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Feb 18, 2013 - lostintranslation    5 Comments

Traducendo

Alfonso Traina – IL Traina: se avete mai studiato Latino, sapete di chi parlo. Filologo, traduttore, virgilianista, accademico dei Lincei, accademico virgiliano…

Alla richiesta di dire due parole à l’impromptu all’apertura dell’anno accademico dell’Accademia Virgiliana, prima dice di no, perché non vuole far prosa dopo tutta questa musica e poesia… Poi però si lascia trascinare a commentare un po’ la sua traduzione delle Bucoliche di Virgilio.

E poi non è vero, perché alla fin fine il professor Traina non parla della sua traduzione, se non per dimostrare gioie e crucci del traduttore dal Latino. Il traduttore di poesia latina, in particolare. 

E comincia con un nodo apparentemente semplice nel quarto verso della I Egloga:

Nos patriam fugimus; tu, Tityre, lentus in umbra…

Lentus. Ah, quel lentus! dice Traina. Perché il fatto si è che le parole non vogliono quasi mai dire una cosa sola. E lentus vuol dire lento, pigro, tranquillod ha senso che il povero Melibeo, costretto a lasciare le sue terr, compari la propria forzata urgenza e la calma con cui Titiro invece se ne sta a zufolare allombra di un faggio. Ma basta? Tutto sommato, messa così, è un’osservazione piuttosto blanda: io corrovia e tu te ne stai qui tranquillo a goderti il fresco… Ma, dice Traina, c’è la possibilità di vederci qualcosa di più: lentus ha anche una connotazione negativa di indolenza, di indifferenza. Lento a reagire. Lento a capire. Ben poco toccato dai drammi altrui. Ed ecco che le parole di Melibeo diventano all’improvviso amare: io scappo, tanti come me scappano, e tu te ne stai a zufolare al fresco – come se nulla fosse. E come rendere il dato di fatto e l’ombra di sconsolato rimprovero in un aggettivo solo Il professor Traina ha scelto di tradurre lentus con placido. Che è come dire indisturbato, che è come dire quasi indifferente. Che è come dire che a Melibeo non dispiacerebbe un po’ di partecipazione in più, tante grazie. E già questo è affascinante, ma non è come se la vita del traduttore di poesia latina si esaurisse nella caccia alle iridescenze semantiche: dove vogliamo mettere le gioie di tradurre versi da una lingua che funziona con una metrica diversa? Una possibilità è quella di riprodurre il ritmo – ed è quello che ha fatto il professor Traina, secondo il quale non si dà poesia senza la combinazione di significato e significante: non è solo questione di concetto e contenuto, ma dell’espressione di concetto e contenuto attraverso una forma specifica e coerente. In poesia (e non solo) la forma è sostanza.

Tityre, tu patulae recubans sub tegmine fagi,

Traina è stato tentato di tradurre tegmen con cupola. Tegmen, dopo tutto, significa volta, riparo, protezione, tetto… La tentazione di vederci un altro riferimento al tetto che Melibeo non ha più è davvero forte. Peccato che ritmicamente non vada bene con il ritmo del verso. Ora chiedo perdono, ma ho fatto la schiocchezza di non annotare subito il verso tradotto e non ho la traduzione sotto mano. Sarà l’età che avanza, non sono sicurissima di quello che sto per citare, ma la versione trainiana del verso suonava più o meno così:

Titiro, tu recline sotto la grande qualcosa di un faggio…

E al posto di quel qualcosa, alas, la cupola non ci sta. Provatea leggere ad alta voce: Titiro, tu recline sotto la grande

Titiro, tu recline sotto la grande corona di un faggio…

E l’albero è tornato ad essere solo un albero, anziché l’ombra di un tetto perduto e un lampo di rimpianto. Peccato, a dire il vero: e questo post nasce principalmente dal desiderio di conservare per iscritto quell’albero/tetto che è andato perduto nella traduzione. Ma questo è stato un caso in cui il ritmo l’ha avuta vinta per l’implausibilità di un’alternativa bruttina. Non sempre va a finire così. Il mestiere del traduttore consiste nel ricercare un equilibro di forma, sostanza ed efficacia. La malinconia del traduttore sta nel fatto che non sempre è possibile – e allora si fanno scelte che qualche volta sono solo pratiche e qualche volta sono dolorose.

Sentirlo dire da Alfonso Traina è stato istruttivo, confortante e bello. __________________________________________

* Sì, magari un librettista d’opera l’avrebbe fatto. È uno dei motivi per cui non leggiamo molto Virgilio tradotto da librettisti d’opera.

Mag 19, 2012 - musica, Poesia    2 Comments

La Campagna di Virgilio

ETA: Rimandato per previsioni di pioggia torrenziale e freddo fuori stagione. In data da destinarsi, come usa dire in questi casi… Vi farò sapere.

***

Idilli virgiliani in dialogo tra poesia e musica sotto gli alberi secolari di Corte San Giovanni* 

ben venga maggio, virgilio, lusit orpheus, ettore spagna, comune di roncoferraro, corte san giovanni

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* In loco debitamente mantovano, tra Roncoferraro e la Garolda…

Feb 1, 2012 - teatro    Commenti disabilitati su Di Uomini E Poeti – Le Foto

Di Uomini E Poeti – Le Foto

Qualche immagine di Di Uomini E Poeti, tratta dalle riprese del debutto al Bibiena, il 14 Ottobre 2011.

Con Andrea Flora (Clito), Diego Fusari (Lucio Vario Rufo), Rossella Avanzi (Creusa), Francesco Farinato (Turno), Francesca Campogalliani (Amata), Adolfo Vaini (Virgilio), Stefano Bonisoli (Enea), Valentina Durantini (Lavinia), nonché Anna Bianchi, Matteo Bertoni, Giulia Cavicchini, Alessandra Mattioli e Annalaura Melotti (Le Ombre).

Di Uomini E Poeti – ovvero Il Testamento di Virgilio, per la splendida regia di Maria Grazia Bettini e con le musiche originali di Stefano Gueresi, torna in scena al Teatrino di Palazzo D’Arco (Mantova) dal 9 al 19 febbraio. Informazioni e prenotazioni qui.

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Ott 17, 2011 - considerazioni sparse    5 Comments

Piccole Cronache Virgiliane

* Non avrei mai creduto che un convegno di virgilianisti potesse essere così entusiasmante. Interessante sì, stimolante anche, ma entusiasmante? E credevo male.

* Credevo di averne avuto più che abbastanza di Virgilio con il Liceo. Sbagliavo: ero solo in attesa di qualcuno che me ne mostrasse davvero la bellezza invece di infliggermene in insipide quantità.

* Forse, dopo tutto, la metempsicosi non è da escludere a cuor leggero. Ditemi una volta o due che Seamus Heaney è Virgilio redivivo, e non mi troverete incredula.

* Si può mangiare in tre giorni e mezzo l’equivalente di un pasto leggero ed essere perfettamente felici. Intenso lavoro, tensione e giubilo rendono i pasti ridondanti.

* Tradurre simultaneamente à l’impromptu il discorso a braccio di un Nobel è come fare delle evoluzioni sul trapezio. Senza rete. 

* Mantova si è perdutamente innamorata di Seamus Heaney. E sarebbe stato difficile il contrario.

* Da parte mia, I have a bad case of hero-worship.

* Per l’autostima, non c’è niente come un teatro stracolmo di gente intenta ad applaudire il tuo lavoro.

* A un certo punto ho avuto l’impressione di vedermi da fuori: dopo il teatro, a cena con la compagnia, molto limitatamente lucida per la combinazione di applausi, calo di tensione e vino bianco, vestita di chiffon grigio… era una scena di quello che non mi azzardo a chiamare il mio primo romanzo, scritto quindici anni fa. A volte succede.

* La cucina antico-romana è deliziosa. Lo dico per sentito dire, perché è stata la sera di Di Uomini E Poeti e francamente non ho nessun ricordo di quel che ho mangiato. Mi limito a riportare l’opinione di tre Irlandesi di buon appetito.

* “Ti abbiamo nominata spesso, durante le prove,” mi dice Virgilio con occhiata significativa. “Non ti fischiavano le orecchie?” A quanto pare, le prove sono state… er, interessanti.

* Quando si è cominciato a parlare di questo fine settimana, più di un anno fa, sembrava incredibilmente lontano – ed è già passato.

* Franz Liszt aveva una passione per Virgilio, e spargeva motti virgiliani per i suoi spartiti. Va’ a sapere.

 * È possibile che questo post contenga più errori di stumpa del consueto. Siate indulgenti: sono ancora un po’ dream-lagged.

* Credevo che avrei avuto molto di cui bloggare a proposito di Heaney… e in effetti molto ci sarebbe, ma in gran parte è diventata una faccenda così personale e profonda che mi scopro molto protettiva e gelosa riguardo a quel che è stato in questi giorni. Yeats (se davvero era lui – potrei sbagliarmi…) aveva ragione: la poesia ha una sua sacralità. E non intendo offenderla facendo rumore.

* Ritornare alla normalità sarà… be’, vi saprò dire.

 

 

Ott 10, 2011 - teatro    2 Comments

Di Uomini E Poeti – Il Debutto

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Tradizione vuole che, in punto di morte, Virgilio abbia chiesto con insistenza la distruzione della sua opera incompiuta, il poema epico che ancora non si chiamava Eneide. Ma il poema era una straordinaria celebrazione – e ancor più un’edificazione del mito di Roma, bella nella sua incompiutezza: Vario Rufo, poeta a sua volta e amico di Virgilio, non ebbe cuore di obbedire alla richiesta e in seguito ebbe da Augusto l’incarico di curare la pubblicazione dell’Eneide così come Virgilio l’aveva lasciata.

È per una disobbedienza alla volontà di un amico defunto che il poema è giunto a noi attraverso venti secoli, con l’occasionale verso imperfetto, con qualche incoerenza, con le sue asimmetrie narrative e con un eroe cui forse – forse! – l’autore non ha fatto in tempo a instillare, a completamento delle virtù romane, la scintilla vitale.

I latinisti si sono interrogati a non finire sul brusco finale del Libro XII, e innumerevoli generazioni di studenti ginnasiali, me compresa, hanno storto il naso davanti al Pio Enea, più paradigma di obbedienza e abnegazione che essere umano. Rileggendo il poema con occhi adulti, e con la libertà e il gusto di cui non avevo beneficiato sui banchi di scuola, mi sono trovata a meditare, più che sulle vicende di Enea e dei suoi, su ciò che Virgilio non ebbe tempo di compiere prima di morire. La tentazione di considerare la gelida caratterizzazione di Enea un difetto da prima stesura era irresistibile – e non ho resistito. Il mio Virgilio, che torna nei sogni di Vario Rufo per deciderlo a bruciare il manoscritto incompiuto, non si preoccupa tanto dell’imperfezione dei versi, quanto di non avere avuto il tempo di tratteggiare compiutamente i significati e i messaggi che voleva nella sua opera.

Ma a complicare il dilemma di Vario, lacerato tra la lealtà all’amico e l’ammirazione per il poema, irrompono nel sogno i personaggi dell’Eneide – non l’eroe eponimo e vincitore, ma gli sconfitti: Creusa, Turno, Amata, colmi di risentimento e certi che solo la distruzione del manoscritto li libererà dalla sorte cui Virgilio li ha condannati. Ed ecco che la lotta per il rogo dell’Eneide diventa una metafora per l’intrecciarsi di arte e vita, dovere e istinti primari, libero arbitrio e destino, amore, sconfitta, giustizia e memoria – in una parola, l’umanità.

Difficilmente la questione di che cosa davvero mancasse al compimento dell’Eneide troverà una risposta inoppugnabile. Dove storiografia e filologia non possono giungere, tuttavia, al teatro è consentito tessere, con le incertezze di Virgilio e il rifiuto di Vario, una riflessione sul rapporto tra l’autore e la sua opera.

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Di Uomini E Poeti – ovvero Il Testamento di Virgilio – debutta venerdì 14 ottobre alle ore 21 al Teatro Bibiena di Mantova.

Ingresso gratuito e niente prenotazioni – a quanto pare, l’unica è non arrivare troppo tardi…

E se non potete venire, wish me luck! (ma non in questi termini!!)    

Set 7, 2011 - Digitalia, Gl'Insorti di Strada Nuova, teatro    Commenti disabilitati su Good Things Coming

Good Things Coming

L’autunno si prospetta interessante.

Tanto per cominciare, Gl’Insorti di Strada Nuova torna… stavo per scrivere “in libreria”, ma non è proprio così. Strada Nuova è il mio secondo romanzo, un meta-arnese pubblicato sei anni fa con uno di quei microeditori senza promozione e senza distribuzione. Adesso è giunto il momento per lanciarlo nel mare digitale. Per cominciare, qui trovate qualche informazione e l’incipit. Nel corso delle prossime settimane vi terrò aggiornati, qui e su Twitter, sulle mie vicissitudini e tribolazioni di self-publisher. Seguitemi nella mia avventura, volete?

Poi il 14 di ottobre l’Accademia Teatrale Campogalliani debutterà al meraviglioso Teatro Bibiena di Mantova con il mio atto unico Di Uomini E Poeti – ovvero Il Testamento di Virgilio. L’occasione è importante: convegno virgiliano in occasione del 150° e conferimento dell’edizione speciale del Premio Virgilio honoris causa al poeta irlandese Seamus Heaney – Nobel per la letteratura 1995. Per cui, sì: un Nobel per la letteratura assisterà al mio atto unico. Non so quanto ne capirà, ma immaginate il mio stomaco invaso da tutto un gaio sciamare di lepidotteri. Grossi come altrettanti B52. L’Accademia Campogalliani riprenderà DUeP nel febbraio 2012: guardate qui e scendete* fino a Dal 9 Febbraio. Anche di questa faccenda, inutile che ve lo dica, sentirete parlare ancora.

Con la Campogalliani non ho finito – o meglio la Campogalliani non ha finito con me, visto che nella nuova edizione dei Lunedì del D’Arco, dedicata al 150°, offrirà letture drammatiche di Aninha e della Giudi. Tra novembre e dicembre – sarò più precisa.

E per finire una piccola novità che riguarda Senza Errori di Stumpa. Mattia Nicchio di Sudare Inchiostro ha dedicato un post a Lo Scrittore di Buon Senso, parlandone bene e tirandomi un pochino le orecchie perché non faccio molto per renderlo facilmente reperibile. Che dire? Mattia ha ragione – e io agisco. Come forse avrete notato, qui di fianco è germogliata una pagina dedicata al mio piccolo cotillon. Scaricate, leggete, fate circolare, venite a discuterne… Per ora c’è solo la versione .pdf, ma conto di arrivare a breve con MOBI – e probabilmente anche con ePUB.

E altre novità bollono in pentola per me e per SEdS, ma non ve le dico. Non ancora, almeno – perché, come tutti i narratori, torturo la gente di mestiere con vaghe promesse, premesse, prefigurazioni e appendimenti alle scogliere.

Stay tuned!

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* “Scrollare,” mi dice C. “Si usa scrollare!” Ma io non posso usare il verbo scrollare senza evocare immagini di enormi cani bagnati che si scuotono spargendo acqua ovunque… o almeno gente che fa spallucce. Per cui, nel senso di “far scorrere una pagina web usando il topo” continuerò a usare il buon vecchio scendere, o magari anche scorrere.

Feb 26, 2011 - grillopensante    Commenti disabilitati su Troppo Zelo E Altri Tronchi Sui Binari

Troppo Zelo E Altri Tronchi Sui Binari

Non vorrei mai azzardare paragoni tra Virgilio e Anthony Hope – lèse majesté!! – e poi, se non fosse morto prima di poter rifinire l’Eneide a suo piacimento, forse Virgilio avrebbe modificato qualcosa, ma resta il fatto che Enea/Turno ha tutta l’aria di un caso massiccio di deragliamento delle intenzioni autoriali. A livello di Rassendyl/Rupert nel Prigioniero di Zenda, anzi peggio.

Bd-Aeneas.jpgPeggio, perché nell’Eneide Virgilio racconta il mito della nascita di Roma, ed è logico che Enea incarni programmaticamente tutte le virtù più romane (pietas in prima fila). Per di più, il nostro eroe eredita anche le personali convinzioni filosofiche del suo autore, praticando il sereno distacco e il rifiuto delle passioni violente predicati da Epicuro. Virgilio si è impegnato molto nel rendere Enea un paradigma di obbedienza agli dei, un campione di tutte le più nobili virtù e un esecutore delle magnifiche sorti e progressive di Roma…

Si è impegnato tanto che il risultato è proprio questo: un paradigma. Nella sua gelida e virtuosa perfezione, Enea manca di un tratto fondamentale per un personaggio: la personalità. Che cosa vuole personalmente? Che cosa è diposto a fare per averlo? Che cosa fa davvero? Che cosa impara prima della fine? Come cambia? Tutte domande senza risposta, perché Enea non possiede esigenze drammatiche – è trascinato dal volere del fato e basta.Turno.jpg

Per contro, l’antagonista Turno, il giovane re dei Rutuli cui Enea toglie la fidanzata Lavinia – per poi ucciderlo in duello (con la collaborazione di mezzo Olimpo) alla fine del Libro XII, è una figura a tutto tondo. Turno è pieno di difetti: impulsivo, sfrenato, arrogante – ma Virgilio esce di strada continuamente per mostrarci che non ha tutti i torti neanche lui, che è tanto giovane, innamorato di Lavinia, pieno di risentimento, e tutt’altro che indegno a sua volta. Turno ci viene presentato come un giovanotto di nobili istinti, coraggiosissimo e abile, amato dai suoi sudditi, fiero, onorevole, eloquente quando serve, leale. E’ anche violento e occasionalmente crudele, ma poi la sua sicurezza si frantuma alla fine, davanti all’evidenza che Enea, con tutto l’aiuto divino di cui può disporre, non può essere sconfitto in nessun modo. Nondimeno, Turno non si sottrae al suo destino e affronta il duello fatale con la malinconica certezza di non uscirne vivo.

A_5th_Century_Portrait_of_Virgil.jpgInsomma, si ha l’impressione che Virgilio si sia lasciato prendere la mano. Lo zelo programmatico nei confronti della perfezione di Enea forse lo ha tradito, e l’eroe eponimo, fatale e filosofico, gli è riuscito un tantino bidimensionale. L’antagonista – che incarna il disordine e la dissennata ribellione contro il destino (di Roma in particolare) – gli è riuscito meglio, più sfaccettato, più complesso, più… non c’è niente da fare: più simpatico. Chi ha letto l’Eneide senza dispiacersi per Turno alzi la mano.

Il che ci conduce a una conclusione: è pericoloso fare di un personaggio una figura simbolica di una causa o di un credo che ci stanno a cuore. Presi dall’ansia dimostrativa, non osiamo aggiungere ombre per timore di appannare la nostra tesi, ma un personaggio senza ombre, senza dubbi e senza difetti diventa uno zelota. E’ difficile affezionarsi agli zeloti – anche agli zeloti rassegnati, come nel caso di Enea. E la storia ne soffre.

Apparentemente, il sereno distacco non è facile da praticare in poesia. Nemmeno quando ci si chiama Virgilio.

Feb 5, 2011 - scribblemania    Commenti disabilitati su Febbre Creativa

Febbre Creativa

Questo sarà un post solo limitatamente lucido.

Il fatto è che l’anno scorso il vaccino anti-influenzale mi ha scatenato una reazione violenta: una settimana di febbre, dolori e gioie varie…

No, naturalmente il fatto è un altro. Il fatto è che quest’anno ho deciso di non vaccinarmi – l’influenza non poteva essere peggio della reazione al vaccino, giusto? Ed ero felicemente giunta in febbraio sana. Se si eccettua un mese di bronchite in novembre, ma quella è un’altra faccenda. Poi ho avuto la cattiva idea di felicitarmi con me stessa in proposito, and of course I jynxed it. Ieri mattina mi sono alzata con l’impressione di non stare del tutto bene, poi mi è venuta la febbre, e poi… credetemi: non volete i particolari.

Nondimeno devo, devo, devo scrivere. Teatro. Atteso. Ansiosamente atteso. Il genere di attesa che genera telefonate, sguardi significativi, richieste specifiche, velati solleciti via mail… Quindi scrivo lo stesso, l’ho fatto ieri e lo farò anche oggi.

Ciò che mi rode, tuttavia, è la circostanza che ora v’illustro. Ieri pomeriggio (37,7 C°), riapro il file e rileggo quel che ho scritto quando i miei centigradi interni erano nella norma. E inorridisco, e mi domando come ho potuto scrivere ciò, e casso di slancio due pagine – senza prima averle copiate da un’altra parte. E poi riscrivo, e alla fin fine non sono del tutto insoddisfatta del mio lavoro. Nel frattempo, con l’approssimarsi della notte, il termometro segna trentotto e due, and counting.

Considerando che in genere cesso di connettere alla prima linea di febbre, che non avevo chiuso occhio in tutta la notte, che continuavo a interrompermi, che ho la testa piena di biglie di vetro – e continuano a ruotare*: starò combinando qualcosa di sensato, o a influenza smaltita vorrò fare harakiri con una penna stilografica? L’aver cancellato sdegnosamente due pagine che, da lucida, mi erano parse buone mi agita più che un pochino…

Stanotte non è andata affatto meglio. Anzi: ogni volta che mi appisolavo sognavo Virgilio, Creusa, Turno e compagnia cantante. Chissà, forse avrei fatto bene a prendere qualche appunto. E immagino che adesso mi rimetterò al lavoro. O forse no. Facciamo un patto: se rileggendo quel che ho scritto ieri vengo assalita da nuove furie distruttive, metto da parte tutto e aspetto che mi passi la febbre. E magari cerco di recuperare quel che ho cancellato ieri. Se invece mi piace ancora, vado avanti e, quando questa cosa virgiliana andrà in scena, potrò dire al pubblico della prima** che scriverla è stato un lavoro febbrile. Che pun meraviglioso, vero?

E sono certa che c’è una fallacia logica grossa come l’Oregon, nel patto che ho appena stretto con me stessa, ma al momento mi sfugge. Quindi forse, per essere prudenti, quale che sia il responso, le pagine cancellate le ripesco, eh?

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* Avete mai provato a soffregare tra loro due biglie di vetro? Fatelo e sappiatemi dire.

** Compagnia che, alla prima, chiama l’autore sul palco a “dire due parole”.

Ott 16, 2009 - considerazioni sparse    Commenti disabilitati su Virgilio in Pillole

Virgilio in Pillole

Ieri, 15 ottobre, era il cosiddetto Compleanno di Virgilio.

L’Accademia Nazionale Virgiliana di Scienze, Lettere e Arti ha celebrato la ricorrenza con un convegno in Santa Maria della Vittoria, e la Clarina era là, nonostante debba confessare una simpatia limitata per il poeta in questione. O forse questa è un’ingiustizia, perché in realtà tutto si risolve nel fatto che la Clarina proprio non regge il Pio Enea. Una volta o l’altra ne parleremo.

Ad ogni modo, il convegno ha avuto tra i suoi meriti quello di occuparsi di Virgilio in modo inconsueto, scegliendo temi poco frequentati, come la storia delle traduzioni virgiliane in Russia, la duplice (e polemica) traduzione dell’Eneide del letterato e diplomatico mantovano Ercole Udine, e la traduzione delle Bucoliche in dialetto alto-milanese di Edoardo Zuccato.

Spero di non suonare irriverente se condenso qui alcune pillole tra le molte cose interessanti che si sono dette.

– Dopo ventuno secoli di letture, riletture e interpretazioni, a quanto pare, non siamo ancora sicurissimi sul significato di certi versi virgiliani. E d’altro canto, abbiamo perso definitivamente la conoscenza di come i Romani pronunciassero effettivamente il Latino. Sono, come si diceva altrove, alcune di quelle cose che non sapremo mai. Ma ciò non impedisce di continuare a cercare. 

– Il mito non si propone come affermazione di verità, ci ha spiegato il Professor Dario Cosi (Storia delle Religioni, Brescia-Bologna), ma come strumento d’interpretazione della realtà. In fondo, pare a me, il mito è si comporta in modo più filosofico/scientifico che religioso…

– Tanto nella Russia zarista quanto poi nell’Unione Sovietica, ci ha spiegato l’ex sindaco di Mantova Vladimiro Bertazzoni, si studiava e traduceva Virgilio. Non molto, ma abbastanza perché Puskin lo citasse in mezzo al bagaglio culturale di dubbia utilità di Onegin, e perché nel XVI secolo il poeta fosse raffigurato tra i precursori  della Cristianità sulle pareti della Chiesa dell’Annunciazione a Mosca. Mi affascina sempre scoprire come parti del nostro paesaggio culturale vengano percepite altrove.

– Ercole Udine ha tradotto l’Eneide non una, ma due volte. E disapprovava Annibal Caro con tutta l’anima sua. Caro è così profondo nell’interpretare l’Eneide, dice Udine, che ci vede cose che nessun altro può arrivare a vederci. (Sottinteso: perché infatti non ci sono per niente. Prendi, incarta e porta a casa, Annibal). Molto più occupato a confutare il Caro, dice la mia amica Elena Coppini (Università di Padova) che a tradurre sul serio. Comincio a pensare che sarebbe un buon personaggio, narrativamente parlando.

I Bucoligh in dialetto alto-milanese, di Edoardo Zuccato, non sono sempre di facilissima comprensione per i non alto-milanesi (nemmeno per un esperto di dialetti come il professor Mario Artioli), ma sono una delizia. Confesso che al sentire le Muse apostrofate come “Bei gagiòt dal Piero”* è stato difficile mantenere un contegno serio e decoroso.

Buon compleanno, Virgilio!

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* Le belle Pieridi, figlie di Pierio, che potrebbero essere le Muse oppure no (be’, secondo Virgilio sì, evidentemente), che forse avevano gli stessi nomi oppure no… Secondo una versione del mito, tentarono di fare le scarpe alle Muse e non ci riuscirono. Secondo altre, furono le vere madri dei figli delle Muse. A scelta e a piacere di ciascuno.

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