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Il Vino Color del Mare

ruotacoloriIeri sera, dopo le prove, si scriveva in gruppo… No, non con la stessa gente delle prove. Altro gruppo, altro posto – seppure in rapida successione. E si scriveva, per l’appunto, in gruppo, e il tema contingente erano i cinque sensi. Esercizi in materia di udito, vista e compagnia cantante.

Naturalmente è venuto il momento dei colori – ma, alas, è venuto tardi, poco prima che dovessimo disperderci nella notte buia e tempestosa…

“Liste,” ho raccomandato oracolarmente a titolo di congedo. “Liste di ogni genere – e anche liste di colori. Col che non intendo giallo, verde, rosso, azzurro, violetto e arancione… Intendo colori particolari, sfumature o combinazioni che significhino qualcosa per voi, nomi belli ed evocativi*…”

Perché, a dire il vero, mi  vado convincendo viepiù che la percezione dei colori sia una faccenda complessa e stratificata – con un aspetto fisico, uno culturale e uno individuale, at the very least – e trasmetterla per iscritto è un mestiere molto più intricato che scrivere “il mare è azzurro”…Omero

Che poi, a ben vedere, il mare non è nemmeno sempre azzurro – o blu, o verde, o grigio. O non sempre lo è stato, se dobbiamo dar retta a Omero. Vi siete mai imbattuti in οίνοψ πόντος? Il mare dall’aspetto di vino, il mare che a vedersi è come il vino, il mare color del vino**… Che cosa intendessero davvero i Greci omerici con questo bizzarro accostamento, è oggetto di pensieri, dibattiti e rimuginamenti da almeno quattro secoli.

E dapprima ci fu chi scrollò le spalle dicendo che dopo tutto Omero era cieco, poor fellow: che ne sapeva lui di che colore avessero il mare e il vino? Ma noi, gente smalizata, sappiamo che il Vecchio Aedo Cieco è faccenda leggendaria, Né siamo troppo disposti a credere che la pietra macinata che all’epoca si aggiungeva al vino potesse renderlo bluastro – perché il vino, quando compare di per sé nell’Iliade e nell’Odissea, è descritto rosso o nero. Quanto all’idea che un’invasione d’alghe o delle ceneri vulcaniche potessero rendere rossiccio qualche tratto di mare, è plausibile in sé – ma si tratta di possibilità molto locali e temporalmente limitate: quella mezza dozzina di οίνοψ πόντος avrebbe davvero attraversato i millenni se avesse avuto senso soltanto per i quattro gatti che avevano visto il mare rossiccio per una stagione? E nemmeno la teoria di un daltonismo diffuso presso i Greci omerici è terribilmente convincente – però è la prima a ipotizzare che, in qualche modo, quei Greci vedessero i colori in modo diverso da noi…

Gladstone2A elaborarla per primo fu William Gladstone***, notando il limitato numero di colori nei poemi omerici e il loro curioso uso, e immaginando che la percezione cromatica fosse una faccenda evolutiva: più avanzata è la civiltà, più colori riconosce e nomina. I Greci al dì d’Omero, semplicemente, non erano ancora arrivati al blu.

Il che è interessante, ma non ancora abbastanza.

Una quindicina d’anni fa, Michel Pastoureau suggerì, in sostanza, che ai Greci di Omero mancasse la categoria concettuale del Blu: in fondo, in natura, non è che se ne trovi molto al di fuori del cielo e del mare – il che non è poco, ma entrambi potevano essere percepiti come vuoti. Hence, il blu non era un colore, ma un vuoto.

Ma la spiegazione più completa e più affascinante dei colori d’Omero l’ho trovata imbattendomi nel lavoro di Mark Bradley, che insegna Storia Antica a Nottingham, e che sostiene che la percezione cromatica di Omero non è arretrata – è del tutto diversa. Omero non ragiona, come facciamo noi da Newton in qua, in termini di colori teorici. Per “lui” i colori sono la buccia esterna delle cose. Il tavolo non è marrone, ma color legno – e, cosa ancor più affascinante, il colore del legno si porta dietro connotazioni non visive che partecipano della natura del legno stesso: consistenza e solidità, ad esempio.

Una sorta di… credete che possiamo chiamarla sinestesia concettuale? WineDarkSea

Ed ecco che il mare ha il colore del vino: entrambi sono scuri e di colore intenso, e traslucidi all’occasione; entrambi sono liquidi; entrambi sono tanto attraenti quanto pericolosi – e mortali se ci si spinge oltre limiti non chiaramente identificiabili… οίνοψ πόντος non ha poi molto a che fare con la ruota dei colori: è una faccenda di idee, attrazioni, consistenze, paure. Una faccenda sofisticata e intricata. Una di quelle cose che non sappiamo più in senso stretto – ma possiamo intuire attraverso i millenni.

Perché il passato è un paese differente, dove fanno le cose in un altro modo. E hanno, si direbbe, colori differenti.

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* Perché ammettiamolo: come resistere a nomi come cinabro, cremisi, oltremare, ocra, verderame…? Il retro di una scatola di colori è una lettura.

** Wine-dark sea, tradusse, a mio avviso molto felicemente, Henry Liddell – il babbo dell’Alice originale. Non so, ha il ritmo e il colore giusto, non vi pare?

*** Sì, quel Gladstone. Primo Ministro inglese – e grecista di tutto rispetto nel tempo libero.

 

Mar 20, 2017 - grilloparlante    Commenti disabilitati su Dioniso, Bacco & C.

Dioniso, Bacco & C.

E si torna all’Enoteca Porto Catena, mercoledì 29. Questa volta parliamo di vino nel mondo antico, con la poesia, il commercio e i miti – e i colori – del vino in un tempo e un mondo di cui il Mediterraneo era il cuore.

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Prenotate al numero qui sopra, volete?

Quello Che Vedevano

Osserviamo il mondo e ci domandiamo se stiamo vedendo quello che vedevano i nostri antenati nel passato irraggiungibile. Se i colori siano ancora gli stessi. Se qualcosa, a parte gli alberi, le nuvole e il mare, abbia esattamente lo stesso aspetto di un tempo. Se nulla sia rimasto uguale a com’era un tempo.

CummingE questa era Laura Cumming, in The Vanishing Man – meraviglioso, meraviglioso libro su Velàzquez e su John Snare, il libraio inglese cui, a metà Ottocento, un ritratto del pittore spagnolo scardinò la vita. Lo ripeto un’altra volta: è un libro meraviglioso, splendidamente scritto e pieno di idee e di pezzetti luccicanti come quello qui sopra. Osserviamo il mondo e ci domandiamo…

Non ditemi che non vi è mai capitato. Un paesaggio, un edificio, una stanza, una strada… Con i quadri va relativamente bene. Se sono ben conservati, se sono ancora là dov’erano o se abbiamo un’idea di come fossero esposti, non è difficile guardarli e pensare che li stiamo guardando – vedendo – allo stesso modo. I Caravaggio in San Luigi dei Francesi, per esempio. Sì, d’accordo, noi possiamo accendere la luce con una monetina – ma otherwise siamo come gli osservatori nei secoli passati. Per i paesaggi ci vuole più fortuna e forse più immaginazione. Ho ricordi di una sera a Cortona, e di un albergo la cui terrazza dava sulla valle del Trasimeno. E al tramonto, quando la luce d’oro e un nonnulla di foschia confondevano a sufficienza  i segni e il rumore del XXI secolo, ci si poteva azzardare a pensare che Annibale non avesse visto nulla di troppo diverso. Gli edifici… Confesso che in fatto di edifici l’esercizio mi mette una certa dose di angoscia. Immaginate di essere un antico Romano, di ritrovarvi per un meccanismo qualsiasi nel 2016 – e di vedere quel che resta dei Fori a Roma, di Aquileia, dei templi colossali di Baalbek… Immaginate la desolazione e l’angoscia di non trovare altro che rovine. E dovevano sembrare eterni, i templi. Fatti per resistere intatti ai millenni, per ripetere all’infinito “qui è passata Roma”.

Quindi guardiamo il mondo, ci domandiamo se stiamo vedendo quello che vedevano i nostri antenati – e per lo più la risposta è no. E specularmente ci viene da domandarci che ne sarà, tra un millennio o due – o anche solo tra qualche secolo – di quel che adesso ci Baalbeksembra inscalfibile e definitivo. Dà un certo qual senso d’impermanenza, vero?

E però ci sono le parole.

Le parole ci permettono di sapere che per Omero il mare era color del vino, e che i cani riconoscevano i padroni dopo tanto tempo… E così quando vediamo il mare scurirsi, quando vediamo un cane svegliarsi di botto perché il padrone è in fondo alla strada – ecco, allora sì che stiamo vedendo quel che i nostri antenati vedevano. E d’accordo – non è come se le parole non si sgretolassero, non cambiassero colore, non andassero perdute – ed è sempre possibile che siamo noi a non vedere più con gli stessi occhi. A non guardare. A non capire. Ma le parole, quelle che sopravvivono, offrono sempre una finestra – o quanto meno un ponte attraverso i secoli e i millenni. Poesia, miti, narrativa, trattati, lettere, teatro, memorie, saggi, preghiere, tutto quel che è scritto, tutto quel che sopravvive ci restituisce i paesaggi, gli edifici, i quadri, i posti, le persone… Qualche volta ci lascia vedere quel che era nell’irraggiungibile passato, e qualche volta ce ne fa riconoscere il colore nel mondo che osserviamo.

 

Feb 19, 2012 - bizzarrie letterarie, editing    Commenti disabilitati su Omero E Il Suo Editor

Omero E Il Suo Editor

Assolutamente irresistibile – su segnalazione di Alessandro Forlani.

E se siete di Mantova o dintorni, e se vi va un po’ di teatro nel pomeriggio, oggi all 16.00, al Teatrino D’Arco, chiude Di Uomini E Poeti

Buona domenica.

Buona Domenica.

Feb 21, 2011 - Spigolando nella rete    2 Comments

Dieci Romanzi Che Non Avrei Creduto Di Vedere Trasformati In Videogioco

Il commento di Renzo a questo post mi ha fatto venir voglia di indagare un pochino, e le indagini hanno dato risultati inattesi.

Cominciamo col dire che mi aspettavo i gazillioni di giochi per il computer ispirati a Tolkien, Terry Brooks e imitatori vari, e non sono sorpresissima delle lunghe serie di hidden object games ispirati ad Agatha Christie e ad Arthur Conan Doyle. Tutto sommato, anche Enid Blyton e Nancy Drew (serie, non autrice, perché non esiste un unico autore di Nancy Drew) non sono nulla di inatteso. Stevenson? Ci sta tutto: Lo Strano Caso e L’Isola Del Tesoro… com’era possibile che gli sviluppatori non si lasciassero tentare? E anche personaggi come Dracula, Alice, Frankenstein, Tarzan, James Bond e Conan il Barbaro sono scelte naturali, come pure tutto ciò che ha a che fare con Cthulhu e il Mago di Oz*. Parimenti immagino che Richard Scarry, Peter Pan, Mamma Oca, gli animali di Esopo e i Fratelli Grimm, questi beniamini dei piccoli, dovessero diventare giochi. Sono un po’ più sorpresa, semmai, da titoli come Ivanhoe, Viaggio al Centro della Terra, Il Giro del Mondo in Ottanta Giorni (e non una volta sola) e Caccia a Ottobre Rosso.

Poi ci sono le cose davvero bizzarre, quelle che non mi sarei mai aspettata di vedere adattate (anche più di una volta) in forma di videogioco. E se confesso di avere sobbalzato un nonnulla davanti al Grande Gatsby segnalato da Renzo, ecco qui altre sorprese:

1) Fahrenheit 451 – in cui si vestono i panni di Montag (ovviamente), tanto vecchio da essere uscito in floppy disk.

2) L’Odissea – no, forse di questo non sono stupita davvero. Voglio dire, è una delle più fantastiche avventure di tutti i tempi, per cui… forse questi non era il migliore degli adattamenti possibili, se è recensito come “il peggior gioco del mondo – un insulto a Omero e all’intelligenza del giocatore”…

3) Salome – non perché Oscar Wilde non meriti attenzione, ma dalla descrizione del gioco, intitolato Fatale, non riesco assolutamente a capire come funzioni, né che cosa si possa fare di preciso. Non so perché ma l’idea di salvare il Battista in un finale alternativo mi sembrerebbe… shall we say bizzarra?

4) Harlequin – allora, chiariamo: Harlequin non è un romanzo, è l’equivalente anglosassone delle nostre collane Harmony. E chi l’avrebbe mai detto? Esiste un titolo, Hidden Object Of Desire, in forma di uno di quei giochi in cui bisogna trovare gli oggetti in mezzo alla confusione. Il romanzo è allegato in PDF, dice la pubblicità. Suono genre-snob, se dico che non ho parole?

5) I Miserabili – per una volta, sembra basato sul romanzo e non sul musical. Molto filosofico e complesso, mi par di capire – ma d’altronde, essendo basato su tanto tomo…

6) Il Mondo di Sofia – voglio dire, Il Mondo di Sofia! Personalmente, trovavo Gaarder irritante in libro, per cui mi sembra difficile immaginare qualcuno che voglia anche giocarci al computer… ma d’altra parte, si sa, la Clarina ha strane antipatie.

7) Amleto – e non una volta sola. Anche se, a dire il vero, Castle Elsinore sembra più che altro una di quelle avventure in cui si esplorano cunicoli e sale con le bifore, a caccia di tesori. Hamlet sembra più interessante, un’avventura testuale in cui, nei panni di Amleto, si interagisce con gli abitanti di Elsinore e un certo numero di ospiti provenienti da altri titoli scespiriani. Hamlet per iPhone sembra una faccenda più spassosa, con un astronauta/viaggiatore temporale che atterra accidentalmente sopra Amleto, uccidendolo, e decide (credo) di togliere Ofelia da quell’ambiente malsano che è Elsinore.

8) Col Ferro e col Fuoco – e qui andiamo sull’inaspettato davvero. In realtà non è niente di più o di meno di un gioco strategico, ma lo chiedo a gente più addentro di me: quanti giochi strategici sono basati sul romanzone nazionale polacco e ambientati nel Seicento?

9) La Divina Commedia – e anche questo non una volta sola. A quanto pare, ogni tanto, qualcuno trae un videogioco dal nostro poema nazionale, con titoli come La Foresta Oscura, le Tribolazioni di Santa Lucia e cose simili. E se pensate che questo dovrebbe essere in cima alla lista, invece no. Per quanto mi riguarda, la palma spetta a… 

10) Salammbo – perché la Divina Commedia è universalmente conosciuta (almeno di nome) e contempla un viaggio nell’oltretomba e abbondanza di diavoli. Invece trovo che per andare a pescare il più sconosciuto dei romanzi di Flaubert e farne un videogioco ci voglia una notevole dose di spudorato coraggio. Per metterci come colonna sonora il Requiem di Mozart, però, forse ce ne vuole ancora di più!

Valgono gli stessi commenti che si facevano per Jane Austen. Qualcuno andrà a leggersi il libro dopo avere giocato al gioco? Non ne ero sicura a proposito di Orgoglio e Pregiudizio, con questi dieci titoli sono abbastanza certa di no – salvo rarissime eccezioni. Semmai ci sarà gente che ha letto il libro e poi gioca.

Però, dite la verità: siete sorpresi?

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* Uno dei non tantissimi giochi che ho provato di persona è Emerald City Confidential, che mescola distopia oziana e atmosfera hard boiled notturna… mica male, devo dire – per improbabile che suoni.