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Ott 20, 2017 - teatro    Commenti disabilitati su Esce A Destra Con Un Ghigno Compiaciuto

Esce A Destra Con Un Ghigno Compiaciuto

Una volta, tanti e tanti anni fa… playwright

Oh, right – non poi così tanti. Una volta, tre o quattro anni fa, feci un post in cui si parlava di autori teatrali di fronte alle produzioni dei loro lavori. E poiché allora cominciavo ad avere qualche esperienza in materia, nei commenti si finì a discutere sul grado di controllo che l’autore ha – o tenta di avere – su quel che poi va in scena.

Ne verrà un altro post, dissi – ma poi non venne più. Ebbene, viene oggi: come fa l’autore a (cercar di) controllare quel che di suo va in scena? O, più precisamente, il modo in cui ci va?

Be’, c’è la maniera ovvia – Shakespeare che fa parte della compagnia, e immagino che a un certo punto abbiano cominciato a dargli retta, o Brian Friel che decide di dirigere i suoi stessi lavori (con scarso successo, temo…) – ma naturalmente questo dà modo di controllare un limitato numero di produzioni per un tempo limitato.

L’altra maniera sono le didascalie.

Le didascalie teatrali sono… be’, l’autore che cerca di dirigere i suoi lavori per l’eternità.

Oppure che scrive del teatro fatto per essere letto – ma direi che nella maggior parte dei casi si tratta di entrambe le cose.

SiLRGuardate Shakespeare – ma anche Marlowe, Kyd, Nashe, Fletcher&Beaumont… – e di didascalie non ne troverete quasi, a parte l’occasionale e strettamente necessario enter, exit, dies, drinks the poison, draws, they fight

Ma d’altra parte, questa gente elisabettiana non si preoccupava soverchiamente della posterità. Si scriveva per una compagnia, che acquisiva la proprietà del testo e lo rappresentava ancora, ancora e ancora, ma la regia non esisteva, le convenzioni sceniche erano molto rigorose, la scenografia poco meglio che inesistente e la pubblicazione rara assai. Il teatro era qualcosa di effimero e codificato al tempo stesso. Non c’era bisogno di preoccuparsi di come sarebbe stato messo in scena, e non era destinato ad altri che al pubblico vivo e presente – e le didascalie erano solo funzionali all’azione.

E mentre ciò accadeva in Inghilterra, dalle nostre parti non si scrivevano nemmeno le battute: la Commedia dell’Arte consisteva nell’improvvisare sulla base di un canovaccio costruito combinando personaggi e situazioni codificati…

Va detto però che anche un autore come Goldoni, che passa dalla Commedia dell’Arte al teatro scritto, non è generoso di didascalie. Non ne ha bisogno – come non ne hanno avuto bisogno Shakespeare, Molière, Corneille e Racine, Sheridan e Voltaire e Alfieri…

È con la seconda metà dell’Ottocento che le cose cambiano, quando si afferma la figura del regista e, paradossalmente, il teatro esce dai teatri per essere pubblicato e letto. L’autore sente la doppia esigenza di esercitare qualche controllo sull’interpretazione che delle sue parole viene data e di mettere in scena sulla carta a beneficio del lettore.

ShawRPensate alle elaboratissime didascalie di un G.B. Shaw e di un Pirandello, che descrivono minutamente personaggi, azioni, scene, costumi…

Qui c’è Lady Cecilia da La Conversione del Capitano Brassbound:

La signora è tra i trenta e i quaranta, è alta, molto avvenente, cordiale, intelligente, tenera e spiritosa, vestita con studiata semplicità, non come una donna d’affari, mascolina e con le ghette da turista, ma con l’aria di chi abita nella villa accanto ed è venuta a prendere il tè, con una blusina e un cappello di paglia guarinto di fiori. È una donna di grande vitalità e umanità, usa a intraprendere una casuale conoscenza dal punto che gli inglesi raggiungono abitualmente dopo trent’anni di dimestichezza, sempre che siano capaci di raggiungerlo.
Piomba cordialmente su Drinkwater, che le fa delle smorfie con il cappello in mano, come per esprimerle un sincero benvenuto.*

Visto? La personalità, il costume, i modi del personaggio. l’azione, la mimica… E a seguire, non c’è quasi battuta cui Shaw non appiccichi una didascalia per indicare intenzione, intonazione, mood, sottotesto…

pirandelloabbaPassiamo a Pirandello – L’Amica delle Mogli:

La scena rappresenta l’hall d’un villino, addobbato e mobigliato con finissimo gusto. Stoffe e mobili nuovi. Molti specchi. In fondo, una grande porta vetrata lascia scorgere un salottino untimo, anchesso arredato di mobili nuovi e delicati. In vista, un pianoforte. Oltre il salottino, attraverso un altro uscio a vetri, si scorge una vasta sala da pranzo, splendida. La comune è a destra sul davanti. A sinistra, la parete è interrotta dal vano della scala che conduce alle stanze superiori.

Una descrizione da scenografo – che in realtà diventerà significativa quando scopriremo che questa casa tanto elegante e raffinata l’ha arredata Marta per la sconosciuta moglie dell’uomo di cui è innamorata. E quanto ai personaggi…

Clelia è piuttosto bella; in una continua indolenza sorridente, parla molle molle; gli occhi un po’ socchiusi e le mani cascanti; ha assunto la professione di moglie e le pare che non debba ormai far altro, perché il marito faccia a sua volta quella di marito.

Non solo il tipo fisico, ma la voce, il modo di parlare, i gesti, gli sguardi…
Il che naturalmente è piacevolissimo a leggersi, e destinato ad essere ignorato per lo più da registi, attori, costumisti e scenografi.

Leggere Pirandello e Shaw non è diversissimo dal leggere un romanzo – ma registi e compagnie non cercano romanzi. Cercano… be’, in realtà cercano spazi.

Viene in mente Jeffrey Sweet, secondo cui il teatro non è letteratura, e lo scrittore teatrale non deve preoccuparsi d’infilare belle parole, ma di offrire agli attori una serie di occasioni per comportarsi in modo significativo.

ShawVivlingE viene in mente anche Vivien Leigh, secondo cui recitare Shaw è come sedersi in treno e andare dalla partenza all’arrivo, mentre recitare Shakespeare è nuotare nel mare, con tutte le direzioni aperte. E di sicuro non si riferiva alla scarsità o abbondanza di didascalie, ma le didascalie sono espressione di un diverso modo di scrivere teatro, di una diversa volontà di esercitare controllo sull’attore.
E la tentazione di fare à la Pirandello, à la Shaw, di abbondare in avverbi tra parentesi, descrizioni minuziose e sopracciglia levate è forte.

Però poi la maggior parte degli avverbi tra parentesi diventa ridondante se le parole che accompagnano hanno abbastanza forza ed efficacia. E le descrizioni sono destinate a franare davanti alla volontà del regista, al gusto di un’altra epoca e alle necessità della produzione. E per le sopracciglia levate, per lo più, vale la pena di fidarsi degli attori.

E quindi un conto è il teatro destinato ad essere letto – ma quando si tratta di andare in scena il gioco è diverso. È un gioco fatto di spazi – con l’occasionale indicazione che, se è ben pensata, quegli spazi li illumina di taglio, con tutte le profondità e le trasparenze del caso.

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* Traduzione anni Cinquanta di Paola Ojetti per Mondadori.

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Lug 11, 2014 - libri, libri e libri    4 Comments

Lezioni D’Italiano

BookclubImmaginate una sera a Graz.

Un grazioso caffè-ristorantino in Südtirolerplatz, con i tavolini sulla piazza.

E apriamo una parentesi per dire che Graz in luglio è tutt’altro posto rispetto a Graz in giugno o in settembre – un posto molto più vivace, soprattutto attorno alla Mehlplatz. Südtirolerplatz è un pochino più tranquilla, ma dicevamo: immaginateci questo ristorante con i tavolini e, a uno di questi tavolini, immaginate un gruppo costituito da una decina di persone. Quasi tutti anzianotti – un paio di uomini e il resto donne – più una giovane donna che parla ora un buon Tedesco con accento italiano, ora in Italiano, mentre il resto della tavolata fa del suo meglio per risponderle in varie sfumature di Italiano.

Immaginato? Bene, allora farete presto a concludere: corso d’Italiano, magari l’equivalente austriaco di una UTE, cena di fine corso…

E l’impressione viene rafforzata quando, al momento del dolce, la giovane insegnante produce una borsa di libri.

“Compiti delle vacanze!” annuncia allegramente, e comincia a distribuire.

E c’è la signora che non vuole storie d’amore, bitte, e quella che invece non vuole assolutamente nient’altro, e il signore che sembra avere già letto la maggior parte delle pur abbastanza numerose possibilità, e intanto voi, pur cercando di darvi un contegno, non solo origliate spudoratamente, ma vi mettete anche a sbirciare, cercando di capire se si tratta di versioni integrali o no – e forse in realtà alcune sono versioni ridotte e annotate, a giudicare dalle copertine…

Ed è a questo punto che vi ritrovate colti sul fatto – e no, non siete bravi ad essere colti sul fatto, così arrossite un pochino, vi schiarite la gola, fingete di essere impegnati a contemplare la facciata a torre della Barhemzigenkircke, o il filobus di passaggio, o qualsiasi altra cosa, e poi tornate a concentrarvi sulla conversazione al vostro tavolo, che tutto sommato è meglio.

Però nel frattempo qualche titolo e autore l’avete sentito, e va a finire che ci fate un post – perché vi pare che la selezione sia… interessante.

C’è Va dove ti porta il cuore – e la signora che voleva le storie d’amore lo ha già letto, e ha pianto tanto, e lo consiglia caldamente alle sue amiche.

C’è Pirandello – e non si capisce se la signora che lo prende senza battere ciglio sia particolarmente brava, particolarmente coraggiosa o particolarmente ignara.

C’è Camilleri, Un mese con Montalbano – offerto e accolto come se fosse ovvio che non se ne può fare a meno. Come se la caveranno gli Austriaci con il Siciliano immaginario – e come lo applicheranno alla conversazione quotidiana la prossima volta che vanno in vacanza sul lago di Garda – è una domanda di quelle da non dormirci su.

E c’è Goldoni, la Locandiera – che per qualche motivo sembra spaventare gli Austriaci più di tutto il resto messo insieme, nonostante le calde raccomandazioni dell’insegnante. Alla fine una signora di nome Roswitha propone di leggerlo in classe tutti assieme in autuno. Chissà se lo leggeranno ad alta voce…

E poi l’ultima cosa che cogliete è che il gruppo, probabilmente in omaggio all’italianità della serata, conclude la cena ordinando il tiramisù – e poi ve ne andate, perché c’è un limite a quanto si può continuare ad origliare dopo essere stati scoperti – ma tant’è.

Interessante selezione, non trovate? Qualcosa di classico, qualcosa di celeberrimo, qualcosa di contemporaneo, qualcosa di strappalacrime… nel complesso, un simpatico equilibrio tra solide letture e audience-pleasing. Non proprio quel che avrei scelto nella stessa situazione, ma tutto sommato capisco la logica.

E voi che dite? Se doveste consigliare delle letture alla vostra classe di stranieri, che cosa scegliereste?