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Set 23, 2016 - gente che scrive, pennivendolerie    Commenti disabilitati su Le Grand Alexandre E Il Senso Degli Affari

Le Grand Alexandre E Il Senso Degli Affari

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Certo che Dumas, a cinquanta parole per riga e con i “negri” in ufficio, suona più un affarista che uno scrittore. Mi sa che forse non rileggerò più i moschettieri con lo stesso spirito.

Dumas4A dire il vero, non saprei. Da un lato, il senso degli affari dell’autore non mi sembra un buon criterio nella scelta delle letture, e poi, a voler vedere, forse Dumas apparteneva a quel genere di gente che questo “senso”, una specie di Conoscenza in Astratto, per dirla à la Conrad, a volte dà l’impressione di possederlo in occhiuta e creativa abbondanza – e poi all’atto pratico bisogna dire che non sia affatto così.

Per dire, ne I Quattro Moschettieri, di Nizza & Morbelli si scopre che Dumas aveva con Le Constitutionnel un contratto per 100.000 righe l’anno, a 1,50 Franchi la riga.

N&M proseguono citando il seguente meraviglioso dialogo fra Athos e il servo Grimaud:

– Ebbene?
– Nulla.
– Nulla?
– Nulla.
– Come?
– Nulla, vi dico.
– È impossibile.
– Ne sono certo.
– Ne sei proprio sicuro?
– Eh, diavolo!
– Ah, è troppo.
– È così.

Dodici righe x 1,50 fa un totale di 18 Franchi. Diviso per 24 parole, fa esattamente 0,75 Franchi a parola. Mica male. E pur un pochino estremo, questo è tutt’altro che un esempio isolato del metodo Dumas.
Per farci un idea delle proporzioni, sempre ne I Quattro Moschettieri, si riporta questo lancio pubblicitario apparso su Le Mousquetaire (periodico fondato e diretto da Dumas), per il romanzo (di Dumas) Les Bleus et les Blancs:chapeaux

Per l’abbonamento trimestrale al prezzo di 15 franchi offro alle mie gentili lettrici un cappellino da ballo, da teatro o da serata. Non si tratta già di cappellini fatti in serie, di vecchi saldi di magazzino, accciabattati da mani inabili. Sono graziosissime acconciature che ogni parigina può provare e ordinare dalla modista più in voga, Madame Céline Lambert, 17 Boulevard de la Madeleine. Le abbonate di provincia le scrivano franco di porto, inviandole un campione del loro abito e indicando il loro fiore favorito. Riceveranno senza spesa alcuna un cappellino che permetterà loro di brillare alle feste della sottoprefettura.

15 Franchi = abbonamento trimestrale (compresa spedizione) + cappellino omaggio.

Dal che si constatano un paio di cose. Primo, che l’aspirapolvere in regalo con i punti del latte non è un’invenzione particolarmente nuova; e poi il britannico buon senso nel pagare gli scrittori a parole, anziché a righe…E si considera anche che i contemporanei del Grand Alexandre lo ritenevano un mostro di spirito imprenditoriale ai limiti della sgradevolezza, e si facevano beffe dei suoi metodi (come la pratica di affidare al già citato Maquet ricerche storiche e prime stesure) soprannominandolo Dumas & C.ie – in non proprio benevolo riferimento alla natura, diciamo così, manifatturiera della sua produzione.

OLdDUmasE in effetti Dumas guadagnò moltissimo in vita sua, e sperperò ancora di più in teatri, produzioni faraoniche, amanti capricciose, cantine scavate nella sabbia, padiglioni neogotici in giardino, tentativi di carriera politica, velleità sociali, divorzi costosi, voli pindarici assortiti…

E alla fine morì povero in canna, dichiarandosi padrone di un luigi d’oro – la stessa somma con cui era arrivato a Parigi diciottenne. Un’esagerazione, si capisce, o non sarebbe stato Dumas, ma di sicuro non era poi lo squalo mercantile che i suoi detrattori dipingevano.

Era solo un creatore di mondi, sogni, gente e avventure, cui non pareva abbastanza vedere le sue creature e creazioni confinate in carta e inchiostro. Apparentemente non il tipo di calling che conduce alla prosperità. Se poi questo (ri)faccia di lui uno scrittore e un artista migliore, proprio non so dire – ma francamente ne dubito alquanto.

 

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Nov 1, 2009 - fenomenologia dello sbregaverze    Commenti disabilitati su Chi l’avrebbe mai detto?

Chi l’avrebbe mai detto?

Considerando l’appeal generale della saga dei Moschettieri, e il suo enorme influsso sulla cultura pop, immagino che non dovrei stupirmene… eppure sono sinceramente basita.

 

Siete basiti anche voi, eh?

Ott 22, 2009 - fenomenologia dello sbregaverze    Commenti disabilitati su Guilty as charged

Guilty as charged

Mi si fa notare che ho postato la foto del monumento ad Alan (in realtà sono le statue di Alan e David sullo Stevenson Monument a Corstorphine, Edimburgo), e non ho fatto nulla del genere per D’Artagnan.

Mi si fa notare che la mia spudorata predilezione per Alan non deve interferire con la completezza iconografica della Fenomenologia dello Sbregaverze.

Che posso fare? Arrossisco fino alle orecchie e corro ai ripari. Tanto più che si dà il caso che di statue, D’Artagnan ne abbia più d’una. Per la precisione, ne ha almeno tre:

Maastricht.jpgIl D’Artagnan storico a Maastricht (dove, molto prima di fare trattati, si fece un assedio sanguinoso…)

 

 

 

 

 

 

 

Auch.jpgUn D’Artagnan a scelta a Auch, in Guascogna

 

 

 

 

 

 

 

dartagnan-paris.jpgE il D’Artagnan del romanzo sul monumento a Dumas, a Parigi.

 

 

 

 

 

 

 

Ecco, queste sono le statue di D’Artagnan di cui sono a conoscenza. Qualcuno ne conosce altre? Per quanto ne so, sono tutte posteriori alla pubblicazione del romanzo, per cui è legittimo dubitare: qualcuno si sarebbe disturbato ad innalzare statue al moschettiere, se Dumas non lo avesse immortalato (e sbregaverzizzato) nelle sue opere?

Ott 20, 2009 - fenomenologia dello sbregaverze    Commenti disabilitati su D’Artagnan: Lo Sbregaverze Soldato

D’Artagnan: Lo Sbregaverze Soldato

Volete la prova inconfutabile che D’Artagnan è uno sbregaverze? Guardatelo diciottenne, in viaggio verso Parigi, nel primo capitolo de I Tre Moschettieri:

Arrivée.jpgDon Chisciotte pigliava i mulini a vento per giganti e i montoni per eserciti, D’Artagnan prese ogni sorriso per un insulto e ogni sguardo per una provocazione. E così fu ch’egli ebbe sempre il pugno chiuso da Tarbes a Meung e che dieci volte a giorno portò la mano al pomo della spada; tuttavia il pugno non si abbatté su nessuna mascella e la spada non uscì dal fodero. Non che la vista del malavventurato giallo ronzino non facesse spuntare più di un sorriso sul volto dei passanti; ma siccome sopra la rozza tintinnava una spada di misura rispettabile e al di sopra di questa spada fiammeggiava un occhio più feroce  che altero, i passanti reprimevano la loro ilarità o, se l’ilarità aveva il sopravvento sulla prudenza, si sforzavano almeno di ridere da una parte sola, come le maschere antiche. D’Artagnan rimase dunque maestoso e intatto nella propria suscettibilità fino a quella disgraziata città di Meung.*

Visto? C’è proprio tutto: il raffronto con Don Chisciotte, la facilità ad offendersi, la scarsa pecunia**… E anche l’inclinazione a mettersi nei guai: nel paragrafo successivo a quello citato, il nostro giovanotto è già occupato ad accapigliarsi (del tutto per caso) con il malvagio Rochefort; nel corso di una pagina o due è già nei pasticci su vasta scala… e non siamo ancora a metà del I Capitolo.

Quello che succederà dopo lo sappiamo tutti: l’arrivo a Parigi, il colloquio con il signor de Tréville, la triplice sfida a duello… Non è un caso che sia una combinazione di atti di scarsissimo buon senso a procurare a D’Artagnan i suoi tre grandi amici. I quali, a loro volta – ma di questo parliamo poi.

Per ora cominciamo dal fatto che quando Dumas père trovò i settecenteschi Memoirs de D’Artagnan***, il cuore dovette gli fece un triplo salto carpiato con avvitamento. Caspita, dovette dirsi, qui c’è una miniera! Un moschettiere guascone, un secolo pittoresco, una situazione politica tempestosa… che può chiedere di meglio un romanziere? Non molto, in effetti. E l’irrefrenabile Dumas si gettò a pie’ pari nella creazione di una delle più celebri avventure di tutta la letteratura, prendendosi le libertà che servivano per renderla più pittoresca e fiammeggiante che si potesse.

Per esempio, sapete, tutta la faccenda col Cardinale di Richelieu, la storia che tutti noi adoriamo? Be’…no. No davvero.

In realtà, di Charles de Batz de Castelmore, conte d’Artagnan, non abbiamo una data di nascita precisa. C’è che lo fa nascere fra il 1611 e il portrait%20B&W%20jpeg.jpg1615, chi fra il 1615 e il 1618… in ogni caso, arrivare a Parigi nel 1625 e arruolarsi immediatamente nei moschettieri gli sarebbe stato un nonnulla difficile. In realtà, arrivò in qualche punto tra il 1630 e il 1640, con la seconda data resa più probabile dal fatto che nel corpo dei Moschettieri ci entrò nel 1644, (quando Richelieu era già defunto) con l’appoggio e la protezione del Cardinale Mazarino. Ma come? Mazarino? Quel Mazarino? Quello di Vent’Anni Dopo? Solo un po’ meno malvagio e molto più spregevole di Richelieu? Ebbene sì: tutta la carriera del D’Artagnan storico si svolse all’ombra del Cardinale italiano, che gli procurò incarichi di prestigio e lo aiutò a comprare il grado di Capitano**** in cambio di una fedeltà a tutta prova. Delusi? Se lo siete, siete in buona compagnia: anche a Dumas dovette sembrare che questa clientela si addicesse poco a un eroe guascone, e così aggiustò date e fatti a suo gusto, per la gioia di generazioni di lettori.

Ammettiamolo: D’Artagnan ci piacerebbe un po’ meno se fosse ossequioso con uno o più cardinali. Perché un’altra caratteristica dello Sbregaverze è quella di essere sempre in maggiore o minore urto con l’Autorità. Quand’anche non sia un fuorilegge per qualche motivo, è però sempre molto ansioso di mostrare che lui non piega la schiena davanti a nessuno, lui. E se questo è uno stereotipo romantico, tanto peggio. O tanto meglio, per dire la verità, perché a chi non piace una buona dose di stereotipi romantici, non foss’altro che nelle domeniche piovose? E quindi ecco che D’Artagnan si batte a duello nonostante la legge lo proibisca, e infilza un consistente numero di guardie del Cardinale (a cominciare dal celebre duello interrotto al convento dei Carmelitani), e alla fin fine vanifica i perfidi piani di Richelieu, che sarà anche malvagio, ma è pur sempre l’uomo più potente di Francia!

Siamo in pieno territorio sbregaverzesco: l’importante è difendere l’onore della regina e non macchiare il proprio, non cercare favori… Potete star certi che, se avesse ragionato così, Charles de Batz de Castelmore, conte d’Artagnan, non sarebbe mai diventato Capitano dei Moschettieri, governatore di Lilla, Maresciallo di Francia in pectore… Forse allora non sarebbe morto all’assedio di Maastricht, ma allora nessuno si sarebbe preoccupato di scrivere le sue memorie fittizie, e Dumas non avrebbe avuto la base storica del suo personaggio più amato e più celebre. Che ci sia un paradosso, qui? Un paradossino, almeno? Ma non divaghiamo: il fatto è che D’Artagnan fu celebre ai suoi tempi. Una celebrità minore ed effimera, ma sufficiente a giustificare la scena del Cyrano de Bergerac in cui un ormai maturo D’Artagnan onora il giovane Cyrano apprezzando la sua chiassata a teatro. Però non è casuale che l’episodio abbia senso alla luce della cronologia immaginaria di Dumas, e non di quella effettiva: a Rostand interessa il D’Artagnan da romanzo, lo Sbregaverze. Che se ne farebbe l’altrettanto Sbregaverze Cyrano dei complimenti di un buon cortigiano? Gioco di specchi, legittimazione letteraria a doppio senso di marcia, cammeo delizioso, omaggio a un autore ammirato… vedete un po’ voi. In ogni caso, questa è la materia di cui son fatti i sogni di un romanziere storico.

dartagnanmusketeers.jpgE per finire, vogliamo omettere del tutto i Moschettieri eponimi? Mais non, parbleu! Anche perché sarebbe un peccato, visto che Athos, Porthos e Aramis sono un raro caso di tre sideckicks al prezzo di uno. Athos, l’eroe romantico e tormentato con funzioni di mentore; Porthos, il gigante ottuso e fedele, permaloso e leale, pronto a seguire il suo Sbregaverze nel fuoco; e Aramis, la voce della ragione (politica), ma anche la mente fina quando serve. E sono storici anche loro, sapete? Dal primo all’ultimo, seppure ampiamente ritoccati: Armand de Sillègues d’Athos, Isaac de Portau e Henri d’Aramitz, tutti moschettieri, prima o poi. Caspiterina, meriterebbero quasi un post della Fenomenologia tutto per loro… Staremo a vedere. E non dimentichiamoci il servitore Planchet, il placido, rassegnato Sancio della situazione, ma sveglio quanto basta. Considerando che ogni moschettiere ha il suo servitore accuratamente coordinato alla personalità del padrone, abbiamo una situazione di sideckics multipli alla seconda. ‘Cidenti, signora Durrels!

Dimentico qualcosa? Ah sì: l’amour. Costanza Bonacieux. Siamo franchi: chi se ne stropiccia di Costanza Bonacieux? Chi si dispiace mai davvero quando muore avvelenata? Risposta: nessuno, e Dumas meno di tutti. Scommetto che l’avvelenamento, oltre a costituire l’ennesima riprova della malvagità di Milady (lei sì che è tosta!) e a dare a D’Artagnan motivi di vendetta personale, è stato un gran sollievo, per l’autore. Costanzina è fuori dai piedi una volta per tutte, et voilà: tre piccioni con una fava! Il che ci porta a identificare ancora un altro elemento caratteristico dello Sbregaverze: l’oggetto del suo amore può essere una donna ideale inseguita (invano) per decenni, un irrilevante plot device, o proprio nessuno. In ogni caso, di rado lo Sbregaverze quaglia in modo significativo. Di certo, nessuno penserebbe che Costanza sia l’influenza fondamentale nella vita di D’Artagnan*****: uno per tutti, tutti per uno, giusto?

Chiudiamo con la fine (la Regina di Cuori sarebbe orgogliosa di me!). In questo, Dumas non si è discostato troppo dalla realtà: dopo una vita da soldato, D’Artagnan muore da soldato, ucciso da una cannonata****** all’assedio di Maastricht. Ma se il vero D’Artagnan morì con il rimpianto di non essere stato creato Maresciallo di Francia, Dumas si prende la libertà di concedere al suo eroe il riconoscimento del Re di Francia. D’Artagnan lo riceve, il prezioso bastone, che va in pezzi sotto la stessa palla di cannone che uccide il fresco Maresciallo: il premio è arrivato, ma è arrivato troppo tardi. Non sia mai che uno Sbregaverze muoia lieto ed appagato, godendo il giusto guiderdone dei suoi servigi: proprio non si fa, che diamine!

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* Edizione Oscar Mondadori del 1970; bella traduzione Anni Cinquanta di Antonio Beltramelli.

** Sì, lo Sbregaverze non naviga mai nell’oro. Il D’Artagnan storico, detto per inciso, non se la cavava poi troppo male, ma sono dettagli.

*** Pubblicati nel 1700 a Colonia da Gatien de Courtilz de Sandras. Dumas lo prese in prestito nella biblioteca di Marsiglia e gli piacque tanto che non lo rese più. Ahi, ahi! Alexandre! Non si fa…

**** Niente di strano, niente d’illegale per l’epoca: in molti eserciti, i gradi da ufficiale si compravano e vendevano ancora fino al XIX Secolo. E costavano anche un’ira, se si voleva un reggimento alla moda.

***** Il D’Artagnan storico divorziò nel 1665 dalla moglie che gli aveva dato due figli. Tutt’altro che inaudito, ma nemmeno del tutto comune per l’epoca.

****** Un colpo di moschetto alla gola, alla realtà. Non so se Dumas ignorasse il particolare o se una palla di moschetto gli sembrasse insufficiente per il suo Moschettiere. Inclino per la seconda ipotesi (anche perché bisognava pur distruggere anche il bastone…)

E per finire, il trailer dell’irresistibile versione cinematografica del 1948. Quanto a fedeltà al testo, dubito che sia peggio di tante altre, ma lo spirito è senz’altro quello giusto. Il technicolor, i duelli che sembrano balletti, il Richelieu di Vincent Pryce… Dumas l’avrebbe adorato!

 

 

Ago 21, 2009 - grilloleggente    4 Comments

Nizza e Morbelli

Ieri ho citato “I Quattro Moschettieri” di Nizza e Morbelli, e ho ricevuto (non via commento… mai via commento! Ma perché? Perché? Perché?) richieste di delucidazione.

Dunque, Nizza e Morbelli erano due splendidi autori radiofonici d’antan.

Nel 1934, la loro prima irresistibile parodia dumasiana, “I Quattro Moschettieri”, appunto, fu trasmessa dall’allora EIAR, abbinata al concorso delle figurine Perugina-Buitoni (quelle del Feroce Saladino, per capirci). Fu un successo travolgente. Tutta l’Italia faceva ressa intorno alle radio per ascoltare le avventure dei Moschettieri (il gagà Aramis era particolarmente popolare) e del loro servitore Arlecchino, tra battute fulminanti, completo nonsense, divagazioni artistico-letterarie e parodie di canzoni alla moda…

4mosc.gifNel 1935, la Perugina pubblicò i testi in volume, con le illustrazioni di Angelo Bioletto, e nel ’37 2anni.gifuscì l’altrettanto delizioso seguito, “Due Anni Dopo”.

Ho la fortuna di possedere entrambi i volumi in edizione originale, ma sono diventati rari. Ho scoperto che qui e qui è possibile acquistarne una riproduzione anastatica digitale, che tuttavia costa come o più di una copia originale in buono stato su eBay, e non avrà mai il fascino della vecchia carta. (Vero è che le coste non rischieranno mai di sbriciolarsi, ma… sarebbe un discorso lungo).

Infine, su questa pagina del sito di RadioRai, alla fine del paragrafo dedicato agli “Anni ’30”, è possibile ascoltare un brano della trasmissione originale – da non perdere.

Questi libri sono una lettura incantevole e spassosissima, un pezzo di storia minore italiana, una finestra su un mondo che non c’è più, la testimonianza di un modo di fare intrattenimento che era popolare e raffinato al tempo stesso, una chicca per chi ama Dumas… si era capito che li adoro?