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Dic 7, 2018 - libri, libri e libri, musica    Commenti disabilitati su L’Opera Secondo Nizza & Morbelli

L’Opera Secondo Nizza & Morbelli

interior-view-of-the-teatro-alla-scala-in-milan-ca-1830_a-l-9231368-8880731Sì, sì – Sette di Dicembre, apre la Stagione della Scala, Attila, signore in decolleté e tutto. Io stasera l’Attila non lo vedo, perché sono a teatro – ma me lo faccio registrare e poi vedremo.

Per ora, abbiatevi Nizza&Morbelli. C’è questa scena di Due Anni Dopo, in cui i Moschettieri, prigionieri alla Bastiglia, vengono sottoposti alla tortura dell’Opera – e non si può dire che funzioni, ma l’effetto è rimarchevole. Sottoposti ai “magnifici gorgheggi” di un soprano lirico-drammatico, i nostri si rotolano per terra inebetiti, tanto che è impossibile farli parlare.

OperaTortBioletto‘A questo supplizio – dicono N&M in un aside – c’è chi si abbandona motu proprio, pagando fior di lire e facendo la coda per ore fuori dal teatro. Un nostro amico di famiglia, che sa il nome di tutti i tenori prime donne baritoni e bassi (perché quest’anno al Comunale non c’era il baritono Tromboni voleva far le barricate) per i gorgheggi della Dalpiano la farebbe a piedi fino a Bologna, quel depravato!

In fondo, a tutti i famosi appassionati dell’opera lirica, che cos’è che interessa? Le romanze e i duetti che già conoscono a memoria. Il loro solo piacere è di risentirli e gridare alla primadonna che spara l’acuto: “Brrrrrava!”. Ammesso questo, facciamo una proposta che, al solito, nessuno accetterà.

Riassumiamo le opere! Eseguiamo solo i punti salienti. Potrebbe uscire un omino* a velario chiuso, a raccontare in breve come va la faccenda:

“Signore e Signori, a questo punto lei tira fuori un pugnale. Lui fa un salto indietro e dice:
Perché pugnalarmi tu vuoi?/ Il tuo vecchio genitor son io ecc. ecc..

Lei rinfodera il pugnale, facendo considerazioni di vario ordine e, finalmente, canta la romanza del secondo atto”.Operadmd

L’omino rientra, si apre il velario e l’orchestra attacca:

CONTRABBASSI – Zum!

I e II VIOLINI, VIOLE, CELLI – Pai pai pai pai…

CONTRABBASSI – Vrum Vrum!

I e II VIOLINI, VIOLE, CELLI – Pai pai pai pai…

CONTRABBASSI – Vrum Vrum!

OTTAVINO (accorato) – Piiiiiiiii….

TEODOLINDA (entrando con le treccie** sciolte)

Ahimè figlia sventurata/ di sì tristo genitor… ecc.

OperadNoi qui lo scriviamo. Ma credete che di quello che cantano in palcoscenico, si capisca una parola? Nemmen per sogno! Tenore, basso, baritono e primadonna, non contenti di essere indecifrabili negli assoli, cantano poi a due, a tre, a quattro, con e senza coro, dandosi l’un l’altro sulla voce. Una vera babilonia! E la menano così per ore ed ore. Nel Tristano e Isotta, i due folli amanti si fermano, come una balia e un soldato, sulla panchina a ragionarsela per tutt’un atto. E lui la dice a lei, e lei la dice a lui… (Beh, la fate o non la fate questa passeggiata?) Sapete qual è la conclusione? Che alla fine dello spettacolo si perde il tranvai***. E l’ultim’atto, quando lei muore, che è il punto più bello, non lo puoi ascoltar bene perché non vuoi restar ultimo nella coda al guardaroba. Una bella scocciatura! […]’

Ecco, sì. Se avete amici e parenti melomani, prima di far loro leggere questo post, considerate bene – non tutti i melomani hanno quel simpatico accessorio, un sense of humour, specie quando si viene a parlare di opera****.

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* Decenni prima di Baricco, non so se mi spiego!

** Sic.

*** Sapete, vero, che per la prima parigina del Don Carlos di Verdi, la direzione dell’Opéra volle drastici tagli perché i Parigini non dovessero perdere gli ultimi treni per la periferia? E invece di levare il ridicolo balletto (dininguardi!) si finì col levare quella meraviglia che è il duetto di Carlo e Filippo nel IV Atto. Eh…

**** Se siete melomani voi stessi, non vogliatemene troppo, va’. Confesso che, a suo tempo, il mio Mentore Operistico impiegò del tempo a perdonarmi questa storia…

Set 19, 2018 - memories, musica, teatro    2 Comments

Fila I, Posto 9

DonC062E guarda un po’ la serendipità… accennavasi al Don Carlo di Rovigo, nel post di lunedì – e ieri sera, togliendo dalla mia lavagnetta di sughero un vecchio appunto che era lì da secoli senza nessun buon motivo particolare, che cosa ci ho trovato sotto, se non il biglietto del mio primo Don Carlo?

Sabato 10 novembre 2001, ore 20.30. Platea. Fila I, posto 9. Teatro Sociale di Rovigo… of all places. Ebbene sì. Nemmeno lo sapevo, che Rovigo avesse una stagione d’opera – ma ce l’ha. E nel 2001 comprendeva un Don Carlo – versione in quattro atti, in Italiano.

Vogliamo essere sinceri? Ero un pochino delusa. Erano anni che aspettavo di vedere un Don Carlo. Era la mia opera preferita, e non l’avevo mai vista in teatro – e il primo che mi capita a distanza ragionevole è… Rovigo? Ah well, che bisogna fare? Un Don Carlo è un Don Carlo, e sabato 10 novembre, con vasto anticipo – perché non si sa mai – si partì.

Il mio compagno di viaggio era il Mentore Operistico* – o forse è più esatto dire che io ero la sua compagna di viaggio. E guardate – io gli volevo un gran bene, ma il suo stile di guida e il mio stomaco avevano scarsa compatibilità. Nonostante un Valontan e quei braccialettini elastici che dovrebbero combattere la nausea, quando sbarcai a Rovigo ero al di là del bene e del male. Ma un Don Carlo è un Don Carlo: su la testa, spalle dritte e onwards! Chestnuts

E quindi immaginate la Clarina in abitino nero, scarpette col tacco e cappottino di cachemire, e immaginate anche una sera di tramontana…

“È tutto lì quel che hai addosso?” domandò scettico il Mentore, guardandomi rabbrividire. “Be’, se non altro l’aria fresca ti farà passare la nausea.”

Non posso negarlo: ero talmente occupata a battere i denti che la nausea non me la ricordavo nemmeno più. Era presto per il teatro e, una volta ritirati i biglietti, ci ritrovammo con un sacco di tempo per le mani. L’idea era quella di un bar calduccio, una tazza di tè e altri generi di conforto – ma all’improvviso…

“Ti piacciono le caldarroste?”

Col pensiero fisso al bar e al tè bollente, convinta che si trattasse di conversazione senza secondi fini, dissi che sì, mi piacevano molto…

“Ah, anche a me! Aspetta qui.” E io mi fermai dov’ero: a un angolo di strada, in mezzo alla corrente, e guardai il Mentore piombare su, of all things, un carrettino delle caldarroste, e tornarsene indietro con l’espressione di un bambino soddisfatto.

“Buona vigilia di San Martino,” mi disse, mettendomi in mano un cartoccio. “E buon primo Don Carlo! Dì se non è una cena originale.”

Come negarlo? Avete mai cenato a caldarroste a un angolo di strada, vestiti da sera, nel vento gelido di novembre? Scommetto di no. Be’, io invece l’ho fatto. A parte la difficoltà di sbucciare le caldarroste con i guanti, non vi fate idea di quanto sia pittoresco. E divertente. E dickensiano. E gelido. Quando finalmente entrammo nel bar calduccio e potei ordinare la mia tazza di tè era quasi tardi. O meglio, non lo era affatto, ma era quel genere di presto che bastava a mettere un po’ di ansia all’ansiosissimo Mentore.

Giuseppe_Verdi's_Don_Carlo_at_La_ScalaLui inalò il suo caffè e rimase a soffiarmi metaforicamente sul collo mentre mi ustionavo lingua, palato e gola con l’Earl Grey… Ma un Don Carlo è un Don Carlo, e quindi trottammo fino al teatro e prendemmo i nostri posti quando in platea non c’era ancora quasi nessuno, e aspettammo – la deliziosa attesa di una sala di teatro che si riempie, degli scampoli di musica che arrivano da dietro le quinte, dell’occasionale fremito del sipario, della lettura del programma…  L’avevo aspettata per mesi, quella sera, e finalmente c’eravamo.

Poi il buio in sala, l’orchestra che si accorda, il maestro che entra, gli applausi che si tacciono, il sipario che si apre… E Don Carlo fu!

E sapete cosa? Non fu nemmeno un granché. Decoroso, ma nulla di più. Forse il più modesto fra tutti quelli che ho visto in questi anni… E però fu il primo, e non lo dimenticherò mai – con la nausea andata-e-ritorno, e le caldarroste, e il gelo novembrino, e il coro con l’accento veneto, e il Grande Inquisitore con la zazzera… Che cosa non si ritrova alle volte in un pezzetto di cartoncino giallo appuntato su una lavagnetta di sughero, vero?

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* E, a dire il vero, Mentore in generale…

Giu 15, 2018 - Arte Varia, musica, teatro    Commenti disabilitati su Fanciulli All’Opera

Fanciulli All’Opera

VentiLucentiOggi opera – di nuovo. Questa settimana va così…

Ma opera in tutt’altra maniera, perché oggi parliamo di un progetto curato anni orsono da un’associazione culturale chiamata Venti Lucenti e dal Maggio Musicale Fiorentino. Con questo bellissimo nome, Venti Lucenti si occupa di divulgazione letteraria, scientifica e teatrale, e il suo fiore all’occhiello sembra essere stato, tra il 2006 e il 2014, il progetto All’Opera: il coinvolgimento di varie centinaia di bambini delle scuole elementari e medie in un’opera del cartellone del Maggio.

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Foto_Michele Monasta

Produzioni speciali, in cui gli implumi fungevano da coro e figuranti, cantavano e recitavano – e, pur con la presenza di narratori e burattini, la cosa doveva essere organizzata senza particolare condiscendenza, a giudicare dai titoli: ”L’Oro del Reno” (2007),”Carmen” (2008), “Il Crepuscolo degli Dei”(2009), “Il Ratto dal Serraglio”(2010), “Aida”(2011), “Il Cavaliere della Rosa” (2012) , “Don Carlo” (2013), “Tristano e Isotta” (2014).

L’idea dichiarata di VL è che per imparare ad amare la lirica bisogna farla… il che, va ammesso, non capita tutti i giorni. Quindi doveva essere un’esperienza favolosa, per tutti quei fanciulli fiorentini, sperimentare il funzionamento e l’eccitazione di un vero teatro d’opera. Sarebbe bello sapere quanti di loro si sono poi davvero appassionati all’opera lirica – e forse, considerando le date, è presto per dirlo – ma ad ogni modo, e persino a non voler pensare a lungo termine, che bellissima avventura da vivere a otto, dieci, dodici anni!

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Foto_Ilaria Costanzo

Nel 2013 il progetto si è concentrato sul Don Carlo – ribattezzandolo per l’occasione “La Fiaba di Don Carlo”… yes well, lievemente bizzarro, se vogliamo, perché questa cupa vicendona di potere, inquisizione, adulterio sfiorato ed effettivo, intrighi, autodafè, gelosia e sangue in abbondanza, fiabeschissima non è. E mi diverte abbastanza la descrizione, sul sito, del “dramma del principe Carlos e della principessa Elisabetta di Valois, il cui amore è contrastato dalla gelosia del re Filippo”… Come se Filippo fosse un rompiscatole malvagio e irragionevole – anziché, you know, il marito di Elisabetta!

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Foto_Ilaria Costanzo

But never mind: a otto, dieci, dodici anni di queste sottigliezze non ci si preoccupa – ed evidentemente nemmeno della cupaggine generale, a giudicare dalle fotografie delle prove e dal filmato del progetto.

Hanno l’aria presissima e coinvolta: catturati dalle meraviglie dell’opera in particolare e del palcoscenico in generale… Sembra un gran peccato che, dopo il Quattordici, pur continuando a curare progetti didattici di natura teatrale, Venti Lucenti abbia abbandonato questa strada.

Oh well, intanto a Firenze cresce una generazione che ha visto l’opera da dentro grazie a un progetto intelligente. È davvero già molto.

Giu 11, 2018 - teatro, teorie    Commenti disabilitati su Vivremo Insiem, Morremo Insiem…

Vivremo Insiem, Morremo Insiem…

Francesco da Melzo e RaffaelloÈ un fatto universalmente riconosciuto che, all’opera, l’amore tende a finir male – ma diciamo la verità: non è che l’amicizia se la cavi molto meglio.

E sto parlando di amicizia maschile, per lo più, perché per quanto mi sforzi, di amicizie femminili all’opera non me ne vengono in mente molte. Well, yes – i soprani tendono ad avere delle confidenti con cui, per l’appunto, si confidano: di solito cameriere, donzelle, dame di compagnia e mezzosoprani misti assortiti, senz’altro gran uso che quello di ricevere confidenze a beneficio del pubblico. Non è del tutto impossibile che Mimi e Musetta diventino amiche prima dell’ultimo atto – ma non è che se ne veda granché; e nel Don Carlos c’è la (muta) Contessa d’Aremberg, bandita ingiustamente da corte – il che scatena una bella aria della Regina… Ma si tratta di gente e di vicende tutt’altro che centrali all’interno delle rispettive trame.

L’amicizia maschile è tutt’altra faccenda: ci sono un tenore e un baritono che si giurano amicizia e fratellanza fino alla morte – e, come dicevamo, non va mai a finir bene.

In Verdi questo genere di storia ricorre spesso.

CatturaGuardiamo per esempio La Forza del Destino, in cui Don Alvaro (tenore), nel fuggire con la morosa marchesina (soprano) uccide involontariamente il babbo di lei (basso) e poi si perde per strada la povera fanciulla – che lui crede morta, ma in realtà resta a vagare per la Spagna, abbandonata e non terribilmente stabile. Possiamo biasimare del tutto il fratello baritono, che va a caccia dell’assassino/seduttore  nell’intento di fargliela pagare? Sennonché, per farlo, si arruola sotto falso nome – e quando incontra il tenore, che non ha mai visto e che a sua volta si è arruolato sotto falso nome nello stesso reggimento, i due si piacciono subito e, prima che si possa dire “nemico giurato”, si sono già promessi eterna amicizia. Ebbene sì: da sconosciuti a fratelli d’elezione in cinque minuti – salvo poi, nel giro di un altro paio di scene, scoprire le rispettive identità e ritrovarsi nemici mortali. Duellano una volta, duellano due, e alla fine il baritono ci rimette le penne.

Potremmo obiettare che in questo caso l’eterna amicizia era stata fulmineamente* giurata sulla base di false premesse e informazioni insufficienti – ma non è come se una conoscenza più approfondita garantisse un esito migliore… 838689

Il Ballo in Maschera, anyone? Il tenore Riccardo è il governatore del Massachussets** , apprezzatissimo dai governati – ma, di fatto, talmente svagato e irresponsabile, che siamo costretti a chiederci quanta della sua popolarità si deva agli sforzi del suo assennato e vagamente ansioso braccio destro – il baritono Renato. Qui di giuramenti espliciti non ce ne sono, ma l’adorante e protettiva devozione di Renato è lampante, la maniera di consuetudine tra i due inequivocabile, e tutti sanno che Renato ha ripetutamente “versato il suo sangue” per Riccardo. Per cui, non so a voi – ma a me pare davvero brutto che Riccardo lo ricambi flirtando con la sua bella moglie… Ora, se l’adulterio vero e proprio si consumi è diventata negli ultimi anni una questione di regia – ma, anche quando il fattaccio non succede, è più per le reticenze del soprano e il tempismo dei cospiratori che per la decenza interiore del tenore… Hence, quando Renato scopre di essere stato tradito dalle due persone che ama di più al mondo, il passo da amico devoto a vendicatore furibondo è operisticamente breve. Per una volta è il tenore a soccombere alla rottura – ma è chiaro che il futuro del baritono non si prospetta per nulla lieto.

a1738f40a5e05bc25cee6d4fec0f68eeE non va molto meglio nemmeno agli amici d’infanzia – nemmeno quando non ci sono donne di mezzo. Il fatto che tra l’eponimo tenore Don Carlos e il baritono Rodrigo di Posa non ci siano padri assassinati, sorelle sedotte o mogli contese sembra promettere abbastanza bene. I due sono amici dalla più tenera età, e quando si giurano eterna amicizia nel secondo*** atto tutto ci fa pensare che non sia la prima volta. Il guaio è che Rodrigo s’illude di fare dell’instabile e molliccio Carlos un grande sovrano, ed è disposto a mentire e uccidere per questo – nonché a sacrificarsi drasticamente. Peccato che, quando Rodrigo resta fatalmente impigliato nelle sue stesse trame, a Carlo sembri bello gettar via qualunque vantaggio il suo amico gli abbia procurato facendosi uccidere – per nient’altro che il gusto di far sentire in colpa suo padre…

E non so, è probabile che, se davvero credeva che Carletto potesse regnare con magnanima efficacia, Rodrigo si sia meritato tutto quel che poteva capitargli – ma c’è motivo di pensare che nemmeno un certo grado di consapevolezza sia di grande aiuto in queste situazioni. Gunn Burden

Passiamo a Bizet e ai Pescatori di Perle: il tenore Nadir si ricongiunge al suo fraterno amico, il baritono (e capovillaggio) Zurga, proprio mentre arriva la semisacerdotessa Leila, deputata a pregare per la buona e sicura riuscita della pesca delle perle. E naturalmente entrambi i giovanotti sono attratti da lei – ma, nel rendersene conto, si giurano reciprocamente che mai, mai, mai permetteranno a una donna di separarli… E come no? Prima di subito, Nadir si precipita da Leila – la cui castità, badate bene, è essenziale al rito. Non del tutto incomprensibilmente, Zurga si sente doppiamente tradito, perché lui era davvero pronto a rinunciare a Leila per amicizia e per la sua responsabilità nei confronti dei pescatori. E nondimeno, dopo un po’ di baritonale furia, è disposto a sacrificare il villaggio e se stesso per salvare l’amico infedele e la men che irreprensibile Leila. Ora, il finale è stato rimaneggiato all’infinito – ma nessuno dubita che, accoltellato subito o condannato a morte poi, Zurga faccia una pessima fine mentre tenore&soprano se ne vanno verso il tramonto…

Impareranno mai i baritoni a non far troppo conto sui tenori? Di sicuro, noi pubblico abbiamo imparato che, quando all’opera due uomini si giurano amicizia fraterna e imperitura, la faccenda è destinata a finire nel sangue – di solito quello del baritono.

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* Nulla di più fulmineo, d’altra parte, dell’innamoramento di Calaf – che, più o meno due minuti dopo avere visto Turandot da lontano, decide che ha sofferto troppo per amore, e si lancia in una quest suicida per ottenere la mano della pericolosissima principessa… Se non altro, Don Alvaro ha salvato Don Carlo dalle conseguenze della sua imprudenza.

** And I have to wonder: non si poteva scegliere uno stato americano con un nome meno ostico (e potenzialmente meno buffo) per il melomane medio? Non mi risulta che la scelta abbia la minima ragione di plausibilità storica – e ammetto che Boston suona bene, ma… Massachussets! Salute!

*** O primo. Dipende. Lunga storia.

 

Dic 8, 2017 - musica, Ossessioni, teatro    Commenti disabilitati su La Rivoluzione i Figli Suoi Divora…

La Rivoluzione i Figli Suoi Divora…

Andrea-Chenier-prima-Teatro-alla-Scala-Rai-1scala-Stravizzi.com_-218x300Visto l’Andrea Chenier della Scala, ieri sera?

A me piace tanto, l’Andrea Chenier… Musica e libretto – un giovanissimo Giordano e Luigi Illica at his most (melo)dramatic. D’altra parte, con il suo intreccio di amore, morte, patriottismo e redenzione mancata* sullo sfondo del Terrore, è una vicenda perfetta per l’opera. Chissà perché mi ero convinta che il libretto  venisse da uno di quei drammoni francesi, you know – e invece no, o almeno… Il libretto riporta questa piccola Nota dell’Autore:

Da H. de Latouche, Méry, Arsène Houssaye, Gauthier e J. ed E. de Goncourt ebbe la idea di drammatizzare pel Teatro di Musica il personaggio di Chénier e attinse dettagli di verità d’epoca. (L’A. del libretto – L.I.

Tantalizing, vero? Mi sa che qui s’imponga qualche ricercuzza…

Ma intanto, ieri sera. Niente affatto male, nel complesso. Mi è piaciuta molto Anna Netrebko, ed Eyvazov è bravo, anche se non impazzisco per il suo timbro. Aspettavo soprattutto di vedere la regia di Martone, che ho trovato discontinua anzichenò: cose davvero belle (l’intero III Quadro con il “processo”), cose così così (l’intero II Quadro, con le pareti a specchio), cose un po’ gratuite, direzione dei personaggi un po’ approssimativa, folla per lo più molto bella a vedersi – ma non era come se la regia televisiva aiutasse affatto – bei costumi e belle, ma belle luci.

Ad ogni modo è stato un piacere vedere un Andrea Chenier in una produzione come si deve, e Chailly è sempre una garanzia.

Che ne dite di due piccoli video?

Questo accosta musica e immagini un po’ così, ma mette bene in risalto movimento, schema di colori e luci contro lo sfondo nero – meglio di quanto si sia apprezzato nella diretta, francamente…

E questo invece offre un bellissimo sguardo dietro le quinte, a prove, preparazione e allestimento:

E lasciatemi concludere con un momento à la Grisù: un giorno lavorerò backstage a un’opera… un giorno lavorerò backstage a un’opera!

Ecco. Felice Immacolata, o Lettori.

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* No, per dire: secondo voi che ne è di Carlo Gerard una volta chiuso il sipario?

Mag 19, 2017 - grilloparlante    Commenti disabilitati su Libiamo!

Libiamo!

Non vi eravate dimenticati di Inchiostro&Vino, vero? E sì, ci ci si sono messi di mezzo i disastri informatici e il destino beffardo – ma finalmente ci siamo.

Martedì 23 maggio all’Enoteca di Porto Catena parleremo di vino nell’Ottocento – all’opera e fuori…

Avete mai fatto caso a quanto si brinda nelle opere – nel bene e nel male?  Si brinda in amicizia e in sfida, in guerra e in seduzione, in festa, in cattivo presagio o per rovinare qualcuno… ed è da qui che partiremo per esplorare poesia e fantasia del vino al tempo nei nostri arcavoli e bisarcavoli…

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Chiamate il numero qua sopra per prenotare – e a martedì!

Mar 22, 2017 - musica, scrittura, Vitarelle e Rotelle    Commenti disabilitati su Cliffhanger Rusticano

Cliffhanger Rusticano

scrittura creativa, passo narrativo, opera, cavalleria rusticana, libretto, placido domingoMi è capitato in questi giorni di riascoltare la Cavalleria Rusticana, nell’edizione Domingo-Obraztsova-Bruson diretta da Pretre. Ridendo e scherzando, l’edizione in questione va per i trentacinque anni, ma non è questo il punto.

Il punto è che non avevo mai notato come Targioni-Tozzetti e Menisci fossero narrativamente scafati. Voglio dire, di solito dai librettisti ci si aspettano versi turgidi, vocaboli desueti, storia macellata e improbabilità multiple. TT&M no. TT&M non solo usano linguaggio asciutto, narrazione stringata e logica impeccabile, ma appendono anche il melomane (e l’ostessa) alla scogliera.

Pensate all’inizio. Dopo la serenata offstage di Turiddu, dopo che contadinelli e contadinelle hanno lietamente inneggiato alla primavera e alla Pasqua, Santuzza giunge all’osteria di Mamma Lucia con la faccia di chi non porta buone nuove. Chiede di Turiddu, che dovrebbe essere altrove e invece è stato visto in paese (lo sappiamo anche noi: poco fa se ne andava attorno cantando in vernacolo locale – e non per Santuzza) e spiega di non poter entrare in casa altrui perché è scomunicata.

Adesso sì che Mamma Lucia comincia ad allarmarsi.

E che ne sai del mio figliolo? indaga.

Santuzza si torce le mani: Quale spina ho in core!

E adesso vuoterà il sacco, giusto? Che diamine ha questa ragazza? Perché non può fare la comunione il giorno di Pasqua? Perché Mamma Lucia all’inizio era così brusca con lei? Avanti, Santuzza, dicci tutto…

E invece no. scrittura creativa, passo narrativo, opera, cavalleria rusticana, libretto, placido domingo

La musica compie una virata angolare, odonsi tinnir di campanelle e schiocchi di frusta, entra in scena Compar Alfio, sanguigno e compiaciuto di sé, accompagnato da una frotta di paesani cinguettanti. O che bel mestiere fare il carrettiere! Tanto più che a casa lo aspetta Lola, che l’ama e lo consola…

E perché mai le comari fanno “oh”? E poi Lola? La stessa lola bianca e rossa come una ciliegia della serenata di Turiddu?

Ahi…

E mentre la scena prosegue in pasquale gaiezza e poi pasquale devozione, noi sappiamo che qualcosa non va, cominciamo a sospettare la natura della spina di Santuzza, e ci sa tanto che non sarà la più lieta delle giornate per tutta questa gente. E, detto per inciso, se prima eravamo curiosi di sentire che cos’ha da dire la ragazza, adesso lo siamo di più, e con una certa ansia. E se siamo ansiosi noi, figuriamoci Mamma Lucia!

Eccoci tutti appesi a una scogliera tardo-ottocento. E, mentre aspettiamo che Santuzza e Lucia si liberino del carrettiere soddisfatto, potremmo anche meditare sull’accorgimento narrativo: abbiamo una rivelazione rilevante da fare? Magari proprio quella che mette in movimento la trama? Be’, potremmo fare di peggio che servirla in più fasi – con interruzione rilevante. Perché se c’è qualcosa che fa felice il lettore è un significativo e bel crescendo di tensione.

E noi vogliamo sempre far felice il lettore, giusto? Felice in quella maniera che lo spinge a mangiarsi le unghie, ma felice.

Apr 19, 2015 - musica    Commenti disabilitati su CTAPA!

CTAPA!

BorisOvvero Gloria! in Russo, perché oggi sono in vena di incoronazioni.

Avete obiezioni a un po’ di opera russa? Il Boris Godunov di Mussorgskij, nello specifico, con la sua musica sontuosa e una ferocissima storia di potere, ambizione, usurpazione vera e tentata, scelte difficili e terribili conseguenze. Contiene anche la faccenda del Falso Dimitri, di cui prima o poi parleremo, perché è favolosa.

Per oggi limitiamoci alla scena dell’incoronazione  – che è sempre grandiosa, e lo è particolarmente in questa produzione russa con la regia di Tarkovskij. Ebbene sì: Tarkovskij ha firmato anche regie d’opera – e che regie. Boris eponimo è Robert Lloyd.

Stirring, isn’t it? E buona domenica.

Nov 3, 2014 - Shakeloviana    2 Comments

Shakeloviana: William

william1Dopo che, lunedì scorso, ho parlato dell’opera marloviana di Bedford, N. mi ha scritto segnalandomi qualcosa d’altro.

Anche questo post è qualcosa d’altro, visto che William, opera da camera del compositore svedese B. Tommy Andersson, non l’ho vista affatto – né l’ha vista N. Considerate tutto ciò… well, la segnalazione di una segnalazione. Non credo che sarà un post molto lungo.

Cominciamo col dire che siamo molto lontani da Bedford/Courtney: William è del 2006, su libretto originale (in Svedese) di Hakan Lindquist, e l’unica recensione che ho trovato descrive la musica come sostanzialmente post-moderna. Di sicuro la distribuzione, con un soprano, un tenore e ben sei baritoni, è tutt’altro che tradizionale – e mi vien da domandarmi come se la cavino con tutte quelle voci baritonali… Ma non divaghiamo, e concentriamoci sulla storia.william3

Il protagonista, come il titolo lascia intendere, è Shakespeare – ma Marlowe compare con una certa abbondanza. Dalla sinossi non è chiarissimissimo, ma si direbbe che William, non contento di un’amicizia artistica, sia innamorato del coetaneo più audace e più celebre, e lo segua dappertutto… Right, forse non è  proprio così, ma di sicuro il William di Andersson e Lindquist riesce ad essere nella Compagnia dell’Ammiraglio all’epoca di Tamerlano (anche se questo succede offstage), a Flushing – in tempo per assistere all’arresto di Marlowe come falsario – e anche a Deptford, dove succede quel che sappiamo.

Insomma, il meccanismo di fondo del libretto sembra ridursi nel piazzare Will a tutti i punti di svolta della vita di Kit. Se risulti ripetitivo, è difficile a dirsi senza avere letto. Di sicuro diversa dal consueto è l’idea di uno Shakespeare che corteggia Marlowe ai limiti dello stalking. Lo scenario che li vuole amanti è tutt’altro che inedito, ma di solito il corteggiatore/seduttore è Kit.

william2Enfin, l’opera è stata commissionata da Vadstena Akademien, una favolosa istituzione musicale svedese che ha sede in un castello e da un lato incoraggia e coltiva la produzione operistica contemporanea, mentre dall’altro recupera e rappresenta opere (immeritatamente*) dimenticate.

Credo che le fotografie che ho trovato si riferiscano proprio al debutto di William a Vadstena, nell’estate del 2006. Se è così, chapeau alla combinazione di scene minimaliste e bellissimi costumi period. Poi, se davvero si suppone che quello qui sopra sia Sir Francis Walsingham, è possibile che in Svezia si siano lasciati sfuggire qualche minuto, minutissimo particolare** – ma diciamo che son licenze artistiche, o quanto meno sospendiamo il giudizio in attesa di saperne/vederne/sentirne qualcosa di più.

Nel frattempo, thank you, N.

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* La mia teoria sulle opere dimenticate ve l’ho già detta – ma ammetto la possibilità di eccezioni.

** Nel 1592 – l’anno del fracas di Flushing – Sir Francis era, you know, morto da un paio d’anni. Se fosse stato ancora vivo, avrebbe avuto sessant’anni suonati. Se non avesse avuto sessant’anni suonati, è davvero difficile immaginare l’austero e perennemente nerovestito personaggio in questa tenuta elegante, modaiola e vistosetta. Forse le mie fonti confondono Sir Francis con l’assai più giovane cugino Thomas?

Ott 27, 2014 - Shakeloviana    Commenti disabilitati su Shakeloviana: (La Morte Di) Kit Marlowe

Shakeloviana: (La Morte Di) Kit Marlowe

Scoperta recente – recentissima.

RixeOgni volta che credo di avere esaurito i plays in materia, ne salta fuori un altro… Questa volta, in realtà due in uno – anche se uno non è un play. Ma andiamo con ordine.

Per cominciare, Kit Marlowe’s Death, play in un atto di William Leonard Courtney, pubblicato nel 1908, ma scritto prima. Millenovecentootto significa prima di Leslie Hotson, l’uomo che, scoprendo le carte dell’inchiesta a Deptford e del processo a Ingram Frizer, chiarì dinamica, attori, bizzarrie e improbabilità varie della morte di Marlowe.

Scrivendo prima di questo spartiacque, Courtney aveva un nome – il più mal-trascritto che misterioso Francis Archer – e la tradizione spuria di quello che in altre circostanze si sarebbe chiamato un delitto passionale. Così creò Nan, la dolce cameriera di taverna, e un Archer locandiere, geloso e seccante.

La trama è semplice. Archer, vedovo bilioso e collerico, sposerebbe volentieri la sua giovane cameriera Nan – ma lei non ci sente. È innamorata di uno scavezzacollo di poeta, il celebre Kit Marlowe – che le è sì affezionato, ma ha la testa persa dietro cose più grandi dell’amore di e per una ragazzina di campagna. È il 30 maggio del 1593, e Kit arriva alla locanda con un paio di altri poeti, l’attore Ned Alleyn e il mecenate e amico Thomas Walsingham – ma ci arriva di umor cupo. Non aiuta che i suoi amici gli leggano pezzi del “testamento” di Robert Greene, in cui gli si dà dell’ateo e gli si prospettano terribili punizioni…

Sì, lo so – anch’io, se avessi un amico poeta e umorale, cercherei qualche altra cosa da leggergli, ma in questo play molto si basa su presagi, presentimenti e visioni. Avete presente il senno di poi, quello di cui son pieni i palcoscenici? Ecco. Per cui Kit ha questa vaga impressione di avere già vissuto quel che c’era da vivere, eccetera eccetera. Ed è anche profeticamente certo che un brillante futuro attenda non tanto lui, quanto quel nuovo arrivato, Will Shakespeare da Stratford. Dalle paturnie si riscuote un pochino quando una sconsolata Nan gli annuncia che sta per cedere alle pressioni matrimoniali di Archer. Giammai! Piuttosto che lasciare la semplice ma poetica creatura nelle mani del locandiere, è disposto a sposarla di persona – intanto per finta, con Alleyn che interpreta il sacerdote, e poi si vedrà. Er… sì. Quando Archer irrompe furioso e armato, non sappiamo biasimarlo del tutto, vero? Ma poi volano le coltellate, Kit la prende nelle costole e muore proclamando la bontà delle sue intenzioni verso Nan e qualche rimpianto per una vita mal spesa. Sipario.

No, non è granché. Gonfio e magniloquente, dominato da un Marlowe tanto profetico e maudlin da essere irritante. Dalla sua, però questo play ha un’idea originale e ragionevolmente interessante. Quando Ned Alleyn insiste per avere un altro di quei ruoli che conquistano il pubblico, Kit rivela che sta scrivendo qualcosa di nuovo: Tito Andronico, che ovviamente resterà incompiuto e finirà per le mani di quel certo provinciale, Will Shakespeare… Considerando quanto “poco Shakespeariano” sia parso per secoli il violentissimo TA, l’idea ha il suo genere di fascino.

E siccome un’opera ci mancava, sono lieta di comunicarvi che da questo play fu tratta anche un’opera – musica e libretto di Herbert Bedford. La musica apparentemente è introvabile, ma il libretto no – e bisogna dire che è peggio del play. Legato alle necessità musicali e narrativamente più semplici del teatro d’opera, Beford sfronda diversi personaggi e il Tito Andronico, infila un balletto del tutto gratuito e (come resistere?) Come live with me and be my love. Aggiungeteci una Nan cassandresca e grandiloquente e un Marlowe innamorato e nient’altro, dei versi ancor più purpurei e legnosamente pseudoelisabettiani della prosa di Courtney, e il disastro è completo. È possibile che la musica riscattasse il libretto, ma non ci giurerei. In my experience, se un’opera lirica esce da tutti i repertori, di solito un motivo c’è. E quindi l’opera l’abbiamo – ma non riesco a credere che sia una meraviglia.

E a questo punto forse no – ma se per caso vi fosse rimasta qualche voglia di leggere il play, lo trovate qui, parte della raccolta Dramas and Diversions, courtesy of the Internet Archive.

 

 

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