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Feb 13, 2013 - scribblemania    Commenti disabilitati su Piccolo Bollettino Notturno

Piccolo Bollettino Notturno

E no, non è che 213 parole siano un gran progresso, ma:

I. Sono le prime duecentotredici parole da qualche giorno a questa parte, per cui è tutta glassa. E poi…

II. Erano duecentotredici parole piuttosto intense. Credo che trovandosi in un posto buio e freddo, e con la prospettiva di restarci più o meno indefinitamente, per il calore del fuoco si possa avere una nostalgia davvero feroce, don’t you think?

E, a parte questo, qualcosa- qualcosa è sul punto di succedere…

Gen 25, 2013 - scribblemania    Commenti disabilitati su PBN

PBN

E vogliamo parlare degli incantevoli momenti in cui, dopo avere deciso che per stasera avete finito, e state facendo tutt’altro, e vi siete convinti a non pensarci più fino a domani mattina, la soluzione vi si presenta alla mente, con l’improvvisa e illuminante qualità di una folgorazione?

Oh, una piccola folgorazione, e anche la soluzione è solo una soluzione, non la Soluzione – ma nondimeno, un attimo fa non eravate poi troppo convinti della chiusura di questa scena e non avevate le idee troppo chiare sulla scena successiva, e all’improvviso ecco che avete chiusura, transizione e direzione per la scena successiva, confezionate in un unico pacco regalo, con tanto di nastro rosso. Be’ magari grigio, nelle circostanze. Con tanto di nastro grigio.

Son soddisfazioni.

Gen 21, 2013 - Vitarelle e Rotelle    14 Comments

La Consolante Provvisorietà Delle Prime Stesure

Scrivere una prima stesura è come orientarsi a tentoni in una stanza buia, o traudire una conversazione sussurrata, o raccontare una barzelletta senza ricordarsi come va a finire. Non so più chi abbia detto che si scrive più che altro per riscrivere e revisionare, perché è riscrivendo e revisionando che la nostra mente prende piena confindenza con ciò che abbiamo scritto.

E questo era Michael Seidman, citato da Cindy Vallar sulla HNR, un paio di numeri orsono.

Credo che sia qualcosa di terribilmente difficile da imparare, e in tutta probabilità la prima causa di morte letteraria. È difficile, difficile, difficile convincersi che la prima stesura è soltanto una prima stesura, il cui scopo è quello di buttar fuori un ragionevole abbozzo della storia. Per poi lavorarci su. Sistemare la logica, aggiungere folgorazioni, intonare la voce, aggiustare lo schema di colori, il ritmo e i particolare, scuotere la struttura e i meccanismi finché non funzionano alla perfezione – questi sono tutti compiti per la revisione.

E credete, non sto predicando – o, se lo faccio, predico prima di tutto a me stessa, perché per molti anni ho strologato fino alla nausea su ogni virgola della prima stesura e, una volta giunta alla fatidica paroletta di quattro lettere, non sapevo mai indurmi a nulla più di un safari a caccia di errori di battitura, una spolveratina qui, una timida sfrondatina là…

Ma ogni volta che si presentava la necessità – o la possibiltà – di un intervento più energico ripensavo a tutto il lavoro certosino e alla bruta fatica che avevo profuso nella prima stesura, e mi mancava il coraggio.

E questo, ammettendo che alla fatidica paroletta ci fossi arrivata affatto. Non vado per nulla orgogliosa della quantità di inizi che giacciono qua e là nel mio hardware, come ciclopiche ossa in un cimitero degli elefanti. Oh, sono tutte ossa lucidate a cera – talmente lucidate che ogni volta, alla prima difficoltà, al primo intoppo, al primo colpo di noia, ho ripensato a tutto il lavoro certosino e alla bruta fatica eccetera, e mi sono scoraggiata. 

Oppure sono ossa più nature, in cui mi pareva di non trovare la voce e il ritmo e il colore che volevo e, invece di dirmi che per quello c’era tutto il tempo, e avanzare da bravo soldato… indovinate un po’? Mi sono scoraggiata.

E ancora adesso, per quanto sappia che non è così che funziona, faccio una fatica del diavolo a non perdere una sessione di scrittura fissando lo schermo e tambureggiandomi sullo sterno la Marcia Funebre di Chopin con le dita, nell’insana fissazione di trovare la replica perfetta alla battuta del personaggio X.

E poi qualche volta mi rendo conto che non è affatto detto che la battuta di X resti così com’è indefinitamente, e forse se non riesco a trovare una risposta adatta è anche perché quella fettina di dialogo non va bene in generale, e comunque non è un problema che devo risolvere adesso, e allora aggiungo un’annotazione tipo [Y TAGLIA X A FETTINE MOLTO SOTTILI – CONCLUDENDO CON UNO SCONSIDERATO AFFONDO IN CUI NOMINA Z > CONSEGUENZE] e passo oltre. Ci penserò in fase di revisione – ammesso che debba ancora farlo.

E poi, quando arrivo alla revisione, qualche volta il problema si è risolto da sé, qualche volta è superato, qualche volta richiede ulteriori cogitazioni, ma…

Badate a questo, perché è importante – ed è l’acqua calda, I know, eppure vorrei che qualcuno me l’avesse detto prima, e anche adesso che lo so, sentirei il bisogno di incidermelo in fronte*. Dico davvero, badateci:

Il punto è che, quando si arriva a riscrivere e revisionare un nodo lasciato indietro, si è forti di tutto il resto della storia. Si sa che cosa succede dopo. Si sa come va a finire. Si sa dove e come possono germogliare le conseguenze del nodo. E, cosa non indifferente, si ha molta, molta, molta più confidenza con la storia in generale. 

Per cui, a parte tutto il resto e a parità di problema, le probabilità di saperlo risolvere in seconda stesura sono infinitamente superiori a quelle che si avevano prima.

Ecco.

Perché è in revisione che si trova l’interruttore, o ci si avvicina alla gente che sussurra, o ci si ricorda come va a finire la barzelletta. E, a differenza dei narratori di barzellette, si può tornare indietro e raccontarla meglio.

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* Modo di dire che mi piace, ma non posso fare a meno di considerare un po’ scemo, perché una volta che me lo fossi inciso in fronte, non avrei modo di leggermelo. Avrei bisogno di qualcuno che me lo leggesse. Oppure dovrei farlo incidere a rovescio per poterlo leggere allo specchio. Ma c’è anche la possibilità che un’incisione in fronte sia un procedimento abbastanza doloroso da restare memorabile a lungo – insieme alla causa della sua adozione? Ma allora forse basterebbe un’incisione meno elaborata e da qualche altra parte che non fosse la fronte? E lo so, tutto ciò non ha un briciolo di senso e i modi di dire son modi di dire, ma abbiate pazienza: sono convalescente.

Nov 23, 2012 - elizabethana, scribblemania    Commenti disabilitati su PBN

PBN

No, non ho scritto un bottone, però ho riletto i primi due capitoli della mia storia di fantasmi che ancora non ha un titolo – ma scrivere tutte le volte che ancora non ha un titolo comincia ad annoiarmi, per cui parliamone come di GK, volete?

Ad ogni modo, ho riletto i due primi capitoli, e sapete una cosa? Non mi dispiacciono affatto. Sono ancora molto crudi e pieni di spigoli vivi, come tutte le prime stesure, ma tutto sommato potrebbe andare molto, molto peggio.

Per cui adesso tutto quel che devo fare è aggiungere altre cinquantamila parole circa e finire la dannata storia, giusto?

Giusto?

Nov 21, 2012 - scribblemania    3 Comments

Piccolo Bollettino Notturno

Allora, funziona così: divano, gatto*, computer, musica appropriata, tazza di tè (oppure caramelle al latte&miele), e se proprio volete gli effetti speciali, fuoco nel camino.

Non dico che finirete il vostro racconto/romanzo/play/sceneggiatura/articolo/tesi/poema in pentametri trocaici in una singola sessione, però una cosa la garantisco: vi sentirete molto, molto, molto in parte.

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* Il gatto è opzionale. E può sempre darsi che, prima di acciambellarsi sui vostri piedi, cerchi con qualche pervicacia di sloggiare il computer che tenete in grembo e prenderne il posto. Just saying.

Nov 14, 2012 - scribblemania    Commenti disabilitati su PBN

PBN

E allora forse scrivere due cose contemporaneamente non è una buona idea.

All’inizio sembrava di sì – o quanto meno sembrava che non fosse un problema, però adesso non sono più così sicura.

Ad ogni modo, Happy Ends procede, seppure un po’ più lentamente del previsto, perché nell’avanzare con la revisione scopro un sacco di cose che si possono fare meglio, e allora…

Con i fantasmi non so. Diciamo a giorni alterni. O forse “a settimane alterne” è una descrizione più accurata dello stato delle cose. Però stasera, durante una sessione di prove particolarmente frustrante, dopo che l’uomo delle luci ci aveva annunciato che non si potevano provare le luci perché l’impianto luci non era in funzione, mi sono seduta in un angolino con un dubbio improvviso, un taccuino e una penna.

Il dubbio è che il middle point che avevo in mente potrebbe non essere il più adatto. Un dubbio un tantino tardivo, visto che al middle point mancano meno di diecimila parole, ma tardi è decisamente meglio che mai. E così ho cominciato a fare liste. Possibili MP, possibili personaggi e luoghi per ciascuna ipotesi, e poi MP, personaggi e luoghi del tutto impossibili, come dice Emma Coats.

Così adesso la mia lista si è ridotta a tre possibilità: quella davvero triste, quella niente affatto triste al momento ma ancor più triste sul lungo periodo e quella aperta a molte possibilità. Mi piacciono tutte e tre, per cui a voler vedere sono incasinata come prima…

Però sono incasinata in un modo che mi piace di più.

PBN

Ok, cinquecentoquarantasette parole e la scena che non è quel che sembra è finita e – numericamente parlando – si trova proprio dove dovrebbe essere. E non so se non comincio a provare un po’ troppa simpatia per AW, che dopo tutto è l’antagonista – anche se a prima vista non si direbbe… 

Fin qui tutto bene.

Dopodiché ho ricevuto una richiesta* per un play che esiste già in buona parte, ma deve essere allungato di due o tre migliaia di parole, e per uno di quei miracoli che a volte succedono, capita che possa allungarlo inserendoci una cosa che volevo tanto scrivere, ma cui non sapevo troppo che forma dare. Non sapevo nemmeno se potesse funzionare per conto suo, e di certo non avevo nemmeno la più lontata idea che potesse essere connessa a questo play… E invece sì, le due trame s’incastrano perfettamente e tutto si sistema in un modo che è la materia di cui son fatti i sogni. 

Per cui, alle cinquecentoquarantasette parole dei fantasmi ne possiamo aggiungere seicentodiciotto per Happy Ends – e per un po’ avremo un doppio conto-parole.

Chi si duole in terra più? Va bene persino l’influenza, se proprio deve esserci. Oh, ineffabile letizia…

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* Il genere di richiesta, per capirci, che tende a condurre su un palcoscenico…

Nov 4, 2012 - elizabethana, scribblemania    Commenti disabilitati su PBN

PBN

Cinquecentoventicinque parole – nonostante la febbre, la tosse e il raffreddore.

Potrebbe essere una buona cosa oppure no. Ho imparato a diffidare di quel che scrivo quando non sto bene, per cui ne riparleremo a flu passata.

Tanto più che si tratta di una scena in cui K. “sogna” due persone che parlano, e tutto quel che dicono deve sembrare qualcosa e in realtà significare tutt’altro – ciò che però diventerà chiaro solo parecchi capitoli più avanti…

Però intanto 525.

Ott 27, 2012 - elizabethana, scribblemania    2 Comments

PBN

Millecentotrentacinque parole di fantasmi che che fanno a botte. Well, botte metafisiche.

K. al momento le sta prendendo, ma ancora un centinaio di parole e avrà una seria sorpresa…

Domani.

E diciamolo sottovoce – ma è mai possibile che abbia ripreso qualcosa di simile a un ritmo di scrittura?

*crosses fingers*

Ott 26, 2012 - elizabethana, scribblemania    5 Comments

PBN

Cinquecentouno.

Nonostante un adorabile attacco di procrastinazione, nel corso del quale ho passato il tempo che avevo riservato ai miei fantasmi spigolando su e giù per TVTropes…

Ugh.

Per cui c’è voluto che accendessi il computer dopo essere tornata da teatro, ad ora già parecchio tarda, per buttare giù cinquecento parole – e quelle cinquecento (e una) non sono nemmeno malaccio, ma cribbio.

Questa storia la volevo scrivere da anni… perché diavolo dev’essere così, adesso?

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