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Lug 9, 2012 - libri, libri e libri    5 Comments

Storie Di Mare

storie di mare, musei della navigazione, tall ships races, patrick o'brian, c. s. forester, william golding, joseph conradPer lunghi anni ho organizzato le vacanze del mio gruppetto*. Si trattava sempre di quattro o cinque giorni in una città europea, e io cercavo voli, prenotavo alberghi, mi documentavo e strologavo il programma.

In cambio, avevo il tacito permesso di infilare infallibilmente tra i luoghi da visitarsi un museo della navigazione. I miei travelmates levavano un pochino gli occhi al cielo, ma nel complesso non obiettavano troppo a lasciarsi trascinare per un pomeriggio o una mattinata tra carte nautiche, modelli di cocche medievali e diagrammi di alberature. Incidentalmente, vi posso consigliare con calore una visita ai meravigliosi Drassanes Reials di Barcellona e un’occhiatina a una tappa qualsiasi delle Tall Ships Races** – ma non divaghiamo. 

Dovete sapere che anche ad Amsterdam dirottai le mie truppe allo Nederlands Scheepvaartmuseum, museo della navigazione allestito nel vecchio arsenale, con la riproduzione di un galeone settecentesco nella darsena. Un galeone della Compagnia delle Indie Orientali. In scala poco meno che 1:1. Non so se rendo l’idea. E così andammo, visitammo debitamente sale su sale di atlanti, dipinti, mappe, sestanti e tutto quanto, poi scendemmo alla darsena e salimmo a bordo dell’Amsterdam. Ci arrampicammo sul ponte popolato di figuranti in costume attraverso una passerella singolarmente poco solida. E anche il ponte, a dover essere sinceri, non dava una sensazione di straordinaria saldezza. Mi si disse che avevo un colorito verdognolo. Ero certa di stare bene? Risposi “sciocchezze” e feci strada con tutto l’entusiasmo di cui ero capace. Ci infilammo nel castello di poppa e negli alloggi del capitano e io feci per rivolgermi al travelmate più prossimo per chiedere “Volete suonare con me, Jack, vecchio mio?”*** Invece chiusi la bocca, infilai il boccaporto più vicino, tornai sul ponte, sbarcai e fuggii nel primo bagno disponibile – lieta di essere riuscita a non vomitare nella darsena… 

Capirete che, dopo essere stata male su un veliero ormeggiato in una darsena, il mio standing marinaro era franato un pochino a valle…

Perché la triste verità è che basta un materassino per mettermi fuori combattimento, e non potrò mai navigare altro che per sale di musei o sulla carta. Triste, vero?

La consolazione è che la navigazione sulla carta consente delle soddisfazioni, grazie a una solida tradizione narrativa di avventure di mare – soprattutto in ambito anglosassone.****E difatti, abbiate pazienza, per oggi ci occuperemo di autori inglesi.

È possibile che l’autore nautico più conosciuto dalle nostre parti sia Patrick O’Brian, con le storie di Jack Aubrey e Stephen Maturin. Probabilmente avete visto il film (che a mio timido avviso è un gran bel film), ma sappiate che alla base ci sono ventuno romanzoni ambientati tra il 1800 e il 1815, pittoreschi e avventurosi, con una voce narrante e dialoghi alquanto period, una vasta quantità di termini nautici e due protagonisti ben scritti. Jack Aubrey è un ufficiale che fa carriera nella Royal Navy, da capitano di prima nomina a reatroammiraglio, e Maturin è il suo grande amico irlandese, chirurgo di bordo, naturalista e agente segreto. Battaglie, tempeste, agguati, amori, traversate oceaniche, spionaggio, inseguimenti nella nebbia, imboscate, tradimenti, ogni possibile angolo dell’orbe terraqueo – e un affascinante senso del carattere individuale delle navi a vela e del multiforme talento necessario a capirne e condurne una. Qui trovate tutto quanto di tradotto, e qui in originale. 

Qualcosa di precedente (e in tutta probabilità un’ispirazione per O’Brian) è la non del tutto dissimile vicenda di Horatio Hornblower. Dodici romanzi, una carriera da guardiamarina a retroammiraglio e un protagonista del tutto diverso. Quanto Jack Aubrey è gioviale, socievole, rumoroso e sicuro di sé, tanto Hornblower è depressivo, complicato, rimuginatore e solitario. Per tutta la sua folgorante carriera non fa altro che dubitare delle sue (notevoli) capacità e considerarsi un codardo sleale e disonesto. Tutti adorano Hornblower tranne Hornblower. Se siete incuriositi da questa bizzarria ornitologica – l’eroe onnicompetente***** che si considera un disastro – cercate qui, in Italiano e in originale.

E poi c’è La Trilogia del Mare di William Golding, forse meno avventurosa e di certo meno conosciuta – e letterariamente superiore. Siamo di nuovo ai primi dell’Ottocento, ma la marina napoleonica se ne resta ben lontana dalla rotta del Britannia, un vecchio vascello da guerra diretto in Australia con un carico di passeggeri destinati alla colonia. Il narratore è il giovane Edmund Talbot, diretto a un promettente incarico di civil servant, e incaricato dall’aristocratico parente che lo ha raccomandato di tenere un diario della traversata. La forma dunque è diaristica, la narrazione in prima persona e la voce period – e però non lasciatevi ingannare dal carattere quasi austenesco della prima cinquantina di pagine del primo volume Riti di Passaggio: Golding è Golding, e il Britannia è il malandato guscio di un microcosmo sociale alla deriva. Non in senso letterale, si capisce, ma questa Inghilterra in miniatura che galleggia sulla via degli Antipodi ha le sue classi sociali e le sue ingiustizie, e un carico di ferocia che l’isolamento finirà col rendere esplosivo – mentre Edmund matura. Può non significare molto, ma a suo tempo ho letto i tre volumi in tre giorni e tre notti successive. Sia che vogliate ripetere l’esperimento, sia che vogliate tenere ritmi più sani, qui trovate la traduzione e qui una varietà di edizioni in originale.

E per finire Conrad. Lo sapevate che ci saremmo arrivati, ma per una volta (gasp!) non parliamo di Lord Jim. Parliamo invece di tre romanzi decisamente marittimi: la società in miniatura in circostanze eccezionali de Il Negro del Narcissus, l’eccitante battaglia tra l’uomo e la natura di Tifone e il coming-of-age tra l’autobiografico e il simbolico de La Linea d’Ombra. E a dire il vero, anche solo leggendo questo piccolo elenco tematico, viene da pensare che Golding abbia avuto in mente questi tre titoli conradiani nell’ideare la sua trilogia. Dopodiché, trattandosi di Conrad, si sa che cosa aspettarsi in fatto di scavo psicologico, complessità generale e mare ostile, magnifico e terrificante. Trovate le traduzioni rispettivamente qui, qui e qui. Gli originali invece li trovate nella pagina conradiana del Project Gutenberg.

Ecco qui. Non è che non ci sia altro – anzi. Ma qui c’è di che cominciare. Di che farsi, come dicono nei romanzi qui sopra, one’s sea legs.

Felice navigazione.

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* Il tono leggermente nostalgico di questo incipit deriva dal fatto che erano bei tempi, e che da tre anni non faccio un giorno di vacanza…

** Elenco delle tappe 2012, casomai vi trovaste nei paraggi:

Race One starts in Saint Malo (France) (Thursday 5 July to Sunday 8 July) to Lisbon (Portugal) (Saturday 19 July to Sun 22 July).

Race Two is from Lisbon to Cadiz (Spain) (Thursday 26 July to Sunday 29 July).

Cruise in company to La Coruña (Spain) (Friday 10 August to Monday 13 August).

Race Three from A Coruña to Dublin (Ireland) (Thursday 23 August to Sunday 26

The multi-national fleet will race from Dublin across the Irish Sea and dock in Liverpool from Thursday August 30 for a four-day event running until Sunday September 2.

*** Sì, lo so: nave sbagliata, flotta sbagliata, gente sbagliata, lato della Manica sbagliato, secolo sbagliato… non sottilizzate. Oltretutto, sono stata punita.

**** Sorpresa!!!

***** È il migliore del suo corso, ha una buona educazione classica, è un poliglotta astuto, pieno di talento militare e navale, un leader nato, un ottimo matematico e vince sempre a whist perché ricorda tutte le carte. Però è stonato come una campana e privo di qualsiasi grazia sociale.

Dic 4, 2011 - gente che scrive, musica    Commenti disabilitati su Buon Compleanno, JC

Buon Compleanno, JC

Lord Jim Suite.jpgIeri, 3 dicembre, sarebbe stato il 154° compleanno di Joseph Conrad, il mio idolo e modello letterario*. Cercavo qualcosa di musicale per celebrare il genetliaco – e ho trovato una sopresa.

Tra tutte le cose che potevo aspettarmi a proposito di Lord Jim, una suite di musica jazz ispirata al romanzo doveva essere più o meno l’ultima. E invece c’è chi l’ha fatto. Il chitarrista, compositore e arrangiatore catalano Publio Delgado, alumnus del Berklee College of Music di Boston, ha scritto proprio questo: sette brani jazz per un organico di una dozzina di elementi, ispirati ad altrettanti personaggi e momenti del romanzo di Conrad.

Devo confessare che, benché l’idea m’incanti e i brani mi piacciano molto, fatico un po’ ad accostare Lord Jim a questa musica – ma è colpa mia e dei molti anni di rimuginamenti sul personaggio e sul romanzo. Se dovessi scegliere adesso della musica per LJ, magari delle musiche di scena per una riduzione teatrale, sarei in seria difficoltà, lo confesso. Forse la X di Mahler, o la Sinfonia Anctartica di Vaughn Williams, o forse no… Ci penserò su. Qualcuno ha idee in proposito?

Intanto, però, qui c’è Marlow, la bellissima introduzione alla suite di Delgado: 

E poi Lord Jim – Uno de los nuestros:

Incidentalmente, uno di noi – one of us – è la prima impressione che Marlow ha di Jim, ed è quello che in un primo momento lo indispone nei suoi confronti. Gli altri ufficiali del Patna sono chiaramente gentaglia, ma Jim è un Inglese e un gentiluomo – uno di noi, appunto – e proprio per questo il suo atto di codardia è tanto più inaccettabile… Il modo in cui Marlow cambierà idea (o meglio, arriverà a vedere la faccenda in modo diverso) è una delle tante meraviglie di questo libro.

Altri tre brani della suite (El Patna, Culpa, e le due parti di Un Dios Blanco) si trovano qui.

Buona domenica!

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* Funnily enough, quattro tra i miei scrittori preferitissimi son gente di dicembre. Ne sentirete riparlare

Ago 19, 2011 - blog life, Digitalia, kindle, pennivendolerie, Somnium Hannibalis    Commenti disabilitati su Google E Le Sue Gioie

Google E Le Sue Gioie

Non ho l’abitudine di cercarmi su Google.

E’ stata una combinazione di caso e di curiosità improvvisa se, quando ho aperto Google per vedere il doodle* di mercoledì, ho digitato il mio nome nella searchbox.

E guarda un po’ se non vado a inciampare in una recensione del Somnium che mi era sfuggita del tutto.

Giuseppe Panella si diffonde in proposito sul blog letterario Retroguardia 2.0 (la recensione è qui), con entusiasmo più che lusinghiero. Quando poi, a titolo di conclusione, paragona SH a Lord Jim – e me a Conrad – non vi fate l’idea di dove sia schizzata la mia pressione. Che poi sia ben chiaro: mi rendo conto benissimo che si tratta di un paragone impegnativissimo ed eccessivissimo, ma Conrad – come sapete fin troppo bene – è uno dei miei idoli e modelli, e LJ è IL libro della mia vita, per cui il solo fatto che a qualcuno sia venuto in mente un paragone del genere mi rende impossibilmente, incontenibilmente, divinamente felice. 

Essì; tre avverbi – Mark Twain sta già imbracciando la doppietta.

Poi, siccome non bastava, ho trovato questa intervista in cui la blogger Marta Manfioletti, di E-Letteratura, conta SEdS tra i cinque blog che non possono mancare nel suo blogroll. I drop a curtsey, e già che ci siamo: leggetelo, E-Letteratura, perché è una miniera di informazioni, acute riflessioni, approfondimenti e notizie sull’editoria digitale – nonché il diario della storia d’amore tra Marta e il suo Kindle.

E poi un sacco di altre cose di varie dimensioni e di non poca soddisfazione. Di qualcuna parleremo più avanti.

Insomma: non ho l’abitudine di cercarmi su Google – ma forse dovrei svilupparla.

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* E non so voi, ma io sono propensa a considerare i doodles come una delle gioie del titolo.

Gen 19, 2010 - libri, libri e libri    19 Comments

Perché Diamine “Lord Jim” è Il Libro Della Mia Vita

Dialoghetto ieri a Gonzaga:

Una Signora: “Le è piaciuto Il Tiranno di Manfredi? “

Io: “Non mi è dispiaciuto, ma non è il libro della mia vita.”

Un’altra signora: “E qual è il libro della sua vita?”

Sobbalzo sembre quando vengo presa alla lettera in queste circostanze, ma naturalmente ho risposto che il libro della mia vita è Lord Jim, di Conrad. Come al solito, pochi lo avevano letto, e di quei pochi nessuno lo apprezzava alla follia (tranne una signora di origine inglese). Sempre così. Lo raccontavo ieri sera per telefono ad A., e lei, che LJ non lo sopporta, è sbottata:

“Lo vedi che è malsano avere Lord Jim per libro della tua vita? Si può sapere perché, poi?”

Indignata, ho ribattuto per un’infinità di ottimi motivi, al che A. si è messa a ridere, e poi siamo passate a discutere se andare o no a vedere Avatar. Ora, non so se andremo a vedere Avatar, ma ho rimuginato sulla domanda. Ebbene, A., ecco perché:

1) Perché la prima volta che l’ho letto l’ho piantato a pagina dodici, convinta che non mi piacesse, ma ero già talmente catturata che ho dovuto riprenderlo in mano e leggerlo tutto.

2) Perché dopo vent’anni seguito a rileggerlo ancora e ancora, e ogni volta ci trovo qualche sfumatura nuova, qualche sottigliezza che mi era sfuggita, qualche meraviglia sepolta un po’ più a fondo.

3) Perché il suo protagonista è così ben scritto che per me non è meno reale di una persona in carne ed ossa. Io conosco Jim, so che voce ha, che tipo di sguardo, come si muove, in che modo ragiona. Quasi un membro della mia famiglia.

 4) Perché nei momenti difficili e di fronte alle decisioni epocali, quello è il libro che riprendo in mano, anche se (o forse proprio perché) è una storia dolorosa, di colpa e di fallimento, di paura e di occasioni mancate, e di redenzione che sembra raggiunta e poi sfugge di mano.

5) Perché a diciotto anni, leggendone una versione semplificata in lingua originale mi sono innamorata dell’Inglese con un entusiasmo che dura tutt’oggi, e ho scoperto che leggere un libro tradotto e leggerlo in originale sono due esperienze completamente diverse.

6) Per la scena in cui, dopo la vittoria sugli uomini di Ali, la gente del villaggio acclama tumultuosamente Jim, con i gong e i tamburi, sventolando bandierine bianche, rosse e gialle. La scena è narrata al lettore da un narratore che riferisce di come Marlow gli abbia raccontato la versione di Jim. E in cinque righe, attraverso questo cannocchiale rovesciato di punti di vista, mi si è impressa in mente con una vividezza indimenticabile.

7) Perché in mani diverse questa vicenda sarebbe stata solo un melodramma avventuroso, e invece Conrad ne fa una tragedia dell’incapacità di vivere all’altezza delle proprie aspettative: Jim non solo non è perfetto, ma soccombe alla sua imperfezione, travisa se stesso e gli altri, insegue o rifugge cose che non esistono, non impara mai a venire a patti con la realtà, e paga (e fa invoontariamente pagare a tanti altri) un prezzo altissimo, nel finale più desolato che si possa immaginare.

8) Perché a sedici anni, leggendo questa storia, ho capito per la prima volta che un autore deve essere spietato con i suoi personaggi, non deve risparmiare loro nulla, non deve proteggerli né da loro stessi, né da ciò che accade nelle storia, né dal giudizio del lettore.

9) Perché dalla complessità della sua struttura e della sua caratterizzazione ho avuto la prima impressione che scrivere non fosse questione di aspettare l’ispirazione, aprire il proprio cuore e vuotarne il contenuto sulla carta: tra letture, riletture, analisi, dissezioni e uno sciagurato tentativo di riduzione teatrale, Lord Jim è stato la mia prima scuola di scrittura.

10) Perché negli ultimi vent’anni la mia aspirazione è stata (e ancora è) non quella di scrivere un libro come questo, ma di scrivere un libro che ne abbia l’intensità, le ombre, la passione, la potenza e la bellezza. Wish me luck.

E voi? Che cosa ha fatto per voi il libro della vostra vita? Che cosa avete trovato tra le sue pagine?  

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