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Contenere I Danni

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Conosci i Consigli a un giovane conferenziere, di Paolo Rossi?

angellis-pieter-1685-1734-fran-a-market-square-with-a-man-add-1532524No, non li conosco – e dunque seguo il link contenuto nella mail, e raggiungo un vecchio articolo sul sito del Sole 24 Ore, e leggo… e, ad essere del tutto franchi, inorridisco un pochino. O quanto meno mi chino a recuperare il mio mento da terra. O se volete – e potreste volere, ed avreste anche ragione, perché mi piace pensare di essere the un-dramatic type – levo un sopracciglio.

Perché, vedete, questo Decalogo scritto da un attempato studioso per il giovane studioso che va a fare una conferenza o a leggere una relazione a un congresso, insegna proprio questo: a leggere una conferenza.

A leggerla.

A sedersi davanti a una platea con un rigoroso massimo di quindici cartelle da 2000 battute ciascuna, e leggere. A leggere lentamente, a voce alta, senza false civetterie nei confronti del microfono, senza mangiarsi le citazioni e impegando pause sapienti – così che la platea non si addormenti indipendentemente dalla qualità del contenuto.

Se poi si riesce a leggere dando l’impressione di non leggere affatto, tanto meglio – ma questo è qualcosa che solo pochi grandi sanno fare.

Insomma, capite, il distillato della saggezza italiana in fatto di arte di parlare in pubblico, sfornato da uno storico delle idee e proposto quasi con reverenza dall’inserto culturare del Sole, non è altro che un solido, sensato, equanime, garbato e ragionevolissimo esercizio di contenimento dei danni.

Nemmeno un accenno al fatto che in realtà leggere una conferenza dovrebbe essere proprio l’extrema ratio, se per disgrazia non si può fare altrimenti. Che in realtà sarebbe meglio provare, ripetere, sperimentare ed esercitarsi fino ad essere in grado di dirla, la conferenza – e non leggerla.  Perché nulla riesce a dare l’impressione di non leggere come… be’, come non leggere affatto. speaker

E adesso non vorrei sembrare la solita anglomane, ma non so bene come evitarlo: provate a cercare su google qualcosa di equivalente – in Inglese.* Vedrete che ogni singolo decalogo per conferenzieri vi raccomanderà di non leggere, di ripetere e provare finché non riuscite a gestire il vostro materiale come se fosse una conversazione, di sentire la reazione del pubblico e comportarvi di conseguenza – e soprattutto, ancora, di non, non, non leggere.  Perché  siamo sinceri: provate a ripensare all’ultima conferenza cui avete assistito. Odds are che, se il relatore leggeva, vi siate annoiati a morte anche se l’argomento vi interessava.

Sì, vero?

Lo immaginavo.

E poi non è che un relatore che non legge sia garanzia assoluta di una conferenza stellare – quella è tutta un’altra faccenda – e di certo preparare una conferenza così è faticoso, richiede un sacco di lavoro e di tempo in più e un pizzico di senso del teatro… Però tende ad essere infinitamente più interessante sia per chi parla che per chi ascolta, e non avete idea di quanto diminuisca il rischio di incrociare l’occhio vitreo della signora in prima fila e sapere con raggelante certezza che, mentre finge di ascoltare, sta compilando a mente la lista del supermercato.

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* Oppure qui trovate una traduzione dei TED Commandments – spediti a chiunque venga invitato a tenere una conferenza TED. E no, “Non Leggere” non c’è – perché davvero, a nessuno salterebbe in mente di leggere una conferenza TED…

Bagolando di Qua e di Là…

Oh, notizie, comunicazioni e informazioni…

Martedì 7 marzo alle 20.00 inizio una serie di aperitivi letterari presso l’Enoteca Porto Catena di Mantova. Parleremo di vini&spiriti attraverso la storia e la letteratura – e degusteremo quello di cui si parla. Gli appuntamenti sono quattro, e si comincia (non sarete sorpresissimi) con Shakespeare e i suoi contemporanei.

Seguiranno l’Antichità Greco-Romana, il Medio Evo e l’Ottocento…

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Mi si dice che per martedì restano pochi posti – ma voi chiamate il numero qui in fondo alla locandina per informazioni – e sentite che cosa vi dicono.

Poi mercoledì otto marzo alle ore 17.oo sarò alla Biblioteca Mondadori di Poggio Rusco con…

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La storia della fama postuma di Shakespeare è intricata come un romanzo – tra semi-oblio, propaganda puritana, falsificazioni, riscritture, bardolatria, tradizioni teatrali, spiritismo e bizzarrie miste assortite. E, dal tardo Cinquecento ai giorni nostri, s’intreccia con quella di Christopher Marlowe – collega, coetaneo e rivale, più celebre da vivo e ingombrante da morto…

E tecnicamente si tratta di una lezione dell’anno accademico della LUPo – ma volendo è possibile iscriversi a una lezione singola al costo di 5 €. Per informazioni e iscrizioni chiamate la Biblioteca Mondadori al numero 0386 51057.

Ci vediamo la settimana prossima?

 

Ott 31, 2016 - grilloparlante, Shakespeare Year    Commenti disabilitati su Malvagi, Amici, Amanti – al Museo

Malvagi, Amici, Amanti – al Museo

Will Shakespeare si nasconde alla perfezione tra la folla versicolore e inquieta del suoi innumerevoli personaggi… Capace di empatizzare con tutti e di estorcerci un filo di simpatia per chiunque – o quasi – l’uomo è impossibile da rintracciare tra le infinite maschere della sua poesia… Persino dei Sonetti, nonostante la tentazione fortissima di quell’Io narrante, sappiamo troppo poco per capire che mai ci sia di autobiografico – sempre che ci sia alcunché affatto.

Epperò…

Se nessun personaggio è Will himself, se nessuna storia è modellata sulla sua, mettendo insieme le storie e i personaggi certe costanti emergono, certi ritmi, certe idee. Non possiamo scovare un ritratto dell’uomo – ma, cosa più importante, siamo capaci di fari un’idea di quel che pensava, come e perché, in una specie di trasparenza stratificata. Da dove arrivano i malvagi e che cosa li motiva? Che cosa lega – e divide –  gli amici? E quale idea dell’amore emerge dalle commedie, dalle tragedie e dai Sonetti..?

Sospetto che non sia terribilmente scientifico – ma di sicuro è un gran bel gioco. Volete giocare con me? Per tre martedì, a novembre, al Museo Virgiliano di Pietole, esploreremo il mondo e le idee di Shakespeare attraverso i suoi personaggi. Lo faremo sotto gli auspici di Borgocultura – e a rendere tutto più interessante, ci saranno gli attori dell’Accademia Campogalliani a dar voce a… Malvagi, Amici, Amanti.

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Gen 18, 2016 - grilloparlante, Shakespeare Year    Commenti disabilitati su Malvagi, Amici, Amanti

Malvagi, Amici, Amanti

Anno shakespeariano, si diceva – giusto?

Ebbene, cominciamo.

Cominciamo a febbraio, presso la Libera Università del Gonzaghese, con un ciclo di conversazioni dal titolo Malvagi, Amici e Amanti – alla scoperta dei personaggi di William Shakespeare.

Cattura

Prima di tutto, lunedì  8 febbraio, Vendetta, ambizione, gelosia: i grandi “cattivi” shakespeariani – perché a chi non piacciono Riccardo III, Macbeth e signora, Shylock, Jago e tutta questa gente interessante?

Poi si prosegue lunedì 15 con La legge dell’amicizia: veri e falsi amici in Shakespeare. A sentire il Bardo, non c’è nulla di dannoso come un falso amico – ma anche quelli veri portano un sacco di problemi…

E infine, lunedì 22, chiudiamo con Sfumature d’amore: gli innamorati di Shakespeare tra tragedia e commedia – in esplorazione di come non tutto sia roseo quando lo zio Will si occupa di teneri nonnulla.

Ecco.

L’appuntamente è per lunedì 8 febbraio all 15.00, presso la sala polivalente della nuova scuola elementare di Gonzaga. Confesso di non avere la più pallida idea di dove sia – ma per allora l’avrò imparato.

Vi aspetto?

 

Ott 29, 2014 - elizabethana, grilloparlante    Commenti disabilitati su Shakespeare & Marlowe Per Borgocultura

Shakespeare & Marlowe Per Borgocultura

Per cominciare…

Locandina

E qui trovate i dettagli.

Che poi a volte anche le conferenze, come i personaggi, fanno i capricci.

Sono conferenze già fatte più di una volta, si tratta di riprenderle e basta – che ci vuole mai? Si ristampa la scaletta, si rispolvera la presentazione .ppt e via, giusto?

Giusto?

E no. Per niente. Perché al primo tentativo di prova, la chiacchierata non funziona. Suona legnosetta, angolosa. Non lo era, non lo è mai stata – quindi che diamine le prende? Sarà la mancanza d’esercizio – a patto di voler chiamare un mesetto “mancanza d’esercizio”?

Così si ripete ancora – e non solo non funziona affatto, ma continua a voler prendere deviazioni, divagazioni e sentierolini fuori scaletta… Volendo, se ne può fare una questione di principio e interstardircisi, ma a mio timido avviso, dopo la terza prova franata a valle conviene farsene una ragione, decidere che si è più ragionevoli di una conferenza e dimostrarlo riaggiustando la scaletta tanto quanto serve – magari tenendo conto di altre conferenze che si sono fatte nel frattempo.

Ne segue, si capisce, la necessità di riaggiustare con energia anche la presentazione .ppt  – sennò che gusto ci sarebbe? E non vale la pena di illudersi che una rivoluzioncella delle slides sia sufficiente, perché quando la conferenza ha l’aria di sentirsi ibridata a suo gusto, la si prova e si scopre che dura un’ora e mezza.

E allora si taglia, si pota, si sfronda, si combinano slides, si ricomincia daccapo… Insomma, il resto ve lo immaginate. E la morale si è che, nonostante il tema sia sempre quello dei due poeti, pari in dignità, nella bella Londra dove ha luogo la nostra storia, monta la rivalità antica – e molto inchiostro e sangue finto inondano le scene dei teatri*, lo svolgimento è piuttosto diverso dalle occasioni precedenti e da quel che mi aspettavo. E non so se avete notato, ma persino la locandina è piuttosto diversa…

Il che, considerando che è quasi un anno che bagolo in giro di S&M, è decisamente un bene.

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* Con tante scuse al povero Will… non mi sono trattenuta.

 

 

 

Feb 14, 2014 - elizabethana    Commenti disabilitati su La Dura Vita Del Conferenziere

La Dura Vita Del Conferenziere

TurtleInizierete soddisfatti di voi stessi, perché a dieci giorni dalla conferenza avete tutto pronto. Why, la scaletta l’avete buttata giù lo scorso anno, mentre suddividevate e organizzavate la vostra scorta di elisabettianerie in una mezza dozzina di conferenze da proporre in giro. In fondo si tratta soltanto di prepararla, giusto? È così che inizierete.

E poi vi siederete a gambe incrociate su un divano comodo con la scaletta in grembo, una tazza di tè a portata di mano e una gatta soriana per pubblico, e farete una prima prova.

E vi renderete conto che dura due ore e un pochino.

E allora, perplessi e sconcertati, farete una seconda prova, cercando di capire dove vi siete lasciati prendere la mano. Perché si capisce, chi dice che quando parlate di cose elisabettiane siete inclini a lasciarvi prendere la mano, mente – but still. Così riproverete, e allo scoccare dell’ora dovrete arrendervi all’evidenza che non siete arrivati nemmeno a metà della scaletta.

Allora vi farete un’altra tazza di tè, e così fortificati vi metterete a fissare trucemente la scaletta – forse nella vaga speranza che, sentendosi in imbarazzo, si faccia piccola piccola.

E non funzionerà, sapete. La faccia di bronzo delle scalette è da non dirsi.

L’indomani ricomincerete daccapo, con una prova infelicissima. L’infelicità deriverà dal fatto che ogni volta che state per divagare un pochino, ogni volta che vi viene in mente un dettaglio interessante, ogni volta che siete sul punto di dire qualcosa che non sia essenziale alla comprensione del discorso, il pensiero delle due ore e passa vi tratterrà. Il risultato sarà vivace e interessante come fil di ferro, ai limiti dell’ermetico e comunque durerà un’ora e quarantadue. Not good.

Allora vi arrenderete all’idea che c’è troppa roba e, armati di un metaforico machete, comincerete a sfoltire. E sfoltire. E poi sfoltire ancora un pochino. E poi a riorganizzare quel che è rimasto.

E sarà a questo punto che, convinti di avere potato tutto il potabile, vi darete alla preparazione della presentazione powerpoint. Ne uscirete con 22 slides, e vi riterrete ragionevolmente soddisfatti. Vi darete persino (in ispirito) un paio di pacchette sulla testa per avere superato l’emergenza da eccesso di zelo, e per aver saputo rinunciare a diverse cose che vi piacevano.

Il dubbio di aver detto gatto prima di averlo nel sacco vi coglierà alla prima prova con le immagini quando, rilassati e compiacenti – forse un tantino troppo rilassati e compiacenti – vi ritroverete a cronometrare un’ora e cinquantaqo. Un’ora e cinquantaqo? Per nulla rilassati, riproverete senza più reintrodurre una cosetta qui e un’altra là (perché tanto avete tagliato…) e riuscirete a scendere a una tutt’altro che ottimale ma più ragionevole ora e venti. E però… E però l’insieme vi sembrerà sbilanciato. Secco e sbilanciato. Secco, sbilanciato e… hmf.

Così riorganizzerete il tutto un’altra volta e, di conseguenza, dovrete – come mi ha detto qualcuno di recente – rimescolare le slides che nemmeno un mazzo da poker. E mentre rimescolate, vi verrà in uggia il colore dello sfondo, e deciderete che con un paio d’immagini si potrebbe far di meglio – ma questi sono dettagli.

Più o meno a questo punto, vi verrà da chiedervi perché diavolo questa conferenza vi agiti tanto. È un decennio che fate conferenze in una manciata di città, che diavolo, e vi piace da matti parlare in pubblico, e l’argomento lo conoscete come le vostre tasche, e vi state preparando per una platea conosciuta e bendisposta… Che sono, vi domanderete un po’ seccati, questi mooligrubs?

Ad ogni modo, vi parrà di avere risolto i vostri problemi e, a parte qualche aggiustatura, vi sentirete liberi di dedicarvi a strologare una locandina adatta alla pubblicità che intendeve farvi in rete – e metterete insieme un arnese che non vi dispiacerà affatto.

Persino quando uno degli organizzatori telefonerà per accertarsi che non vogliate un proiettore conserverete il vostro autocontrollo. Pensando alle vostre 22 faticosissime slides, direte che in realtà sì, il proiettore lo vorreste proprio – come d’altra parte credevate di avere chiarito fin dalla prima mail di accordi… L’organizzatore alla fine dirà che il proiettore si può, dopo tutto, procurare. “E speriamo che ci sia un po’ di gente, eh…” aggiungerà ancora l’organizzatore, troncando a metà il vostro sospiro di sollievo. “Perchè non è proprio il tipo di argomento che attira le folle.” “Er… già,” direte voi, un nonnulla sconcertati. “Speriamo…”

E giusto per essere d’aiuto, a questo punto, la stampa locale pubblicherà un trafiletto sulla conferenza – un trafilettino grande come un francobollo da 10 centesimi che riporta la data sbagliata. Voi telefonerete agli organizzatori e gli organizzatori telefoneranno alla stampa locale, ma il sugo di tutto questo traffico sarà che non c’è più nulla da fare, così è il destino ed è il caso di farvene una ragione.

È per questo che, durante le ore insonni, mentre fissate l’oscurità, vi verrà da chiedervi se il vostro desiderio di guadagnarvi da vivere parlando in pubblico non sia dopotutto un tantino malconsiderato…

E forse è sempre per questo che la mattina del dì fatale vi sveglierete con i cervicali annodati e l’umor gaio di un tordo strinato, e sarete una croce per chi vi sta attorno. Non sarà d’aiuto un’ultima prova cronometrata a un’ora e trenta – minuto più, minuto meno. Troppo, troppo, troppo lunga, vi direte, torcendovi le mani all’idea di un pubblico annoiato che sbuffa e controlla l’orologio. Finché, verso metà pomeriggio, avrete un’Illuminazione. Sì, con la maiuscola. Vi albeggerà in mente una maniera efficace ed elegante di sfrondare all’oretta regolamentare senza ridurre l’insieme alla consistenza e sapidità del porridge scondito.

Così, in un vortice di attività, preparerete una nuova scaletta, farete a botte con la stampante che non vuol saperne di stamparvela, rimaneggerete la presentazione e alla fine, pur con il collo e la testa doloranti, vi troverete finalmente soddisfatti di quel che avete da dire.

Dopodiché vi farete carini, vi metterete al collo la Vita di Shakespeare in miniatura e partirete in ritardo, saltando la cena e rischiando di perdervi. Arriverete e troverete la sala vuota, e tutti i vostri misgivings torneranno a farvi le boccacce, e i cervicali si tenderanno come corde d’arpa… join-toastmasters-practice-public-speaking

Ma poi… oh, poi! Poi la sala si riempirà come un uovo, e il proiettore ci sarà e funzionerà, e vi ritroverete in prima fila due giovanissimeici di un vostro play, e voi comincerete a parlare, e prenderete il ritmo, e sentirete di avere catturato il pubblico, e vi rilasserete, e vi dimenticherete di possedere un collo, e reintegrerete un sacco di particolari che avevate soppresso, e il pubblico si divertirà, e ridacchierà nei punti giusti, e nessuno si agiterà sulla sedia, nessuno guarderà l’orologio – nemmeno voi – e il discorso seguirà il suo arco come una buona storia, arrivando alla sua conclusione naturale  – e costaterete di avere parlato per un’ora e dieci, ma il pubblico, dopo avervi coperti di applausi, avrà ancora l’energia di fare domande…

E poi ci saranno gli applausi, e i complimenti, e i fiori, e due bellissime litografie in regalo dall’artista locale, e altri complimenti, e vi diranno che a sentirvi descrivere un teatro elisabettiano par di essere là&allora*, e poi cavalcherete verso casa nella notte ventosa, e cenerete a tarda notte, e brinderete e vi domanderete come, come, come abbiate potuto dubitare, eccetera eccetera – e tutti vivranno felici e contenti fino alla vigilia della prossima conferenza.

(Per cui, semmai voleste qualcuno a bagolare di Shakespeare, Marlowe ed elisabettianerie miste assortite…)

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* R. passa di qui mentre scrivo e legge da sopra la mia spalla. “Làkallora?!” E io spiego che non è un errore di stumpa, e non è nemmeno una K, è ‘là – e commerciale – allora.’ “Che sistemi!” inorridisce R. “Orrore, orrore, orrooooooore!” How very Elizabethan…