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Dic 28, 2015 - libri, libri e libri, Natale    6 Comments

Libri Sotto l’Albero 2015

BookOrnamentEcco ecco. Fra Santa Lucia e Natale ho ricevuto una certa quantità di libri…

1) The Jacobite Trilogy, di D.K. Broster. Il libro è una specie di fermaporte, e la Seconda Sollevazione Giacobita qualcosa per cui ho un debole – per via di Stevenson e Alan, si capisce. La Broster potrebbe essere un’altra di quelle scoperte, come Rosemary Sutcliff l’anno scorso. Ho appena cominciato il primo dei tre romanzi – ma ha l’aria di promettere bene.

2) Le Ateniesi, di Alessandro Barbero. Avevo sentito Barbero al Festivaletteratura a settembre, e mi aveva molto incuriosita a proposito di questo, che è il suo ultimo romanzo storico. Quel che mi ha convinta è l’idea di Eschilo che va a vedere le commedie di Aristofane e brontola perché la gente vuole solo ridere…

3) The Historical Bundle, di autori vari. Qui c’è un po’ di tutto – dall’antico Egitto ai pirati, dal Giappone all’Inghilterra Regency… È stato come entrare in un negozio di giocattoli – e sembrano uno più promettente dell’altro.

4) Lost and Found. Questo tecnicamente non è un libro, ma un DVD. Una raccolta di film muti americani che si presumevano perduti e invece sono saltati fuori dagli archivi di qualche archivio cinematografico neozelandese. Tra gli altri c’è Upstream, di John Ford – che volevo vedere da secoli perché è una storia di teatranti tra America e Inghilterra.

5) Accabadora, di Michela Murgia. Posso confessare che questo mi perplime un pochino? Non mi sembra per niente il mio genere… Ma il regalo viene da una persona che da anni lotta per allargare i miei orizzonti letterari, per cui ci proverò senz’altro.

6) Gli Ospiti Paganti, di Sarah Waters. Londra, 1922. I postumi della guerra, una casa troppo grande, una convivenza inaspettata… Ho sentito un gran bene, di questo romanzo e della sua autrice.

7) Push Not the River, di James Conroyd Martin. Altro romanzo storico. Diciottesimo secolo, spartizione della Polonia, basato su un diario autentico…

Ecco. Proprio un bottino, nevvero? Niente mi piacerebbe come avere abbastanza vacanze per leggere tutto ciò… All’atto pratico, quest’anno la mia vacanza di lettura postnatalizia si promette breve e stretta, per cui… Ma mettiamola in questo modo: tutto quel che non riuscirò a leggere in questi giorni sarà di gran consolazione quando l’orrido gennaio sarà qui.

E voi, o Lettori? Che cosa avete trovato sotto l’albero, in fatto di cose che si leggono?

Set 11, 2015 - Festivaletteratura    Commenti disabilitati su Piccolo Bollettino Festivaliero

Piccolo Bollettino Festivaliero

programmaMantova in questi giorni è in piena fibrillazione festivaliera, e sto festivaleggiando anch’io.

Un certa quantità di eventi, scelti per varie ragioni e – fin qui – con esito variabile.

Questo è un rapido bollettino su come è andata (o non è andata) in questo paio di giorni.

1. Tutto il resto è storia. Alessandro Barbero e Bianca Pitzorno a bagolare di romanzi storici. I libri di Bianca Pitzorno, lo sapete, non mi piacciono nemmeno un po’ – anzi. Barbero in compenso mi piace davvero tanto, come pure i suoi libri – e l’argomento era decisamente after my own heart, così sono andata. Sentire la signora Pitzorno scagliarsi contro la pratica dell’anacronismo psicologico è stato un momento davvero surreale… Il genere di cose che porta a farsi delle domande. Domande di questo genere: ma davvero non si renderà conto di quanto i suoi romanzi siano pieni di sesquipedali anacronismi psicologici? Mah. Barbero in compenso è sempre una delizia. Come ha commentato la diciassettenne S., “ha una luce negli occhi quando parla di storia”. Colto, gradevolissimo, brillante – e con questo entusiasmo che trascina: che si può volere di più da un divulgatore e occasionale romanziere storico? Non che sia emerso alcunché di terribilmente originale in fatto di romanzi storici, ma nel complesso un gradevole evento. Devo rimarcare una cosa, però: qualità delle “domande dal pubblico” davvero abissale.

2. Scrittura femminile e scrittura maschile? Paolo Colagrande ed Elisabetta Bucciarelli, moderati da Afro Somenzari. A questo, confesso, sono andata perché penso che la distinzione sia, in gran parte e nel modo in cui viene usata, una fiera del luogo comune – ed ero curiosa di sentirne discutere in modo sistematico. In realtà la faccenda si è rivelata un esempio del motivo per cui il Festival a volte mi lascia alquanto perplessa. La discussione è stata condotta più o meno così: “Si dice che ci siano una scrittura maschile e una femminile; che cosa ne pensano i nostri scrittori?” E i nostri scrittori… mah. La Bucciarelli ha elencato qualche luogo comune in proposito – e poi ben presto ha cominciato a parlare del suo libro. Colagrande ha fatto qualche sforzo in più, divagando simpaticamente, confessandosi dubbioso sull’esistenza stessa del problema, e suggerendo la possibilità che le scrittrici contemporanee siano più brave/interessate/coraggiose nell’esplorare l’animo e il punto di vista maschili di quanto la controparte maschile sia nel fare l’operazione speculare. Dopo la seconda domanda, Somenzari ha abbandonato ogni pretesa che l’incontro avesse a che fare con il suo titolo. A suo credito, Colagrande ha parlato del suo libro solo dietro sollecitazione del moderatore, non si prende troppo sul serio ed è davvero simpatico – cosa che la Bucciarelli e Somenzari tentavano di essere a tutti i costi. Con risultati modesti.

3. Dialogare in scena. Magdalena Barile ha tempestato di ottime domande Michele Santeramo. Un dialogo intelligente tra autori teatrali – in fatto di rapporto tra scrittura e scena, di metodo, di stile, di lavoro con le compagnie, di mestiere e di ispirazione. In più, Santeramo ha letto (bene) una versione ridotta del suo monologo “Storia d’Amore e di Calcio” – che è forse è più un racconto che altro, ma originale, intelligente e molto ben scritto. Ottimo.

4. Le parole della distanza. Beppe Severgnini e Stefania Chiale hanno raccontato il giornalismo di viaggio da America Primo Amore di Soldati ai reportage d’oggidì. Raccontato e letto, in dialogo frizzantino e con ottimo accompagnamento musicale al pianoforte. Brioso e gradevolissimo.

5. Mille anni di scrittura occidentale. Paolo Cammarosano, medievalista e diplomatista e Matteo Motolese, storico della lingua, hanno raccontato del rapporto strettissimo tra l’evolversi tecnico e tecnologico della scrittura e quel che con la scrittura si fa. Tra Boccaccio pessimo copista di se stesso e le colorite ingiurie in volgare registrate dai notai, tra grammatica, ortografia, abbreviazioni e invenzioni, è stato un excursus colto e brillante su come s’intreccino tecnica, arte, pensiero e necessità quotidiana. Interessantissimo – e un livello di domande del pubblico che ha stupito i relatori. Cultori di paleografia e diplomatica – lettori di romanzi storici, 5-0.

Insomma, se scontiamo l’irritazione profonda per il n° 2, direi che il bilancio per ora è decisamente positivo. In più, posso dire che l’atmosfera in città è animata e piacevole, e che il gelato della Maison du Chocolat è un’esperienza da fare una volta nella vita – magari tra un evento e l’altro…

Giu 12, 2015 - LeggerMangiando, romanzo storico    Commenti disabilitati su LeggerMangiando: La Carpa alla Birra di Frau Krause

LeggerMangiando: La Carpa alla Birra di Frau Krause

Mr.PyleBella vita e guerre altrui di mr. Pyle, gentiluomo, è un romanzo storico di Alessandro Barbero – il primo, credo, uscito la bellezza di vent’anni fa.

La vicenda è quella dell’eponimo giovane americano, diplomatico, gaudente e diarista che, inviato dal Congresso, attraversa mezza Europa napoleonica e la osserva con gli occhi di chi viene da un altro continente.

Tra palazzi e locande, vecchi ministri e belle donne, carrozze di posta e l’occasionale cannonata, Barbero ha l’aria di essersi divertito un mondo a scrivere un massiccio baedeker fittissimo di particolari e a caratterizzare il suo inaffidabile narratore, cui i piaceri della vita e lo spirito del turista interessano almeno quanto – se non più – della sua missione diplomatica.

E tra i piaceri della vita c’è senz’altro la cucina, e in particolare la carpa alla birra che Mr. Pyle assaggia in una locanda berlinese, tanto deliziosa da spingerlo a chiederne la ricetta. E la locandiera, Frau Krause, si dichiara incapace di dettare una ricetta, ma propone all’ospite straniero di guardarla cucinare, per annotarsi la ricetta da  sé, se proprio crede.

Quel che Mr. Pyle ne ricava è questo:

La ragazza , rimboccatasi le maniche, sventrò il pesce, ne cavò le interiora che finirono immediatamente ai gatti del cortile, poi ne fece scolare il sangue in un bicchiere d’aceto. Nel frattempo la padrona aveva aperto una bottiglia di birra, di quella che a Berlino chiamano bianca, e l’aveva versata nella pentola, insieme a una buona quantità di cipolle affettate. Adagiato il pesce in quel brodo, vi aggiunse sale, pepe e spezie, e il bicchiere di aceto in cui era scolato il sangue del pesce; poi mise la pentola sul fuoco. Ben presto la birra cominciò a bollire, e allora essa aggiunse un grosso pezzo di burro, che si sciolse rapidamente.
“Ecco!” dichiarò poi, trionfante. “Adesso il signore fa cuocere il pesce finché la birra non sia consumata, ma badi che bisogna lasciare una salsa sufficientemente densa.” “Ed è tutto?” “È tutto! Anzi no, povera me: un quarto d’ora o mezz’ora prima di servire si aggiunge un bicchiere di vino bianco, è molto importante.” Carpa-alla-birra-Secondi-di-pesce-250x212

E no, non è la ricetta più precisa del creato. Non c’è una dose, non c’è un tempo, non c’è nulla – ma è una piccola scena deliziosamente realistica. In fondo è la maniera in cui, duecento e dieci anni più tardi, ci comportiamo con le ricette di casa, giusto? A occhio, a spanne, a esperienza. E poi gli amici che ci chiedono le ricette levano gli occhi al cielo…*

Confesso di non avere mai sperimentato la carpa alla birra di Frau Krause**, quindi non so se posso raccomandare la ricetta. In fact, se qualcuno di voi – più disinvolto di me ai fornelli – decidesse di fare un tentativo, sarei grata di averne notizie.

Quel che posso raccomandare, invece, è il libro, ironica cavalcata alla scoperta dell’Europa – e di un Americano – del 1806.

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* Right: in realtà, mia madre si comporta così, e io levo gli occhi al cielo quando cerco di farmi dare una ricetta e lei comincia a parlare di “un po’ di burro”, o di cuocere “finché non ha il colore giusto.”

** All else apart, la sola idea di far dissanguare il pesce in un bicchiere è qualcosa a cui non voglio nemmeno pensare troppo.

 

Ott 7, 2010 - bizzarrie letterarie    5 Comments

Ricette Letterarie

bMi è capitata sotto il mouse questa ricetta del timballo di maccheroni descritto ne Il Gattopardo. Da un quaderno della mia bisnonna deduco che a casa mia un tempo se ne facesse una versione differente – senza crema, per esempio, e quindi senza profumo di zucchero e cannella al rompersi della crosta d’oro brunito. Crema o no, ad ogni modo, quella di Tomasi di Lampedusa è una delle descrizioni gastronomiche più allettanti dell’intera letteratura. Ogni tanto mi riprometto di sperimentare, ma temo che la crema abbinata a fegatini e tartufo ecceda la mia audacia culinaria, e d’altronde, la ricetta della mia bisnonna è così diabolicamente complicata che, in tutta probabilità, continuerò a ripromettermi di sperimentare in saecula saeculorum.

Tempo fa, mia madre aveva invece riprodotto con un certo successo il prosciutto arrosto con gli scalogni dei Buddenbrook, ed era una delizia – in sostanza un arrosto di maiale in una salsa di cipollotti molto delicata. Era un periodo così: avevo quattordici o quindici anni, e la mattina facevamo colazione con tè (non di tiglio) e madeleines, à la Proust.

Un’altra ricetta che un giorno o l’altro proverò è la carpa alla birra, la cui preparazione è descritta in minuzioso dettaglio in Bella Vita e Guerre Altrui di Mr. Pyle, Gentiluomo, di Alessandro Barbero. Il particolare di intestini e sangue messi a marinare nella birra mi allarma un po’ – e può darsi che ometterò questo passaggio, ma staremo a vedere.

I tramezzini al cetriolo che Algernon fa preparare per Lady Bracknell ne L’Importanza di Chiamarsi Ernesto, invece, li csho assaggiati più di una volta. E’ praticamente impossibile soggiornare nelle isole britanniche per un periodo protratto senza assaggiarli – in alternativa a quelli con il crescione e le uova sode. Insieme ai cetrioli può esserci del tonno sott’olio sminuzzato, ma non credo che quello figurasse nel tè di Algy Moncrieff – d’altra parte non credo che faccia una gran differenza per Lady Bracknell, visto che Algy mangia tutti i tramezzini prima del suo arrivo…

A causa d’influenze dickensiane (oltre che per anglomania famigliare congenita), il Christmas Pudding è diventato uno dei dolci natalizi di casa mia, insieme al panettone e ai lebkuchen, deliziosi biscotti tedeschi fatti con le spezie e la melassa. Il pudding è arrivato per qualche anno da Londra, adesso lo facciamo in casa la prima domenica d’Avvento, secondo una ricetta ottocentesca che misura gli ingredienti in once. Parte del divertimento consiste nel convertire le quantità…

Qualcosa che non cucinerò mai è lo haggis, tanto poeticamente cantato da Robert Burns – e nemmeno lo assaggerò più, adesso che so cosa è: un pasticcio di interiora di pecora macinate e cotte all’interno di uno stomaco di pecora. Assaggiato all’Edinburgh Fringe Festival tanti anni fa, col tradizionale contorno di rape e patate in purea… come dire? E’ una di quelle cose come il black pudding, che assaggi perché se ne parla in tanti libri, e lo trovi anche buono, fino a che non scopri che è sanguinaccio.

breadIn Alice nel Paese delle Meraviglie, il Tricheco e il Carpentiere disquisiscono lungamente sul modo migliore per cucinare le ostriche (dopo averle convinte ad avventurarsi in conversazione e passeggiata con gli estranei), e concludono che non c’è nulla di meglio di ostriche crude con una vinaigrette di olio e limone, accompagnate con fettine di pane tostato.

E credo che finirò con una cosa che solo Rex Stout poteva mettere nella padella di Nero Wolfe, il quale evidentemente non spendeva troppi pensieri sul suo colesterolo: pane fritto nel burro di acciughe. A sentire Archie Goodwin, Fritz (lo chef tedesco di Wolfe) prima mescolava burro, cognac, prezzemolo tritato e filetti d’acciuga sminuzzati, e poi usava il miscuglio per friggerci dentro i triangolini di pane…  

 

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