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Apr 15, 2013 - grillopensante, teatro    2 Comments

Non Solo Per Bambini

Con la prima che incombe, si discute se Bibi & il Re degli Elefanti sia per bambini oppure no.

E, se lo chiedete a me, sono tentata di dire di no. At the very least, non è solo per bambini. 

bibi e il re degli elefanti, accademia teatrale campogalliani, teatrino d'arcoÈ vero, ci sono gli elefanti parlanti, e le pulzelle, e gente uscita dai libri – ma sotto il linguaggio, il tono e i colori della favola, Bibi è costruita attorno a una serie di domande dannatamente adulte. Da un lato, questioni di come si reagisce di fronte alla malattia, di come si convive con la paura, di cosa costituisce la forza dell’individuo. Dall’altro, il ruolo dell’immaginazione nella crescita. E in mezzo c’è l’idea che l’uno e l’altro siano legati in modo molto, molto stretto quando la malattia colpisce un bambino.

E c’è anche un omaggio ai compagni immaginari, che alle nostre latitudini sono a tutti gli effetti pratici una specie protetta… Ne avevamo già parlato, ricordate? Mi troverete sempre pronta a spezzare una lancia in favore dei compagni immaginari – e ce n’è bisogno, a giudicare dalla diffidenza che li circonda. È davvero così necessario affrettarsi a confinare l’immaginazione dei bambini? Qualche settimana fa le maestre hanno bandito dall’asilo il compagno immaginario del mio figlioccio di tre anni e mezzo… un’età davvero matura per acquisire un senso della realtà, don’t you think?

Ecco, in B&RdE si sostiene che l’immaginazione non è una fuga, ma una fonte di forza di fronte alla malattia.

Questioni adulte – raccontate in un modo abbastanza bifronte. 

Da un lato c’è la favola, con la piccola Bibi, il suo elefante e la Pulzella. Dall’altro c’è la storia della mamma di Bibi, terrorizzata e fragile davanti alla malattia di sua figlia, e anche davanti a quel mondo immaginario che Bibi si costruisce per difendersi da una sofferenza che non capisce.

Non so fino a che punto questo sia paradossale, ma l’aspetto più difficile da centrare è stato quello fiabesco. Scrivere per i bambini è stata una bizzarra esperienza sotto molti punti di vista. Avevo editato storie per bambini, e quindi me n’ero occupata non solo da lettrice, ma scriverne una ha richiesto una serie di affascinanti esercizi: bisogna ricordarsi molto bene della bambina che si era, e scrivere per lei senza dimenticarsi che sono passati decenni tra quella bambina e i piccoli lettori odierni. Bisogna ritrovare il senso di magia che si vedeva racchiuso nelle storie – non necessariamente nelle favole, ma nel fatto che pagine bianche e parole nere contenessero ogni possibile genere di personaggi, posti e vicende…

Mi conforta nell’idea di esserci riuscita almeno un po’ il parere di A., che ha cinque anni e, dopo avere visto B&RdE ha chiesto a sua madre se poteva avere anche lei Bogus come amico immaginario. Ma di solito, quando il sipario si chiude e le luci si accendono in sala, non ci sono solo i bambini con gli occhi sgranati. Ci sono anche gli adulti con gli occhi lucidi.

Perché nonostante sia una storia di bambini, e nonostante Bogus, la Pulzella e il Piccolo Lord, questa non è solo una storia per bambini.

 

Apr 12, 2013 - teatro, Vitarelle e Rotelle    2 Comments

Bibi Al D’Arco

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A volte capita di scrivere per un’occasione specifica.

Capita per il teatro, capita per le commissioni.

Si scrive con dei vincoli, e può capitare che siano vincoli di tempo. Cose come “E soprattutto, al massimo un’ora, non più di un’ora e guai a sforare oltre l’ora.”

A suo tempo è capitato con Bibi e il Re degli Elefanti, da presentarsi a un pubblico di medici, genitori e bambini a chiusura di un convegno di medicina pediatrica. Parte della platea aveva una lunga e impegnativa giornata alle spalle, parte del pubblico era piccino… E così Bibi è nata piccola.

E sia ben chiaro, non c’è assolutamente nulla di male nel limitare i tempi. A volte è necessità, a volte è buon senso, a volte funziona così.

Poi però capita che le compagnie riprendano in mano le cose e le portino in teatro, e ne chiedano… un po’ di più. Per fare una serata di teatro completa.

E allora si aggiunge, si amplia, si ramifica – a volte si popola un po’ di più. È interessante vedere che cosa si riesce a fare senza stravolgere proporzioni e atmosfera, e in genere è un’occasione per sviluppare qualche idea che nell’esecuzione originale si era dovuta sacrificare o era rimasta in un angolo.

La tentazione poi è quella di risistemare tutto… si riprende in mano il testo, giusto? Perché non approfittarne? Ecco, questa non è sempre la migliore delle idee, perché in genere la compagnia preferisce non dover imparare tutto a memoria daccapo, thank you very much – e anche questo è un limite salutare per evitare di avventurarsi in rimaneggiamenti dissennati e vagabondaggi tangenziali…

 

Ed è andata così anche per Bibi. Da un limite all’altro – una porta aperta con limiti. E sempre di più vado scoprendo che nulla stimola la mente come un limite entro cui lavorare. Ne sono usciti un quadro in più, nuovi personaggi, nuovi compagni immaginari… perché Bibi non è la sola ad avere amici speciali. Per cui, ad andare in scena la settimana prossima per un giro di quattro repliche, è una Bibi nuova – buona anche per chi ha già visto la versione breve.

Se siete a Mantova e dintorni, e se vi va, queste sono le date:

Giovedì    18 Aprile   ore 20.45
Venerdì    19 Aprile   ore 20.45
Sabato       20 Aprile   ore 20.45
Domenica 21 Aprile   ore 16.00

Info e prenotazioni presso il Teatrino di Palazzo D’Arco dal mercoledì al sabato, tra le 17 e le 18 e 30. Telefono e fax: 0376 325363

Gen 11, 2013 - libri, libri e libri, teatro    Commenti disabilitati su Che Fine Ha Fatto Mrs. De Winter?

Che Fine Ha Fatto Mrs. De Winter?

rebecca la prima moglie, daphne du maurier, accademia teatrale campogalliani, rossella avanzi, alberto cattiniChiacchieravo di recente con la bravissima Rossella Avanzi, primadonna dell’Accademia Teatrale Campogalliani, reduce da un lunghissimo e trionfale giro di repliche del Pigmalione di G.B. Shaw, in cui interpretava (e interpreterà ancora – se ve la siete lasciata sfuggire, tenete d’occhio il cartellone della prossima stagione del D’Arco…) una deliziosa Eliza Dolittle.

Chiacchieravo con Rossella, dicevo, e in qualche modo non si poteva non venire a parlare dei suoi personaggi preferiti fra i numerosi che ha interpretato. E, come spesso capita in queste occasioni, perché parlare con i teatranti è sempre una miniera di scoperte, Rossella ha detto molte cose interessanti e una cosa in particolare che mi ha colpito.

Qualche anno fa, l’Accademia Campogalliani ha messo in scena un bell’adattamento per le scene di Rebecca la Prima Moglie, in cui Rossella interpretava la seconda Signora de Winter. “Parte ingratissima,” mi ha detto. “Bella, ma ingratissima: dicevo metà delle battute, e il pubblico non si accorgeva nemmeno che ero lì. Erano tutti così catturati da Rebecca, che il mio personaggio scivolava in secondo piano…”

Ora, se avete letto il romanzo di Daphne DuMaurier, o anche se avete visto il film di Hitchcock, saprete che la Rebecca eponima non s’incontra mai. Rebecca è morta ben prima che la storia abbia inizio, ma ciò non le impedisce di essere, per sentito dire e per interposta persona, l’incubo della seconda Mrs. de Winter, la narratrice in prima persona e senza nome. Nell’adattamento teatrale, Alberto Cattini ha portato in scena una Rebecca fantasma che si aggira per il palcoscenico, interagisce (non molto) con i personaggi, si rivolge al pubblico… e, Rossella ha ragione, il pubblico era catturato da lei e, benché fosse una piccola parte, identificava in lei il perno dello spettacolo.

Ma credo che ci sia anche un’altra ragione per cui la povera Seconda Moglie di Rossella passava un po’ sotto l’uscio, ed è una ragione narrativa. Nel romanzo questa ragazza senza nome è, si diceva, la narratrice in prima persona, quella attraverso i cui occhi il lettore scopre il mondo infestato di Manderley, segreto dopo segreto, in una lenta catena di rivelazioni successive – di cui non vi dico nulla, nel caso in cui non abbiate mai letto il libro e decidiate di farlo. Costei non ha una personalità troppo memorabile, un po’ perché è narrativamente necessario che sia ingenua e malcerta di sé, e un po’ perché deve costituire un filtro il più possibile sottile fra il lettore e la storia. La DuMaurier aveva fatto le cose per bene, novel-wise.

E nel passaggio al palcosenico, Cattini ha conservato questo duplice carattere della Seconda Signora de Winter: da un lato è la creatura ingenua e smarrita (e forse non aguzzissima) che deve scoprire quel che c’è da scoprire il più lentamente possibile; dall’altro, più che a guardarla agire sulla scena, il pubblico è chiamato a guardare ciò che succede attraverso i suoi occhi. È con lei che percepiamo la presenza minacciosa di Rebecca, l’ostilità della terribile governante, i segreti ostinati e le furie incomprensibili di Maxim. È con lei che ci dibattiamo nell’atmosfera morbosa di Manderley – e quindi ce la dimentichiamo un po’, povera ragazza senza nome, perché, nel passare dalla pagina alla scena, è rimasta in qualche modo una narratrice in prima persona.

E non crediate che lo spettacolo non funzioni, perché non è così. È coinvolgente, e tanto più per questa immedesimazione con la protagonista, a un livello di cui lo spettatore può anche non rendersi ben conto – ma non per questo, ripeto, non funziona.

Resta il fatto che un fuzionamento di questo genere può essere un nonnulla frustrante per chi interpreta la narratrice senza nome – la donna che ci trasmette il peso malevolo e onnipresente del fantasma Rebecca. Ruolo ingrato, perché chi bada più al medium quando compare lo spirito?

Feb 20, 2012 - teatro, virgilitudini    5 Comments

Ricapitolando

E così, con oggi pomeriggio, è finito il mio primo run ufficiale: cinque repliche di Di Uomini E Poeti.

Cinque, non sei, perché la prima è stata cancellata per una combinazione di neve e influenza, ma lo sapete – oh, se lo sapete. A dire il vero non ne potete più di sentirmi parlare di Di Uomini E Poeti, ma portate pazienza ancora per oggi, mentre rimugino di teatro, di scrittura e di massimi sistemi applicati.

Cominciamo col dire che, contrariamente, alle mie pessimistiche previsioni, sono sopravvissuta al run e non sto scrivendo dall’oltretomba. Per questa volta, niente sincopi e niente fama postuma. Ci sono stati brevi momenti di sconforto, si sono intrattenuti fuggevoli pensieri di emigrazione a St. Helena*, si è invocata, senza considerarla seriamente, l’ipotesi di fare harakiri con una matita HB, ma si è trattato di piccoli cedimenti dovuti al meteo e alla proverbiale instabilità degli artisti.

C’è stato il fatto che le prime sono sempre prime, che nevicava e i marciapiedi cittadini parevano fatti di vetro insaponato, che il teatro era mezzo pieno – ma al momento sembrava proprio mezzo vuoto. Nonostante questo, il primo quarto d’ora della prima è stato un quarto d’ora di beatitudine – poi la compagnia si è fatta prendere da un filino di Empty House Syndrome… C’è stata una certa quantità di smagliature, e alla fine non è che il mio primo vero pubblico pagante sia stato calorosissimo.

Dopodiché le cose sono andate germogliando e fiorendo di volta in volta, e i piccoli incidenti come il telefonino dimenticato acceso in tasca da un attore, e la bizzarra non-recensione sulla stampa locale sono stati piccoli incidenti pittoreschi. È stato affascinante sedere in mezzo al pubblico per cinque volte di fila, dividendo la mia attenzione tra quel che succedeva sul palco, le reazioni del pubblico e gli appunti per la riscrittura.

E allora andiamo con ordine.

Come ho detto e detto e detto ancora, questo era il mio primo run. La prima volta che vedevo uno spettacolo – mio o altrui – per cinque volte in dieci giorni. Sapevo in teoria che in teatro mai nulla succede due volte allo stesso modo, ma constatare la pratica, per così dire, sulla mia pelle, è stata un’esperienza elettrizzante. Ad ogni replica si produceva una diversa qualità di tensione e di fluidità, un ritmo diverso, un diverso colore complessivo… “Non ti stufi di vederlo tutte le sere?” mi ha chiesto la bambina di un’amica, sentendomi raccontare della mia avventura. “Oltretutto, lo sai a memoria…” Ebbene, posso confessare che potrei continuare a lungo? Non foss’altro che per vedere in quanti altri modi ogni singolo attore può affrontare ogni singola battuta. Non sempre ho condiviso tutto, non tuttissimo mi è piaciuto ogni volta, ma le possibilità, le possibilità, le possibilità

Il pubblico, dopo la prima è diventato più caloroso. Immagino che avere sfidato la tormenta per andare a teatro renda esigentissimi e freddini all’applauso**? E comunque, l’ho già detto, la prima non è stata affatto la migliore delle serate – come è collaudata tradizione in teatro. Che posso dire? Son cose che si prendono con più filosofia quando capitano a qualche altro autore. Epperò, la cosa che ho notato di più fin dalla prima sera, è stato il silenzio. DUeP non è il genere di lavoro che ecciti risate o reazioni facilmente registrabili a sipario aperto – ma c’era (caramelle a parte) quel silenzio immobile che significa attenzione. Oppure sonno profondo – ma se non altro nessuno ha russato. E poi, all’uscita, o via mail, o riferiti, o attraverso Twitter, arrivavano i complimenti. So di gente che si è commossa, di gente che è tornata una seconda volta, di gente che ha deciso di rileggere l’Eneide, di gente che era partita prevenuta e poi ha apprezzato… Non è solo merito mio – in teatro non è mai merito di una persona sola e la compagnia ha fatto un lavoro favoloso (con menzione speciale alla regia di Maria Grazia Bettini e al Vario di Diego Fusari) – ma lasciate che mi ci crogioli un pochino. Dopo tutto era la prima volta. E oggi pomeriggio, a teatro finalmente pieno, mi è spiaciuto pensare che era l’ultima volta, che dovrà passare del tempo prima che possa sedermi di nuovo in mezzo a un pubblico silenzioso e immobile – catturato dalle mie parole.

Adesso inizia la riscrittura. Non ho mai assistito alle prove, e quindi non ho mai avuto modo di lavorare insieme alla compagnia. Così ho usato le repliche come workshop, annotando le rigidità e le manchevolezze di cui sulla carta non mi ero accorta, e interrogando gli attori su quel che li rendeva infelici nel testo. Non ho ancora finito con loro, ma ho tutte le intenzioni di farli parlare. E poi riscriverò, allungherò e renderò più liscio l’insieme. Per la prima versione la committenza aveva fissato una durata massima di un’ora, cosa che mi aveva costretta a prendere degli angoli un po’ stretti, qua e là… E se sulla carta era tutto perfettamente logico, una volta in scena ogni spigolo, ogni scorciatoia, ogni semplificazione, tutto è emerso, evidente come una fila di coni segnaletici. Adesso posso sciogliere nodi, sfumare passaggi, sviluppare accenni, e sistemare tutto quello che ho sentito piatto, lacunoso o acerbo nel corso di queste repliche. “Tu sei matta,” mi ha detto D. – che probabilmente non ne può più di Virgilio e compagnia. “Ma allora quand’è che consideri definitivo un testo?” mi ha domandato P. con un’ombra di sconcerto, rigirandosi tra le mani la versione pubblicata di DUeP. “E però, nel frattempo, ci scrivi anche qualcosa di nuovo, vero?” hanno chiesto regista e diversi attori.

E le risposte sono, rispettivamente, che sono matta da legare, che non c’è ancora nulla che abbia scritto e/o pubblicato e sia disposta a considerare definitivo, e che sono tanto, tanto, tanto sollevata e lieta che la compagnia non ne abbia avuto abbastanza di me.

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* O altro luogo isolato e privo di teatri.

** Devo riferire un particolare un nonnulla eerie. Nel mio primo e fallito tentativo di romanzo, c’era un debutto – una prima teatrale in una sera di neve, con il teatro semivuoto, la compagnia di malumore e il pubblico maldisposto, e un mangiatore di caramelle in prima fila. Sapeste com’è strano ritrovarsi nel bel mezzo di un proprio romanzo… C’era persino la signora con le caramelle.

Gen 31, 2012 - Digitalia, pennivendolerie, teatro, virgilitudini    Commenti disabilitati su Al Volo

Al Volo

Posterellino indebito per due piiiiiiccole comunicazioni:

1) Su Plutonia Esperiment, il blog di Alessandro Girola, è uscita oggi questa recensione de L’Itala Giuditta. Mi piace particolarmente perchè spiega come la Giudi possa piacere almeno un po’ anche agli steamers duri e puri – categoria cui non appartengo e per la quale non ho scritto. La mia idea era di mescolare gli elementi base del genere con il linguaggio dei libretti d’opera… A quanto pare, avrei potuto fare di peggio.

2) Oggi pomeriggio alle 17.00, presso l’Università della III Età (Via Mazzini, 28 – Mantova), presentazione di Di Uomini E Poeti. Presenta Mario Artioli (who happens to be both man and poet), e intervengono Francesca Campogalliani (la Regina Amata) e l’autrice, di cui al momento mi sfugge il nome…

Fine del posterellino.

Dic 12, 2011 - self-publishing, teatro    Commenti disabilitati su L’Itala Giuditta A Teatro

L’Itala Giuditta A Teatro

l'itala giuditta, ebook, teatro, accademia teatrale campogalliani, i lunedì del d'arcoCi sono cose che si scrivono appositamente per la scena, e quindi non si vede l’ora di vederle rappresentate, perché quella è la loro natura, il motivo per cui sono nate.

Poi invece ci sono le sorprese.

L’Itala Giuditta, forse lo sapete già, è una novella risorgimental-steampunk ambientata in un 1857 alternativo: in un Regno Lombardo-Veneto dominato dagli Austriaci col terrore e col vapore, si apre il sipario sulle avventure dell’audace Giuditta Pasta, un tempo idolo dei teatri lirici, ora pronta per il ruolo più drammatico della sua vita – quello di musa delle rivoluzioni.

E intanto a Firenze, chiuso nella sua cantina, un dotto e pio inventore lavora con riluttanza a un segretissimo marchingegno che potrebbe cambiare le sorti dell’Europa intera.

 

Tra misteriose armi, abati timidi e calabroni a vapore, riuscirà l’incomparabile Giuditta a sottrarsi alla Regiaimperial Polizia, trascinare all’azione i timorosi e metter mano all’Unità d’Italia?


Ecco, in marzo eravamo a questo punto, con un ePub che era anche il mio primissimo esperimento di self-publishing digitale (e che, volendolo leggere, si può reperire qui).


Poi è accaduto che Grazia Bettini, una dei bravissimi registi dell’Accademia Teatrale Campogalliani di Mantova, venisse a sapere dell’esistenza della Giudi e me ne chiedesse notizie.


“Sai, essendo l’anno che è, siamo in cerca di testi risorgimentali – per epoca o per ambientazione – per i Lunedì del D’Arco…”


Io ero molto felice di far leggere la Giudi a Grazia, ma dubitavo che fosse quello che cercavano. I Lunedì del D’Arco sono una meritoria e seguitissima para-stagione mantovana: letture drammatiche e rappresentazioni semisceniche offerte gratuitamente alla cittadinanza – e quest’anno erano dedicati, per l’appunto, al Centocinquantesimo. A dire la verità temevo che il Confortatorio dei Martiri di Belfiore e la Giudi Steampunk non si sposassero bene…


E invece sottovalutavo la Campogalliani!


La sottovalutavo perché Quella Gente Lì ha coraggio, intelligenza e sense of humour da vendere, e stasera porta in scena L’Itala Giuditta sforbiciata, adattata e magicamente mutata in atto unico – in forma semiscenica – con la favolosa Francesca Campogalliani nei panni della Giudi.


E io non vedo l’ora, perché se è eccitante veder prendere vita un testo teatrale, non so immaginare l’emozione di veder succedere la stessa cosa a una novella, nata per restare sulla carta – letterale o elettronica. A parte tutto il resto, per me è uno straordinario regalo di Santa Lucia.


Quindi, qualora foste curiosi anche voi e vi capitasse di essere dalle parti di Mantova, vi dò appuntamento a questa sera alle ore 21.00 al Teatrino D’Arco.


Nov 14, 2011 - guardando la storia, teatro    Commenti disabilitati su Aninha Torna

Aninha Torna

aninha, anita garibaldi, risorgimento, centocinquantesimo, unità d'italia, accademia campogallianiL’Accademia Teatrale Francesco Campogalliani di Mantova dedica l’edizione 2011-2012 de I Lunedì del D’Arco al centocinquantesimo anniversario dell’unità d’Italia.

Il programma è vario: dalle donne del Risorgimento ai Martiri di Belfiore, passando tra l’altro per Aninha, il mio atto unico dedicato ad Anita Garibaldi – quasi un monologo, se non fosse per Garibaldi e gli altri.

Stasera alle ore 21.00, al Teatrino D’Arco, Cristina Dibiasi e Andrea Flora riprenderanno i personaggi che hanno già portato in scena l’estate scorsa a Governolo, in occasione delle celebrazioni per il Centocinquantesimo.



Sentivo il mondo muoversi appena oltre la cinta nera delle colline all’orizzonte, come un ruggire lontano di temporali nella notte. E me ne tornavo a casa piena di una fame senza nome e senza forma. E dietro le mie spalle mormoravano della Aninha selvaggia, la vergogna e il crepacuore di sua madre. Allora gettavo indietro la testa e fingevo che non m’importasse. Ero prigioniera…

Prima di Anita c’era Aninha, la figlia di un mandriano nelle paludi del Brasile, soffocata in un mondo troppo stretto – finché qualcuno non le diede un nuovo nome e nuovi sogni. Questa è la storia della ragazza che divenne Anita Garibaldi.

Ott 10, 2011 - teatro    2 Comments

Di Uomini E Poeti – Il Debutto

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Tradizione vuole che, in punto di morte, Virgilio abbia chiesto con insistenza la distruzione della sua opera incompiuta, il poema epico che ancora non si chiamava Eneide. Ma il poema era una straordinaria celebrazione – e ancor più un’edificazione del mito di Roma, bella nella sua incompiutezza: Vario Rufo, poeta a sua volta e amico di Virgilio, non ebbe cuore di obbedire alla richiesta e in seguito ebbe da Augusto l’incarico di curare la pubblicazione dell’Eneide così come Virgilio l’aveva lasciata.

È per una disobbedienza alla volontà di un amico defunto che il poema è giunto a noi attraverso venti secoli, con l’occasionale verso imperfetto, con qualche incoerenza, con le sue asimmetrie narrative e con un eroe cui forse – forse! – l’autore non ha fatto in tempo a instillare, a completamento delle virtù romane, la scintilla vitale.

I latinisti si sono interrogati a non finire sul brusco finale del Libro XII, e innumerevoli generazioni di studenti ginnasiali, me compresa, hanno storto il naso davanti al Pio Enea, più paradigma di obbedienza e abnegazione che essere umano. Rileggendo il poema con occhi adulti, e con la libertà e il gusto di cui non avevo beneficiato sui banchi di scuola, mi sono trovata a meditare, più che sulle vicende di Enea e dei suoi, su ciò che Virgilio non ebbe tempo di compiere prima di morire. La tentazione di considerare la gelida caratterizzazione di Enea un difetto da prima stesura era irresistibile – e non ho resistito. Il mio Virgilio, che torna nei sogni di Vario Rufo per deciderlo a bruciare il manoscritto incompiuto, non si preoccupa tanto dell’imperfezione dei versi, quanto di non avere avuto il tempo di tratteggiare compiutamente i significati e i messaggi che voleva nella sua opera.

Ma a complicare il dilemma di Vario, lacerato tra la lealtà all’amico e l’ammirazione per il poema, irrompono nel sogno i personaggi dell’Eneide – non l’eroe eponimo e vincitore, ma gli sconfitti: Creusa, Turno, Amata, colmi di risentimento e certi che solo la distruzione del manoscritto li libererà dalla sorte cui Virgilio li ha condannati. Ed ecco che la lotta per il rogo dell’Eneide diventa una metafora per l’intrecciarsi di arte e vita, dovere e istinti primari, libero arbitrio e destino, amore, sconfitta, giustizia e memoria – in una parola, l’umanità.

Difficilmente la questione di che cosa davvero mancasse al compimento dell’Eneide troverà una risposta inoppugnabile. Dove storiografia e filologia non possono giungere, tuttavia, al teatro è consentito tessere, con le incertezze di Virgilio e il rifiuto di Vario, una riflessione sul rapporto tra l’autore e la sua opera.

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Di Uomini E Poeti – ovvero Il Testamento di Virgilio – debutta venerdì 14 ottobre alle ore 21 al Teatro Bibiena di Mantova.

Ingresso gratuito e niente prenotazioni – a quanto pare, l’unica è non arrivare troppo tardi…

E se non potete venire, wish me luck! (ma non in questi termini!!)    

Set 7, 2011 - Digitalia, Gl'Insorti di Strada Nuova, teatro    Commenti disabilitati su Good Things Coming

Good Things Coming

L’autunno si prospetta interessante.

Tanto per cominciare, Gl’Insorti di Strada Nuova torna… stavo per scrivere “in libreria”, ma non è proprio così. Strada Nuova è il mio secondo romanzo, un meta-arnese pubblicato sei anni fa con uno di quei microeditori senza promozione e senza distribuzione. Adesso è giunto il momento per lanciarlo nel mare digitale. Per cominciare, qui trovate qualche informazione e l’incipit. Nel corso delle prossime settimane vi terrò aggiornati, qui e su Twitter, sulle mie vicissitudini e tribolazioni di self-publisher. Seguitemi nella mia avventura, volete?

Poi il 14 di ottobre l’Accademia Teatrale Campogalliani debutterà al meraviglioso Teatro Bibiena di Mantova con il mio atto unico Di Uomini E Poeti – ovvero Il Testamento di Virgilio. L’occasione è importante: convegno virgiliano in occasione del 150° e conferimento dell’edizione speciale del Premio Virgilio honoris causa al poeta irlandese Seamus Heaney – Nobel per la letteratura 1995. Per cui, sì: un Nobel per la letteratura assisterà al mio atto unico. Non so quanto ne capirà, ma immaginate il mio stomaco invaso da tutto un gaio sciamare di lepidotteri. Grossi come altrettanti B52. L’Accademia Campogalliani riprenderà DUeP nel febbraio 2012: guardate qui e scendete* fino a Dal 9 Febbraio. Anche di questa faccenda, inutile che ve lo dica, sentirete parlare ancora.

Con la Campogalliani non ho finito – o meglio la Campogalliani non ha finito con me, visto che nella nuova edizione dei Lunedì del D’Arco, dedicata al 150°, offrirà letture drammatiche di Aninha e della Giudi. Tra novembre e dicembre – sarò più precisa.

E per finire una piccola novità che riguarda Senza Errori di Stumpa. Mattia Nicchio di Sudare Inchiostro ha dedicato un post a Lo Scrittore di Buon Senso, parlandone bene e tirandomi un pochino le orecchie perché non faccio molto per renderlo facilmente reperibile. Che dire? Mattia ha ragione – e io agisco. Come forse avrete notato, qui di fianco è germogliata una pagina dedicata al mio piccolo cotillon. Scaricate, leggete, fate circolare, venite a discuterne… Per ora c’è solo la versione .pdf, ma conto di arrivare a breve con MOBI – e probabilmente anche con ePUB.

E altre novità bollono in pentola per me e per SEdS, ma non ve le dico. Non ancora, almeno – perché, come tutti i narratori, torturo la gente di mestiere con vaghe promesse, premesse, prefigurazioni e appendimenti alle scogliere.

Stay tuned!

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* “Scrollare,” mi dice C. “Si usa scrollare!” Ma io non posso usare il verbo scrollare senza evocare immagini di enormi cani bagnati che si scuotono spargendo acqua ovunque… o almeno gente che fa spallucce. Per cui, nel senso di “far scorrere una pagina web usando il topo” continuerò a usare il buon vecchio scendere, o magari anche scorrere.

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