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Nov 16, 2012 - Digitalia    Commenti disabilitati su Librinnovando ’12 – Il Futuro Dell’Editoria

Librinnovando ’12 – Il Futuro Dell’Editoria

librinnovando, milano, palazzo reale, ebook, editoria digitaleCribbio… quest’anno proprio non ce la faccio ad andare a Milano per Librinnovando

E credetemi, mi secca proprio tanto, perché è sempre un’ottima occasione per tastare il polso del dibattito sull’evoluzione dell’editoria. Come andiamo a digitale? Come si comportano gli editori tradizionali? Che ne sarà delle biblioteche? Come sono cambiati, stanno cambiando, possono cambiare, non sanno come cambiare libri, editori, lettori, scrittori, lettura, biblioteche, insegnamento…?

A volte si ha la sensazione il dibattito in Italia arranchi un pochino, che ci sia troppa gente arroccata sul profumo della carta… Ebbene, quelli di Librinnovando lavorano per tenere la discussione viva e per disincagliarla dalle secche – e non è merito da poco.

E dunque lo ripeto, mi spiace maledettamente non esserci, anche perché il programma è davvero promettente…

Però, se siete interessati e impossibilitati come la sottoscritta, c’è sempre la diretta streaming su RaiLetteratura e la possibilità di partecipare via twitter con lo hashtag #librinnovando.

Magari non sarà proprio come esserci, ma…

Buon lavoro, librinnovatori – e ne riparliamo nei prossimi giorni, ok?

Rimuginando Su Librinnovando ’12

L’edizione romana di Librinnovando – o quanto meno il convegno, cui ho assistito sabato 28 aprile all’Università di Tor Vergata – è stata istruttiva.

Cominciamo dicendo che, com’è piaciuto agli dei dell’editoria, non sono pervenuti cinguettii indignati in difesa del profumo della carta – o quasi.* Il che, sospetto, conferma la mia teoria secondo cui molti cinguettatori s’indignano sulla sola base dei Trending Topics, e allora – a parità di occhiata volante – un titolo provocatorio come #byebyebook è destinato a scatenare molta più furia di un neutrale e tecnico #librinnovando…

Ciò detto, è stato interessante passare dal Cosa? dell’edizione milanese di novembre al Come? di questa volta. Posto che qualcosa sta succedendo in campo editoriale – qualcosa di cui forse non capiamo ancora bene la portata e le prospettive – come diamine possiamo applicare, integrare e far funzionare queste innovazioni e novità (hardly the same thing, if you get my drift…) all’università, nelle biblioteche, nelle scuole, nella promozione alla lettura, nelle politiche delle case editrici…? Come dovrà/potrà cambiare la pratica in tutti questi ambiti? E, per dirla con la direttrice del Cepell Flavia Cristiano, come si riuscirà ad abbracciare le potenzialità del cambiamento senza perdere per strada la lettura complessa?

Le risposte – o i tentativi di risposta – sono stati vari e diversi.

E devo dire che Gino Roncaglia, pur illuminante nel tratteggiare il quadro della situazione, non è stato incoraggiantissimo. La gente legge meno, ha detto. Il lettori forti consumano meno carta stampata, ha detto – il che non dovrebbe significare necessariamente che leggano meno, perché c’è una fetta di consumo che si sposta sul digitale, ma in realtà in Italia c’è una diminuzione in termini assoluti. Questo non succede, ha detto Roncaglia, dove c’è un ecosistema digitale ben sviluppato su cui i lettori possono spostarsi. Ma in Italia questo meccanismo non funziona, perché i grandi editori stanno reagendo con scoordinato terrore e i piccoli editori non hanno i mezzi e la visibilità per le loro sperimentazioni, e perché l’information literacy è di là da venire e richiederebbe infrastrutture e competenze che non ci sono… Siamo in ritardo, ritardo, ritardo – e i numeri della lettura calano.

Che ci si può fare?

Le risposte più promettenti sono arrivate da progetti già in corso, da realtà che, con le unghie e con i denti, si ritagliano avamposti d’esplorazione in questa terra incognita. E, badate, non parlo di progetti editoriali.

Parlo di Dianora Forza-della-natura Bardi, a capo della sperimentazione didattica digitale del Liceo Lussana di Bergamo, un esperimento interessantissimo che consente ai fanciulli di studiare ed elaborare una pluralità di fonti – cartacee e digitali – imparando metodo e rigore mentre studiano. Non son tutte rose e fiori, se la Prof. Bardi deve ancora lamentare la difficoltà di convincere i docenti a formarsi – eppure che meraviglia sentire un metodo didattico digitale basato su approfondimento, elaborazione originale e “più lettura e studio di prima”, anziché sulla modularizzazione estrema… **

Parlo poi di Luciana Cumino della Biblioteca di Cologno Monzese, dove sperimentano con il prestito digitale  – non solo l’ebook, ma anche l’ereader – e, mentre lo fanno, studiano accuratamente l’evolversi del rapporto tra il lettore e la lettura, tra la lettura e il mezzo, tra l’utente e la biblioteca***, tra la biblioteca e l’editoria… È probabile che questo modello di prestiti gratuiti non possa continuare indefinitamente, se le biblioteche devono restare aperte, ma questa fase di sperimentazione e studio fornirà di certo indicazioni fondamentali per la direzione in cui l’istituzione biblioteca potrà e dovrà evolversi. Detto fra noi, non sono affatto certa che sia una questione di togliere di mezzo i libri fisici per far spazio alla gente – e meno ancora di escogitare nuovi nomi, come ha suggerito Antonella Agnoli. Devo confessarlo: much as I love names, quando Agnoli ha suggerito di ribattezzare le biblioteche “Piazze del Sapere”, non ho potuto evitar di pensare a Robespierre e al suo culto dell’Essere Supremo…

E parlo anche dell’ormai buon vecchio LiberLiber (ma a me piace tanto anche il nome originario, Progetto Manuzio), che per primo ha creato una biblioteca digitale gratuita in Italia, o di OilProject, una sorta di scuola virtuale basata su mutuo insegnamento per mezzo di video tutorials e discussioni in chat.

Tutta gente agguerrita, piena di idee e con gli occhi bene aperti. Ma in tutto questo, gli editori dove sono?

Ecco, l’impressione che ho ricavato da Librinnovando è che gli editori annaspino – i piccoli come i grandi, seppure in maniere diverse.

Quadrino di Garamond va a caccia di facili applausi (“Basta con la scuola dei primi della classe e dei somari! La scuola dev’essere luogo di e per ogni conoscenza!” Punti esclamativi miei – ma insiti nel tono). Andrea Libero Carbone di :duepunti edizioni assume quell’aria di superiore disapprovazione che a tanti (specialmente piccoli) editori piace riservare al self-pub, e dà voce alla certezza che nessun self-publisher sia in grado di offrire un prodotto di qualità al lettore – ed eFFe è diventato uno dei miei eroi, intervenendo dalla platea per pizzicare ALC e tanti suoi colleghi su questa mistica dell’editoria… Manicardi di Barabba Edizioni è un simpatico personaggio che pubblica per hobby, ammonisce editori e self-publishers alike in parabole fantasy e lo fa con un irresistibile accento carpigiano – ma non si può considerare un editore a nessun effetto pratico. Brugnatelli di Mondadori propone un modello di autopubblicazione appoggiato a una community/workshop di scrittori non dissimile da quel che già fanno Penguin e Harper Collins e con un nod ideale al progetto 826 Valencia, ma non lo sa difendere da obiezioni talvolta più ideologiche che sensate.

Perché diciamolo: l’idea Mondadori non ha nulla di così profondamente malvagio in sé, ma offrire il fianco alle accuse di volerla passare per qualche tipo di no-profit è stata un’ingenuità incomprensibile. E badate bene, non lo sarebbe stata in un mondo in cui fosse possibile rispondere: certo che Mondadori vuole guadagnarci – e perché no? Mette in vendita dei servizi, cerca di farlo a un buon livello e secondo una certa ottica, vuole creare un ambito in cui lavorare su quella qualità che si dice essere fuori dalla portata del self-publisher medio… whatever – ma a qualche genere di prezzo.

Ecco, in Italia questo non si può dire – almeno non ad alta voce, così come è bad ton suggerire che attorno alla letteratura giri un’economia, o che chi scrive possa volersi aspettare qualche genere di ritorno economico. Insomma, perdonate se adesso viro un pochino verso il rant, ma la mia parte anglosassone s’infuria all’idea che in Italia, a livello editoriale così come a livello tecnico, sia anatema dire che la scrittura è un mestiere. E di conseguenza Brugnatelli non sa né può difendersi come sarebbe logico fare. E no: non ho davvero nessuna simpatia per Mondadori, ma non ne ho nemmeno per chi mi etichetta come sciatta e incapace sulla fiducia***, né per chi siede nel foro e lamenta la calata dei barbari, né per chi sventola il mito della scrittura ispirata e spettinata e pura da contatti con il crasso e vile mercato.

E quindi?

E quindi credo che Roncaglia e Calvo abbiano ragione: l’editoria sta reagendo nel panico più scomposto – chi all’avvento del digitale tout court, chi all’emergere del self-publishing. Forse l’editoria spera che passi tutto. Forse sta digerendo il fatto che per ora il digitale non crea nuovi lettori – ne sposta soltanto. Forse sta cercando di decidere se può perdere un tram che in Italia è ancora parecchie fermate indietro – dopo tutto la fetta di mercato degli ebook è ancora sotto il punto percentuale.

L’impressione è che siamo in ritardo, ritardo, ritardo – e che ci resteremo a lungo. E però a Librinnovando c’era gente su cui pare di poter contare per qualcosa che non sia starsene seduti ad aspettare i barbari. Alla fine della giornata me ne sono venuta via con aspettative deluse e aspettative nuove o rinnovate. Ci sono le scuole istituzionali e virtuali che formano nuove generazioni di lettori e alfabetizzano i cosiddetti nativi digitali. Ci sono le biblioteche che si ripensano nel contesto nuovo. Ci sono quegli scrittori che stanno facendo della rete un luogo di sperimentazioni letterarie e culturali.**** C’è la gente di Librinnovando che ha l’enorme merito di tener viva la discussione in proposito. E si spera che ci siano i lettori, che negli ultimi decenni non hanno avuto troppo spazio per discriminare, ma possono imparare a farlo, se solo se ne vedranno offrire l’occasione.

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* Salvo forse quando Brugnatelli di Mondadori ha detto che la difesa del profumo della carta è vastamente dissennata – e anzi, certe combinazioni di carta, colla e inchiostro riescono anche a puzzare. Questo ha scatenato a small volley, ma molto più ironico che altro. E – forse sarò cinica – credo che, se l’avesse detto chiunque altro in sala, non ci sarebbe stato nemmeno quello.

** E a questo proposito devo dire che Quadrino di Garamond non mi ha convinta particolarmente nel suo appassionato plea in favore di una conoscenza che non significa “ripetere, ma creare, condividere, collaborare.” All very well (uno slogan del genere non poteva non piacere – e difatti è piaciuto molto), ma dov’è che si parla di consolidare? Non so, ma non riesco a non dubitare che un’estremizzazione di questa teoria, presa da sola, finisca col rendere tutta la conoscenza effimera…

*** Perché dopo tutto sono una self-publisher, ricordate?

**** E quello di Roncaglia è stato, temo, l’unico accenno all’esistenza del fenomeno. E qualcuno ha anche lamentato l’assenza degli scrittori – con l’eccezione di Sergio Covelli, presente in veste di self-publisher e guerilla-marketer. Magari la prossima volta…

Rimuginando Su Librinnovando

Come promesso, parliamo di Librinnovando.

Cominciamo col dire che conoscere di persona gente che segui via Twitter è sempre una simpatica esperienza. Poi io non sono fisionomista e non distinguo la gente nemmeno dopo averla vista in faccia – figuriamoci da un avatar! – per cui ho impiegato un po’ a capire chi era chi… Problema che evidentemente non affligge Mattia Nicchio di Sudare Inchiostro, che è entrato in un cortile affollato insieme a Marta Manfioletti di e-Letteratura, mi ha individuata a colpo sicuro e… “Tu sei la Clarina? Non ero sicuro di riconoscerti a colori naturali!”

Quindi il primo impatto di Librinnovando è stata una bizzarra rimpatriata tra gente che, in molti casi, si conosceva senza conoscersi e si parlava per la prima volta dopo avere comunicato per anni.

Dopodiché, provvisti di cartelline arancioni e passi, ci siamo disposti per iniziare, nelle aule caldissime e affollate dello IED. Ora, posso confessare qualche difficoltà di scelta tra le sessioni contemporanee? Ero davvero incerta tra marketing e diritti, tra didattica e rapporto contenitore/contenuto… L’unica cosa che ero certa di non voler perdere era la sessione dei BookBloggers.

Poi ho finito con lo scegliere marketing e contenitore/contenuto. E per prima cosa ho scoperto che Librinnovando è calibrato principalmente sul punto di vista degli editori – con uno spazio interessante per i lettori e non molto per gli scrittori. La cosa ha una certa misura di senso: che può fare la casa editrice tradizionale per agganciarsi al treno (in corsa?) dell’editoria digitale? Di che cosa ha bisogno l’editore che nasce digitale? Quali sono le nuove figure dell’editoria? Come si combinano a quelle tradizionali? Come cambia il modo di vendere libri? Sono interrogativi fondamentali, e le risposte segneranno il futuro dell’editoria.

Tuttavia, il precedente anglo-americano (cui si guarda inevitabilmente) mostra che anche l’autopubblicazione sta cambiando in modo radicale le regole del gioco, e gli indie authors sono una forza da tenere in considerazione – ma di questo, almeno nelle sessioni cui ho assistito, s’è parlato poco.

Indirettamente applicabile è stato l’intervento di Cecilia Averame (Quintadicopertina), che ha confrontato due diversi esperimenti di marketing – uno riguardante un prodotto molto particolare e uno basato più sull’autore che sulle opere (comprate praticamente al buio, in un abbonamento annuale trainato dalla fama dell’autore). Interessanti le osservazioni sul campo: da un lato, pubblicizzare presso un pubblico più vasto non sempre porta risultati in termini di vendite, e dall’altro, nel caso di fidelizzazioni basate sulla relazione lettore-autore, i lettori apprezzano il contatto con l’autore, ma lo preferiscono personale, anziché esposto. “Il lettore non è uno strumento di marketing,” stava scritto in una mail ricevuta da Averame – o quanto meno non vuole esserlo, ed è qualcosa su cui meditare.

Mauro Sandrini, che invece di self-pub ha parlato, ha sottolineato la differenza tra marketing del libro e marketing dell’autore, questa pratica che consiste non tanto nel convincere i lettori a comprare uno specifico libro, quanto a mostrare loro che favolosa persona è l’essere umano che l’ha scritto – e che ne ha scritti/scriverà molti altri.

La prima sessione pomeridiana è stata interessante al modo di qualcosa che suscita domande su domande. Si trattava di apps ed enhancements, e sapete che covo ancora più di un dubbio in materia. Ne parleremo più diffusamente in futuro, ma qui volevo rimarcare un invito ripetuto da tutti i relatori: per questo specifico mercato non si può pensare di limitarsi a digitalizzare materiale preesistente. La competizione è destinata a incentrarsi sullo sfruttamento a tutto campo delle potenzialità del mezzo, cosa che è possibile solo a partire da materiale creato appositamente. Forse non ci avevo mai pensato in questi esatti termini, ma l’osservazione collima con alcuni dei miei interrogativi in proposito. Come ho detto, ne parleremo. 

E infine la sessione più stimolante e più innovativa, quella che ha attirato anche molti non addetti ai lavori, è stata quella dei BookBloggers*, otto ragazzi acuti e tosti che, dai loro blog di libritudini varie e capeggiati dal curatore eFFe, hanno indagato il rapporto tra editori, libri, lettori e rete. Peccato, peccato, peccato che i tempi abbiano costretto a sfrondare parecchio proprio questa sessione ma, pur a un ritmo un nonnulla concitato, è stato affascinante scoprire dal questionario di Marta Manfioletti la bassa percentuale di lettori contrari alla pirateria in via di principio**; o sentire Arturo Robertazzi che illustrava il modo in cui alcuni grandi editori usano Twitter come un canale a senso unico – ma non per questo, va detto, perdono necessariamente followers o influenza – benché, come ha mostrato bene Marta Traverso, un uso accorto dei social network (in particolare quelli letterari) possa essere uno strumento impagabile per una casa editrice; o sorridere con Noemi Cuffia sul fatto che solo due scrittori sugli otto intervistati*** fossero interessati alla lettura digitale. Questo perché gli scrittori sono “lettori forti”? Perché sono tradizionalisti? Ma, come ha detto Marco Dominici, i lettori forti si possono conquistare al mercato digitale – anche se non a colpi di enhancements, perché i lettori forti non vogliono interattività, vogliono interazione.

E questo mi porta ad alcune impressioni conclusive. In primo luogo, come è logico che sia, il mondo dell’editoria digitale è ancora pieno d’incognite per le quali nessuno ha risposte pronte. Bisogna essere disposti a navigare a vista e, perché no, a rischiare. Poi c’è da sperare che, nella sua corsa agli enhancements e alla didattica non lineare, l’editoria digitale non perda di vista chi i libri li vuole solo leggere – e prima o poi si farà una ragione dell’inchiostro elettronico, ma difficilmente digerirà l’idea di farsi imporre una colonna sonora o di imparare la storia in pillole predigerite dalla durata non superiore ai due minuti. E infine, posso dire che mi aspettavo un’interazione via Twitter più vivace? Ho visto molti dei presenti twittare ripetutamente durante tutta la giornata – e questo significa un flusso notevole d’informazioni da Librinnovando verso l’esterno, ben al di là di quello ufficiale. Ero troppo lontana dallo schermo su cui scorrevano i tweets per constatare se ci fosse un flusso corrispondente verso l’interno – ma di certo non è stato dato molto spazio a “interventi e domande direttamente dal web”, come invece prometteva il programma.

Librinnovando ha entusiasmo da vendere, ottime idee e tutte le potenzialità per essere una fucina in un campo in magmatica evoluzione. La mia personalissima impressione è che forse ci sarebbe bisogno di un pizzico di focalizzazione in più, di una cura speciale nello stimolare la discussione anche all’esterno – e magari di un apparato tecnico un po’ più affidabile.

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* E sì, lo so: Librinnovando li chiama “i Books Blogger”… Bear with me – I choose to do otherwise.

** La pratica è, lo sappiamo tutti, un cavallo di tutt’altro colore…

*** Ma in realtà, mi par di capire che gli scrittori contattati fossero una ventina – gli altri non hanno risposto o non hanno rilasciato l’intervista. Se ne deduce che la percentuale degli scrittori digitalizzati (almeno all’interno del campione di Noemi) sia del 10%. Uh.

Gen 13, 2011 - Digitalia    2 Comments

Quarant’Anni Di EBook

MC.pngEra il 1971 quando Michael S. Hart, per una di quelle combinazioni di intuizione visionaria e circostanze, diede vita al Progetto Gutenberg, creando questa nuova bizzarra cosa, l’eBook, e aprendo la strada all’editoria digitale.

Quarant’anni dopo, il GP conta decine di migliaia di titoli, il mercato è pieno di arnesi che consentono di portarsi in gire una biblioteca intera nella borsetta, e l’editoria tradizionale comincia a interrogarsi sul suo futuro. Nel frattempo, un vivissimo dibattito divampa attorno a questi libri metafisici, la loro filosofia, la loro economia, il loro diritto e il loro futuro… E’ il tipo di effervescenza che si accompagna alle rivoluzioni culturali, tecnologiche e sociali. Hart non ha sbagliato nel battezzare il suo progetto in memoria dell’inventore della stampa: di sicuro siamo davanti a una svolta nel modo di trasmettere la conoscenza. Come si evolverà la situazione? E’ tutto da vedere, ma teorie e prospettive sembrano interessanti.

Da qualche mese, anche l’Italia comincia a entrare in questa nuova era a passi un po’ meno timidi, a pubblicare e leggere in modo nuovo e a porsi domande su domande: che cosa è davvero un ebook? quale parte di un libro non fisico appartiene a chi? in che modo la lettura digitale è un surrogato della lettura su carta? si aprono davvero nuove strade per l’editoria e per i singoli autori?

E’ qualcosa di cui SEdS si occuperà con qualche assiduità nei prossimi mesi.

Intanto oggi sarò all’Auditorium Svoboda dell’Accademia di Belle Arti di Macerata, per parlare diffusamente di libri elettronici, annessi e connessi. Dettagli sul sito dell’Accademia.