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O Forse Non Proprio Glasgow…

GlasgowSkyRieccomi qui! Vi avevo detto Glasgow, giusto?

Invece non era affatto Glasgow, dopo tutto, ma Cumbernauld – villaggio nelle collinosette campagne glasvegiane… E per dire la verità, anche del villaggio ho visto ben poco, quel che si vede di un posto passandoci accanto in taxi, perché i miei tre giorni scozzesi sono stati trascorsi tra seminari, lezioni, dimostrazioni pratiche di armi e costumi d’epoca, dibattiti – e una favolosa cena di gala, con tanto di piper e candelieri d’argento… ammetto che, entrare a cena in processione preceduti dalla cornamusa, è stata un’esperienza da romanzo – storico, of course.

E ho incontrato due agenti – nessuno dei quali rappresenta esattamente il genere di cose che scrivo… e su questo potrei levare un piccolo sospiro, perché nel cercarsi un agente, ci si sente dire di fare i compiti a casa, di cercar di capire che cosa il singolo agente cerca… e io l’avevo fatto, studiando siti web, interviste, twitter… salvo poi scoprire cose che, ad averle sapute prima, mi avrebbero indotta a presentare il mio pitch a qualcun altro. Quindi sì, o Agenti – è giusto che dobbiamo fare qualche sforzo per trovare la persona giusta, ma come possiamo farlo, se quel che si trova in rete è incompleto o addirittura fuorviante?

Ma ciò non toglie che gli agenti in questione, di persona, si siano rivelati persone gentilissime e disponibili, con un sacco di consigli da dare, e di cose molto lusinghiere da dire sulla mia scrittura e sul mio romanzo… Non foss’altro che come paio di opinioni di gente “dell’industria”, come suol dirsi, i due incontri sono stati molto soddisfacenti e utili.

E poi…

GlasgowPrizeE poi, inutile girarci attorno: il punto focale dell’intera faccenda, è stata la Short Story Competition…  Ricordate la storia che non voleva essere scritta? Quella della scadenza rispettata all’ultimissimo minuto utile? Ebbene, la sera prima di partire ho scoperto che la storia in questione era nella terzina finalista della HNS – e non vi dico che soddisfazione sia stata già quella. La HNS è uno dei non tantissimi palcoscenici riservati alla narrativa storica, ed è notoriamente difficile da accontentare. Per cui, quando sabato pomeriggio sono andata alla proclamazione, ero pienamente disposta a considerarmi contenta di un secondo o anche di un terzo posto. Poi Richard Lee, presidente della HNS, dopo avere annunciato la terzina e fatto qualche considerazione sulla qualità molto alta delle storie partecipanti e sulle difficoltà incontrate dalla giuria nello scegliere,  ha chiamato il terzo classificato – e non ero io. Poi ha chiamato il secondo… e nemmeno quello ero io.

“You’ve won! You’ve won!” ha cominciato a strillare Wendy, l’autrice americana che era seduta accanto a me… e non aveva tutti i torti: il racconto vincitore era il mio, The Revolution in Rivabassa.

Dopodiché… il mondo anglosassone è siffatto che ho passato la maggior parte delle ventiquattro ore successive a ricevere le congratulazioni di un sacco di gente – anche gente pubblicata, pubblicatissima e celebre, e agenti letterari, ed esperti americani di marketing letterario… Ecco – ho ricordi molto dorati di questi tre giorni scozzesi.edinburgh-skyline-in-watercolor-splatters-with-clipping-path

Ero ancora molto sulle nuvole domenica pomeriggio, a passeggio per il centro di Edimburgo – e mi è venuto da pensare che a Edimburgo ci ero arrivata per la prima volta ventisei anni fa, scolaretta spedita in Scozia a imparare la lingua, pressoché incapace di mettere insieme due frasi di senso compiuto… È stato bello – e in qualche modo “giusto”, if you see what I mean, venirmene via di nuovo, dopo un quarto di secolo abbondante, con un premio in tasca per una storia scritta in Inglese.

Apr 6, 2018 - scribblemania, scrittura    Commenti disabilitati su Pesca al Salmone Annotato

Pesca al Salmone Annotato

taccuinocAbbiamo parlato parecchio di taccuini, in passato più o meno recente – a vari propositi e, da parte mia, sempre con sconfinato entusiasmo.

Ebbene, rieccomi qui a illustrarvi un’altra dote del taccuino. Dovete sapere che sono a caccia. Ho scoperto di avere, verso la fine del mese, una scadenza che mi piacerebbe rispettare. Concorso, 2500 parole, argomento storico. Non è che il racconto sia precisamente il mio genere prediletto – ma un’altra cosa di cui abbiamo parlato è quanto sia interessante e istruttivo scrivere entro un limite, e poi ci sono idee che si raccontano meglio in piccolo, e tutto quanto… e soprattutto c’è questo concorso a cui vorrei davvero, davvero, ma davvero partecipare.

Quindi: dove sono tutte quelle idee che risalgono il fiume come salmoni quando sono impegnata a scrivere qualcosa d’altro? Quelle idee che bisogna accantonare a sberle per evitare di essere distratti? Adesso che servirebbero, dove diamine si sono cacciati, gli stupidi salmoni?

TaccuinidMa è ovvio: si sono cacciati – o piuttosto, io li ho cacciati nei taccuini. Perché si annota tutto, ricordate? Se vale la pena di essere ricordato, vale la pena di essere annotato. Proprio per momenti come questi. Così qualche sera fa mi sono seduta davanti al fuoco con una bracciata di vecchi taccuini e il taccuino nuovo, e ho cominciato a pescare e annotare…

E cosa credete che sia successo? Adesso ho una lista di salmoni che copre due pagine e mezzo – e questo limitandomi a tenere le idee che mi sembrano adatte alla bisogna… Certo, nel frattempo ho ritrovato (e perso un sacco di tempo a rileggere) ogni genere di altri appunti e idee, e in un certo senso sono di nuovo seduta sul fondo del fiume, come un Operatore BBC di Buridano, occupata a sgomitare tra i salmoni in cerca di quello giusto da sviluppare e scrivere entro la scadenza, e prima o poi – meglio prima che poi – dovrò scuotermi fuori da questa rimpatriata ittico-narrativa e mettermi al lavoro… but still.

SalmonsdQuante di queste idee sarebbero andate perdute se non le avessi annotate quando l’ho fatto? Se non mi fossi abituata a prendere appunti in ogni possibile situazione – compresa la Terra di Nessuno tra veglia e sonno? Se non avessi tutti i miei vecchi taccuini da sfogliare in caso di necessità?

E quindi ammetto di non avere ancora deciso troppo bene che cosa fare di preciso tra qui e la scadenza – ma il problema non è certo la mancanza di idee, giusto?

Una volta di più: per il Taccuino, hip-hip…

Dic 29, 2017 - libri, libri e libri, Storia&storie    Commenti disabilitati su The Capricorn Bracelet

The Capricorn Bracelet

The capricorn BraceletAl volo per dirvi che The Capricorn Bracelet è andato come l’acqua nel giro di un pomeriggio. Ottima acqua.

Sei racconti, sei soldati romani – e viepiù britannicizzati, da legionari a exploratores lungo il Vallo – attraverso i secoli, da Boudicca alla caduta di Massimiano. Le meraviglie principali sono sei voci diverse con un’ombra di aria di famiglia, e il senso del tempo, gli alti e bassi di Roma, l’ombra di un’epoca che passa e declina nelle piccole cose quotidiane – perché questi soldati che gradualmente dimenticano di appartenere alla gens Calpurnia sono gente che pensa, ma non con il senno di poi della loro autrice… Rosemary Sutcliff sapeva quel che faceva.

E mi è piaciuto scoprire che queste storie erano nate in origine come scripts radiofonici per la BBC: una sorta di Ora dei Ragazzi, badate. Poi, a programma terminato, e desiderando un po’ più di spazio per muovercisi, Miss Sutcliff riprese i suoi sei Romani e ne fece una raccolta di racconti.

PuckKipling è nell’aria? Assolutamente. Puck of Pook’s Hill aleggia sui racconti come uno spirito protettore. L’idea d’altra parte alla Sutcliff venne da lì, e l’omaggio è dichiarato. C’è persino un irriverente cavalleggero chiamato Pertinax, come l’amico del kiplingiano Parnesius. E c’è quella vaga malinconia di fondo, che in Kipling veniva dall’innocenza di Dan e Una, temperata appena dai libri di scuola, di fronte al candore senza prescienza ovvia di Parnesius. Anche Kipling, goes without saying, sapeva quel che faceva.

Con Miss Sutcliff, in fondo, Dan e Una siamo noi. Noi lettori, e i ragazzini inglesi che ascoltavano queste storie alla radio, lette da qualcuno di quei magnifici attori di cui l’Isoletta sembra avere riserve innumeri…

Ragazzini e adulti, immagino, perché – com’era abitudine di gente come Sutcliff e Kipling – non c’è nulla in queste storie che suoni condiscendente o predigerito o smaccatamente didattico o in alcun modo da bambini. Solo il fascino di belle storie avvincenti e ben narrate… Doveva esser bello essere fanciulli in un’epoca in cui gli scrittori trattavano i lettori fanciulli come creature senzienti, cui offrire domande anziché risposte già pronte, don’t you think?

Dic 14, 2015 - Digitalia, kindle, pennivendolerie, self-publishing, Storia&storie    Commenti disabilitati su Bric-à-Brac – sette storie d’altri tempi

Bric-à-Brac – sette storie d’altri tempi

Bric-à-BracSMALLEREd eccoci qui – l’avevamo detto.

Bric-à-Brac è disponibile su Amazon.

Tutto sommato, in questo libro c’è proprio quel che dice l’etichetta: sette storie. E (anche questo lo dice il titolo) storie d’altri tempi, per lo più – con un’eccezione infilata nel mezzo.  Ma a dire la verità anche nell’eccezione si parla di storia, seppur brevemente, perché è così che funziona qui. Si raccontano cose dei secoli passati – cose che potrebbero essere successe oppure no. Per parafrasare la vecchia versione cinematografice di The Prince and the Pauper:

Questa non è storia – solo racconti di tempi lontani. Forse è andata così, forse no, ma sarebbe potuta andare così.

E in fatto di tempi lontani troverete Ottocento e antichità classica,  troverete tartarughe, medici e fantasmi, troverete storie tristi e storie buffe… Dalla Magna Grecia all’Inghilterra vittoriana, dalla Mantova medievale alla Vienna degli Asburgo – sette storie sul serio o per gioco, alla ricerca di quel che non sappiamo più.

Sette storie, dicevo:

I ricordi della canzone
La stagione delle saette
Veglia
Le morte stagioni e la presente
Fàstaf
Il fantasma di Passerino
La ricompensa

Andate qui per scaricare o leggere online un’anteprima, intanto – e poi… Potrebbe essere una Santa Lucia tardiva, o una lettura natalizia, o un regalino per l’appassionato di storia tra i vostri amici…

E se, dopo avere letto, aveste voglia di lasciare una recensione, vi sarei molto grata.

 

 

Bric-à-Brac – ci siamo quasi…

E così ci siamo. Lunedì Bric-à-Brac – sette storie d’altri tempi, il mio ebook di racconti, sarà disponibile su Amazon.

Intanto, giusto per incuriosirvi, ecco la copertina…

Bric-à-BracSMALLER

E, per incuriosirvi ancora di più, un assaggio del racconto Veglia :

“Dio vi benedica, signore, perché io non potrò mai ringraziarvi abbastanza…”

Thomas Addison annuì, brusco e corrucciato, senza saper come districarsi dalle grosse mani arrossate che gli afferravano la manica.

“Su, Molly, ora basta,” Alan Taft trattenne la donna per le spalle insciallate. “Il Dottore sa che gli siete grata, e farà tutto il possibile per Tim.”

Addison si sciolse dalla stretta e, con un ultimo aggrottar di sopracciglia a quello che era stato il suo migliore allievo, si affrettò via, lungo i corridoi di Guy’s Hospital, nella luce grigia del crepuscolo invernale che pioveva dai finestroni.

Tutto il possibile, mormorava tra sé, mentre saliva verso lo studio, tanto aggrondato che le infermiere si scostavano ancor più leste del solito al suo passaggio. Tutto il possibile.

***

Come c’era da aspettarsi, si bussò alla porta mentre ancora Addison armeggiava con il lume sulla scrivania.

“Avanti,” ordinò il dottore, e non fu sorpreso di vedere Taft sulla soglia.

“Avete visto giusto, credo,” brontolò, accennando al giovane di entrare. “Anemia, debilitazione generale, e quella pigmentazione scura della pelle. È proprio la mia malattia. Ho sempre pensato che aveste un buon occhio clinico, Taft.” Troppo buono per sprecarlo in qualche ambulatorio dei poveri negli slums… Addison ingoiò la tirata. Non che si fosse rassegnato, ma dopo due anni era chiaro che nessuno sfoggio di malumore avrebbe riportato il giovane idiota a Guy’s.

Taft scosse il capo e distolse lo sguardo.

“Dottore, se ho detto alla madre che…”

“Non m’importano le bugie pietose che dite a quella donna,” lo interruppe Addison. La fiammella del lume crepitò, accendendo scintille dorate nella collezione di vetrini, becchi e provette allineati sui tavoli. “Quel che conta è che voi sappiate che tutto il possibile è meno di nulla. C’è di buono che mi avete portato il mio primo caso infantile da studiare. Peccato solo che arriviate troppo tardi per la pubblicazione… mi sarebbe piaciuto citarvi, ma sarà per la prossima volta. C’è ancora tanto da cercare, da scoprire.”

Taft si strinse nelle spalle, e diede un pallido sorriso.

“Non sperate mai, Dottore, che da qualche parte, nell’ignoto che esplorate, ci sia qualcosa che serva a salvare i vostri pazienti – qualcosa, al di là delle ipotesi e delle speculazioni?”

Addison gettò al giovane uno sguardo sorpreso. “Sapete, mio padre mi voleva avvocato, ma ho scelto la medicina perché mi pareva che vi fosse più verità da trovarvi che nelle aule di tribunale. Questo m’interessa: la verità. E verità e speranza non si accordano mai troppo bene.”

“Eppure,” sospirò Taft, mentre stringeva la mano del suo vecchio professore per congedarsi, “io credo che debba esserci qualcosa persino al di là della verità che ancora non conosciamo. Varrebbe davvero la pena di cercare, se non fosse così?”

Thomas Addison rimase a guardare il giovane che se ne andava, tirandosi pensosamente i favoriti color ferro.

Addison, straordinario medico e diagnosta, scoprì una decina di malattine – alcune delle quali portano ancora il suo nome e capì per primo come diamine funzionasse davvero l’appendicite. Era anche un ammiratissimo docente al Guy’s Hospital di Londra, ma brusco e più che un tantino misantropo, molto più interessato alla ricerca che ai pazienti… una specie di Dottor House ante litteram. Che cosa farà mai con il suo primo caso infantile?

Veglia si trova in Bric-à-Brac – sette storie d’altri tempi.

Su Amazon.

Lunedì.

Nov 23, 2015 - Digitalia, libri, libri e libri    Commenti disabilitati su Parlando di Racconti…

Parlando di Racconti…

Racconti, sì… short_story

I racconti che, dice Neil Gaiman, sono viaggi all’altro capo dell’universo – ma senza fare tardi per la cena… All’altro capo dell’universo, oppure all’altro capo della storia. O in qualche punto in mezzo.

Parlavamo di Gentleman in Velvet, che ha attraversato l’Atlantico. Ma non è il mio unico racconto. È abbastanza raro, a dire la verità, che mi sieda a scrivere con l’idea di scrivere un racconto. O almeno lo è adesso. Non è come se non l’avessi mai fatto ma, da qualche anno a questa parte, questo genere di lavoro deliberato è più o meno riservato al teatro. I romanzi poi sono un’altra faccenda. Magari c’è gente che si sveglia con l’idea di un romanzo, comincia a scriverlo, procede e finisce. Ebbene, gente di questo genere, chapeau. Io non appartengo alla categoria. Per me i romanzi sono una faccenda da meditarsi a lungo, documentare in abbondanza e scrivere avendo una ragionevole idea di dove si stia andando a parare. Poi le soprese accandono – oh, se accadono! – ma almeno in  partenza preferisco avere una direzione in cui muovermi.

I racconti, invece…

bestshortstorywriter4I racconti, da qualche anno in qua devono farsi strada a botte e gomitate per essere scritti. Idee che mi piacciono, ma con un arco troppo piccolino per un romanzo, e inadatte a diventare un play o un monologo. Cose con cui posso negoziare: d’accordo – 3000 parole e non di più, poi mi lasci in pace.

Un tempo si facevano avanti subito prima o subito dopo Natale – come preparativo dicembrino extra o come maniera per smaltire le paturnie di gennaio… Adesso queste cose tendono a sfogarsi in atti unici. E a proposito, non è detto che prima che poi non dobbiamo parlare anche di questo – ma oggi no. Oggi parliamo di racconti.

Perché mi è venuto un uzzolo, sapete.

L’uzzolo di racimolare una manciata di racconti – storie di secoli passati, per lo più – e di raccoglierli in un ebook. Un uzzolo così – e avrei potutto ignorarlo e procedere in altre direzioni, ma non l’ho fatto. Così i racconti li ho racimolati per davvero. Sette in tutto. Storie di secoli passati, per lo più – e no, non siete sopresi, non lo siete affatto. Non adesso. Magari al momento lo sarete, almeno un pochino… Staremo a vedere.

Al momento l’ebook è in via di preparazione, un po’ alla volta – copertina, margini, carattere e tutto il resto – e si sarebbe potuto chiamare in una mezza dozzina di modi. Invece, alla fine fine, si chiamerà così:

Sample

E ne riparliamo fra un paio di settimane, quando ormai sarà dicembre.

Mar 18, 2015 - elizabethana, Kipling Year, lostintranslation    Commenti disabilitati su Idea Volante

Idea Volante

GloE non lo so… Mi prude un uzzolo. Una di quelle idee – quelle cose per cui in realtà ci vuol più tempo di quanto ne abbia, e avrei potuto pensarci prima, e va’ a sapere. E tuttavia…

Devo meditarci con cura – ma intanto, a titolo di assaggio… Ricordate Rewards and Fairies – il seguito di Puck of Pook’s Hill? Ricordate la Regina Bess? Continuo a promettere che ne parleremo – e in effetti ne parleremo – ma intanto, come dicevo, a titolo di assaggio, perché non mettere qui uno scampolo di traduzione?

Il racconto è Gloriana, Dan e Una sono i piccoli protagonisti cui Puck il Folletto consente di incontrare… be’, la Storia d’Inghilterra – con tutte le maiuscole del caso. E la signora misteriosa… State a vedere:

 

Willow Shaw, il boschetto recintato dove ci sono i pali accatastati come tende indiane,  era il Regno di Dan e Una fin da quando erano piccoli. Crescendo erano riusciti a tenerlo privato e solo per loro. Persino Phillips, il giardiniere, li avvertiva prima di entrarci a cercare un palo per i suoi fagioli – e il vecchio Hobden non si sarebbe mai sognato di metterci le sue trappole da conigli senza permesso (permesso da rinnovarsi ogni primavera), né si sarebbe mai azzardato a rimuovere dal salice grande il cartello scritto a inchiostro indelebile che diceva “I grandi possono entrare nel Regno solo accompagnati.”

Quindi potete capire l’indignazione di Dan e Una quando, in un pomeriggio ventoso di luglio, mentre andavano a Willow Shaw con delle patate da arrostire alla brace, videro qualcuno che si muoveva tra gli alberi. Saltarono di furia la staccionata – lasciando cadere metà delle patate, e mentre le raccoglievano, Puck uscì da una delle tende indiane.

“Ah, sei tu, allora,” disse Una. “Pensavamo che ci fosse della gente.”

“Si vedeva che eravate arrabbiati. Si capiva dalle gambe,” rispose lui con un sorriso largo.

“Insomma, è il nostro Regno – a parte te, si capisce.”

“È un po’ per questo che sono qui. C’è una signora che vuole vedervi.”

“A che proposito?” domandò cautamente Dan.

“Oh, Regni e cose così. È una che se ne intende, di Regni.”

C’era una signora vicino alla staccionata, vestita con un mantello lungo e scuro che lasciava vedere solo le scarpe dai tacchi alti e rossi. Aveva la faccia coperta per metà da una maschera di seta nera, con le frange e senza occhialoni – ma non aveva per niente l’aria di un’automobilista.

Puck accompagnò i bambini da lei, e s’inchinò solennemente. Una fece, meglio che poteva, la riverenza che aveva imparato a lezione di danza. La signora fece a sua volta una riverenza bassa, lenta, che le fece gonfiare il mantello.

“Poiché sei, a quanto sembra, la Regina di questo Regno,” disse, “non posso far di meno che riconoscere la tua sovranità.” E si voltò di scatto verso Dan che la fissava. “E tu che hai in testa, ragazzo? E le buone maniere?”

“Stavo pensando a che riverenza meravigliosa avete fatto,” rispose lui.

La signora diede una risata un po’ stridula. “Così giovane e già un cortigiano. E tu sai qualcosa di danza, fanciulla – o dovrei dire Regina?”

“Ho preso qualche lezione, ma in realtà non so danzare per niente,” disse Una.

“E allora dovresti imparare.” La signora fece un passo avanti, come se volesse insegnarle all’istante. “Quando una donna è sola in mezzo a degli uomini o a dei nemici, danzare le lascia il tempo di pensare a come può vincere – o perdere. Una donna può lavorare soltanto in quella che agli uomini sembra l’ora dello svago. Ah!” Sospirò, e sedette sull’arginello.

Il vecchio Middenboro, il pony che tirava la falciatrice, venne trotterellando attraverso il pascolo e si appoggiò alla staccionata con aria malinconica.

“Un grazioso Regno,” disse la signora, guardandosi attorno. “Ben difeso. E come lo governa la tua Maestà? Chi è il tuo Ministro?”

Una non capiva bene. “A quello non ci giochiamo,” disse.

“Giocare?” la signora levò le mani con una risata.

“È di tutti e due insieme,” spiegò Dan.

“E non litigate mai, giovane Burleigh?”

“Qualche volta, ma non lo diciamo a nessuno.”

La signora annuì. “Io non ho marmocchi, ma so come si tengono i segreti tra Regine e Ministri. Oh se lo so, ay de mi! Ma, senza mancar di rispetto alla presente Maestà,  questo regno mi sembra piccolino, una preda facile per uomini e bestie. Per esempio,” e indicò Middenboro, “quel vecchio cavallo là, con quella faccia da frate spagnolo – non sconfina mai?”

“Non ci riesce. Il vecchio Hobden ci chiude tutti i passaggi,” disse Una, “e noi gli lasciamo prendere i conigli nel bosco.”

La signora rise come un uomo. “Capisco! Hobden si piglia i conigli, e vi tien salde le vostre difese. E lui ci guadagna, con i conigli?”

“Non gliel’abbiamo mai chiesto,” disse Una. “Hobden è un nostro grande amico.”

“Oh senti-senti!” esclamò stizzosamente la signora. Poi rise. “Ma dimentico che è il vostro regno. Una volta conoscevo una signorina che ne aveva da difendere uno più grande di questo – e nemmeno lei faceva domande ai suoi uomini, fintanto che le tenevano chiusi i passaggi nelle staccionate.”

“Anche lei cercava di coltivare dei fiori?” chiese Una.

“No, degli alberi. Alberi fatti per durare. I suoi fiori appassivano tutti. “ La signora appoggiò la guancia su una mano.

“Succede, se non li si cura bene. Noi qualche fiore l’abbiamo. Vi piacerebbe vederli? Ve ne raccolgo un po’.” Una corse alla macchia d’erba alta nell’ombra dietro la tenda indiana e ritornò con una manciata di fiori rossi. “Visto che belli?” disse. “Sono Malcolmie della Virginia.”

“Virginia?” la signora li sollevò all’altezza della frangia della sua maschera.

“Sì, è da lì che vengono. La vostra signorina non ne ha mai piantati?”

“No, lei no – ma i suoi uomini si avventuravano per tutta la terra a raccogliere e piantare fiori per la sua corona. Pensavano che lei ne valesse la pena.”

“Ed era così?” domandò allegramente Dan.

Quien sabe? Chi lo sa? Ma almeno, mentre i suoi uomini faticavano in terre lontane, lei faticava in Inghilterra, così che avessero un posto sicuro in cui tornare…”

 

…E naturalmente prosegue – e per essere una storia per bambini è singolarmente dura, con Elisabetta che discute del peso della corona e delle dure necessità associate… Ma seguito a dire che Kipling è un autore a bassissimo tasso di saccarina.

Magari andrò avanti – non so. Molto dipende dalla mia capacità di resistere agli uzzoli e – francamente – dall’insonnia. Staremo a vedere, eh?

Feb 25, 2015 - Kipling Year    2 Comments

Racconti Semplici Delle Colline

RSdCE cominciamo con il dire che il titolo originale, Plain Tales from the Hills, funziona meglio – non foss’altro che per il pun tra plain/semplice e plain/pianura…

Oh well, in qualunque lingua li si guardi, si tratta della prima raccolta in volume di Kipling, quaranta racconti di vita angloindiana, in buona parte apparsi originariamente sulla Civil & Military Gazette di Lahore, quando l’autore aveva vent’anni o poco più – e nondimeno era già un piccolo veterano.

Per accostarsi a Kipling al di là del Libro della Jungla, questa raccolta è un buon inizio, per tutta una serie di ragioni. Per esempio, l’India. Benché sia solo febbraio, abbiamo già avuto modo di dolerci più di una volta dell’ingiustificata nomea di razzista che l’Italia ha affibbiato al povero Kipling. Ebbene, in questi racconti si vede tutta un’altra storia. Si vede il ragazzo che in India ci è nato, che ne ha sentito ferocemente la mancanza mentre riceveva un’educazione in Inghilterra, che ci è tornato al primo momento utile, che la ama, che la capisce, che ne è infinitamente curioso, che ne vede e indaga la varietà nel bene e nel male. C’è tutto un campionario umano, nei Plain Tales – un campionario angloindiano che va dal soldato semplice al portatore d’acqua indigeno, dal governatore locale alla vedova quindicenne, dai tenentini negli avamposti più dispersi, alle arbitre sociali di Simla, dai bambini che parlano un angloindiano tutto loro al segnalatore indigeno del telegrafo che salva la giornata… E tutti sono ritratti con equanime vividezza, comprensione e finezza.

Poi c’è la varietà dei toni – una caratteristica fondamentale e, a mio timido avviso, incantevole delle raccolte di Kipling. Qui si tratta di lavori giovanili, ancora pervasi da un ottimismo generale. Questo Kipling ha ancora fede nell’Impero e nell’umanità in generale – una fede tutto sommato sorridente. Il che tuttavia non impedisce l’occasionale dose di amarezza e persino di tragedia, proprio perché non siamo di fronte a un celebratore acritico dell’Impero. L’Impero – e, ancor di più, la gente dell’Impero – fa cose stupide, cose crudeli, cose tragiche. La burocrazia è ottusa, i pregiudizi radicati, gli errori all’ordine del giorno – ed è proprio questo che Kipling racconta. Non l’avventura – ma gli intoppi, la fatica, la buona fede, le incomprensioni, la nostalgia, il duro lavoro, i molti modi in cui la Britannicità si adatta all’India – molto più che viceversa. E nonostante la relativa uniformità d’ambientazione, tutto questo è raccontato con una varietà di toni e di colori sorprendente: diventerà sempre più evidente nelle raccolte successive, ma già qui, ogni volta che si inizia un racconto, non si sa mai che cosa aspettarsi, e ogni volta che se ne finisce uno, non si sa mai che cosa verrà dopo. Si sospira per la crudeltà benintenzionata inflitta a Lispeth, si ride per la rivincita del Lombrico o le disavventure dell’elegante Goolightly, si piange per la povera Bisesa o Muhammad Din…PTftH

Per di più, Plain Tales è una delle non tantissime raccolte che siano state tradotte e pubblicate per intero – disposta così come era organizzata in origine, conservando questa varietà deliberata – che invece va, alas, perduta nelle antologie kiplingiane di storie di fantasmi, storie di mare o whatnot, raccolte di qua e di là, e messe insieme con un criterio tematico che tradisce l’autore.

E infine, è in queste storie che s’incontrano per la prima volta personaggi destinati ad accompagnare Kipling per tutta la sua vita di narratore: gli impagabili moschettieri Otheris, Mulvaney e Learoyd, la terribile Mrs. Hauksbee, Strickland il poliziotto degli incontri sinistri, varia gente che finirà col popolare Kim…

Insomma, ricapitolando: una buona porta d’ingresso per cominciare a vedere un Kipling diverso. Vi consiglierei di provare con l’originale – tenendo conto che Kipling gioca sempre molto di mimesi linguistica, e non è sempre facile stargli dietro, soprattutto nella parlata da caserma dei Tre Soldati… Magari, se non ve la sentite, potete provare in Italiano (l’edizione 1995, tradotta da Gibellini e Francesio, si trova in biblioteca oppure su Amazon in formato ebook o cartaceo) e poi cercare i racconti che vi sono piaciuti di più in originale…

Fatemi sapere, volete?

 

Cominciamo

RKipling.jpgSì – cominciamo, volete?

Il 2015 è l’anno di Kipling. Milleottocentosessantacinque – Duemilaquindici fanno centocinquant’anni dalla nascita, e quindi quest’anno ne parleremo parecchio.

Rudyard Kipling, narratore angloindiano – nell’Ottocentesco senso di Inglese nato/vissuto in India, da noi è conosciuto poco e male. Per il Libro della Giungla, per Kim, per Se – e come bieco imperialista, razzista eccetera eccetera.

Ebbene, no.

Kipling amava l’India, ne era infinitamente curioso, la capiva. Certo, la capiva come un uomo del suo tempo e del suo contesto culturale, but still. E poi c’è altro. C’è l’Inghilterra con la sua storia, ci sono i viaggi, ci sono i miti, c’è il prezzo dell’arte, c’è la Prima Guerra Mondiale, c’è un po’ di steampunk, ci sono i fantasmi e i mostri marini, ci sono le navi, i treni, gli aerei, ci sono i soldati, i costruttori di ponti, la paura e la meraviglia…

Io il “vero” Kipling vi suggerirei di andarlo a cercare nei racconti, più che nei romanzi, e nelle poesie – al di là di Se. Ne parleremo, ne parleremo parecchio.

E a questo punto arriva la domanda sensata: dove si trova da leggere tutto ciò di cui parleremo?

Be’, in Inglese non ci sono particolari problemi. Una capatina al Project Gutenberg rivela una ricca pagina kiplingiana.

Ma in Italiano, o Clarina?

Ecco, qualche anno fa avevo messo insieme una Piccola Bibliografia Ragionata delle opere di Kipling tradotte in Italiano. È in formato PDF, così da poter essere scaricata, stampata, portata in libreria, spedita per posta elettronica o tradizionale, fatta circolare, piegata in barchette di carta, lanciata in mare in una bottiglia… a piacer vostro.

È divisa in quattro sezioni: Raccolte di Racconti, Racconti Singoli, Poesie, Lettere e Reportages. È ragionata, nel senso che i titoli riportano indicazioni di lettura. Naturalmente si tratta di opinioni. Ho volutamente omesso i romanzi e tutto ciò che ha a che fare con i Libri della Giungla, perché la mia tesi è che quelli sono fin troppo conosciuti. In fondo, l’idea di quest’anno è quella di scoprire il Kipling trascurato e sconosciuto, giusto? Per la stessa ragione, adesso che mi viene in mente, non troverete indicazioni sulle Storie Proprio Così. E per ora mi sono limitata alle edizioni posteriori al 199o, nella vaga speranza che siano ancora reperibili in libreria – ma questo limita molto la scelta. Come vi dicevo, Kipling in Italia è poco frequentato.

Mano a mano che parleremo di vari titoli, vi indicherò anche le edizioni precedenti – e magari le biblioteche in cui sono reperibili, nello spirito di un incoraggiamento al prestito interbibliotecario – ma in realtà la cosa migliore è e rimane leggere in originale. Anche perché francamente non conosco la maggior parte delle traduzioni segnalate (con un paio di eccezioni indicate). E a proposito, se e quando leggerete, indicazioni e commenti sulla qualità delle traduzioni saranno i benvenuti.

Enfin, ad ogni anniversario letterario io spero sempre in nuove traduzioni, nuove edizioni… L’esperienza mi ha insegnato che non sempre funziona così – ma come dice Carmen a Escamillo, sperare è sempre dolce e non è mai proibito. Cercherò di segnalarvi eventuali novità in proposito – ma voi fate altrettanto se vi capita qualcosa sotto gli occhi, volete?

E adesso… Kipling_ Bibliografia Ragionata.pdf

Buona lettura, e sappiatemi dire!

Feb 24, 2011 - pennivendolerie    6 Comments

Grazie Per Averci Mandato Il Suo Racconto…

Nel mondo editoriale anglosassone non ti ringraziano mai con tanto calore come quando ti rifiutano una storia. E ti augurano ogni bene per la tua carriera di scrittore, e chiudono con qualche citazione che dovrebbe ispirarti a mantenere viva la fede nel tuo talento. Keep writing.

E sì: questo tono lievemente cinico si deve al fatto che dopo tutto A Soul For Cunning non è piaciuto agli Irlandesi – non abbastanza da includerlo nella loro shortlist. Qualche settimana fa avevo ricevuto notizie analoghe da Glimmer Train, e quindi adesso mi sento più qualificata del solito per scrivere un post sulla reazione a questo genere di accadimenti.

1) Fase Blasée: Oh, d’accordo. Sapevamo che era difficile, giusto? Insomma, GT pubblica gente come Annie Proulx, era un tentativo e non è riuscito – andrà meglio la prossima volta, giusto? In fondo, quante volte è stato rifiutato Il Gattopardo? E’ tutto a posto. E’ tutto normale. Adesso lo spedisco altrove, e prima o poi…

2) Fase Werther: Oh, ma chi voglio prendere in giro? A cosa serve mandarlo altrove? Perché diciamocelo: c’è anche la concreta possibilità che il racconto non sia un granché, dopo tutto. E poi non sono nemmeno madrelingua. E poi ho mai dato un’occhiata a un’antologia? Sono ben altre le cose che vincono i premi e finiscono sulle riviste… Hanno ragione loro, non era proprio niente di speciale.

3) Fase Achille (sconfinante in un nonnulla di Complesso della Vittima): Oh, che poi, te li raccomando, i premi e le riviste! Se non scrivi di droga, donne maltrattate o squallori misti assortiti, non ti guardano neanche. E che devo dire? Io ho avuto un’infanzia felice, non ho mai fumato nemmeno uno spinello e non ho un marito che mi picchia… significa che non posso scrivere racconti? Possibile che i lettori vogliano leggere solo di quello? Io sarò fuori mercato, ma è il mercato che è morboso. E gli editor delle riviste sono morbosi. E i giurati sono morbosi. Ecco! Morbosi, ingiusti, cattivi, pessimi, grrrrrrr!

4) Fase Doom&Gloom: Oh, che cosa infantile prendersela con la giuria… Il fatto è che non so più scrivere. Anzi, non ho mai saputo scrivere, e non so come abbia mai potuto credere il contrario. Quanta carta e quanto inchiostro sprecati – per non parlar del tempo! Dov’è, dov’è, dov’è la più vicina scogliera? Oppure – failing that – dov’è il più vicino caminetto, per alimentarlo con i miei patetici sforzi? O mie velleità letterarie, ardete in un funerale vikingo!

– Qui di solito intervengono quantità massicce di cioccolato. Oppure biscotti al cioccolato intinti nel cappuccino fasullo. –

5) Fase Tutto Daccapo: Oh, eppure l’idea non era male… E se lo rivedessi un’altra volta? E se provassi a modificare l’inizio? E se aggiungessi un altro personaggio o due? E se cambiassi il protagonista? E se trasportassi tutto in epoca moderna? E se aggiornassi molto il linguaggio? E se modificassi il tema? E se stravolgessi il finale? E se tagliassi tutta la prima metà? E se infilassi un flashback prima della risoluzione? E se eliminassi i riferimenti filosofici? E se lo riscrivessi daccapo? Tutto daccapo?

– Qui di solito segue notte parzialmente insonne: troppe idee che frullano per le cervici, troppe riaccensioni di luce per annotare quella che sembra sempre la folgorazione risolutiva, troppo cioccolato a tarda ora… –

6) Fase Scarlett: Com’è che, dopo averci dormito sopra, non mi pare più così tragicamente brutto? Forse potrei dargli un’altra occhiatina. Forse potrei supplicare qualcuno a HNR di leggerlo e darmi un parere. Forse potrei sottoporlo al mio critique group (anche se sono mesi che non mi faccio viva con loro). Forse potrei cercarmi un altro concorso o due e mandarlo… In fondo, quante volte è stato rifiutato Il Gattopardo? E’ tutto a posto. E’ tutto normale. Fa parte della vita dello scrittore, la vita dello scrittore è costellata di rifiuti. Basta paturnie. Mai più paturnie. Cattive paturnie. E in fondo, domani è un altro giorno. (*cue Tara Theme*)

Quindi adesso ho spedito A Soul For Cunning altrove, e suppongo che da qualche parte verrà rifiutato e mi farò venire di nuovo tutte le fasi canoniche, e prima o poi, qualcuno lo accetterà, e allora potrò sorridere delle mie paturnie – fino al rifiuto successivo.

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