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Ott 19, 2018 - considerazioni sparse, libri, libri e libri, scrittura    Commenti disabilitati su Di Zelo e di Passione

Di Zelo e di Passione

SchoolgirlE. pare aver trovato da divertirsi con il mio post a proposito di emozioni.

Il divertimento viene da anni di precedenti – in privato e in pubblico – a proposito della mia… anemozionalità narrativa? Sì, immagino che sia una definizione passabile: una certa qualità freddina della mia scrittura, una tendenza a far sobbalzare la gente sostenendo che scrivere non è questione di aprirsi le coronarie e versarne il contenuto sulla carta…

“Hai una mentalità da non-fiction,” dice E. “Anche quando scrivi narrativa.”

“Ah, ma in realtà io credo che un eccessio di emozione&passione sia deleterio anche in fatto di non-fiction,” ho detto io. “Ci farò un post.” E questo è il post. E abbia pazienza, E. – ma dobbiamo prenderla da lontano.

Allora, avevo dodici anni e il tema era “Un posto che ami particolarmente”. Oh letizia, oh contento! Avendo appena avuto il permesso di usare come studio una stanza vuota a casa di mia nonna – e di sistemarla come volevo – non mi pareva vero di poter scrivere un po’ in proposito. Mi dilungai per una quantità invereconda di fogli protocollo, descrivendo amorevolmente ogni libro sugli scaffali, ogni disegno e quadretto che avevo appeso alle pareti, ogni ninnolo su ogni mobile… Non avete idea di quanto ci rimasi male quando questo labour of love mi fruttò il voto più basso che avessi mai preso in un tema.

Fu il mio primo scontro con il fatto che troppo coinvolgimento nuoce gravemente alla salute della scrittura…school-book-swscan07510-copy-2

L’anno successivo, all’esame di terza media, tutti gli insegnanti si aspettavano da me un peana sulla Cavalleria Rusticana in playback in cui avevo interpretato Santuzza con un trasporto degno di miglior causa, e invece scelsi il tema sul significato delle Olimpiadi. Tutto si poteva dire di me, ma non che non imparassi dai miei errori: a un quarto di secolo di distanza, ricordo precisamente la Clarina tredicenne che vorrebbe proprio tanto scrivere dell’opera, ma decide di non giocarsi il tema d’esame per eccesso di passione.

Qualcuno a questo punto sghignazzerà concludendo che, a un quarto di secolo di distanza, con quella che qualcuno definisce la mia scrittura un tantino asettica, sto ancora pagando lo scotto di quel trauma infantile. Sghignazzi pure, questa gente, ma mi lasci illustrare ulteriormente il mio argomento.

Nel corso degli anni mi è capitato, per varie ragioni, di riprendere in mano due letture ginnasiali: i Promessi Sposi, che mi avevano lasciata indifferente, e l’Eneide che avevo proprio detestato. In entrambi i casi ho rivisto il mio giudizio, adorando Manzoni (mostly) e rivalutando – seppur con minore entusiasmo – Virgilio. E sì, bisogna considerare i vent’anni intercorsi e la mia mutata prospettiva, ma in entrambi i casi la mia giovanile insofferenza si può attribuire in parte ai commentatori troppo… appassionati.

eneide.jpgRenato Bacchielli, aulico traduttore in endecasillabi dell’Eneide, con le sue infinite effusioni liriche sull’elevatissimo carattere morale di Enea, sulla nobiltà del sacrificio di tante giovani vite e sulla luminosa sensibilità precristiana* di Virgilio, era un tantino insopportabile. Da adulta riconosco la sua passione per il poema e il fallimento dei suoi eroici sforzi di obiettività e li trovo solo un po’ irritanti. A quattordici anni detestavo di cuore, e probabilmente detesterei ancora se nel frattempo non avessi sperimentato di persona quel genere di ossessione.promessi%20sposi.jpg

Leone Gessi, poi, bellicoso e condiscendente insieme, con la lancia sempre in resta contro ogni pur timida critica nei confronti del Manzoni, è il tipo di commentatore che provoca travasi di bile. Come il re d’Inghilterra, Don Lisander can do no wrong agli occhi del buon Leone, che diventa specialmente acido con quei critici che si sognino d’ipotizzare un qualche eccesso di angelicità&soavità in Lucia o un filo di soverchia pietà religiosa. Considerando che Lucia Pefettissima Mondella e le dosi da cavallo di Provvidenza&Carità sono i due singoli aspetti dei PS che proprio non digerisco**, ancora oggi Leone Gessi riesce ad inquinare il mio apprezzamento del romanzo. Vedo bene (come non vedevo a quindici anni) che a trascinarlo sono lo zelo cristiano e la passione letteraria in parti uguali, ma ciò non mi rende più simpatico lui e a tratti, cosa più grave, rischia di mandarmi di traverso i PS.

In entrambi i casi, non posso fare a meno di pensare che un pizzico di distacco in più, un filo di emozione&passione in meno e qualche parvenza di obiettività avrebbero permesso alla giovanissima Clarina di farsi un’idea personale senza sollevare il suo spirito di contraddizione. E non importa che scrivere sia scrivere e commentare sia commentare. Sometimes less is more è un adagio molto, molto saggio in più di un senso.

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* His words, not mine.

** Merita menzione anche la conversione dell’Innominato, ma consideriamola compresa nel capitolo Provvidenza&Carità.

Ott 8, 2018 - grillopensante    2 Comments

E Se Non Volessi Chiamarle Emozioni?

PassiMi è ricapitato sott’occhio un vecchio post sul modo in cui la passione (insieme con “le passioni”) era diventata un pilastro del marketing: da un lato le passioni vanno gratificate; dall’altro la passione nobilita qualsiasi cosa. Vogliamo mettere una merendina prodotta con passione? O un perborato che ci rende liberi di perseguire le nostre passioni?

Yes well.

Eppure… possiamo sghignazzare – ma è mia ferma convinzione che la pubblicità sia un buon indicatore di come pensa la società in un dato momento. Una singola campagna impostata in un certo modo può essere un tentativo, un errore di giudizio, un fatto isolato. Una tendenza è una faccenda diversa: significa che l’approccio funziona – e funziona perché ha colto qualcosa che risuona con i consumatori. Che li fa sentire bene spingendoli a comprare le merendine e il perborato.

E questo era quattro anni fa – ma non è come se le cose fossero cambiate terribilmente. Anzi, semmai la tendenza in questione ha fatto talea, e ha sconfinato dal campo del marketing: un segno di successo, se mai ce ne fu uno.

passion-heartLe talee sono in realtà due, perché alla passione/i si sono affiancati l’amore e le emozioni. Tutto è fatto con amore, tutto è fatto per suscitare emozioni. Il formaggio, le automobili, le crociere, i decreti legge… No, really: non l’avete sentito quel ministro della Repubblica che arrivando a Genova ha vantato l’amore e la passione che aveva messo nello stilare la sua bozza di decreto? E non era il solo.

Strategia facile e piaciona, buona per tutte le stagioni e in tutti i campi. Why, provate a chiedere a un implume delle medie perché gli piace tanto il tal libro, il tal film, la tale canzone… Se si tratta di un esemplare appena un po’ articolato, le possibilità che vi risponda “perché mi ha suscitato tantissime emozioni” sono altine. E per contro, naturalmente, perché non ti piace? “Non mi dà emozioni.” D’altronde, perché non dovrebbero farlo? Gli implumi, come i ragazzi del marketing, sono prontissimi nel capire quello che funziona.

Dite che sono cinica? Si sa. E probabilmente lo sono ancor di più nel pensare che questo sia profondamente diseducativo – ma d’altra parte, che cosa implica questo tipo di enfasi? Che non c’è ragione di coltivare capacità, talento, tecnica e competenza, tanto la passione azzera ogni considerazione di livello e qualità.  Che le passioni vanno gratificate sempre e comunque – e possibilmente subito. Che le decisioni si prendono col cuore, con le emozioni, con i sentimenti. Che non esiste altro che questo. emozioni2

Qualche anno fa, sul suo blog, Holly Lisle lamentava il modo in cui, in American English, il verbo “to feel” (sentire, provare sentimenti) stava sostituendo “to think” (pensare). Non si pensa più, diceva Holly. Si sente e basta – e, quel che è peggio, si viene incoraggiati su questa strada, fino al punto in cui farsi governare dalle emozioni diventa una specie di punto d’onore, mentre pensare è cosa fredda, meccanica e leggermente disdicevole.

Ecco, non sono certa di poterle dar torto. Rimpiango un po’ di non avere fatto qualche ricerchetta a suo tempo, per vedere da che cosa derivasse lo scivolamento linguistico – ma è probabile che Oltretinozza ci stessero precedendo per questa china emotiva. Si comincia con i blog, le riviste femminili, i venditori di perborato… per arrivare alla scuola e ai ministeri: non c’è motivo di cercare, capire, pensare, analizzare, porsi domande: o l’emozione c’è (e allora va bene) o non c’è (e allora anatema!). Fine della storia.

Voi non lo trovate leggermente spaventoso?

Ott 10, 2014 - commercials    4 Comments

Niente Vende Come La Passione

Untitled-1Che le campagne pubblicitarie dell’Omino Bianco siano spudoratelle non è una novità di oggi. Ricordate la fase Un-Buon-Genitore-Usa-Omino-Bianco?

D’altra parte era una politica commerciale diffusa, e tutt’altro che tramontata. Adesso però Omino Bianco è passato oltre, abbracciando il nuovo corso pubblicitario – quello delle passioni&passione.

Ah, le passioni.

Che poi, grattando appena un pochino, si scopre che sono quelli che un tempo chiamavano hobby, passatempi, uzzoli, pallini… Ma volete mettere il senso di travolgente ineluttabilità se le chiamiamo passioni?

Gli Italiani sono pieni di passioni, c’informa la voce narrante. E ogni passione ha la sua macchia

E intanto vediamo un allegro gruppo di amici che mangia in compagnia – con grave pregiudizio della tovaglia. Qual’è la passione qui? L’amicizia? La buona cucina? Never mind. La cosa importante è che il giusto perborato ci consenta di coltivarle serenamente, le nostre passioni, senza che la padrona di casa debba rimetterci una tovaglia ogni volta.

Narrazione diversa ma gancio simile per la campagna TIM “Milioni di passioni”, in cui Pif gira per l’Italia documentando il modo in cui la commistione di telefonia mobile e internet incide sul tempo libero degli Italiani.

E vi ricordate, un annetto fa o giù di lì, lo spot Diadora che montava immagini di sportivi professionisti e dilettanti e tifosi – senza una parola fino allo slogan finale, “passione totale”? O l’appassionatamente irresistibile ultimo cioccolatino?

Passione diversa è quella che Campari agita davanti al nostro naso di consumatori, mostrandoci gli ultimi istanti di preparativi prima di una festa in costume, suggerendo che l’attesa del piacere sia essa stessa piacere… “Campa-ari Red Pa-assion,” sussurra una sensuale voce femminile – e noi capiamo che, se vogliamo vivere una vita appassionata, non c’è altro aperitivo possibile.passion (300 x 300)

Poi c’è la passione associata al prodotto, sempre singola – la Passione in astratto – e allora non si tratta più di qualcosa di così primigenio, radicato e vitale da non poter/dover essere negato, represso o trascurato. Questa passione non è un’aspirazione confusa cui il prodotto/servizio in vendita offre finalmente una forma. No, questa passione qui è mirata, controllata, convogliata in eccellenza. Come la passione per il mare che rende Fincantieri il coraggioso, elegante, audace leader nella cantieristica navale. E in questo filone, tutto è prodotto, fabbricato, offerto con passione, dalla passata di pomodoro alle merendine, dalla pastasciutta alle stufe a pellets… “Passione per la qualità” è un tipo di slogan particolarmente gettonato.

E poi c’è la birra Peroni, che da qualche anno in qua la passione la caccia da tutte le parti – e in almeno un caso riunisce passioni e passione, cominciando col mostrare gente che gioca a rugby, che balla, che suona, che pesca, che discute di calcio… E tutti, prima o poi, bevono birra. E intanto una simpatica voce fuori campo c’informa, in sostanza, che non importa molto quel che si fa, né come lo si fa. L’importante è metterci passione. E allora ecco la birra giusta, perché è prodotta, you guess it, con passione – e di conseguenza è adatta a gente appassionata. Sii appassionato, o Consumatore, noi siamo dalla tua parte, ti capiamo, ti appoggiamo: e come no? Siamo appassionati anche noi!

Insomma, la lezione sembra essere questa: vogliamo vendere qualcosa? Vediamo di buttarla sulla passione, che suona da un lato tanto più nobile, e dall’altra tanto più meritevole. La passione del consumatore non è un uzzolo qualsiasi, è un travolgente fuoco interiore che è ingiusto e dannoso non appagare. E la passione del produttore, che diamine, vogliamo non premiarla?

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Oh, e se volete fare un piccolo esperimento, provate a gugolare “passion” e poi “passione”, e guardate come gli Anglosassoni sembrano capaci di mescolare passione erotica e passione in altre accezioni e gli Italiani… er, meno.