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Apr 21, 2017 - il Palcoscenico di Carta, teatro    Commenti disabilitati su E Stavolta, Pirandello

E Stavolta, Pirandello

LocSmallMaggio torna e il PdC rimena…

Yes, well – I know, ma non mi sono trattenuta. E comunque è del tutto vero: torna il Palcoscenico di Carta, e questa volta festeggiamo il centocinquantesimo anniversario della nascita di Luigi Pirandello.

Dal 2 al 16 maggio, alla libreria IBS+Libraccio di Via Verdi a Mantova, leggeremo I Giganti della Montagna, dramma incompiuto a cavallo tra fiaba e teatro nel teatro…

Per il PdC è un altro esperimento: per la prima volta ci avventuriamo  fuori dal repertorio elisabettiano – come d’altra parte ci eravamo sempre ripromessi di fare. Una volta di più, ci saranno gli attori dell’Accademia Campogalliani e quelli di Hic Sunt Histriones, e un’abbondanza di parti, grandi e piccole, per chiunque voglia lanciarsi e leggere con noi.15193449_1104584129658135_891963327258587953_n

Perché questa è l’idea del PdC: leggere teatro ad alta voce, in gruppo, sperimentando in modo diverso testi che non si vedono tutti i giorni…

Volete provare? E allora iscrivetevi usando il form che trovate a questo link. Vi assegneremo una parte e vi manderemo il testo. Se invece volte ascoltare (e magari decidere di provare la prossima volta, perché le parti vengono riassegnate a ogni lettura), dovete solo raggiungerci in libreria – martedì 2, 9 e 16 maggio, appena prima delle 18.

Mar 29, 2017 - teatro    Commenti disabilitati su Fantasmi e Spiriti

Fantasmi e Spiriti

E ci siamo: venerdì 7 aprile debutta al Teatrino d’Arco il nuovo Fantasma di Canterville dell’Accademia Campogalliani*.

Il Fantasma Tormentato che si aggira per l’Antica Magione nella Campagna Inglese è un classico tra i classici, giusto? Ma che succede quando lo spettro, con le sue catene rugginose e macchie di sangue, si scontra con l’indomito (e più che un pochino stolido) positivismo americano?

Venite a scoprire che cosa ne pensa Oscar Wilde – adattato e tradotto per le scene dalla vostra affezionatissima:

CantGhost

Le date sono il 7, 8, 9, 21, 22 e 23 di aprile – un breve giro di repliche – ma Sir Simon, l’irrepressibile famiglia Otis e lo staff molto gotico di Canterville Chase torneranno quest’estate al Parco delle Bertone e poi di nuovo nella stagione 2017-2018.

Prenotazioni dal mercoledì al sabato, tra le 17 e le 18.30, al numero 0376 325363, oppure via mail all’indirizzo biglietteria@teatro-campogallian.it.

***

IMG-20170318-WA0001Oh – e per restare in tema di spiriti, questa sera c’è Inchiostro & Vino.

“I popoli del Mediterraneo cominciarono a uscire dalla barbarie con la coltivazione dell’ulivo e della vite,” diceva Tucidide – e diceva molto sul serio. Basta vedere quanto e come scrive di vino Omero. E basta pensare che Roma consumava 180 milioni di litri di vino l’anno – senza contare gli schiavi…

Ne parliamo questa sera all’Enoteca di Porto Catena.

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* Cui, tra l’altro, vanno i complimenti per il recentissimo Premio Maschera d’Oro a Vicenza…

Dic 9, 2016 - il Palcoscenico di Carta, Shakespeare Year    Commenti disabilitati su Il PdC: considerazioni a sipario chiuso

Il PdC: considerazioni a sipario chiuso

pogany_labour3-417E allora, com’è andato il Palcoscenico di Carta?

Benissimo, if you ask me – sotto tutti gli aspetti.

La nuova casa, la Libreria Ibs+Libraccio ci ha accolti con entusiasmo e disponibilità. Confesso di avere avuto qualche patema preliminare, perché eravamo in uno spazio aperto nel bel mezzo del passaggio generale – ma sbagliavo: come mi si rassicurava dall’Isoletta, questa si è rivelata un’ottima cosa, e più di una persona di passaggio si è fermata per curiosità. Credo anche che, tra un episodio e l’altro, abbiamo acquisito così almeno due ascoltatori.

E un altro patema infondato riguardava i lettori: a qualche giorno dal primo incontro sembrava che 15241245_1104583899658158_8267561275462816382_nnon dovessimo averne a sufficienza – e invece presto ci siamo ritrovati con un’abbondanza di entusiasti. Persino questo martedì, quando influenza e prove improcrastinabili hanno aperto vaste lacune nelle nostre file, abbiamo coperto tutto quanto con soddisfazione generale. Anche i coraggiosi che si sono buttati senza preavviso hanno avuto l’aria di divertirsi molto – e bisogna che lo dica: persino la mia non, non, non teatrale mamma ha letto, e non tenta nemmeno di negare che le sia piaciuto.

15202719_1097885743661307_5937925147939833596_nA proposito di prove, vorrei davvero ringraziare gli attori dell’Accademia Campogalliani, che hanno trovato il tempo per partecipare nonostante stagione e settantesimo in pieno corso, e gli Histriones (Hic Sunt), che si sono fatti, martedì dopo martedì, tutta la strada da Ostiglia per venire a leggere con noi.

E veniamo a Shakespeare himself. Pene d’Amor Perdute è una commedia deliziosa, con un sacco di battibecchi amorosi, parodie, giochi linguistici – e un finale… bizzarro. Gaia, pungente e spassosa, si è rivelata davvero una buona scelta – tanto che… ma no, non diciamo nulla. È ancora tutto talmente in grembo agli dei, che non mi azzardo. Però mettiamola così: se in futuro doveste sentir parlare ancora di Pene d’Amor Perdute, non stupitevi troppissimo, d’accordo? Pollock's 4

In generale, credo che abbiamo trovato la nostra formula: la suddivisione in tre parti a cadenza settimanale, la redistribuzione delle parti di volta in volta… Temo che l’orario tardo-pomeridiano precluda la possibilità di partecipare a una certa quantità di gente – ma, alas, dopo cena non potremmo avere la libreria. Però, così com’è, funziona decisamente. O così parrebbe, a giudicare dall’entusiasmo con cui i paperstagers hanno chiesto lumi sulla prossima lettura…

Quindi sì: siamo soddisfatti su tutta la linea, abbiamo celebrato debitamente ‘anno shakespeariano e il Palcoscenico di Carta tornerà in primavera. Ancora non sappiamo cosa si leggerà. Idee? Desiderata? Suggerimenti?

Oh – e le fotografie si trovano qui.

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Nov 28, 2016 - Storia&storie, teatro, virgilitudini    Commenti disabilitati su Il Testamento di Virgilio al d’Arco

Il Testamento di Virgilio al d’Arco

Se le ultime richieste di Virgilio fossero state onorate, il poema che conosciamo come Eneide non sarebbe mai giunto fino a noi. Ma Augusto e il poeta Lucio Vario Rufo decisero di non consegnarlo alle fiamme e all’oblio, e noi, venti secoli più tardi, associamo il nome di Virgilio prima di tutto agli esuli troiani, alla fondazione mitica di Roma, alla guerra nel Lazio… Un’ombra lunghissima e una visione della Romanitas mai tramontata del tutto – contro la volontà del suo stesso autore. Che cosa resta di chi muore? Chi decide davvero che cosa ciascuno di noi si lascia dietro? Quanto pesa l’eredità di un poeta?

Questa sera, per i Lunedì del d’Arco, ritorna Il Testamento di Virgilio (che un tempo si chiamava Di Uomini e Poeti), con la regia di Maria Grazia Bettini.

Ci sono Adolfo Vaini, Diego Fusari, Andrea Flora, Francesca Campogalliani, Rossella Avanzi, Riccardo Fornoni, Mario Zolin, Valentina Durantini, Stefano Bonisoli, Alessandra Mattioli, Annalaura Melotti, Melissa Carretta, Anna Bianchi, Chiara Benazzi e Serena Zerbetto.

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L’ingresso – come per tutti i Lunedì – è gratuito. Vi aspettiamo.

Nov 21, 2016 - teatro    Commenti disabilitati su Delitto e Castigo

Delitto e Castigo

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Immagini c/o Teatro Campogalliani

Dostoevskij a teatro? Quegli enormi, intricati romanzi fatti per lo più d’interiorità tormentata?  Sembra un’idea da far tremare i polsi, nevvero?

Ebbene, sono vagamente (e piacevolmente) stupita di scoprire che in Italia esistono ben due versioni teatrali di Delitto e Castigo, nientemeno. E su una delle due, quella di Glauco Mauri, è caduta la scelta di Maria Grazia Bettini, regista e direttore artistico dell’Accademia Campogalliani, per l’apertura della stagione regolare nel settantesimo anniversario della compagnia.

Scelta audace – per la difficoltà del testo e perché, diciamolo, non è facile portarsi in giro Dostoevskij. Ma Grazia era affascinata dall’attualità di certi temi – un certo superomismo alla russa, l’idea che qualche forma di superiorità intrinseca giustifichi il crimine… – e dalla natura teatrale del rapporto tra il protagonista Raskol’nikov e il Giudice Porfirij, fatto di dialoghi, silenzi, menzogne e reti tese. E così ha scommesso sull’autore “difficile”, sulla riduzione di Mauri, sulle sue idee, sui suoi attori… E ha vinto. ASI

Questo Delitto e Castigo è uno spettacolo teso, denso, asciutto, pieno di ritmo e di tensione. Raskol’nikov e il Giudice si girano attorno, si studiano, si attirano allo scoperto, si tendono trappole a vicenda – ma è chiaro fin da subito che Porfirij sa esattamente dov’è diretto, mentre Raskol’nikov annaspa nel suo stesso buio, spaventato e delirante, aggrappato alle sue teorie ma inconsciamente bisognoso di essere scoperto, perso tra un’arroganza maldestra e il disgusto per la meschinità di tutto.

È una partita a scacchi ineguale, in cui uno dei giocatori si sfilaccia – mente e nervi – scena dopo scena.

CatturaE gli interpreti sono superlativi. Diego Fusari è tutto scatti, terrori, impeti, controllo che sfugge, con una gradualità, una finezza e una profondità meravigliose. E Adolfo Vaini disegna alla perfezione l’umanità amara e lucida del giudice, e l’apparenza di bonomia non perde mai il suo filo malinconico. Menzione d’onore anche ad Alessandra Mattioli, Sonja dolente e luminosa.

Questi tre e pochi altri bravi Daniele Pizzoli, Michele Romualdi e Andrea Frignani) Maria Grazia Bettini muove con raffinata sobrietà nel riquadro grigio di muri cadenti e porte polverose, che le belle luci di Giorgio Codognola trasformano di volta in volta in stanzette d’affitto, stazioni di polizia, strade notturne e luoghi della mente… Il meccanismo è perfetto, la tensione non cala mai un attimo, e due ore volano in questa esplorazione delle regioni cupe dell’animo umano. Uno spettacolo magnifico.

(Delitto e Castigo resta in cartellone al Teatrino d’Arco fino al 18 dicembre).

 

 

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Nov 18, 2016 - il Palcoscenico di Carta, Shakespeare Year    Commenti disabilitati su Cose Pratiche

Cose Pratiche

Immaginatevi la Clarina che saltella attorno, grillon-grillerelloni, preparando l’ultima conferenza di Malvagi, Amici, Amanti e il primo incontro del Palcoscenico di Carta…*

Perché sì, per una combinazione di caso e necessità, accade tutto insieme – solo non alla stessa ora. Per fortuna. Ad ogni modo, martedì 22 sarà uno di quei giorni campali, ecco.

Detto ciò, parliamo di cose pratiche. State esitando se leggere con noi oppure no? Vi piacerebbe ma non siete sicuri, e poi ci sarà ancora posto…? Ebbene, c’è ancora qualche parte scoperta – una consistente e un paio piccoline. Lanciatevi – contattandoci nel modo che è spiegato qui. Vi assegneremo una parte e vi invieremo il testo.

Testo che potete scaricare al link qui sopra, anche se preferite ascoltare e basta. E sapete una cosa? Pene d’Amor Perdute non capita tutti i giorni: si rappresenta pochino, e men che meno in Italia. È un’occasione per far conoscenza con uno Shakespeare meno noto… un buon modo per concludere l’Anno Shakespeariano, non credete? E per di più, è una commedia deliziosa, piena di scintillanti schermaglie fra non meno di quattro coppie d’innamorati, per non parlare di cavalieri spagnoli, paggi impertinenti, eruditi di campagna, rustici, connestabili, contadinelle…

Unitevi a noi: vi aspettiamo nella nostra nuova bellissima sede, la Libreria Ibs+Libraccio, al n° 50 di Via Verdi, martedì 22 novembre alle ore 18.

LocTeatrino

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* Probabilmente non è del tutto un caso che, come raccontavo ieri sera a Gabri la Regista, i miei sogni notturni siano, per due terzi almeno, di argomento teatrale. Su cosa esattamente questo dica di me… non indaghiamo, volete?

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Nov 15, 2016 - Shakespeare Year    Commenti disabilitati su Amici (Shakespeariani) al Museo

Amici (Shakespeariani) al Museo

Esiste davvero, l’amicizia? L’amicizia perfetta e virtuosa di Cicerone, l’amicizia complementare di Aristotele, l’amicizia idealizzata di Montaigne…

A Shakespeare non interessavano le dispute filosofiche – ma le loro applicazioni nella vita e su un palcoscenico. E in un mondo che ancora si provava addosso il nuovo concetto d’amicizia post-feudale quando già era diventato (forse) un idillio fittizio, le opere del Bardo sono piene di amici che si perdono e ritrovano, si tradiscono e si uccidono, si contendono una donna e se la cedono a vicenda, rischiano la vita l’uno per l’altro. Veri e falsi amici, legati da uncini d’acciaio – come Polonio raccomanda a Laerte. Legati nel bene e nel male da vincoli che salvano, mettono nei guai o uccidono, né più né meno dell’amore…

Oh – e a proposito: in tutto questo le donne dove sono?

Ne parliamo questa sera al Museo Virgiliano di Pietole – alle ore 21, con Andrea Flora, Mauro Missimi, Riccardo Fornoni e Stefano Bonisoli, dell’Accademia Teatrale Campogalliani.

Friendships

 

Ott 28, 2016 - teatro    Commenti disabilitati su Campogalliani70: Alle Luci con Giorgio Codognola (II Parte)

Campogalliani70: Alle Luci con Giorgio Codognola (II Parte)

Rieccoci qui, ad esplorare il lato tecnico del teatro – e in particolare dell’Accademia Campogalliani – con Giorgio Codognola. Gli abbiamo chiesto dei suoi inizi, dei suoi spettacoli prediletti e dei momenti più avventurosi. E adesso…

Com’è cambiata la vita dietro le quinte attraverso gli anni, nel rapporto tra palcoscenico e tecnologia?

TeatroPer tanti anni ho fatto anche il sonoro, finché non è arrivato Nicola [Martinelli]. C’erano commedie più semplici, con pochi cambi di scena, facili da gestire. Poi abbiamo cominciato a fare cose più complesse – addirittura una con settantadue cambi di scena… gente che entra ed esce in continuazione, cambi luci… Non si riusciva a fare con un piccolo regolatore. Allora abbiamo comprato un regolatore a ventiquattro canali con le memorie. Era il primo di quel tipo che usciva. l’abbiamo acquistato da una ditta locale che lo importava dall’Inghilterra e, a metà anni Novanta, costava tre milioni. Erano apparecchiature nuove e costosissime, all’epoca, a livello professionistico. Costava una cifra spropositata, ma ci ha consentito di mettere in scena cose molto complesse. Sono dell’idea che valga sempre la pena di avere il meglio, in fatto di tecnologia, e ho sempre cercato di averlo. Il fatto che anche per il mio lavoro mi occupassi di cercare impianti, materiali e macchinari era d’aiuto: sapevo dove andare a cercare. Ho sempre voluto le cose più moderne, e adesso saranno vent’anni che non abbiamo problemi con le luci. Poi quando andiamo in giro e incontriamo dei service vado subito a curiosare, e vedo che le mie attrezzature sono uguali a quelle dei professionisti. Ho speso tanto, ma alla fine ne è valsa la pena. Quel che costa poco va a catafascio presto. Naturalmente tutto questo vale anche per il sonoro. È facile trovarsi nei guai con la musica… Quando siamo andati a Nevers con gli Innamorati avevamo un registratore a nastro a otto piste. Il mio predecessore era abituato a tenere su quelle enormi bobine, in un senso e nell’altro,  tutte le commedie… Quindi va’ a pescare quella giusta! E quando siamo arrivati a Nevers, mentre scaricavamo dal pullman il cassone del registratore è caduto per terra. Mamma mia…! Per fortuna si è rotto solo il coperchio, ma non t’immagini la paura.
Una delle cose più paurose – e ridicole, perché dopo ci abbiamo riso su – è stata una volta a Pesaro, dove facevamo una commedia con un gruppo di ragazze che dovevano ballare. E al momento di partire… la musica non c’era. Allora loro si sono messe a cantare per accompagnarsi, e dopo abbiamo scoperto che si era staccata una spina. Capita. Adesso abbiamo imparato a stare molto attenti, leghiamo tutto… si impara da queste tragedie.

È chiaro che hai da fare in abbondanza dietro le quinte – ma in tutti questi anni non hai mai, ma proprio mai recitato?

Sì, una volta. In una trasferta dalle parti di Casalmaggiore. Facevamo una commedia in dialetto, Trenta Secondi d’Amore. Uno non era venuto, e dovevo fare la sua parte, e poi correre a fare le luci. All’apertura del sipario del secondo tempo, dovevo fare il paziente del dentista, che era Adolfo. Allora ero là, girato di spalle. Si apre il sipario, e io… Che cosa devo dire? Non mi ricordo più nulla. Passa un’eternità, entra Adolfo e mi dice “Va bene, va bene, se ne vada.” Io esco con il cuore in gola, la pressione non so dove, sudato come una bestia… “Ma cosa dovevo dire?” “Niente!” E ho capito che lì sopra non ci sarei andato mai più. L’esperienza mi è bastata: mi sembrava di morire. Che poi fuori fai cose più critiche che star seduto su una poltrona senza sapere che cosa dire. A volte ci sono emergenze, imprevisti, lampade che non funzionano… Ho sempre avuto la fortuna di restare calmo e trovare la soluzione immediata senza troppi problemi. Quello è sempre stato, e me lo dico da solo, un mio pregio: non perdo la testa. Il che è un bene, perché è facile sbagliarsi, e gli errori capitano – ma una delle cose che impari è minimizzare gli errori. Quello mi piace – ma sul palcoscenico… mai più!

Voi vi spostate spesso, frequentate rassegne e concorsi in tutta l’Italia e all’estero, e portate in giro i vostri spettacoli in ogni genere di posto. Questo complica molto la vita, immagino… Gioie e dolori del tecnico delle luci itinerante?Cattura

Ti dirò che da un po’ di tempo abbiamo preso l’abitudine di andare a vedere che cosa c’è nei posti, giusto per sapere che cosa ci aspetta – ma andiamo sempre attrezzati per essere autosufficienti, con il nostro materiale che ho progettato come un meccano, da potersi montare senza usare attrezzi. Anche quando andiamo nei teatri grossi, come Pesaro o Macerata, dove ci sono grandi impianti e tanto personale tecnico, ci portiamo sempre il regolatore – perché il mio lo so usare, ma il loro… chi lo sa? Un anno siamo andati a Imperia: bel teatro grosso, un sacco di fari e un banco luci da qui fin là. E l’operatore non lo conosceva e non sapeva usarlo. Ma abbiamo fatto presto: abbiamo tolto il cavetto – benedetto il digitale! – abbiamo attaccato il mio regolatore, e via così. L’importante è avere buon senso in fatto di sicurezza, stare molto attenti e provare tutto. Se lo spettacolo dura due ore, bisogna far andare tutto per due ore – e mai spegnere prima di cominciare – perché quel che è acceso va, ma se spegni non sai mai se si riaccende. Sono cose che impari piano piano. Bisogna essere sempre preparati a tutto, e così non ci siamo mai trovati in guai che non potessimo risolvere, nemmeno nei teatri più strampalati, nemmeno nei teatri parrocchiali dove non c’è una spina nell’angolo in tutto e per tutto. Però andando per teatri grossi, c’è sempre da imparare dai macchinisti, la gente che monta le scene e le quinte, le attrezzature. Soprattutto dove ci sono i tecnici di una certa età, gente che ha la tecnica, falegnami e macchinisti eccezionali da cui abbiamo imparato tante, tante cose. Poi se vedono arrivare gente non del tutto sprovveduta, che sa come muoversi, condividono volentieri. A Pesaro è capitata per la prima volta una compagnia di Livorno, abituata a lavorare con sei fari. Al Rossini ce ne sono duecento. Sono andati in crisi, poverini. Non sapevano più dove andare… Noi ci siamo fatti la fama di gente che lavora a livello professionale e per lo più ci lasciano fare, e ci siamo trovati bene – quasi sempre.

Grazie, Giorgio. È stato molto interessante scoprire un aspetto della vita teatrale inconsueto e intrigante. La settimana prossima andremo a curiosare tra gli allievi della Scuola.

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Ott 7, 2016 - teatro    Commenti disabilitati su Campogalliani70 – Intervista a Francesca Campogalliani (parte II)

Campogalliani70 – Intervista a Francesca Campogalliani (parte II)

MrsHE rieccoci con Francesca Campogalliani, proprio ieri sera deliziosa Signora Higgins nella ripresa al Teatro Sociale del fortunatissimo Pigmalione diretto da Grazia Bettini.  Abbiamo parlato della nascita e dell’evoluzione dell’Accademia, e di una felicissima carriera iniziata come regalo di maturità, sotto minaccia materna d’interruzione alla prima bocciatura universitaria – bocciatura che non venne mai, per fortuna. Ma questa madre che non minacciava a vuoto mi ha incuriosita…

La sua mamma non era coinvolta nelle attività dell’Accademia?

Assolutamente no. Mia mamma aveva due lauree in materie scientifiche ed era del tutto estranea al mondo dell’arte. I miei hanno avuto una vita bellissima, per loro stessa ammissione, anche perché non sono mai entrati troppo l’uno nel lavoro dell’altro. In casa c’erano ruoli molto definiti: mia mamma era un’organizzatrice perfetta, e mio padre non sapeva niente della vita pratica, e sono andati  benissimo così. Lui ha potuto svolgere il suo lavoro a un metro da terra perché mia mamma glielo ha permesso. Non si è mai fatto una valigia, non ha mai prenotato un aereo – e come stessero le cose si è visto fin dal primo appuntamento, quando è andato a prendere mia madre nella farmacia sbagliata. Da parte sua, mia mamma lo ha seguito nelle sue attività, ma per lo più non distingueva un baritono da un tenore.  In casa si è sempre detto che in due facevano una persona completa.

E chissà se una complementarità di caratteri ben assortiti non sia anche uno dei segreti della vostra ottima e lunga riuscita. Se non sbaglio, settant’anni fanno di voi la più longeva compagnia amatoriale d’Italia: che cosa è cambiato in questi decenni, e cosa è rimasto immutato?

Sono rimasti i principi secondo i quali l’Accademia è stata fondata. Nessuno di noi viene remunerato in alcun modo. Se uno di noi occupa un posto regolare paga il suo biglietto. C’è una grande correttezza reciproca su cui nessuno ha mai discusso. Non è cambiato l’impegno, e non è cambiata la passione… Quel che è cambiato è che tutto è diventato più intenso e impegnativo. La qualità è sempre quella, ma un tempo – prima che questo teatrino fosse un teatrino – una commedia si faceva una volta o due al Sociale, poi si andava una volta a Pesaro, a Montecarlo, a Vichy – e tutto finiva. Non c’era la stagione che si è andata consolidando e allungando nel tempo, e c’era per lo più un regista unico, Aldo Signoretti. Adesso, con due registi e numerosi attori, possiamo diversificare i cast e fare tre o quattro titoli nuovi ogni stagione – e naturalmente insieme all’impegno si sono moltiplicate le necessità organizzative e di comunicazione. La sostanza non è cambiata – ma i modi sì. Gli ideali della fondazione sono rimasti intatti – e non è cosa da poco.

Prima accennava al teatrino. Come ci siete arrivati?about_2

Nei primi anni Cinquanta la marchesa d’Arco ha ceduto questa, che era la scuderia. Il pavimento era tutto a livello del palcoscenico, e noi l’abbiamo presa in carico come sala prove. Poi pian piano, a nostre spese, abbiamo fatto scavare il pavimento e aggiunto le sedie, abbiamo acquisito i camerini, i servizi, la parte di sopra e, dopo varie fasi a seconda delle necessità e del gusto, nei primi anni Settanta era già tutto più o meno come lo si vede adesso. E tengo a dire che l’abbiamo sempre tenuto perfettamente a norma – un impegno non da poco. Noi troviamo che abbia un calore e un’atmosfera particolari. C’è un rapporto speciale tra palco e platea, qui. Addirittura, quando siamo in un teatro grande il pubblico ci sembra così lontano…

Posso dire che vale anche dal punto di vista del pubblico: venendo qui molto spesso mi sono abituata a quel calore tra palco e platea di cui parla – e ne sento la mancanza in teatri più grandi. E credo di non essere la sola: tutta Mantova ha un rapporto speciale con la Campogalliani.

st_014_05Ogni anno vengono qui più di quattromila spettatori. Un discreto numero, perché qui i posti sono 64, e quindi significa tante serate a platea piena. D’altra parte, la Campogalliani è stata parte del tessuto culturale cittadino in modo continuativo fin dal ’46 – anche perché a suo tempo ha raccolto in sé le filodrammatiche che c’erano prima della guerra. Il contatto con la vita culturale cittadina c’è sempre stato. Le istituzioni non si sono sempre occupate di noi, devo dire. Ma c’è di buono che questo ci ha resi liberi, ci ha dato facoltà di fare qui quello che volevamo e vogliamo – nella scelta dei testi, dei tempi, della programmazione… in tutto. Però abbiamo collaborato con il comune e con tante associazioni – non soltanto in questo anno così particolare – e l’abbiamo sempre fatto con piacere. Io ho una grande nostalgia della collaborazione davvero esemplare con l’Accademia Virgiliana, durante la presidenza del professor Zamboni. Oltretutto c’erano degli intenti comuni, un senso di servizio fatto alla città che non sempre si trova. Giorgio parlava della necessità di unire le forze per creare di più. Noi non avremmo mai fatto D’Annunzio, se non fosse stato per lui – e forse avevamo qualche dubbio in partenza, ma fin dalla prima prova il testo ci ha sedotto. E il pubblico ha risposto davvero molto. E poi c’è stato Bibi e il Re degli Elefanti, e Di Uomini e Poeti… Secondo me Giorgio Zamboni vedeva lontano, e chissà con che cosa avremmo continuato. Un bell’esempio di collaborazione tra istituzioni – ammesso che noi possiamo considerarci un’istituzione.

Senza dubbio un’istituzione di fatto, come minimo…

Sì, direi che con la Campogalliani Mantova ha un bell’esempio di quello che possono la passione, la volontà, la cultura teatrale in mano a persone che veramente sanno ricreare e diffondere gli onori del palcoscenico. Abbiamo sempre perseguito un’opera di diffusione culturale, e il pubblico di Mantova e provincia ha sempre riconosciuto il nostro impegno. Questo è fondamentale, perché il pubblico per noi è l’altra metà del cielo, e ci ha sempre, ma proprio sempre gratificati e seguiti – e non è cosa da poco. Credo che un po’ ce lo siamo meritato. Lo dico senza falsa modestia, perché la falsa modestia è un peccato quasi capitale. Ci siamo fatti un nome e un seguito – e qui si sperimenta una vita particolare, sembra di vivere due volte.

E con questo abbiamo finito. Grazie, Francesca, e buon lavoro nell’intensissima stagione, nelle celebrazioni del settantennale e negli eventi di Mantova Capitale. A prestissimo. E la settimana prossima tocca a Maria Grazia Bettini.

Set 28, 2016 - teatro, virgilitudini    Commenti disabilitati su Sbirciatina Virgiliana

Sbirciatina Virgiliana

E siccome sabato si avvicina – e con sabato Il Testamento di Virgilio – lasciatemi recuperare qualche immagine del debutto al Bibiena, back in the day, quando si chiamava ancora Di Uomini e Poeti.

Vario (Diego Fusari) e Clito (Andrea Flora)

Vario (Diego Fusari) e Clito (Andrea Flora)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Le Ombre

Le Ombre

 

 

 

 

 

 

 

 

Creusa (Rossella Avanzi), Lavinia (Valentina Durantini) e Amata (Francesca Campogalliani)

Creusa (Rossella Avanzi), Lavinia (Valentina Durantini) e Amata (Francesca Campogalliani)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Vario e le Ombre

Vario e le Ombre

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Amata e Virgilio (Adolfo Vaini)

Amata e Virgilio (Adolfo Vaini)

 

 

 

 

 

 

 

 

Quasi tutti

Quasi tutti

 

 

 

 

 

 

 

 

E poi un po’ di prove, ieri sera, fotografate da Maria Grazia Bettini

Provine2P

 

 

 

 

 

 

 

 

 

E per finire, la bellissima sala della Biblioteca Teresiana in cui si terrà la rappresentazione:

Teresiana

 

 

 

 

 

 

 

 

Nice, isn’t it? E se tutto questo vi facesse pungere vaghezza di venire a vederci, vi ricordo che lo spettacolo è gratuito, ma i posti sono limitati, ed è prudente prenotare al numero 0376 338450.

Vi aspetto in biblioteca?

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