutti continuavano a tossire, schiarirsi la voce e soffiarsi il naso…

Insomma, non è stato il più caloroso degli inizi. Gli applausi sono arrivati fin da subito – fin da dopo ScalaInterno520x543.jpgSchubert, ma non c’era quella specie di magica elettricità che si produce tra esecutore e pubblico nelle occasioni davvero felici. Poi le cose sono migliorate con Liszt, mano a mano che il pubblico restava sempre più incantato e Hampson se ne accorgeva… Lo si vedeva rilassarsi lied dopo lied, e quando siamo arrivati a Mahler, nella seconda parte del concerto, la corrente delle grandi occasioni fluiva in entusiasmante abbondanza.

Il tutto si è chiuso in un tripudio di ovazioni e bis durato una ventina di minuti, e tutti ce ne siamo venuti via con l’impressione che la Scala e Thomas Hampson si fossero conquistati a vicenda.

A volte gli stati di grazia arrivano inaspettati.