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Lug 23, 2018 - angurie    Commenti disabilitati su Il Portatore del Fuoco

Il Portatore del Fuoco

DanteUlisseSe dovessi scegliere la mia figura prediletta nel mito greco-romano, sarebbe una dura lotta tra Ulisse e Prometeo. Tutta gente che sfida gli dei, mi si fa notare – inseguendo e/o propagando la conoscenza – e poi ne paga un prezzo terribile.

Perché non so voi – ma personalmente, per quel che riguarda Ulisse, quel che ho in mente è la bolgia dantesca cosparsa di fiammelle, e i remi che diventano ala al folle volo… È chiaro che, per quanto l’abbia messo all’inferno, Dante ammira Ulisse, vero?

Per quanto riguarda Prometeo, invece, Eschilo è sulla lista dei sogni registici – il titano incatenato dalla vendetta di Zeus per avere sottratto il fuoco…

E quel che volevo mostrarvi oggi è un piccolo film animato in cui mi sono imbattuta – come accade – per caso. Peter Dodd racconta Eschilo in una maniera magnifica: immagini, voci, musica… Tutto bellissimo ed efficacissimo.

Prom

E voi, o Lettori? La mitologia è piena di figure e di storie: chi sono i vostri prediletti?

Giu 29, 2016 - musica, scrittura, Vitarelle e Rotelle    Commenti disabilitati su Non Sappia Il Ver

Non Sappia Il Ver

In questo periodo di prove frenetiche (ne parleremo) mi capita spesso di ascoltar musica in automobile – ed è così che mi è ritornato in mano un vecchio CD , un’edizione ungherese del Gianni Schicchi, uno dei primi dischi d’opera che mi sia comprata, quand’ero una fanciullina diciassettenne in gita scolastica a Budapest, of all places. Adoro il Gianni Schicchi – musica e libretto…

Vi ho già detto, credo, che ho questa incoercibile predilezione per i libretti d’opera, vero? Ho cominciato a leggerne prima di avere cominciato ad ascoltare opere – il che probabilmente è un’eccentricità, ma tant’è. Trovo che i libretti d’opera contengano spesso gemme di nonsense sublime, ottimi nomi per gatti e, nel caso dell’opera buffa, cose genuinamente spassose – e scritte per essere tali.

gianni schicchi, puccini, giovacchino forzano, libretti d'opera, dante, divina commediaCome il libretto del Gianni Schicchi, scritto per Puccini da Giovacchino Forzano. La storia è un’incantevole combinazione di Divina Commedia e Commedia dell’Arte – of all things – con qualche frecciatina ai danni di quel terribile snob che era il gran padre Dante. Lo sapevate che Dante l’aveva a morte con Schicchi, che non solo usciva dalle file della gente nuova, ma aveva anche truffato in grande i Donati – famiglia di sua moglie? Oh well, Gianni Schicchi non è il primo né l’unico che Dante piazza all’inferno per antipatia personale e petty vengeance. Ricordarsi di cose del genere aiuta a mantenere un senso dell’umorismo quando si ha a che fare con la Commedia…

Ma non divaghiamo. Opera. Puccini. Forzano. Libretto.

E in particolare l’irresistibile uso che Forzano fa di quell’utile e simpatico meccanismo narrativo per cui un personaggio ignora qualcosa di vitale – che il lettore conosce.

Allora: il vecchio Buoso Donati è morto, diseredando i parenti a favore di un ordine religioso. Furia generale. Enter Gianni Schicchi, rimescolatore di carte professionale, che accetta di impersonare Buoso e dettare un altro testamento davanti a notaio e testimoni. Ma, proprio mentre i Donati assicurano a Gianni che nessuno sa che “Buoso ha reso il fiato”, si bussa alla porta. È Maestro Spinelloccio, il dottore.

“Guardate che non passi. Ditegli qualche cosa. Che buoso è migliorato e che riposa!” ordina Schicchi, prima di sparire tra le cortine del letto a baldacchino.

E i Donati fanno entrare l’ignaro medico in un coro di “Buongiorno, Maestro Spinelloccio. Va meglio! Va meglio! Va meglio!”

“Ha avuto il benefissio?” domanda con accento bolognese il nuovo venuto, Balanzone in tutto tranne che nel nome.

“Altroché. Altroché.” cinguettano i Donati, e Spinelloccio va in sollucchero.

“A che potensa l’è arrivata la siensa. Be’, vediamo, vediamo.”Gianni Schicchi - Opera San Jose

Momento di panico.

“No! No, riposa,” parano i Donati.

“Ma io…” insiste il brav’uomo, ansioso di ammirare l’effetto della sua siensa.

“Riposa…” I Donati si schierano tra lui e il letto, ma il medico avanza, e tutto pare perduto, quando…

“No, no, Maestro Spinelloccio,” interviene una voce tremula di tra le cortine. “Ho tanta voglia di riposare. Potreste ritornare questa sera? Son quasi addormentato.”

Ai parenti per poco non prende un coccolone, ma il medico desiste.

“Sì, Messer Buoso. Ma va meglio?”

“Da morto son rinato,” assicura Schicchi/Buoso, con un’ombra di risata nella voce. “A stasera.”

“A stasera.” E qui Maestro Spinelloccio potrebbe ancora salutare i Donati e uscire con la sua dignità di medico più o meno intatta. Ma allora che gusto ci sarebbe? “Anche alla voce sento che è migliorato,” dichiara. E poi, non contento: “Eh, a me non è mai morto un ammalato. Non ho delle pretese. Il merito l’è tutto della scuola bolognese.”

“A stasera, Maestro,” salutano i Donati in un’ondata di euforico sollievo – e quasi lo spingono fuori dalla porta senza che il brav’uomo abbia capito nulla. Dopodiché i Donati sono un po’ densi e credono di averla soltanto fatta franca, ma Schicchi ha visto nell’episodio la prova che il suo piano funziona… eccetera.

Noi ci fermiamo* e osserviamo come l’ironia della situazione derivi quasi tutta dal fatto che il pubblico sa che Buoso è già morto – e Maestro Spinelloccio no. I Donati che tentano freneticamente di liberarsi del medico e il medico che si vanta a sproposito non sarebbero divertenti se non sapessimo che cosa c’è dietro. Sapendolo, capiamo le intenzioni nascoste e ci divertiamo mentre il povero dottore si loda e s’imbroda.

Il meccanismo funziona anche in contesti meno buffi – e allora mette ansia seguire qualcuno che cammina allegramente in una trappola reale o metaforica. Mi vengono in mente Robert Moore che, in Shirley, avanza verso il punto in cui sappiamo che è appostato l’uomo con la pistola, o il Marchese di Posa che entra nella cella di Don Carlos – forse non del tutto inconsapevole dello sgherro in attesa – o Tosca (dramma, non opera) che si precipita a fare una scenata di gelosia senza sapere che Scarpia l’ha fatta seguire, o Henry Morgan che racconta versioni sempre più improbabili della sua vita a gente che ha buoni motivi per non credergli…

Che si tratti di creare tensione, aggiungere strati di significato o rendere buffa una situazione, il personaggio all’oscuro di tutto funziona sempre, in tutte le sue varianti semplici o sofisticate.

L’importante è che a differenza del lettore qualcuno, come usa dire all’opera, non sappia il ver.

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* Se volete leggere il resto del libretto, lo trovate qui.

Il Premio Strega Che Non Ti Aspetti

I non Mantovani non sapranno chi era Monsignor Trazzi, ma credo che non ce ne sia bisogno per sobbalzare come ho fatto io quando oggi mi sono sentita dire, in tutta serietà, che…

“Monsignor Trazzi? Ma cavolo, non lo sa? E’ quello che ha vinto il Premio Strega traducendo la Divina Commedia dal Latino!”

Non credo di essere riuscita a nascondere del tutto il mio trasalimento, perché l’Anima Candida mi ha guardata con una certa ferocia.

“Ha poco da ridere! Crede che sia stata un’impresa da poco tradurre la Divina Commedia dal Latino?”

Non so che cosa avreste fatto al mio posto. Io ho abbassato umilmente il capino e, in tutta contrizione, ho ammesso che, in effetti, non è impresa da tutti.

“Credo che nessuno ci avesse mai nemmeno provato…” ho tubato.

E l’Anima Candida se n’è andata, vittoriosa e soddisfatta. Eh.