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Buon Compleanno, Charlotte

charlotte brontë, jane eyre, shirley, elizabeth gaskell, juliet barker, george richmondDomani Charlotte Brontë compirebbe 196 anni.

Sì, lo so, non è una cifra particolarmente tonda, but never mind. Nel Sedici, se SEdS sarà ancora in piedi, vi capiteranno charlottitudini in un’abbondanza e frequenza paragonabili al Dickens di quest’anno, perché è così che funzioniamo qui.

Per il momento ve la cavate con una collezione di link rilevanti.

Cominciamo con il Progetto Manuzio, dove dobbiamo constatare che c’è soltanto Jane Eyre. In una varietà di formati – compreso un libro parlato – ma solo quello. E sia chiaro che non ho assolutamente nulla contro JE, ma Charlotte ha scritto altri tre romanzi, tonnellate di juvenilia e una certa quantità di poesie e – se non è del tutto improbabile che delle poesie si possa fare a meno – i romanzi meriterebbero di essere letti.

Se lo volete fare, però, bisogna farlo in Inglese.

Qui trovate la collezione completa (romanzi e poesie, più Mrs Gaskell’s Life of Charlotte Brontë*) sul sito dell’università di Adelaide. Potete leggere in html, stampare oppure scaricare in formato ePub o Kindle. E se posso, vi consiglio in particolare Shirley, con la sua popolazione di curati irlandesi e imprenditori alle prese con il luddismo.

Per quanto riguarda le opere giovanili, si tratta di un territorio ancora abbastanza inesplorato e ben poco pubblicato – il cui fascino risiede nella possibilità di vedere la formazione di una scrittrice a partire dall’infanzia. Charlotte cominciò a scrivere prestissimo, mettendo su carta le storie che ambientava nel suo mondo immaginario, quella colonia africana di Angria che aveva creato insieme al fratello Branwell. In proposito qui potete trovare una storia di fantasmi tratta da una novella intitolata The Green Dwarf, qui un bel sito dell’Università del Missouri dedicato a due racconti giovanili – rigorosamente angriani – intitolati Lily Hart e The Secret.

La cosa interessante è che nelle opere adulte di Charlotte, anche ciò che è autobiografico (per esempio Bruxelles e Constantin Héger – ne abbiamo parlato qui) arriva sempre attraverso Angria. Ad esempio, Jane Eyre, l’istitutrice bruttina e determinata, è l’evoluzione di alcuni personaggi femminili sviluppati nel mondo immaginario. E allora lasciate che vi segnali la più affascinante biografia letteraria che abbia mai letto: The Brontës, di Juliet Barker – un tomo spesso una spanna che ripercorre vita, morte e miracoli di tutta la famiglia, basandosi su lettere, diari, documenti di ogni genere e soprattutto gli scritti giovanili. Se volete conoscere Charlotte da vicino, credo che non ci sia di meglio. Lo trovate qui – e c’è anche in versione Kindle.

E non crederete che non ci sia una Brontë Society, vero? Il mondo anglosassone ha associazioni per tutto, e non poteva mancarne una per questa notevole famiglia – con sede al Brontë Parsonage, la casa parrocchiale in cui Charlotte crebbe scrivendo e immaginando. charlotte brontë, jane eyre, shirley, elizabeth gaskell, juliet barker, george richmond

E infine una parola sui due ritratti che illustrano il post. In alto a sinistra vedete quello che l’editore George Smith commissionò al ritrattista George Richmond. Il babbo di Charlotte lo trovava somigliantissimo in tratti e in espressione, benché fosse stato dipinto in un abisso di sconforto per la modella e in estremo imbarazzo per il pittore. Nelle sue memorie Richmond racconta che Charlotte gli si presentò in studio terrorizzata e ostile. Lui cercò di metterla a suo agio, le offrì il tè e la invitò a togliersi il cappellino perché potessero lavorare. Charlotte obbedì, scoprendo un oggetto d’incerta natura, una specie di matassina marrone che portava in testa. Perplesso, Richmond suggerì che forse Miss Brontë voleva togliere anche quel… quella.. er… quell’oggetto che… E la povera Charlotte scoppiò in lacrime, perché l’oggetto era un toupet, destinato a migliorare l’aspetto della non rigogliosissima capigliatura. Singhiozzi, costernazione, imbarazzo, fuga e in seguito ci volle tutta la capacità di persuasione di George Smith* per indurre Charlotte a tornare da Richmond e farsi ritrarre.

E a quanto pare era prassi comune: tutti restavano tra lo stupito e il deluso nell’incontrare l’autrice di Jane Eyre. Come poteva una scrittrice di tale potenza e audacia essere quel topolino di donna, fragile, brutta e patologicamente timida? C’è una lettera della figlia di Thackeray che racconta l’indicibile difficoltà di fare conversazione con Miss Brontë a una serata organizzata in suo onore… A un certo punto, incapace di sopportare lo spettacolare fallimento della sua iniziativa social-letteraria, Thackeray se ne fuggì di soppiatto al suo club.

E siccome per i lettori adoranti era difficile accettare che il loro idolo fosse una creatura del genere, ecco la celebre e diffusissima incisione colorata che vedete qui accanto – nominalmente tratta dal ritratto di Richmond, graziosa, elegante, menzognera, generica e tanto più conforme all’idea di come debba apparire una scrittrice.  Dove si vede che certe politiche editoriali, come la bella foto in quarta di copertina, in fondo non sono nulla di nuovo, vero?

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* Un piccolo caveat: questa è la prima biografia di Charlotte, scritta poco dopo la sua morte da una sua amica che aveva conosciuto bene lei e la famiglia. Tuttavia, Mrs. Gaskell era fermamente intenzionata a costruire il personaggio della donna di genio maturata in circostanze romanzescamente avverse. Per lo più, le biografie più recenti dipingono un quadro ben diverso della famiglia – in particolare del povero reverendo Brontë. che Mrs. Gaskell ritrae come un feroce e incolto tiranno domestico, e invece pare essere stato anything but.

** George Smith, incidentalmente, era innamorato di Charlotte – con scarsissima soddisfazione della famiglia di lui, che era il ragazzo d’oro dell’editoria londinese. A Mrs. Smith davvero non pareva il caso che il suo giovane, affascinante, ricco e bel figlio sposasse una piccola romanziera dello Yorkshire, più vecchia di lui, completamente spiantata e priva di grazie sociali… Tutto sommato avrebbe potuto evitare di preoccuparsi: Charlotte era ancora così innamorata del Professor Héger che rifiutò il povero George nella più pubblica delle maniere – in un romanzo. 

Apr 15, 2011 - memories, tecnologia    Commenti disabilitati su Elogio Del Temperamatite Rosso

Elogio Del Temperamatite Rosso

Il mio Temperamatite Rosso mi sta abbandonando.

Il mio Remperamatite Rosso è un arnese ereditario, arrivato dall’Austria almeno venticinque anni fa. Non è uno di quei parallepipedi di plastica o metallo con un buco e una lama, grandi come la falangetta del mio pollice. Il mio Temperamatite Rosso è grosso come un brick di panna da cucina, con una manovella, una piastra scorrevole anteriore che si estrae per regolare la temperatura, due orecchie metalliche per aprire e chiudere la molla che tiene ferma la matita, e un cassettino trasparente per i trucioli.

Il mio Temperamatite Rosso, Made in Germany, ha un nome che sembra quello di un’astronave: Dahle 122. Francamente, vista l’invereconda macchinosità del meccanismo, lo trovo appropriato.

Il mio Temperamatite Rosso, quando ero piccola, non avevo il permesso di usarlo – e non avete idea di come lo concupissi. Fa delle punte spettacolari, da farci harakiri, e lascia il legno della matita setoso e liscio. Una specie di santo graal della temperatura di matite. Però si considerava (o meglio: mio zio, proprietario originario del TR considerava) che non possedessi la manualità necessaria a calibrare grado di estrazione della piastra, inserimento della matita e quantità esatta di forza da applicare alla manovella. Mio zio era un ingegnere, enough said. E tuttavia, questa supposta Conoscenza In Astratto, questa sorta di Orecchio Professionale necessari per usare il Temperamatite Rosso lo rendevano ai miei occhi una specie di Stradivari dei temperamatite.

Crescendo non ho avuto il permesso di usare il Temperamatite Rosso: ho cominciato a usarlo di nascosto, ma sempre con una specie di reverente e colpevole delizia. Oh, come tagliava bene! Oh, che punte perfette! Oh, l’appagante sensazione di imparare per tentativi ed errori l’uso ideale della manovella! Oh, i deliziosi piccoli trucioli arricciati! A un certo punto ho ricevuto in regalo un temperamatite automatico giallo. Questo non ha maiuscole, noterete: era cilindrico, somigliava a un piccolo frullatore, pesava come un demonio, consumava pile con l’allegra incoscienza della corte di Maria Antonietta, faceva tanto rumore da far sobbalzare i gatti e rompeva più punte di quante ne appuntisse. Niente finesse, niente a che vedere – neppure da lontano.

Il mio Temperamatite Rosso divenne mio una dozzina d’anni fa, in un periodo non propriamente ideale – quando temperare le matite appena arrivata in ufficio nel gelo mattutino delle sette meno un quarto, era un rituale consolante come e più della seconda tazza di tè. Per segnare l’acquisizione attaccai al fianco del TR un’etichetta che riportava una citazione di Charlotte Bronte scritta rigorosamente a matita. E’ il punto di Shirley in cui Robert prepara le matite per Caroline:

“I suppose you like a fine one?”

“Such as you usually make for Hortense and me, not your own broad points.”

Ripensandoci ad anni di distanza, dev’essere lo scambio di dialogo più stupido di tutto il libro: se Robert prepara le matite usually, che bisogno ha Caroline di spiegargli come le vuole? Dialogo espositivo: orrore, orror! Ma allora ero ansiosa di brontizzare il mio Temperamatite Rosso. Me lo faceva sentire più mio.

Poi, quando lasciai l’ufficio, il TR migrò insieme a me, continuando a prestare servizio punta dopo punta, matita dopo matita, anno dopo anno.

Adesso il mio Temperamatite Rosso dà segni di stanchezza, e non mi ci so rassegnare. Probabilmente le lame sarebbero da affilare, ma dubito che sia possibile. E così, dopo un quarto di secolo, dovrò rassegnarmi all’idea di cercarmi un altro temperamatite. Forse potrei procurarmente un altro uguale, anche se non sarebbe facile: cercando un’immagine per illustrare questo post, scopro che si tratta di un temperamatite professionale, che il modello 122, entrato in produzione nel 1967, ormai è fuori commercio e gli esemplari rossi e neri si vendono su eBay come pezzi da collezione…

Quindi dopo tutto il mio Temperamatite Rosso è un esemplare da collezione di temperamatite professionale, e forse mio zio non aveva tutti i torti, a suo tempo… ma il punto è: se anche riuscissi a procurarmene un altro, non sarebbe più il mio TR, quello che ho concupito lungamente, usato di nascosto, brontizzato, portato a casa con me.

E in fondo è giusto, perché è l’irripetibilità a rendere unici e significativi persino i temperamatite. Ma adesso che Dahle 122 va in pensione, chi mi tempererà le matite così aguzze, e liscie, e perfette?