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Giu 18, 2018 - Senza categoria    Commenti disabilitati su L’Uomo Con La Spada – E Altre Estivitudini

L’Uomo Con La Spada – E Altre Estivitudini

Henry_Treece,_authorOh, ecco: torniamo a parlare un momento di letture estive, volete?

Il fatto si è che, durante un lavoro di traduzione per conto di un archeologo e medievalista inglese, ho avuto modo di rinfrescare un po’ di storia inglese dell’Undicesimo secolo, scoprire che Hastings, benché la più importante, non fu affatto la prima battaglia del 1066, e imbattermi in un altro di quegli autori di romanzi storici “per fanciulli” che poi sono godibilissimi anche per gli adulti – e di cui l’Isoletta sembra avere riserve inesauribili.

Henry Treece, poeta, romanziere e autore teatrale, nel corso della sua tutt’altro che lunga vita scrisse e pubblicò tantissimo, trovando anche il tempo per insegnare, curare antologie e riviste, e fare intelligence work per la RAF durante la guerra…

HenryTreeceMWASIo ci sono giunta attraverso Man with a Sword, romanzo ambientato durante la conquista normanna dell’Inghilterra, per l’appunto. Cercavo particolari su Morcar, conte di Northumbria – vincitore di Norvegesi feroci e nipote di Lady Godiva – e ho trovato Treece, con questa lunghissima e attraente bibliografia…

Così intanto ho ordinato Man with a Sword, e ho scaricato il non moltissimo – tra romanzi e poesie – che si trova sul Project Gutenberg Canada e su Internet Archive.

Non so se riuscirò ad avere una Reading Week, quest’estate* – ma, in un modo o nell’altro, ho tutta l’intenzione di esplorare almeno un po’ di Henry Treece. Che ne dite – vi andrebbe di unirvi a me?

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* E a dire il vero, vorrei tanto anche una Viewing Week, vero N.?

Mar 10, 2017 - considerazioni sparse, Traduzioni, Utter Serendipity    Commenti disabilitati su Fiori Secchi, Primavera e Distrazioni

Fiori Secchi, Primavera e Distrazioni

Pressed daisiesA volte succedono graziose serendipità, vero?

Per dire, “L’Officina delle Arti”, di Ricciotto canudo (Edizioni di Bianco e Nero, 1966), in biblioteca a Mantova non c’è. Però si procura tramite prestito interbibliotecario. E quando arriva dalla Biblioteca Augusta di Perugia, sfogliandolo ci si trovano tre margherite essiccate, pressate tra le pagine a mo’ di erbario.

“Oh, bizzarro…” si sorride, e si mettono da parte le margherite. Il portafortuna di qualcuno in vista di un esame di storia del cinema? Chi lo sa…

Ma il lavoro incombe, e si passa l’oretta successiva a caccia di passi riportati nel libro che si sta finendo di tradurre dal Francese. Solo che ogni tanto, di tra le pagine, salta fuori una violetta. pressed violet

E allora non si può fare a meno di pensare alla studentessa che, in un giorno di primavera, è andata a studiare al parco – doveva essere marzo o aprile, magari la prima bella giornata primaverile, di quelle che invitano a cercare un quadrato d’erba per stenderci un plaid. O forse le residenze studentesche a Perugia hanno giardini in cui crescono le violette? Alcuni paragrafi del buon Canudo sono segnati, appena appena, con un punto tracciato a biro accanto all’indentatura. Colore e forma (più un minuscolo cerchiolino che un punto vero e proprio) suggeriscono una BIC blu. Viene da pensare a un astuccio dimenticato a casa. La biro c’era lo stesso, perché tutte abbiamo una biro nella borsetta. Però poi si direbbe che la proprietaria della biro si sia distratta ogni tanto: una margheritina qui, un paio di violette là, poi una violetta sola… Oh, be’: Canudo non è precisamente di quelle cose che si leggono tutte d’un fiato.

pressed flowersChiusa parentesi. Il lavoro incombe (si è promesso di consegnarla la settimana prossima, questa traduzione…), e una volta finito con Canudo, c’è Greenberg che aspetta lo stesso trattamento. E intanto fuori la giornata è deliziosa, e la primavera è in anticipo di almeno dieci giorni, e sarebbe pur bello andarsene a violette e margherite… magari aggiungerne una tra le pagine?

Al lavoro, donna! Non distrarti, che la traduzione non si fa mica da sola. E però… chissà com’è andato quell’esame di Storia del Cinema a Perugia?

Lug 8, 2015 - libri, libri e libri    Commenti disabilitati su Alice 150

Alice 150

Alice1Il 4 luglio del 1862, durante una scampagnata lungo il Tamigi, il giovane Charles Dodgson cominciò a raccontare una storia alle tre sorelline Liddell. La storia di una bambina di nome Alice, che in un pomeriggio pigro e dorato vede un curioso coniglio bianco con tanto di orologio e, seguendolo, cade in un mondo regolato solo dal nonsense…

Tre anni più tardi – e centocinquant’anni orsono – quella storia inventata per passare il tempo in un pomeriggio di vacanza diventerà un libro illustrato di enorme e duraturo successo. Tant’è che, qualsiasi cosa pensiamo del raconteur – e non è che noi XXI Secolo ne pensiamo benissimo – siamo qui a celebrare il frutto della sua immaginazione sfrenata, bizzarra e più che un pochino inquietante.Alice4

Oh, andiamo: chi non ha letto Alice? Pur molto inglese in impianto e in humour, il Paese delle Meraviglie ha decisamente valicato tutti i confini – croce e delizia di generazioni di traduttori – e personaggi come il Cappellaio Matto, la Lepre Marzolina, il Coniglio Bianco e il Gatto del Cheshire sono universalmente noti ben al di là del mondo anglosassone – complice Disney, prima con il film d’animazione e poi con la cupa fantasia di Tim Burton…

Ma in realtà non vi fate idea di quanti adattamenti teatrali e cinematografici, balletti, musical, videogiochi, fumetti, rinarrazioni e riproposizioni abbia conosciuto questa storia negli ultimi centocinquant’anni… Segno evidente del fatto che Alice, i suoi animali parlanti, le sue regine sanguinarie e buffe, i suoi biscotti pericolosi e le sue carte da gioco che verniciano le rose continuano ad esercitare la duplice attrazione dell’immaginazione senza freni e della distorsione della realtà.

Alice2Noi festeggiamo Alice con un paio di link: uno al sito del Centocinquantesimo, bellissimo a vedersi, colmo di illustrazioni, articoli, curiose informazioni e idee*; e uno a questa bellissima mostra dello Harry Ransome Center ad Austin, Texas, che racconta non solo le origini della storia – ma anche ciò che ne è stato in questi centocinquant’anni. Guardate le illustrazioni per la non-proprio-traduzione russa di Nabokov, per esempio, oppure le illustrazioni di Picasso… E già che ci siete, date un’occhiata ai video che raccontano la filosofia della mostra e il processo di conservazione. E poi seguite il link Related Material per leggere gli articoli sulle meravigliose attività collaterali e didattiche… Si vede molto che ultimamente sto sviluppando un’ammirazione e un’invidia senza limiti per come funzionano e lavorano i musei anglosassoni? Ma mi accorgo che sto scivolando giù per buchi non del tutto pertinenti e, se non sto attenta, mi ritroverò a giocare a croquet a rischio della testa…

Alice, dicevamo – e, a titolo di conclusione, e considerando che questo potrà essere il centocinquantesimo della pubblicazione, ma Alice è nata in quel pomeriggio dorato del 1862, degli auguri di Non-Compleanno mi sembrano singolarmente appropriati:

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* All’improvviso ho voglia di invitare un po’ di amici per un tè alicesco…

Leggendo In Inglese

Ricevo una mail che, tra molte altre cose, dice anche questo:

Sul fatto che tu legga solo libri inglesi e americani, non dico niente. Sono fatti tuoi e ciascuno legge quel che gli/le pare e poi ne scrive sul suo blog. Quel che mi domando è perché tenere un blog in italiano e poi recensire libri che in italiano non sono stati tradotti. […] Tutti i tuoi lettori sanno l’inglese abbastanza bene per leggere le cose che recensisci? Io ti leggo da un po’ meno di due anni, e noto che ultimamente ti sei messa a recensire cose non tradotte. In tutta sincerità, quando trovo un post così, mi fai venir voglia di leggere e poi alla fine scopro che non posso. Ci resto male, non è divertente, e sinceramente ti fa anche sembrare un po’ snob. Possibile che non trovi niente di tradotto, che possiamo leggere anche noi?

Ah già, le recensioni di libri non tradotti…

Ok, parliamone. Ho raccontato qui*, come e perché una ventina d’anni fa io abbia cominciato a leggere in Inglese e sia rimasta folgorata dall’esperienza. La versione breve della storia è che negli ultimi due decenni ho letto tutto quello che potevo in lingua originale – in Inglese, ma anche in Francese e, in anni più recenti, in Spagnolo. Sul Tedesco sto ancora lavorando, ma nutro speranze.

All’inizio è stata una faccenda di pura esuberanza, entusiasmo da scoperta. Ho riletto in originale libri che avevo già letto in Italiano, per il gusto del diverso colore della lingua, e per la quantità di parole, modi idiomatici, costruzioni e colloquialismi che si potevano assorbire. Il che può essere parzialmente responsabile delle sfumature dickensian-austenesche del mio Inglese, ma questa è un’altra storia.

Dunque, per un po’ di anni ho letto anche in Inglese, anche perché non è che fosse facilissimo procurarsi edizioni in lingua originale. A Pavia sì, ovviamente. A Cardiff e a Londra il problema non si poneva. Una volta tornata a Mantova… oh well, stendiamo un tulle misericorde.

Ma nel frattempo avevo scoperto internet e Amazon, e le possibilità si erano allargate enormemente – e anche di questo abbiamo già parlato.

Poi ho scoperto un’altra cosa. E cioè che, se volevo leggere nel mio genere, in Italia non c’era gran trippa per gatti. E non sto parlando di nulla di spaventosamente esoterico: romanzi storici.

Alas, non c’è paragone tra la scelta di romanzi storici italiani e romanzi storici inglesi e americani, in fatto di abbondanza, di varietà di periodi storici e ambientazioni e anche di qualità generale. Di tutto questo bendidio in Italia si traduce poco – qualche romanzo storico propriamente detto, un po’ di saggistica, pochissimi gialli storici – e quel poco non sono particolarmente ansiosa di leggerlo in traduzione, ma non è questo il punto. Il punto è tutto il resto che non si traduce affatto: treni merci di straight historicals, gialli ambientati nei secoli più improbabili, saggistica meravigliosa e fantasy storici.

Quindi, o Corrispondente, non leggo in Inglese perché sia snob, ma perché molto di quel che mi piace leggere si trova in Inglese o non si trova affatto e, se anche volessi leggerlo in traduzione, non potrei. Quanto alle recensioni…

Lo confesso: ho esitato prima di cominciare a dedicare post interi alla recensione di titoli non tradotti – e finora credo di averlo fatto non più di un paio di volte. Interesserà a qualcuno se lo faccio? Si sentirà maltrattato chi non legge in Inglese? A decidermi è stata la lettura di una certa quantità di ottimi fantasy storici e fantasy of manners, generi trascuratissimi alle nostre latitudini e, a mio timido avviso, meritevoli di scoperta. Perché sono diversi, perché tendono ad essere originali, intelligenti e ben scritti. Perché mostrano alcune affascinanti direzioni che può prendere la narrativa a sfondo storico se non vuole anchilosarsi.

E allora sì: credo che continuerò a recensire libri non tradotti – titoli recenti e classici da riscoprire, e bizzarrie vecchie e nuove, perché… be’, perché c’è un mondo là fuori. E perché leggere resta il mio modo preferito di imparare ed esercitare una lingua. E perché penso che valga la pena di sapere che ci sono altre possibilità.

Ecco, alla fin fine è questo il punto: credo davvero che ne valga la pena.

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* E a dire il vero un pochino anche qui

 

E Poi C’è Kipling

rudyard kipling, bibliografia, link, traduzioniUltimo genetliaco letterario di dicembre: oggi Rudyard Kipling compirebbe 146 anni.

Come al solito, qualche link e, di nuovo, non c’è granché in Italiano:

Qui la pagina dedicata di LiberLiber/Progetto Manuzio, che per una volta mi delude un po’: solo il Libro delle Bestie, in una vecchia traduzione.

Per cui ci si rivolge al Project Gutenberg, qui, per gli originali. Unsurprinsingly, c’è più scelta.

Se non avete voglia di scaricare, aggiustare e convertire, qui ci sono parecchie cose (molte raccolte di racconti, in particolar modo): cartacei scannerizzati che si possono leggere online o scaricare in PDF.

Qui c’è un breve audio di Kipling che legge alcuni versi dalla sua France. Non vi viene mai la curiosità di sapere che voce avessero gli scrittori?

Se non avete obiezioni a leggere a schermo, qui c’è pressoché tutto in versione HTML. Qui invece c’è un’opera omnia in PDF scaricabile – anche in versione mobile.

Qui c’è il sito della Kipling Society, pieno di informazioni e immagini.

E se siete interessati alle immagini, qui ci sono le pagine che l’università di Yale ha dedicato a una mostra kiplingiana. C’è anche il podcast di una conferenza.

E per finire, nel tentativo di farmi perdonare questa linkografia quasi solo anglofona, vi segnalo la mia bibliografia ragionata, un PDF scaricabile in cui sono elencate diverse traduzioni italiane recenti: Kipling_ Bibliografia Ragionata.pdf

E sì, lo so: Kipling lo avete letto da bambini, e che palle il Libro della Jungla, e poi era colonialista… Ma siete disposti a fare un esperimento? Dimenticatevi Mowgli e Kim, dimenticate i romanzi in genere, e dimenticate anche i giudizi di massima. Concedete una possibilità ai racconti e alle poesie. Odds are, credetemi, che scopriate un poeta e narratore sottovalutato – vivido, curioso di tutto, multicolore… Provateci e sappiatemi dire.

Ott 12, 2009 - pennivendolerie    Commenti disabilitati su Così impari!

Così impari!

Una volta, al Ginnasio, mi hanno assegnato un tema che diceva più o meno così: “l’ira è un vento maligno che spegne la lampada della ragione.”

Vero. Peccato che non sempre me ne ricordi. Almeno, non al momento giusto.

Let me explain.

Ti commissionano un pezzo. Tu scrivi il pezzo e, trovando che sia tutt’altro che male, lo consegni entro il termine pattuito. E tutti vissero felici e contenti? Non proprio. Ti telefona il committente. “Ho letto,” dice in tono giulivo. “Molto carino. Però, avrebbe obiezioni a fare qualche modifica?” Ah. “Che genere di modifica, di preciso?” domandi tu, che non hai obiezioni serie, ma ti senti arruffare le penne quando il tuo lavoro viene definito carino. Il committente, in tono ilare, si lancia in un elenco di desiderata. Oh, cose da nulla: in definitiva si tratta solo di lobotomizzare il pezzo, stravolgendone il finale in modo da levargli ogni originalità e ogni barlume di significato. “Si può fare, vero?” conclude il committente. “Cerrrrto,” ringhii tu. “E’ mortalmente banale, così, ma si può fare.” Il committente si fa una bella risata. “Vuol dire che ci adatteremo a questa banalità,” annuncia compiaciuto. “Me la manda sistemata entro la settimana?” Facile per lui, che non avrà il suo nome stampato sotto il pezzo. Concludi la telefonata tanto civilmente quanto riesci, e poi dài sfogo alla tua furia. Ma come, tu scrivi loro una piccola riflessione sull’arte, e loro invece vogliono un pezzo d’occasione, calligrafico, carino* e perfettamente vacuo? Furore tremendo, come diceva una delle suore benedettine del mio collegio universitario a Pavia…

Mentre sei ancora in preda all’ira funesta, ti arriva una mail. Ti offrono un lavoro di traduzione. Si aspettano un livello più che ottimo per varie ragioni che condividi. C’è la possibilità che la cosa conduca ad una collaborazione di lunga durata, per cui, ti si dice, sii debitamente grata, e non badare al fatto  che il compenso è ridicolmente basso. Per capirci: meno di metà dell’assoluto minimo della tariffa abituale. Il tono è di estrema sufficienza, patronising e irritante oltre misura. Tu, che in momenti di calma potresti essere abbastanza lungimirante da abbozzare per amor della collaborazione a lungo termine, prendi fuoco. Rispondi, dicendo che per lavorare a una cifra del genere hai bisogno di un incentivo migliore della remota possibilità di una collaborazione… Pessima mossa. Loro ti rispondono dicendo che non si abbassano a contrattare**, che ti stanno già facendo un grosso favore, che non hai capito nulla della vita, ed altre amenità del genere, calcolate precisamente per farti perdere il poco che ti rimane in fatto di staffe. E anche per metterti in una posizione da cui non puoi più accettare senza ammaccature massicce al tuo ego. “Mettere la coda tra le gambe e accettare grati e riverenti?” strepita il tuo tirannosauro interiore. “Giammai!” Rispondi che non hai bisogno di favori, grazie tante, e lo fai in termini inequivocabilmente sarcastici, anche. Cyrano de Bergerac sarebbe orgoglioso di te. Non incomprensibilmente, non ottieni il lavoro, e puoi considerare irreparabilmente sfumata qualunque possibilità di collaborazione ci fosse all’orizzonte.

Ops…

Dopo averci dormito su, ti senti sei tipi diversi d’idiota, ma ormai è fatta. Così addomestichi il pezzo su commissione, seguendo alla lettera le istruzioni e cercando di limitare i danni. Adesso sì che è carino. Carino, calligrafico, vacuo e perfettamente inutile, ma ehi! è così che lo vuole il committente, giusto? Se non altro, il committente è soddisfatto. Tu no, nemmeno un po’, ma per questa volta fa lo stesso. Abbozzi e te ne vai, con la sensazione di avere riacceso il tuo lumino appena in tempo.

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* Mai, mai, MAI dire all’autore che quello che ha scritto è carino. E’ una specie d’insulto particolarmente sanguinoso. A meno che non si tratti di un autore per l’infanzia, forse, ma non saprei dire. Altra tribù.

** Fanfaluche: tolto il caso delle agenzie, il prezzo di una traduzione è sempre frutto di una contrattazione. E comunque tengo a precisare, per amor di cronaca, che non ho chiesto un centesimo in più…

Feb 16, 2009 - lostintranslation    5 Comments

Cavalli di un Altro Colore

Mi hanno commissionato una serie di traduzioni dall’Italiano all’Inglese. Tra l’altro, a proposito di colori e del loro significato culturale.

Parte del fascino della faccenda consiste nella quantità e varietà di significati che lo stesso colore può assumere presso diverse culture, ma quello che mi ha fatto pensare di più sono i diversi modi in cui usiamo i colori nel linguaggio.

 

E di conseguenza nella scrittura.

 

Ci sono associazioni logiche, per lo più legate a fenomeni naturali, che restano un po’ le stesse a tutte le latitudini. Tutti, o quasi, associamo il verde alla rinascita e il nero al buio.

 

Poi ci sono associazioni di significato di tipo culturale: il rosso, colore “peccaminoso” in Occidente, diventa il colore della purezza in India (e mi domando se la cosa abbia a che fare con le virtù purificatrici del fuoco…); il giallo significa coraggio in Giappone e codardia nel mondo anglosassone; il bianco è il colore delle spose e degli angeli, ma in Oriente significa lutto e morte. E il nero, il nostro colore del lutto, in Cina è associato ai bambini maschi. E’ chiaro che ognuno di questi significati ha ragioni culturali e antropologiche, qualcuna antica come lil fuoco purificatore, altre recenti come i celebri “sorci verdi”.

 

Infine ci sono le associazioni del tutto personali. Per Federico Garcìa Lorca il tramonto ha anche il colore dello zucchero; quando da bambina studiavo pianoforte, mi sono formata la convinzione che l’accordo DO-MI-SOL fosse giallo oro; la nonna di una mia amica diceva che i colori della primavera sono il bianco e il nero, come il petto e il dorso delle rondini.

 

Il che significa che ci sono infiniti modi di usare il colore e i colori per iscritto. Una sfaccettatura in più nella cangianza infinita del linguaggio. Il mare di Omero era color del vino, nel Tamerlano di Marlowe non compaiono altri colori che bianco, rosso, nero e oro; per Dick Heldar, la felicità è vedere l’azzurro nel bianco della neve al chiaro di luna…

 

Per contro, significa anche che ci sono ben pochi modi di sapere quali associazioni il nostro uso dei colori susciterà nel lettore.

Neppure quando scriviamo per lettori della nostra stessa cultura, della nostra stessa lingua, del nostro stesso condominio… Ciascuno, ma proprio ciascuno, ha la sua tavolozza.