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Lug 16, 2018 - scribblemania    Commenti disabilitati su La Storia Riluttante

La Storia Riluttante

deadlinewrtOggi sono un nonnulla di fretta…

C’è una scadenza che incombe, e mi sono ridotta più all’ultimo minuto del solito. Avevo il bando fin dalla fine di marzo, e il termine scade il 20 – quindi diciamo la verità: è stato più o meno criminale mettermi a scrivere sul serio venerdì e finire la prima stesura dieci minuti fa.

Conosco gente che architetta, imbastisce & tira a lucido ottime storie in una manciatella d’ore con elegante nonchalance – ma non appartengo alla categoria. E sia ben chiaro: non appartengo nemmeno alle solenni coorti di Coloro Che Aspettano La Musa – dininguardi! Di regola, sono in grado di mettere insieme una storia secondo necessità e con una ragionevole quantità di strologamenti – e per di più ho taccuini interi di idee che vogliono essere scritte.

Ma questa volta… no.

procrastination-cloudsQuesta volta ho cominciato mesi fa con l’impressione di avere solo l’imbarazzo della scelta; poi ho deciso per l’ennesima faccenda elisabettiana – e dapprincipio mi sembrava anche promettente. Ci ho lavorato un po’, ho letto, pianificato, iniziato ad abbozzare – e mi sono accorta che, più ci lavoravo, meno mi convinceva. Oh well, mi sono detta, che sarà mai? C’è tutto il tempo… Il che era ancora del tutto vero alla fine di maggio, e non mi sono preoccupata nemmeno un po’.

Solo che dopo maggio è venuto giugno, e dopo giugno è iniziato luglio,  ed è diventato spaventosamente chiaro che non era uno dei casi consueti di procrastinazione tattica: non solo seguitavo a non scrivere – ma, ogni volta che provavo a mettermici sul serio (e succedeva spesso), era come se mi si aprisse un airbag tra le meningi, occupando a vuoto tutto lo spazio generalmente riservato all’elucubrazione di storie.

Frustrante e terrificante in parti uguali.

WritingE intanto i giorni passavano… finché la settimana scorsa, su consiglio di gente più saggia e più produttiva di me (namely Davide Mana, over at Karavansara), ho preso una giornata intera da dedicare al problema. Poi interissima non è stata – ma una certo numero di ore di solitudine, concentrazione, tazze di tè, freewriting e strologamenti per iscritto hanno portato a un’idea tanto bellina quanto praticabile. O meglio: a sviluppi tanto bellini quanto praticabili di un’idea che fino a quel momento era rimasta a poltrire pigramente.

Dopodiché, per qualche insondabile motivo, mi sono sentita a posto con la coscienza, e sono rimasta a contemplare la mia idea bellina&praticabile come se fosse un problema risolto… Finché venerdì mi sono svegliata di botto e ho cominciato a scrivere a singulti e strattoni, tra una visita dal veterinario e un servizio di maschera a Palazzo d’Arco, tra l’arrivo di un’opsite e il falegname da seguire…

E sì, dieci minuti fa ho concluso la prima stesura. È leggermente troppo lunga, e ho una lista di modifiche e necessità varie lunga una pagina, e c’è ancora parecchio da fare prima di venerdì – ma insomma, la prima stesura è presente all’appello, ed è già qualcosa.

Adesso sarà bene che torni al lavoro, però. Vi farò sapere.

Apr 6, 2018 - scribblemania, scrittura    Commenti disabilitati su Pesca al Salmone Annotato

Pesca al Salmone Annotato

taccuinocAbbiamo parlato parecchio di taccuini, in passato più o meno recente – a vari propositi e, da parte mia, sempre con sconfinato entusiasmo.

Ebbene, rieccomi qui a illustrarvi un’altra dote del taccuino. Dovete sapere che sono a caccia. Ho scoperto di avere, verso la fine del mese, una scadenza che mi piacerebbe rispettare. Concorso, 2500 parole, argomento storico. Non è che il racconto sia precisamente il mio genere prediletto – ma un’altra cosa di cui abbiamo parlato è quanto sia interessante e istruttivo scrivere entro un limite, e poi ci sono idee che si raccontano meglio in piccolo, e tutto quanto… e soprattutto c’è questo concorso a cui vorrei davvero, davvero, ma davvero partecipare.

Quindi: dove sono tutte quelle idee che risalgono il fiume come salmoni quando sono impegnata a scrivere qualcosa d’altro? Quelle idee che bisogna accantonare a sberle per evitare di essere distratti? Adesso che servirebbero, dove diamine si sono cacciati, gli stupidi salmoni?

TaccuinidMa è ovvio: si sono cacciati – o piuttosto, io li ho cacciati nei taccuini. Perché si annota tutto, ricordate? Se vale la pena di essere ricordato, vale la pena di essere annotato. Proprio per momenti come questi. Così qualche sera fa mi sono seduta davanti al fuoco con una bracciata di vecchi taccuini e il taccuino nuovo, e ho cominciato a pescare e annotare…

E cosa credete che sia successo? Adesso ho una lista di salmoni che copre due pagine e mezzo – e questo limitandomi a tenere le idee che mi sembrano adatte alla bisogna… Certo, nel frattempo ho ritrovato (e perso un sacco di tempo a rileggere) ogni genere di altri appunti e idee, e in un certo senso sono di nuovo seduta sul fondo del fiume, come un Operatore BBC di Buridano, occupata a sgomitare tra i salmoni in cerca di quello giusto da sviluppare e scrivere entro la scadenza, e prima o poi – meglio prima che poi – dovrò scuotermi fuori da questa rimpatriata ittico-narrativa e mettermi al lavoro… but still.

SalmonsdQuante di queste idee sarebbero andate perdute se non le avessi annotate quando l’ho fatto? Se non mi fossi abituata a prendere appunti in ogni possibile situazione – compresa la Terra di Nessuno tra veglia e sonno? Se non avessi tutti i miei vecchi taccuini da sfogliare in caso di necessità?

E quindi ammetto di non avere ancora deciso troppo bene che cosa fare di preciso tra qui e la scadenza – ma il problema non è certo la mancanza di idee, giusto?

Una volta di più: per il Taccuino, hip-hip…

Apr 12, 2017 - scribblemania    4 Comments

Liste

Mail di A.M.:

Cos’è questa faccenda delle liste che ogni tanto tiri fuori? Serve davvero tenere delle liste? E liste di cosa? Io ho una lista di nomi ma non li uso mai, perché quando inizio una storia la prima cosa che so è come si chiamano i miei personaggi (che poi comunque hanno dei nomi molto normali, non sono mica Barbara Cartland che chiamava le sue eroine Shona o Drena*). Ma tornando alle liste: come le fai e a cosa dovrebbero servire?

listieAh, le liste! Mi piacciono tanto le liste, ne ho in ogni dove e di ogni genere. Qualcuna la uso, altre presumibilmente non le userò mai in vita mia, ma mi piacciono tanto lo stesso. Come le faccio? Inizio scegliendo un argomento ed elencando tutto quello che mi viene in mente in proposito, e poi aggiungo mano a mano che trovo pezzi nuovi per la collezione. A cosa servono? A parte il fatto che non sai mai quando ti serviranno un nome bulgaro, un aggettivo che rimi con abside e un’imprecazione medievale, ho constatato che scrivere elenchi stimola le associazioni di idee, produce bizzarri accostamenti, avvia storie potenziali, conduce in luoghi inaspettati, lega ricordi, sviluppa il gusto per le parole, i suoni, le immagini, le sinestesie… Poi a me piace anche solo rileggerle quando ne ritrovo una da qualche parte – ma questo è soggettivo.

Ora, mi piacerebbe molto dire che le mie liste sono sensate, metodiche, ordinate e facilmente consultabili, organizzate alfabeticamente e suddivise per genere… Mi piacerebbe davvero, ma il fatto è che le mie liste sono sparse tra quaderni, scatole, files in due diversi computer, annotazioni sul kindle, fogli volanti, segnalibri, notes, borsette – e credo di avere reso l’idea.

Nondimeno (a dimostrazione ulteriore del fatto che la gente tende a predicare meglio di quanto razzoli), ecco qualche suggerimento pratico in fatto di liste.

Quali liste tenere?List2

Well, dipende dal gusto personale e dal genere in cui si scrive – ma qui c’è qualche idea:

– Liste di nomi: titoli di coda dei film, necrologi, annuari scolastici, registri parrocchiali, organici delle orchestre, elenchi del telefono e cartelle antispam sono altrettante miniere. Vi ricordate quei giochini di cartone che, bagnandoli, si gonfiavano e diventavano tridimensionali? Per me alle volte funziona così: da un nome un personaggio, dal personaggio la storia…

– Liste di posti: i nomi geografici tendono ad essere belli ed evocativi, a suggerire colori, consistenze, odori… Anche i nomi di posti in cui non si è mai stati. Di Bruxelles non ho mai visto altro che l’aeroporto, ma non posso fare a meno d’immaginarla come una città grigia, ed è per via di una certa qualità fuligginosa del nome.

– Liste di parole: divise per funzione, per genere, per lingua, per ambito, per periodo storico oppure anche solo per suono, per associazioni, per connotazione. Non c’è davvero limite, ma una prima lista che consiglierei di tenere a chi non l’ha mai fatto prima è quella delle parole preferite. Tutti abbiamo delle parole preferite, per un motivo o per l’altro, per significato o per suono: tra le altre cose, un principio di elenco di questo genere tende ad essere significativo.

– Liste di libri: titoli, libri letti, libri che si vogliono leggere, libri amati, libri detestati, libri utili, libri che descrivono un luogo, un’epoca, un’atmosfera, un personaggio, libri scoperti per caso, libri fondamentali, libri iniziati per forza e finiti per incanto, libri deludenti, libri che avremmo scritto diversamente; generi e sottogeneri, personaggi, temi, trame, poetiche distorsioni della realtà, errori clamorosi, finali, promesse non mantenute, sorprese, idee…

– Liste di colori, di sfumature, di accostamenti, di strumenti musicali, di venti, di miti, di stoffe, di sinonimi, di sogni, di momenti particolari, di gesti, di date, di fiori, di scoperte scientifiche, di trattati, di musei, di strade, di imperi, di essenze, di luoghi immaginari…

Credete: una volta che avrete iniziato – sempre che sia davvero la vostra tazza di tè – il difficile è fermarsi.

listmakingCome organizzare le liste?

– Come dicevo sopra, io non organizzo. Sperimento, annoto, butto giù dove capita e dimentico qua e là. E’ pittoresco e dà adito all’occasionale sorpresa, ma non è spaventosamente comodo. Il consiglio che posso dare in proposito non è originalissimo: meglio tenere sempre un notes a portata di mano.

– Conosco gente che usa sistematicamente uno o più quaderni, oppure rubriche, schede o persino registri. Una cosa che mi è parsa sensata sono i raccoglitori ad anelli, che consentono di aggiungere più o meno indefinitamente. Il sistema più bello che abbia mai visto contemplava un raccoglitore ad anelli organizzato con quei divisori di cartoncino, ciacuno provvisto di tag sporgente e lista di liste sul dorso. Magnifico. Ho invidiato molto e cercato d’imitare – senza il minimo successo, naturalmente. Siccome non si può avere sempre al seguito il proprio Libro delle Liste, questa gente metodica e ordinata è anche provvista di notes e foglietti volanti, il cui contenuto poi trasferisce là dove va messo.

– I files elettronici hanno un sacco di vantaggi, primo tra tutti quello di poter ordinare alfabeticamente il contenuto delle liste. La consultazione e l’aggiornamento diventano molto più facili ed è possibile tenere tutto a portata di mouse in un’unica cartella. Anche qui ci vuole un certo grado di dedizione per riportare sistematicamente annotazioni e appunti volanti.

Che farne di preciso?List1

La prossima volta che avete un attacco di Blocco, quando vorrete un’idea per una storia o un personaggio, quando vi sarete scritti in un angolo, quando non saprete come iniziare, potrete tirar fuori le vostre liste e scorrerle in cerca di illuminazione. L’illuminazione tenderà ad arrivare, perché le liste sono mappe, reti, percorsi che la vostra mente ha messo da parte per più tardi, scegliendone gli elementi con molta meno serendipità di quanto possa sembrare.

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* Nota della Clarina: se è vero che Barbara Cartland ha scritto quasi settecento romanzi, immagino che a un certo punto abbia esaurito i nomi normali…

 

Giu 8, 2016 - teorie, Vitarelle e Rotelle    Commenti disabilitati su Solo Soletto e Luccicante

Solo Soletto e Luccicante

ShinyBlueChe poi, a dire il vero, quel che mi attira molto più delle conversazioni altrui al caffè, e anche dei mezzaloghi al telefono, è la Battuta di Dialogo Isolata. Quelle cose che si sentono passando sotto una finestra aperta, o attraversando in fretta uno scompartimento ferroviario, o quando qualcuno alza momentaneamente la voce sulla scala mobile che va nell’altro senso.

Una singola battuta, un richiamo, una domanda, un insulto, metà di una considerazione… E le domande partono, come uno sciame di scintille: chi è questa persona? Che cosa ha in mente? Perché ha detto così? A chi lo stava dicendo? Perché l’ha detto in quel modo? A che cosa stava reagendo? Che reazione ha provocato? Che cosa è successo prima? Che cosa è successo dopo? Che accento, che colore, che cadenza, che sottotesto, che implicazioni aveva la battuta? E se la estrapolassi dal contesto evidente e la spostassi in un altro tempo e luogo? Se non fosse una ragazzina in jeans a dirla, ma qualcun altro, altrove, altrimenti, in altro tempo? E via dicendo e – se non sto attenta – mi ritrovo con una storia tra le mani.

Oppure  la conversazione incidentale. shiny-objects

Succede nei film, qualche volta – e più spesso nella scrittura televisiva. Per dare l’impressione di un posto affollato o vissuto, due comparse di passaggio scambiano una battuta che non ha rilevanza per la trama. Oddìo, potrebbe anche averla, in teoria, ma è rischioso perché è difficile farlo in maniera sottile… Ad ogni modo, non importa. Per lo più la conversazione accidentale serve a caratterizzare l’ambiente. Alle corse dei cavalli si parlerà di scommesse, su un camminamento di ronda ci si scambiano parole d’ordine, in un bar si ordina un caffè, e cose così.  Non dovrebbe essere nulla su cui stropicciare i neuroni – e però non me lo so impedire. Sento una di queste frasi da buttar via, e comincio: chi è questa persona? Che cosa ha in mente? Perché ha detto così…?

Per dire, ho in mente questa scena – e non ho idea di che cosa fosse parte: la porta di un ascensore si apre, e ne escono due donne sulla trentina, una bionda e una bruna. “Io credo che dovremmo andare,” dice la bruna, mentre passa oltre con la sua amica muta, e i protagonisti (chiunque essi siano) salgono sull’ascensore, diretti a fare qualcosa di terribilmente rilevante. Magari a salvare il mondo, o a vincere una causa milionaria, o a uccidere – ma proprio non me ne ricordo. Quel che mi ricordo sono le due donne e quel frammento di conversazione: “Io credo che dovremmo andare.”

Shiny-Object-Ball-iStockPhoto-PPT-QualityDove dovrebbero andare? Un’udienza in tribunale? Un viaggio di lavoro? Un altro studio legale? Un cocktail party? Una conferenza internazionale? Un matrimonio? Una visita in ospedale? Perché la bionda non è d’accordo? O è soltanto incerta? Perché si stanno consultando? Che cosa dipende dal fatto che vadano o non vadano? Si tratta di andare entrambe o non andare affatto? In che rapporto sono queste due? Amiche? Parenti? Colleghe? Capo e sottoposta? Nemiche giurate? Rivali professionali? E quel pronome iniziale, “Io credo…” è un eccesso di zelo del traduttore o è davvero rilevante? Significa “Io, diversamente da te, credo che dovremmo andare” a vedere un’altra volta la scena del delitto, o è semplicemente “Credo che dovremmo andare…” se non vuoi perdere il discorso di saluto?

Ecco, visto? E non ho nemmeno cominciato con gli spostamenti di luogo e di tempo.

È la natura della Battuta Isolata. Se ne sta lì, sola soletta, e luccica in mezzo alla nebbia… Non ricamarci attorno una storia richiederebbe un tipo di forza d’animo che io, in tutta sincerità, proprio non possiedo.

 

 

Feb 17, 2016 - angurie, scribblemania    Commenti disabilitati su Scatole Cinesi

Scatole Cinesi

Sì, è MacBeth. E Sì, c'è una ragione. E no, non so perché abbia un elmo alato.

Sì, è MacBeth. E Sì, c’è una ragione. E no, non so perché abbia un elmo alato.

Mentre scrivevo questo post, a un certo punto,  è successo che mi è germogliata un’idea. Capita abbastanza spesso – e di solito citicchio* Shakespeare a chiunque mi capiti a tiro – o, in mancanza di pubblico, al soffitto: è una storia quella che vedo davanti a me? Amici e famiglia hanno imparato a non fare domande, a cambiare rapidamente discorso e a fingere di nulla mentre mi impadronisco del taccuino e della penna più vicini e butto giù gli appunti del caso.

Qualche volta ne esce davvero una storia, qualche volta no, qualche volta succede ad anni di distanza, quando ritrovo l’appunto – e ad ogni modo va bene.

Questa volta, però, è successo qualcosa di leggermente diverso, perché la storia in fondo veniva da un’impressione vecchia di trentacinque anni. Il ricordo di un’impressione, se vogliamo, che era già una storia in embrione – solo che allora non lo sapevo. E quindi…Ideasinside

È una storia quella che la piccola (e leggermente gloomy) Clarina sta porgendo a sé stessa adulta attraverso i decenni? Oh dear… vedete? Questa è già un’altra storia – dentro una storia. O forse attorno a una storia. Ne scriverò una? Le scriverò entrambe? Le combinerò tra loro per farne un’ulteriore storia? Perché, a ben pensarci… è una terza storia che vedo davanti a me?

Credo di avere un nonnulla di vertigini.

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* Right, è una parafrasi, ma ammettetelo: “citicchiare” ha un suo je-ne-sais-quoi.

Mar 18, 2013 - Vitarelle e Rotelle    6 Comments

Idee

N. ha dodici anni e vuole fare la scrittrice. Legge tanto, ha buoni voti nei temi, tiene un diario, inizia racconti e non sempre li finisce… Scommetto che siamo in molti a riconoscere il territorio.

Però il mio problema sono le idee. Io voglio scrivere, solo che non so che cosa scrivere. A volte mi vengono in mente delle cose, però sono già state scritte, oppure appena mi metto a pensarci vedo che non sono davvero storie.* Dove si trovano le idee? Come si fa a farsele venire?

Ah, N.! Le idee…

Adesso magari non mi credi, ma se perseveri lungo questa strada verrà il giorno in cui avrai più idee che tempo per scriverle. Molte più idee che tempo. Chissà se hai mai visto quel vecchio documentario della BBC sul mestiere del documentarista. A un certo punto racconta la storia di una troupe che voleva riprendere i salmoni occupati a risalire non so più quale fiume. Decisero di piazzare un operatore con cinepresa sul fondo – e un altro a riprendere gli sforzi del primo. Ed è così che abbiamo le immagini di un cameraman inglese degli Anni Cinquanta seduto sul fondo di un fiume e travolto dai salmoni. Gli arrivavano addosso fittissimi e senza posa, tanto che il poveretto non riusciva a manovrare la macchina da presa, e poteva solo cercare di difendersi schiaffeggiando salmoni… 

Ecco, lo ripeto: magari adesso non ci credi, ma verrà un giorno in cui ti sentirai seduta sul fondo di un fiume a schiaffeggiare idee per impedire che ti facciano deviare troppo da quel che stai facendo.

Come succederà? Quando succederà? Succederà quando comincerai a vedere idee dappertutto. Quando, in ogni circostanza (anche le meno adatte) ti chiederai “come potrei scrivere questo?” Quando non riuscirai più a leggere un libro o guardare un film senza che almeno un pezzo del giocattolo ti faccia spalancare gli occhi e pensare che ehi! ci vuoi giocare anche tu. Quando guarderai gli estranei seduti di fronte a te in treno chiedendoti dove stiano andando. Quando invece di studiare storia ti perderai a strologare storie su Anna Comnena, i tercios spagnoli e Michael Faraday. Quando le figure minori negli angoli dei quadri, le sottotrame dei romanzi ottocenteschi, i servizi al telegiornale, le leggende locali le vecchie copertine sulle bancarelle e la musica intrasentita in una strada sconosciuta non la pianteranno di sussurrare. Quando ti sveglierai nel cuore della notte per annotare un sogno. Quando, navigando in cerca di documentazione, ti smarrirai per la rete inseguendo qualcosa di completamente diverso e così narrabile. Quando ogni lapsus, ogni frase udita male, ogni assurdità, ogni paio di parole accostato per caso prenderà la forma di una storia. Quando ti commissioneranno un lavoro e tu dirai che non è il tuo genere, e poi non avrai pace finché non l’avrai scritto…

E allora riempirai taccuini e hard disk di idee di cui al momento non sai che fare – oppure lo sapresti benissimo, ma davvero non hai tempo. E tirerai un sacco di accidenti, e pregherai per avere giornate di trentasei ore, ma non vorrai mai che sia diverso.

È tutto qui, N. Leggi, studia la teoria, impara quali sono i pezzi con cui si costruisicono le storie e come li si combina, e guardati attorno. Abituati a vederli dappertutto, i pezzi – e senza nemmeno accorgertene, ti troverai seduta sul fondo del fiume, felicemente intenta a schiaffeggiare salmoni… er, volevo dire idee.

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* Non è bello quando una dodicenne vi scrive che ha imparato dal vostro blog che ci sono storie e poi ci sono cose che non sono storie?

Feb 19, 2011 - scrittura    Commenti disabilitati su What If…

What If…

Non ricordo se vi ho già parlato di IdeasForWriters, il sito di Dave Haslett. Uno dei motivi per cui mi piace, sono i What Ifs che arrivano periodicamente per posta elettronica se ci si iscrive alla newsletter. Internet è piena di posti in cui si trovano writing prompts: provate a inserire le due parolette in un motore di ricerca, e vi ritroverete inondati.

Quelli di Dave si distinguono dalla media, perché non si limitano a suggerire qualche fumosa idea di partenza, ma forniscono un conflitto vero e proprio, completo di aspetto singolare – e al tempo stesso lasciano tutte le porte aperte. Ve ne traduco alcuni, e vedrete che cosa intendo.

Che succederebbe se…

1. …non riuscissi a farti licenziare, per quanto ci provassi?
2. …fossi disposto a tutto pur di vendere?
3. …fossi compiaciuto di avere perso?
4. …il funerale fosse stato cancellato?
5. …non riuscissi a distinguere un suono dall’altro?

Voglio dire: un licenziamento è un conflitto, ma voler essere licenziati e non riuscirci a nessun costo è un conflitto fuori dalla norma. E perché ci si vorrebbe far licenziare? E, ancora più interessante, perché non ci si dovrebbe riuscire? Avere perso implica una situazione di conflitto, ma esserne compiaciuti cambia un bel po’ le cose… si è perso apposta (dopo essersi impegnati per perdere) o si è scoperto che, dopo tutto, è meglio così?

E via dicendo. Non sono solo vaghi suggerimenti: sono storie in nuce – proprio quello che i prompts dovrebbero fare.