Quando E. mi ha chiesto di consigliargli un libro allegro, uno di quelli che ti fanno scoppiare a ridere ad alta voce in treno e tutti ti guardano male, qualcosa che risollevi il morale per pura ridancianeria, gli ho raccontato di Wagner che diceva di avere sghignazzato per tutto il tempo che era servito a comporre i Maestri Cantori di Norimberga.
“Mi stai consigliando di leggere il libretto dei Maestri Cantori di Norimberga?” ha domandato E., scoccandomi di traverso un’occhiata dubbiosetta anzichenò.
E no, naturalmente non gli stavo consigliando nulla del genere. Era solo una piccola storia cautelativa, atta a mostrare che va’ a sapere che cosa farà ridere chi…
Ciò detto, E., eccoti 10 libri che hanno mi hanno fatta esplodere in cachinni in luoghi e casi del tutto inappropriati. In nessun ordine particolare:
1) Gerald Durrell. E qui non si tratta affatto di un libro solo. La mia famiglia e altri animali, L’uccello beffardo, Un albero pieno di koala, Luoghi sotto spirito, e una mezza dozzina di altri. Memorie, romanzi e raccolte di racconti – uno più nonsense e spassoso dell’altro.
2) Tre uomini in barca e a zonzo (per tacer del cane). Di J.K. Jerome. Con una predilezione speciale per il cane Montmorency, per George e per la scena dei bagagli. Ma a dire il vero, anche le uova strapazzate di Harris. Oh, e J. alle prese con l’enciclopedia medica… e come dimenticare i formaggi? Ecco, appunto. Il che mi porta a…
3) To say nothing of the dog, di Connie Willis. Che al precedente è ispirato. Non è tradotto, temo, e forse la lingua non è delle più accessibili – tanto più che, oltre ad essere divertente, è un’intricatissima storia di viaggio nel tempo. Ma credete, ne vale la pena. Oh se ne vale la pena. I think I have difficulty distinguishing sounds…
4) The wooden overcoat, di Pamela Branch. Nemmeno questo è tradotto – ma è l’ultimo, prometto. È qualcosa di simile a un giallo, ma più che altro… Immaginatevi La congiura degli innocenti spostato nella Londra postbellica, con una ridda di personaggi equivoci, figlie di colonnelli*, ballerini classici, immigrati ungheresi, derattizzatori, giallisti/fotografi – con le tessere per il razionamento e cadaveri che spuntano da tutte le parti.
5) La sovrana lettrice, di Alan Bennet. C’è sempre un pelino di amarezza, con Bennet, ma questa è una delle sue storie più sorridenti, con un’adorabile regina Elisabetta in primo piano e tutto intorno una fauna protocollare facile allo sconcerto. Oh, e una sorpresa finale.
6) I racconti di Kipling. E qui parliamo, lo ammetto di a mixed bag. Il fatto è che le raccolte – con la possibile eccezione delle ultime che tendono al cupo – sono caratterizzate da una varietà estrema. Quando s’inizia un racconto non si sa mai che cosa aspettarsi, e quando lo si finisce non si sa mai che cosa verrà dopo. India britannica, desolati fantasmi, verde Inghilterra, secoli passati, lacrime, risate, partite di polo, massoneria, ur-steampunk con le macchine volanti? Ma quando si ride, si ride sul serio.
7) Guareschi. Oh, guarda: un autore italiano! Lo so, lo so… Ma sul serio, Guareschi. Cose come il Corrierino delle famiglie, oppure Vita in famiglia, e l’irresistibile Vita con Giò. Sarà perché lo trovo così nonsense, certe volte… oh. Ci sono ricascata.
8) La Diva Julia, di Somerset Maugham. Ok, torniamo sull’Isoletta e non ne parliamo più. Julia è una meraviglia. Cinica, lucida, spietata con se stessa e con tutti, vanitosa e irragionevole, primadonna in tutto e per tutto, perennemente occupata a studiare l’effetto che produce sul prossimo – e a commentarlo tra sé… Adorabile.
9) Talismano d’amore, di Georgette Heyer. E per favore non fatevi sviare dal titolo tradotto (l’originale, per la cronaca, è l’assai meno purpureo The talisman ring). Ci saranno, è vero, due matrimoni in vista all’ultima pagina, ma c’è ben poco di sentimentale in questa sarabanda di francesine melodrammatiche, contrabbandieri dilettanti e gentildonne di campagna con un senso dell’umorismo.
10) Lampi d’estate, di P.G. Wodehouse. Ma anche Intrigo a Blandings… e sì, preferisco il ciclo di Blandings a quello di Jeeves. Anche solo per l’uso del linguaggio e l’umorismo vagamente stralunato. Non so, per esempio Lord Emsworth, che conosce a menadito la genealogia dei suoi maiali da competizione, ma tende a farsi sfuggire piccoli particolari come prole e nipoti. Oppure la divagazione sulle orecchie di Ronnie Fish che non sembrano conchiglie di alabastro…
Ecco qui. Nove Isolani su dieci – mi rendo conto, ma non so troppo bene che cosa farci. Sono stata tirata su così.
E voi? Che cosa vi fa scoppiare a ridere a voce alta in treno – e poi tutti vi guardano male?
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* Onestamente, una delle categorie più bistrattate da scrittori e sceneggiatori…