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Giu 8, 2011 - considerazioni sparse    2 Comments

Idiot’s Foot

Immaginate la scena: stazione di Bologna, le due pomeridiane di un ordinario lunedì di giugno. La folla assetata di trasporto su rotaia brulica sui marciapiedi, sulle scale, nei sottopassi, nelle sale d’aspetto, nelle edicole, nei bar. Uomini, donne e fanciulli s’affannano trascinandosi dietro ogni genere di bagaglio, dallo zaino Invicta al baule di cartone, dal trolley rosa fragola alla ventiquattrore LV, dai borsoni Esercito Italiano al costume da samba nel porta-abiti di plastica…

Ed ecco che la Clarina fende questo ribollire d’umanità frettolosa. Lo fende con falcate tanto lunghe quanto gliene consente la sua non torreggiante statura. Da una spalla le penzola il computer portatile, dall’altra la borsetta, e in mano stringe il bagaglio overnight. Le falde del suo spolverino a quadretti le sventolano attorno – come le vele di una tartana nel Libeccio.

CORO GRECO: Corri, Clarina, corri! Galoppa al piazzale ovest e prendi il tuo treno – e se lo prenderai sarà, come suol dirsi, per un pelo.

La Clarina galoppa, occhieggiando i numeri sui tabelloni luminosi. Forse… forse…

LA CLARINA: (ansimando persino nel pensiero) Tienimi una man sul capo, o nume protettor de’ ferrati cavalli, che forse ce la faccio…

La Clarina raccoglie le forze per un ultimo sprint e…

CORO GRECO: Bada, o Clarina, che il Destino Beffardo è in agguato!

LA CLARINA: (guardando per aria) Eh?

Il gradino è lì. Piccoletto, unassuming – un gradinetto. Innocente, lo direste. Ma la Clarina non lo vede, ci poggia male il piede, danza qualche passo di minuetto nel tentativo di mantenere l’equilibrio e non far cadere il computer…

CORO GRECO: Toi! Toi! Otototoi!

La caviglia della Clarina si piega ad angolo retto in una direzione non prevista dalla natura umana.

LA CLARINA: Feu! Feu! Feu!* (al Coro, con risentimento) “Bada Clarina…”? Vi veniva il mal di viscere a dirmi “gradino”?

CORO GRECO: Che ci vuoi fare? Il Coro Greco confonde quelli che vuole perdere… o forse quelli sono gli dei?

LA CLARINA: (saltellando su un piede solo, tra la crudele indifferenza della folla) Non scriverò mai nulla che abbia un Coro del cavolo…

CORO GRECO: Bada al cavallo ferrato, o Clarina – la vendetta dopo.

LA CLARINA: Cavallo…? oh, toi!

La Clarina zoppica penosamente verso il I Binario Piazzale Ovest, e nel contempo cerca di estrarre dal bagaglio overnight il biglietto da obliterare nell’apposito macchinario color tuorlo.

CORO GRECO: E adesso…

LA CLARINA: (marcia trucemente verso l’obliteratrice – badando a dove cammina- e borbotta tra i denti) Toi! Non mi turlupinate più, espositori prezzolati – e inaffidabili! Toi, toi!

DESTINO BEFFARDO (con l’assurdamente gaia intonazione degli altoparlanti Trenitalia) Il Treno Regionale Veloce n° tanti-e-tanti con destinazione Brennero partirà dal Binario 1 Piazzale Ovest con dieci minuti di ritardo! (Sottotesto: non è carino, bambini?)

LA CLARINA (debolmente) Toi…

CORO GRECO: Te l’avevamo detto che c’era il Destino Beffardo in agguato…

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Fade to: Ospedale Carlo Poma – Pronto Soccorso Ortopedico.

CERUSICO DELLE OSSA: (esaminando le lastre) Trauma distorsivo submalleolare.

LA CLARINA: (spalanca gli occhi e porta la mano alla gola) No!

CDO: (oracolare) Fasciatura elastico-compressiva. Arto a scarico. Analgesici al bisogno. Stampelle.

LA CLARINA: No!!

CDO: (implacabile) Una settimana.

LA CLARINA: No!!! Lo spettacolo… la rievocazione… i referendum… Toi!

CORO GRECO: (con rumore di scrollata di spalle collettiva) Be’, mettila così: almeno non hai perso il treno.

SIPARIO

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C’è gente che lamenta il ginocchio della lavandaia, chi soffre del gomito del tennista…

Io ho il piede dell’idiota.

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* E anche a few things not fit for printing.

 

Mag 30, 2011 - considerazioni sparse, libri, libri e libri    Commenti disabilitati su Le Liste Di Torino

Le Liste Di Torino

Salone del libro di torino, centocinquantesimo, centocinquanta grandi libri, unità d'italiaUn po’ in ritardo scopro che, in onore del Centocinquantesimo, al Salone del Libro di Torino hanno stilato tre liste: i centocinquanta libri, uno per ciascun anno italiano, che “ci hanno resi un po’ più italiani”, i quindici personaggi “il cui pensiero… è diventato matrice dell’identità di noi italiani d’oggi” e quindici “Superlibri… I totem. I must, i testi fondativi su cui l’Italia si è formata e si è lacerata, si è unita e si è divisa.”

Cominciamo subito col dire che in fatto di Personaggi sono abbastanza d’accordo. Immagino che ci sarebbero stati altri candidati possibili, ma non si può negare che tutti e quindici gli eletti abbiano lasciato segni profondi nella cultura italiana intesa nel senso più lato.

Qualche riservetta in più potrei avere in merito ai Superlibri – ma nulla di enorme: la motivazione chiarisce debitamente che la lista non comprende “necessariamente capolavori di bello scrivere.” Piuttosto, gli estensori hanno cercato di individuare “i libri che, al loro apparire, hanno rappresentato un punto fermo, una svolta, un cambio di passo. Libri che hanno trasformato la rappresentazione del nostro Paese agli occhi di sé e del mondo.” Non sono del tutto sicura che il Pasticciaccio brutto o Il Nome della Rosa siano stati proprio così miliari, ho la sensazione che l’inclusione di Pinocchio si basi su considerazioni retrospettive e credo che sia ancora troppo presto per investire definitivamente Gomorra del ruolo di svolta epocale, ma nel complesso capisco i criteri e vedo qualche coerenza nella loro applicazione.

Dove invece ho delle remore è con la lista dei Centocinquanta Grandi Libri. Vi dirò, ci ero arrivata seguendo la segnalazione di questo articolo, in cui ci si stracciano le vesti per l’esclusione di Manzoni e (presumo) dei Promessi Sposi dal novero dei libri “che ci hanno resi un po’ più italiani”. In realtà, come d’altronde nota la blogger stessa, c’è un ottimo motivo per l’esclusione, visto che la lista conta solo libri pubblicati dal 1861 in qua e, fino a prova contraria, l’ultima edizione dei PS è la Quarantana. Per cui Manzoni non c’entra, e so far so good. Più di traverso mi va il fatto di non riuscire a individuare un criterio che spieghi l’insieme delle scelte. Valore letterario? Allora, perdonatemi se storco il naso davanti a Tamaro, D’Orta, Terzani e Faletti – quanto meno, ma potrei continuare ancora un po’. Splash editoriale? Vendite? Popolarità? E come la mettiamo allora con l’assai specialistico Ascoli, o con De Roberto, i cui Vicerè faticarono tanto a trovar fortuna? Estrema italianità per autore o per contenuto? Qualcuno mi spiegherà allora la presenza del pontefice polacco o di Magris proprio con Danubio. Immedesimazione da parte dei lettori? Non me ne voglia l’ombra del Professor Ascoli se lo tiro in ballo una seconda volta, ma ho difficoltà a immaginare schiere di Italiani che s’immedesimano nel Proemio all'”Archivio Glottologico Italiano” – o nei Saggi Critici di Debenedetti, se è per questo. Carattere defining dell’Italianità in senso lato? E allora che ci fanno Baricco e Giordano, per citarne due?

“O tonta,” mi si dirà. “Ma la lista è chiaramente, ovviamente, lapalissianamente basata su una combinazione di tutti i criteri che hai citato!”

Fort bien, ma allora spiegatemi meglio il peso relativo dei criteri e la loro applicazione, spiegatemi che cosa ha portato un criterio a prevalere sugli altri in ciascun caso, spiegatemi l’ottica ultima della faccenda. Spiegatemelo perché, lo confesso arrossendo, da sola non ci arrivo del tutto.

Voi che ne dite?

 

Preghierina Dell’Italia Unita

Noi siamo, vecchio Dio delle Nazioni,
una piccola patria adolescente,
sciatta nipote d’ottima famiglia,
ribelle eterna contro tutto e niente.

Abbiamo solo centocinquant’anni,
non siamo una corona millenaria
né figli di una gran rivoluzione:
è tutto nuovo, un po’ campato in aria.

Altri, più ricchi in secoli e civismo,
ci guardano col ciglio sollevato.
Facciano pur – ma, Dio delle Nazioni,
dacci un poco di senso dello stato.

E insieme a quello, un poco di misura
nell’entusiasmo come nel dolore:
la gente non applauda ai funerali,
e per quel che riguarda il tricolore…

Insegnaci, o Dio delle Nazioni,
che non si è patriottici per moda,
con la bandiera al vento oggi ch’è festa,
e poi domani si ritorna in coda.

E’ facile parlar d’Italia-Italia
nel bagno di retorica allegria.
Delle Nazioni o Dio, facci capaci
di farlo quand’è arduo – e così sia.

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Domani non sarebbe giorno di post, ma ripassate di qui, se vi va: ci sarà una piccola sorpresa per celebrare il Centocinquantesimo…

 

Set 7, 2010 - considerazioni sparse    Commenti disabilitati su Cinque Giorni a Madrid

Cinque Giorni a Madrid

E così parto.

Dopo un’estate passata tra il computer e la sala prove, mi prendo una vacanz(in)a e, mentre leggete questo, sono in viaggio per Madrid. Cinque giorni compresi i viaggi, il che vale a dire davvero poco tempo e solo bagaglio a mano, ma non vedo l’ora.

I programmi, al momento comprendono una giornata intera al Prado e una all’Escurial, sulle tracce di Filippo II che, dite quel che volete, a me piace tanto. Mi piace in Schiller, mi piace in Verdi – mi piace un po’ meno in Foscolo, Otway e Saint-Real, per dire il vero – e mi piace storicamente. L’altra sera passeggiavo tra le legioni romane sconfitte da Annibale, domani o dopo visiterò l’Avello dell’Escurial* e, siccome anche il Palacio Real è in programma, le sale in cui si aggiravano Filippo, Elisabetta di Valois, Ana Mendoza e tutti gli altri (tranne il Marchese, si capisce).

“Riposati,” mi si è detto stamattina, sentendo che partivo. Non credo che sarà la vacanza più riposante del mondo, perché ci sono troppe cose che voglio vedere, troppa storia, troppe storie, troppi palazzi, troppi musei, troppi giardini e troppo poco tempo – e tra un Velazquez e una tomba reale, vorrei avere anche il tempo per quelle cene tardive a tapas e sangrìa, per fare un po’ di esercizio di Spagnolo e per badare all’atmosfera della città.

Pretty tall order, ma vi terrò informati. Connessioni permettendo, da domani e per alcuni giorni, cominciano le Cartoline da Madrid.

Hasta luego!

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* Potrei trattenermi, dovrei trattenermi – ma non lo faccio. “Dormirò sol sotto la volta nera, là nell’avello dell’Escurial”, cantava Ruggero Raimondi nei panni di Filippo… e Jane (inglesissima di Bath e studentessa di Law and Italian), si tolse la cuffia e mi guardò dubbiosa. “Lah neyl lavello? He wants to sleep in the sink?

Set 5, 2010 - cinema, considerazioni sparse, teorie    Commenti disabilitati su Parlavamo di colori

Parlavamo di colori

Ricordo di essere andata in estasi qui per lo schema di colori del Tamerlano di Marlowe, analizzato da Una Ellis-Fermor. Idea geniale e coraggiosa, ma d’altra parte Kit… e va bene – mi fermo qui.

Tuttavia, per dare un’idea, e per mostrare che si può, ecco a voi il trailer di Khartoum, un film con uno schema di colore ristretto e coerente e, incidentalmente, non del tutto dissimile da quello di Marlowe. Qui tutto è bianco, nero, azzurro, rosso e in varie sfumature di giallo (dal colore della sabbia all’ocra scuro).

 

 Per la cronaca, Khartoum è una ricostruzione romanzata della caduta della città eponima nel 1885, con Charlton Heston nel ruolo del Generale Gordon (conosciuto come Gordon Pasha), e Laurence Olivier che fa il Mahdi. A me Olivier piace, ma devo confessare che qui lo trovo un tantino sopra le righe. Non sono certissima che il Mahdi fosse proprio la sua parte… 

Cito ancora la fotografia di Edward Scaife, responsabile dello schema di colori in questione – e del fatto che K è un film molto pittorico, con inquadrature ispirate a quadri dell’epoca (most famously la scena finale in cui Gordon esce da solo a parlamentare con i nemici) e illustrazioni dei corrispondenti di guerra – un po’ l’equivalente delle storiche copertine della Domenica del Corriere.

Buona Domenica!

Ago 22, 2010 - considerazioni sparse    7 Comments

Battesimo dell’Aria!

2010-08-21-64903.jpgQuesto non è molto letterario, ma devo, devo, devo raccontarlo. Ieri ho avuto il mio battesimo dell’aria… no, avevo già volato in aereo, ovviamente, ma un volo in mongolfiera è un’esperienza a sé.

Tra l’altro, ho avuto la fortuna di volare con Alex Bellini, navigatore solitario, traversatore di oceani, deserti e distese ghiacciate, straordinario personaggio di avventure silenziose e profonde – presenza rassicurante e intensa al tempo stesso, mentre la mongolfiera scivola, liscia e silenziosa, non nel vento, ma con il vento, sorprendentemente stabile per essere un cestino di vimini sospeso a un grosso pallone verde.

E’ stata un’esperienza magnifica. Ci si arrampica nella cesta (Alex dice che, dai tempi dei fratelli Montgolfier in qua, il vimini seguita ad offrire la migliore combinazione di resistenza, leggerezza ed elasticità), si sale a forza di fuoco e poi ci si affida al vento, senza preoccuparsi di dove si arriverà. Ci si sente leggeri e piccoli, e c’è una poetica semplicità in questo modo di spostarsi, una grazia avventurosa e sospesa, come in una vecchia illustrazione.

Qualche foto – non proprio ideale, ma si fa quel che si può.

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La G-BZVE in fase di preparazione. Sono riuscita a tagliare fuori la cesta, Alex e l’equipaggio, ma avevo il sole contro, non vedevo un bottone ed è già un miracolo che sia riuscita a fare questo.

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Peccato che ci fosse un po’ di foschia…

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Non sono incantevoli le nostre campagne, un susseguirsi di rettangoli, come una ciclopica trapunta verde?

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Seguendo la nostra ombra… o con la nostra ombra al seguito?

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In fase di atterraggio – e no, non siamo atterrati sul mais. Anche l’atterragio è gentile: ci si appoggia con un paio di saltelli, e ci si dispiace che sia già finita. Un’ora e mezza volata, in tutti i possibili sensi dell’epressione.

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Il mio certificato – e siete pregati di notare la parte in cui si parla di coraggio e sprezzo del pericolo. Non che ci si sia mai sentiti meno che sicuri, sia chiaro…

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Firmato dal pilota, e non un pilota qualsiasi!

Ago 11, 2010 - considerazioni sparse    5 Comments

Stelle Cadenti & C. – Un Post Blu e Oro

cielo-stellato.jpgEssendosi S. Lorenzo, ieri sera ci si è appostati in giardino a naso in su, a caccia di stelle cadenti. La messe è stata magra: una stella in tutto, anche se, devo dire, alquanto spettacolare. Una scia lunghissima, tanto che solo io sono riuscita a non esprimere il desiderio perché ero troppo intenta a indicare ed esclamare “Aaah!”, come se avessi cinque anni e mezzo.

Pazienza. Per il resto, comunque, siccome non succedeva granché nella volta celeste, abbiamo passato il tempo con una caccia alle stelle d’altra natura: citazioni, titoli, musica, modi di dire e via dicendo.

Naturalmente si è cominciato con le vaghe stelle dell’Orsa (che tutti sapevamo benissimo di tornare a contemplare, per uso, ogni 10 di agosto), le stelle che stanno a guardare (e ieri sera davvero non hanno fatto granché d’altro), e infine uscimmo a riveder le stelle, fino a quando gente in vena di effetti speciali se n’è uscita con Virgilio secondo Annibal Caro*: Era la notte e già di mezzo il corso cadean le stelle. C’è voluto un po’ perché, nel silenzio creato da tanta spettacolare erudizione, qualcuno avesse il coraggio di replicare col pascoliano Il vento passa e passano le stelle. Da Alessandro Magno, per una di quelle associazioni dissennate, siamo passati all’ispettore Javert, che nella versione musicale de I Miserabili canta Stars giusto prima di suicidarsi. Visto che si parlava di musical, abbiamo citato en passant Starlight ExpressA Star is Born, il che ci ha portati a modi di dire come stella del cinema, risultati stellari, prezzi alle stelle, dalle stelle alle stalle, vedere le stelle (reso nel frattempo attuale dalla volpe del deserto che si era schiacciata un dito con la sdraio), gli alberghi a x stelle, e le stellette che noi portiamo – son disciplina – son disciplina, ed era inevitabile che qualcuno prima o poi tirasse in ballo il fatto che le stelle sono tante, milioni di milioni

Poi siamo tornati relativamente seri con E quando miro in cielo arder le stelle, dico tra me pensando: a che tante facelle? Dopodiché, indovinate che ha tirato fuori la notte silenziosa, madida di rugiada e scintillante di stelle, da non so più quale romanzo di Conrad? Per cui, a titolo di ritorsione, è arrivato Saint-Exupery, con quelle cosette che brillano, quelle cosette dorate che fanno sognare i fannulloni. E’ il genere di azione proditoria che grida vendetta: la stella gialla di Emily Dickinson, che con passo leggero entra nella sera come in una sala astrale, e la Via Lattea di Kipling, che ruggisce come un guado gonfio di pioggia… E a questo punto i duellanti sono stati richiamati all’ordine in virtù della Croce del Sud di Lorca: per quanto fossimo nell’emisfero sbagliato, come ignorare un trifoglio di fosforo fragrante e diamanti di brina azzurra?**

Fortunatamente non ho vicini troppo vicini, per cui, quando ci siamo messi a cantare che al di là delle stelle, al di là delle cose più belle ci sei tuuuuu, nessuno è stato mosso a denunciarci per schiamazzi notturni. Invece abbiamo continuato indisturbati ed eterogenei, con Sul colle di Nava vicino alle stelle – le cose son belle, le cose son belle,*** E lucevan le stelle, tramontate stelle (che all’alba vincerò), Stella stellina – la notte s’avvicina, Quante stelle, quante stelle, dimmi tu la mia qual’è, Stars dei Simply Red, Twinkle, twinkle little star, It was written in the stars, e gli estremamente appropriati Catch a falling starWhen you wish upon a star. Vaghe stelle dell’Orsa, che oltre ad essere un film di Visconti è una canzone dei Matia Bazar, nessuno era in grado di cantarla.

Poi pareva tardi per ululare ulteriormente, e siamo tornati alla letteratura con il viaggio immaginario di Cyrano, che sostiene di essere appena caduto dalla luna, arrivando con gli occhi pieni di polvere di stelle – e un capello di cometa sulla giacca. Durante il viaggio è stato morso a un polpaccio dall’Orsa Maggiore (mentre l’Orsa Minore è ancora troppo piccola per mordere) e ha constatato che Sirio di notte si mette il turbante. Racconterà tutto in un libro, in cui userà per asterischi le stelle d’oro che gli sono rimaste impigliate nel mantello…

A questo punto a qualcuno sono venute in mente (per nessun motivo in particolare) Dorabella e Fiordiligi che, spesso e volentieri, si abbandonano ad esclamare Stelle! anziché Numi! o Cielo!, il che, molto naturalmente, ci ha condotti ad enumerare Guerre Stellari, Star Trek, Stargate, Star Quest, Starship Troopers, Captain Star e Starman. C’è poi stata una piccola discussione se Guida alla galassia per autostoppisti valesse o meno: abbiamo deciso di no, perché questo avrebbe comportato l’ammissibilità di Galaxy Quest, Galaxy 999 e via dicendo, da cui non sarebbe stato difficile scivolare a includere lo spazio in generale, e tutti sappiamo che razza di china sia quella. Peccato che la decisione abbia invalidato la Via Lattea di Kipling, ma pazienza: innegabilmente (e per fortuna) non stavamo guardando galassie cadenti. Però probabilmente Andromeda vale.

Infine, in ordine del tutto sparso, sono arrivati Guarda le stelle, come sono belle – e lor son tanto belle che innamorar mi fan (canto degli Alpini), la Stella della Senna, l’espressione inglese starry-eyed, nel senso di ingenuamente ottimista, Estella di Grandi Speranze, Stella Maris, le stelle marine e le stelle alpine, Shooting Star (che, mi si assicura, era la sigla di coda di Goldrake Ufo Robot, ma è anche il nome della macchina di Jack Powell in Wings), the Star Chamber, Diventerai una star, Chobin il principe delle stelle, i biscotti pandistelle, l’anice stellato, le stelle di natale, per aspera ad astra… quando ho tirato in ballo Marlowe (Sei più bella della sera ammantata nello splendore di stelle a migliaia e le stelle amiche che avevano profetato qualcosa alla nascita di Tamerlano), gli ospiti hanno cominciato a defilarsi. notte-stellata.jpg

Non lo trovo del tutto giusto, perché nessuno ha minacciato di lasciare a piedi chi citava il cielo intarsiato di patène d’oro e declamava Doubt thou the stars are fire… Perché Shakespeare sì e Marlowe no? Ad ogni modo, ci siamo salutati su Earendil**** – stella della sera, Stellata di Bondeno, le fortificazioni a stella di Palmanova e la Notte Stellata di Van Gogh. A conti fatti, è stato molto divertente, ma è un mezzo miracolo che abbiamo visto anche quell’unica stella cadente, visto quanto eravamo in tutt’altre faccende affaccendati!

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* Vale a dire Annibal Caro con qualche riferimento a Virgilio…

** Ammiro la gente che, quando cita a memoria, lo fa con accuratezza. Io, lo confesso, baro. E’ per questo che Kipling e Dickinson non sono riportati in corsivo…

*** Don’t. Ask. O se proprio dovete, è una canzone di prima del diluvio che solo mia madre pareva conoscere – però le stelle c’erano e quindi valeva.

**** So che ci vorrebbe una dieresi da qualche parte, è solo che la mia tastiera non ha dieresi.

Lug 25, 2010 - considerazioni sparse    2 Comments

Oh, Brachetti…

Per anni avevo sentito descrivere gli spettacoli di Arturo Brachetti come poetici, raffinati, ironici, leggermente stralunati e un diluvio di altri attraentissimi aggettivi. Cosicché, quando mia madre mi ha annunciato di avere i biglietti per la tappa mantovana di Brachetti & Friends nell’esedra di Palazzo Te, mi sono aggregata con entusiasmo…

…E mal me n’è incolto.

Avevo vaghi e deliziosi ricordi televisivi di questo genere:

Ma qualunque cosa mi aspettassi, mi è andata decisamente male.

Che Brachetti sia bravissimo è fuori discussione: i tre o quattro atti di trasformismo che ha fatto, le ombre cinesi e i mimi erano stupefacenti, e i “giri del mondo”, in cui  riproduceva vari costumi nazionali,prima con un cappello e poi con un cappotto e una sciarpa, seppure un po’ ripetitivi avevano momenti spassosi. Peccato che fossero dispersi in un’ora e mezza di siparietti, numeri altrui e continue volgarità. Non sono particolarmente puritana, ma una sequela di battutacce e ammiccamenti sessuali non risponde alla mia idea di poesia, raffinatezza, ironia, eccetera. E quello che mi irrita di più è vedere che palesemente sa fare benissimo le cose raffinate e ironiche… però, per la maggior parte del tempo, fa – o fa fare – tutt’altro.

Oh, signor Brachetti! E’ proprio necessario fare questo? E’ per compiacere il gusto del pubblico? O forse è sempre stato così e io mi ero fatta un’idea sbagliata? Ero proprio decisa a divertirmi, ieri sera: sono venuta a Palazzo Te piena di entusiasmo e di senso di meraviglia, pronta a tornare bambina per un paio d’ore…

…e me ne sono tornata a casa, come suol dirsi, con le pive nel sacco.

Lug 16, 2010 - considerazioni sparse    7 Comments

Gente Eclettica

Anthony Burgess era un poeta, linguista, commediografo, traduttore, critico letterario, compositore (scrisse la sua prima sinfonia a diciotto anni), autore di libretti d’opera e romanziere abbastanza versatile da scrivere romanzi diversissimi tra loro, in tutta la gamma che corre tra Arancia Meccanica e A Dead Man In Deptford.

Peter Ustinov, oltre che un attore, era un regista cinematografico, teatrale e d’opera, uno scenografo, uno scrittore di prosa, teatro e cinema, un umorista, un giornalista, un presentatore radiofonico e televisivo, un rettore universitario e un diplomatico. Oh, e un poliglotta con un dono per gli accenti.

Leslie Howard era un attore cinematografico e teatrale, un regista e un produttore in entrambi i campi, un commediografo, un conferenziere e probabilmente un agente segreto.

Richard Burton (non l’attore) era un viaggiatore, poliglotta (su larga scala: pare parlasse 29 tra lingue e dialetti), esploratore, poeta, etnologo, ufficiale con esperienza di comando, scrittore, orientalista, traduttore, diplomatico, ipnotista e schermidore.

Se, da un lato, ho sempre avuto il desiderio di scegliere un campo, studiarlo, approfondirlo e praticarlo fino a conoscerne i meccanismi più riposti e le sfumature più sottili, dall’altro questa gente capace di eccellere in una varietà di campi e di mostrare eccezionalità (o almeno non comune competenza) in attività diverse, e magari disparate, mi affascina e mi riempie di ammirazione. Non posso fare a meno di pensare che sia bello possedere molteplici talenti, esercitarli tutti con soddisfazione, poter spingere la propria curiosità intellettuale in tante direzioni, poter realizzare le proprie idee in tutta una varietà di forme.

Il talento precoce non mi scuote particolarmente, ma il talento eclettico suscita in me una certa qual forma di benevola, ammirata invidia: non dev’essere male non avere necessità di scegliere una direzione sola…

Lug 4, 2010 - considerazioni sparse    Commenti disabilitati su 4 Luglio

4 Luglio

Mi piacciono gli Americani. Ammiro il loro senso dello Stato, mi piace il loro giovanile candore, mi diverte – oppure occasionalmente mi irrita – il modo in cui piombano a pie’ pari where angels fear to thread, apprezzo il loro pragmatismo (anche in fatto di scrittura), mi fa sorridere il modo in cui guardano ad occhi tondi le nostre antiche radici, e ogni tanto dico a qualcuno di loro (à la Kipling) che sono più vecchia di svariati millenni – con esiti vari e interessanti.

E sono deliziata dall’irrefrenabile entusiasmo con cui celebrano il loro Quattro Luglio:

E’ solo a me che par di notare qualche bizzarra somiglianza tra Stars&Stripes e God Save The Queen? Ad ogni modo, buon 4 Luglio agli interessati (you know who you are), e buona domenica a tutti.