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Giu 18, 2018 - Senza categoria    Commenti disabilitati su L’Uomo Con La Spada – E Altre Estivitudini

L’Uomo Con La Spada – E Altre Estivitudini

Henry_Treece,_authorOh, ecco: torniamo a parlare un momento di letture estive, volete?

Il fatto si è che, durante un lavoro di traduzione per conto di un archeologo e medievalista inglese, ho avuto modo di rinfrescare un po’ di storia inglese dell’Undicesimo secolo, scoprire che Hastings, benché la più importante, non fu affatto la prima battaglia del 1066, e imbattermi in un altro di quegli autori di romanzi storici “per fanciulli” che poi sono godibilissimi anche per gli adulti – e di cui l’Isoletta sembra avere riserve inesauribili.

Henry Treece, poeta, romanziere e autore teatrale, nel corso della sua tutt’altro che lunga vita scrisse e pubblicò tantissimo, trovando anche il tempo per insegnare, curare antologie e riviste, e fare intelligence work per la RAF durante la guerra…

HenryTreeceMWASIo ci sono giunta attraverso Man with a Sword, romanzo ambientato durante la conquista normanna dell’Inghilterra, per l’appunto. Cercavo particolari su Morcar, conte di Northumbria – vincitore di Norvegesi feroci e nipote di Lady Godiva – e ho trovato Treece, con questa lunghissima e attraente bibliografia…

Così intanto ho ordinato Man with a Sword, e ho scaricato il non moltissimo – tra romanzi e poesie – che si trova sul Project Gutenberg Canada e su Internet Archive.

Non so se riuscirò ad avere una Reading Week, quest’estate* – ma, in un modo o nell’altro, ho tutta l’intenzione di esplorare almeno un po’ di Henry Treece. Che ne dite – vi andrebbe di unirvi a me?

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* E a dire il vero, vorrei tanto anche una Viewing Week, vero N.?

Lug 28, 2017 - angurie, romanzo storico    Commenti disabilitati su “Il Dado È Tratto,” Egli Scrisse

“Il Dado È Tratto,” Egli Scrisse

E poi mercoledì naturalmente ci sono stati problemi d’altra natura – ma fingiamo di nulla, eh?

E parliamo di dadi. Un tempo c’era (e credo non ci sia più) questo dissennato The Merit Badger Blog, dove si trovavano cose… bizzarre. Compreso questo inarrivabile ausilio per il romanziere storico.

Bloccati su un dettaglio? Incerti su una data? Dubbiosi su un uso o costume? Timorosi di sconfinare nell’anacronismo? Sursum corda, o Romanzieri Storici: ecco un’elegante soluzione low-tech che vi permetterà di dimenticare (nell’ottantadue per cento dei casi o giù di lì) fonti, documentazione, fatti acclarati e ogni altro tedioso ostacolo per la vostra libertà creativa!

Dado.jpg

Ecco. C’è chi ha il dado da venti, chi usa il dado da brodo, e poi c’è questo: tre colpi di forbice, un nulla di colla, qualche lancio – ed eccoci liberi dall’ottantatre-punto-tre-periodo-per-cento dei rovelli. Be’, forse un po’ meno, considerando che “ci penserai più avanti” in fondo rimanda solo il rovello alla stesura successiva – ma allora si potrà lanciare di nuovo il dado e i calcoli si fanno troppo complicati per me…

Non badate. Sarà il caldo. Immaginatemi che mi allontano canterellando sottovoce: ‘Twas brillig ♫

 

Giu 2, 2017 - pessima gente, romanzo storico, Storia&storie    Commenti disabilitati su Realtà à la Dumas

Realtà à la Dumas

818.jpgParlavasi di irrealtà, ricordate? Di quella villa metafisica che Pirandello popola di graziosi squinternati occupati a costruirsi e vivere una realtà tutta loro… Ebbene, immaginate che il Mago Cotrone, invece di rifugiarsi a Villa Scalogna, scappi di casa, porti la sua gigantesca immaginazione a Parigi e se ne serva per modellarsi attorno un mondo di suo gusto – nella più pubblica delle maniere – e chi abbiamo? Ma Alexandre Dumas Père, che per tutta la vita non fece altro che galoppare una lunghezza avanti alla realtà – per l’ottimo motivo che non gli piaceva. Non gli pareva abbastanza pittoresca e avventurosa. Il suo stesso figlio diceva di lui che la vita di suo padre era stata tutta un romanzo storico, e in effetti è difficile dargli torto.DumaasYoung

Immaginiamocelo adolescente, l’ineffabile Alexandre, che, tanto per cominciare, si sottrae al destino deciso per lui. Altro che giovane di studio da un notaio di provincia! Il nostro ragazzo scappa di casa con un amico (un cavallo in due) e fugge a Parigi, dove per prima cosa va a fare omaggio al vecchio Talma, l’attore più osannato dell’epoca, e gli racconta tutti i suoi sogni. Talma, divertito, battezza Alexandre nel nome dell’Arte, e gli consiglia di tornarsene a casa: se è Destino, allora l’Arte si farà viva…

DumasIllustrMa no, naturalmente: Alexandre decide di andarsela a cercare, l’Arte. Torna a Parigi, cerca di rimediare un duello la prima sera, si fa passare per marchese col titolo del nonno, comincia nel più disastroso dei modi, scrive, frequenta i salotti, corteggia le fanciulle, adora i poeti, raggiunge il successo, pubblica, scrive per il teatro, ricrea meravigliosi personaggi, scrive romanzi storici prendendosi ogni genere di licenza narrativa, colleziona amanti, ci scrive sopra dei drammi, viaggia, naviga, segue Garibaldi, fonda giornali, si arricchisce e si rovina ripetutamente, si fa costruire un castello falso-rinascimentale (con annesso castelletto falso-medievale per ritirarcisi a scrivere), si sposa, divorzia, cucina, vuole un seggio all’Académie Française – o, in alternativa, in Senato – tratta principescamente collaboratori che poi gli si rivoltano contro… E alla fine muore povero e dimenticato, lasciandosi dietro delle monumentali memorie in trentotto volumi – a cui non si sa mai se credere fino in fondo.DumasIf

Ho il vago sospetto che Dumas Père fosse un tantino insopportabile, di persona. A wee bit overwhelming, maybe? E tuttavia suo figlio aveva ragione: Le Grand Alexandre non si limitò a scrivere un diluvio di romanzi storici, ma mise ogni cura nel costruirsene uno attorno, vivendolo con inesausto entusiasmo – e facendone vivere di riflesso vasti squarci a tutti noi da un secolo e mezzo a questa parte. Ci sono modi peggiori per sfuggire alla realtà che crearsene una a proprio gusto, non credete?

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Lug 29, 2016 - elizabethana, libri, libri e libri    Commenti disabilitati su Di Giochi E Di Candele

Di Giochi E Di Candele

Player's BoyIn The Player’s Boy, Bryher racconta la vita di un apprendista attore che poi non diventa attore a cavallo tra i regni della Grande Elisabetta e di Giacomo VI e I. Bryher aveva una passione non solo accademica per il mondo elisabettiano, e in questo romanzo ne racconta il declino con un’intensità struggente. Il suo protagonista James Sands, orfano e sognatore, non è equipaggiato per essere felice mentre il suo mondo tramonta, e la sua parabola di occasioni mancate e aspirazioni calpestate, pur narrata in maniera un pochino episodica, è il genere di storie su cui mi sciolgo.

Ma ancora più rimarchevole del romanzo è la lettera dell’autrice che la mia edizione Paris Press pubblica in appendice. Bryher discute con un amico la sua passione per il mondo elisabettiano e la storia in generale, e conclude così (traduzione mia):

Sì, è questo il bello del “gioco”: la ricerca e l’occasionale scoperta. Se potessimo cambiare il corso del tempo per veder tornare [Sir Francis] Drake, sarebbe solo come vedere un ennesimo film. E’ tutto nello spulciare; nel tenere tra le mani, dopo vent’anni di duro lavoro, un singolo, minuscolo frammento che s’incastra con un altro pezzetto altrettanto incompleto; nel sapere che la soluzione del problema magari verrà in mente a qualcuno che non è ancora nato. E’ per tutto questo che il gioco vale come e più della candela.

funny_historian_tshirt-p235294641369602717qtdg_400.jpgDiscorso da storici – e forse sono d’accordo, almeno in parte. Non dico che mi dispiacerebbe poter dare un’occhiatina al ritorno di Drake, ma capisco in pieno il fascino della ricerca per la ricerca. Anche da un punto di vista narrativo (e sto parlando di narrativa a sfondo storico) la ricostruzione del personaggio, il lavoro paziente di rimettere insieme una personalità combinando fatti, aneddotica, speculazione, conoscenza dell’umana natura e intuizione, è forse la parte migliore del gioco. E’ possibile che il corollario di fittizietà renda leggermente più malsano il lavoro del romanziere rispetto a quello dello storico – anche solo perché, per l’autore e talvolta per i lettori, il personaggio fittizio finisce col diventare quasi più reale dei frammenti di fatti superstiti – ma il crescente numero di storici che sono anche romanzieri mostra che le due specie sono meno incompatibili tra loro di quanto possa sembrare. E la Sindrome di Bryher colpisce imparzialmente entrambe.

In realtà è una scelta lapalissiana, visto che non possiamo viaggiare nel tempo, ma possiamo studiare e ricostruire. Resta però il fatto che la fiamma puntigliosa e insaziabile della ricerca è una seria parte del fascino della storia, una parte che andrebbe perduta il giorno in cui il passato diventasse un altro posto che si può visitare – senza pregiudicare, presumibilmente, il mercato del romanzo storico.

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Oh, e per gli storici: la maglietta HISTORIAN – you’d be more interesting if you were dead si può acquistare qui.

Giu 1, 2016 - anglomaniac, romanzo storico, Storia&storie, teatro    Commenti disabilitati su History Plays – Romanzi Storici a Teatro

History Plays – Romanzi Storici a Teatro

Wolf_Hall_coverOh dolce Inghilterra, isoletta felice, dove i campi sono circondati da siepi di biancospino, il teatro è una religione, e i romanzi storici si adattano per il palcoscenico!

Sì – è una giornata così, abbiate pazienza. Ma il fatto è che è tutto vero: le siepi di biancospino, e il teatro e, soprattutto, i romanzi storici.

“E tu di che ti lamenti, o Clarina? Non hai portato in scena il Somnium Hannibalis, tu?”

Vero – ed è stato bellissimo. Ma è stato per una serie di casi, per un progetto scolastico, e quante volte succede? Quanti romanzi storici arrivano sul palcoscenico alle nostre latitudini? Ben pochi, per non dir quasi nessuno.

Sull’Isoletta è diverso. Cominciamo col dire che portare a teatro i romanzi in generale è una vecchia abitudine. Per dire, tanto il niente affatto storico Jane Eyre quanto lo storico Le Due Città furono adattati numerose volte, cominciando quando i rispettivi autori erano ancora abbondantemente in vita – ma allora era l’equivalente dell’adattamento cinematografico. La cosa bella è che l’arrivo del cinema non cambiò poi troppo le cose, perché il teatro in Inghilterra è davvero una religione, e agli Inglesi piace vedere le storie a teatro, indipendentemente dal cinema. Wolf Hall

Quindi sul palcoscenico arrivano cose di grande successo, come Wolf Hall di Hilary Mantel, insieme al seguito Bring Up The Bodies. Questa favolosa, complessa storia early Tudor incentrata sul ministro enriciano Thomas Cromwell (antenato di quell’altro Cromwell), ha vinto tutto quel che si poteva vincere, il Man Booker Prize e il Walter Scott tra gli altri – e nel 2013 Mike Poulton l’ha adattata per la Royal Shakespeare Company. E il fatto è che era già stata annunciata una miniserie della BBC, con Mark Rylance nel ruolo del protagonista – ma a nessuno è passato per la testa che questo dovesse essere un deterrente all’idea di un adattamento teatrale.

13206633E però, badate bene, in scena non ci arrivano soltanto best-seller di vastissima presa. Di Ros Barber e del suo The Marlowe Papers avevamo parlato tempo fa: romanzo in versi sciolti, una delle migliori variazioni che abbia mai letto sulla teoria marloviana del vero autore – e a me la teoria marloviana non piace granché, ma questo è talmente ben fatto da piacermi molto nonostante la premessa. Anche TMP ha vinto un certo numero di premi, ma stiamo parlando di un romanzo in versi incentrato su una teoria più che un po’ bislacca… Non c’è paragone con i numeri di Wolf Hall, e le probabilità di arrivare in televisione o – men che meno – al cinema, sono pressoché inesistenti. E però anche TMP è arrivato in scena. Una piccola compagnia indipendente ha lavorato con l’autrice all’adattamento, un atto unico/monologo, con un attore solo in scena e musica period dal vivo. Questa non è una produzione sontuosa come quella della RSC, Catturaè chiaro – ma la qualità è ugualmente altissima, e il play sta riscuotendo molto successo. Adesso è a Brighton, e poi girerà – e chissà che in autunno non si riesca a pescarlo a Londra…

Perché Laggiù i romanzi storici si leggono, si adattano, si portano in scena, e si vanno a vedere con entusiasmo – in grande o in piccolo. Capite perché dico che è un’Isoletta felice?

Caravaggio per iscritto

CaravaggioA voi piace Caravaggio? Io adoro Caravaggio. Tutte le volte che vado a Roma cerco di fare un salto a San Luigi dei Francesi per passare una mezz’oretta in contemplazione. Sono perdutamente innamorata delle luci e delle ombre di Caravaggio – ma non ho intenzione di mettermi a parlare di pittura. Invece pongo una domanda che, oltre a prudermi, rientra un po’ di più nelle mie competenze. E la domanda è la seguente: perché diamine non ci sono più romanzi storici su Caravaggio?

Voglio dire: il personaggio è perfetto e la storia ha proprio tutto. Genio tormentato e sanguigno, arte grandiosamente innovativa – con tutto quel che ne consegue -, un outsider per tutta la vita, amori e duelli e risse, sregolatezze di ogni genere, debiti, carcere, malattia, tribunali, intrighi, violenze, una condanna alla decapitazione, fughe, menzogne, attribuzioni dubbie, commissioni rifiutate, quadri che suggeriscono ogni genere di circostanze e di episodi, gli Orsini e i Colonna, i Cavalieri di Malta, e la più bizzarra concatenazione di coincidenze attorno alla sua morte… fin quasi troppo!CaravaggioCavaliere

Eppure, benché ci sia di che mandare in sollucchero qualsiasi romanziere storico degno del nome, di produzione non ce n’è poi molta. A Camilleri Il Colore del Sole è stato commissionato, per quanto ne so – e non ho davvero nulla contro le commissioni, sia chiaro, ma si direbbe che Camilleri non sia andato in sollucchero da solo. Poi c’è Caravaggio a Siracusa di Pino de Silvestro, che però copre solo gli anni siciliani. De Le Prostitute di Caravaggio, di Andrea Nao, confesso di non sapere granché, e il mio elenco italiano si ferma qui. Si potrebbe aggiungere una manciatina di titoli inglesi e americani di cui non mi risulta che esistano traduzioni: il romanzo primo di un docente di storia dell’arte, un giallo storico e una biografia talmente romanzata da essere commercializzata come romanzo. Ci sono poi alcuni gialli contemporanei incentrati sull’opera di Caravaggio, ma quelli non contano. Intendo veri e propri romanzi che abbiano per protagonisti Michelangelo Merisi e la sua arte – e quelli si contano sulle dita di due mani… Possibile? Anche supponendo che mi sia sfuggito qualcosa, mi sembra una messe singolarmente ridotta, e la cosa mi lascia perplessa.

Carav2Parlando di Caravaggio e di romanzi storici potrei far notare, come un curioso aside, che i genitori bergamaschi dell’artista avevan nome Fermo e Lucia, ma questo non cambia le cose: Caravaggio si presterebbe dannatamente bene, e invece nada. Che sia per pura e semplice sovrabbondanza di melodramma? Hm, non so… non mi sembra il genere di problema che paralizzi davvero your average novelist. Mistero.

Qualcuno ha titoli da segnalare?

Storia e Storie

387px-Rudyard_Kipling

Se la storia s’insegnasse sotto forma di storie, nessuno la dimenticherebbe mai.

Questo lo diceva Kipling, e voi sapete che a Kipling io tendo a dare retta. L’idea mi piace molto, e vorrei che fosse così – in un certo senso lo è. Ma fino a che punto?

Vediamo un po’.

Secoli fa – troppi secoli fa perché vada a disseppellire il numero in questione – sulla Historical Novel Review comparve un articolo in cui Susan Higginsbotham (credo) strologava sulla questione posta da un lettore: com’è, chiedeva costui, che nessun numero di romanzi storici e film storici è sufficiente a farmi entrare in testa i fatti? Prendiamo Eleonora d’Aquitania, proseguiva il lettore, una signora e un periodo per cui non ho speciale interesse, ma con cui ho avuto a che fare in diverse occasioni: ho studiato i miei libri di scuola come chiunque altro, ho letto qualche romanzo, ho visto qualche film… non dovrei avere le idee più chiare sulla sua storia?

La risposta era “Non necessariamente”, e per un buon motivo. Sto citando a memoria, ma l’idea generale era che vedere Eleonora alle prese con il suo pessimo marito in The Lion In Winter e con le frenesie crociate/matrimonial/amorose del suo primogenito in The Lute Player non offre molto aiuto nel memorizzare le date della sua vita. Quello che troviamo nel film e nel romanzo non è la storia di Eleonora, ma l’interpretazione della figura di Eleonora di James Goldman e Nora Lofts. Ed è un’interpretazione colorata dalle intenzioni e necessità narrative degli autori, da treni merci di particolari fittizi (la corte natalizia a Chinon e il dilemma parentale di Enrico, Blondel e Anna Apieta…), dall’esigenza di rendere questa gente del tardo dodicesimo secolo comprensibile per il lettore/spettatore odierno.historical novel review, nora lofts, james goldman, frances h. burnett, ian mortimer, gisbert haefs, romanzi storici

Essendo Goldman e Lofts ottimi scrittori, entrambe le Eleonore* in questione sono balzachianamente verosimili, ma nessuna delle due è vera. E in questo non c’è proprio nulla di bizzarro o scandaloso. In un mondo ideale, il mestiere del romanziere storico sarebbe quello di raccontare ciò che non sappiamo più sulla base ed entro i limiti di quel che sappiamo, però in realtà il confine tra ciò che sappiamo e ciò che non sappiamo può essere molto labile.

Ci sono scuole di pensiero sul grado di rigore documentario e fedeltà alle fonti cui un romanziere dovrebbe sentirsi vincolato, ma nella maggior parte dei casi non è difficile trovare nel tessuto delle fonti qualche smagliatura grande abbastanza da farci passare una parata di elefanti.

Detto ciò, qual è l’impatto delle parate di elefanti sul lettore medio?

historical novel review, nora lofts, james goldman, frances h. burnett, ian mortimer, gisbert haefs, romanzi storiciAvete letto La Piccola Principessa, di Frances H. Burnett? Forse sì e forse no: ai miei tempi era un altro di quei classici per fanciulli – e uno particolarmente grazioso, a mio avviso. Ad ogni modo, c’è questa scena in cui la giovanissima protagonista Sara racconta la storia della Rivoluzione Francese a una compagna di collegio negata per gli studi, e lo fa con flair narrativo, insistendo sulla figura di Mme de Lamballe, confidente e favorita di Maria Antonietta, linciata in strada per non aver voluto giurare fedeltà alla Repubblica. “E misero la sua testa mozzata su una picca e la folla se la passava di mano in mano…” racconta Sara. “Era giovane e bella, e tutte le volte che penso alla Rivoluzione immagino quella testa dai lunghi capelli biondi che ondeggia sopra la folla inferocita.” E, ci dice la signora Burnett, persino l’ottusa Ermengarde non dimenticherà più Mme de Lamballe.historical novel review, nora lofts, james goldman, frances h. burnett, ian mortimer, gisbert haefs, romanzi storici

E tutto ciò è bello e anche istruttivo, perché se da un lato Sara ha regalato a Ermengarde un’impressione più vivida della storia, dall’altro ha falsificato un pochino i fatti: nel 1792 la princesse de Lamballe aveva quarantatré anni – un’età che non molte bambine di dodici anni considerano giovanile… Resta da domandarsi chi sia stato a ringiovanire la principessa per amor di dramma**: Sara stessa, Ms. Burnett o l’autore del libro che si suppone Sara abbia letto? Ma non è del tutto rilevante, e comunque l’episodio rimane significativo.

historical novel review, nora lofts, james goldman, frances h. burnett, ian mortimer, gisbert haefs, romanzi storiciMi è tornato in mente di recente, quando M. mi ha fatto notare che l’Annibale eponimo di Gisbert Haefs è sempre depresso dopo le battaglie. “Quindi, quando il tuo Annibale dice al Re di Siria di essere stato felice dopo la battaglia di Canne, non era vero…” E per qualche motivo fatico a convincere M. che, per quanto ne sappiamo, la mia interpretazione e quella di Haefs si equivalgono. Non è la prima volta che M. e io abbiamo conversazioni del genere, su qualche chiaroscuro psicologico dell’uno o dell’altro personaggio, sui Romani descritti dal punto di vista cartaginese, sulle figure minori fittizie… e non c’è nulla di strano, perché M., come chiunque non abbia passato anni a leggere le fonti, non ha modo di sapere dove finiscono i fatti provati e dove inizia la danza speculativa del romanziere.***

Per cui è saggio concludere che la Storia non s’impara dai romanzi? Mostly not. Non i fatti. Non le date. Né si vede troppo perché dovrebbe essere altrimenti: se volete studiare la Storia, ci sono vagoni di libri scritti per la bisogna. Libri che non sono romanzi.

E però questo non significa affatto che Kipling abbia torto, sapete? Perché dopo che avete studiato, c’è qualcosa d’altro che potete cercare.

Nel suo The Time Traveller’s Guide to Elizabethan England, Ian Mortimer fa notare che una delle difficoltà principali nell’interpretare la mentalità dei secoli passati è che noi diamo per scontati conclusioni e sviluppi di eventi che, all’epoca, erano ancora in fieri, fluidi, spesso incomprensibili, spesso terrificanti. Quando pensiamo all’Armada di Filippo II ridotta a una collezione di relitti fumanti nella Manica, fatichiamo a immaginare il genuino terrore degl’Inglesi che per mesi avevano temuto l’invasione spagnola, o a capire la paranoia anticattolica, la caccia ai missionari gesuiti, il senso d’isolamento dell’Isoletta governata da un monarca femmina e di (forse) dubbia legittimità… 

Vero, vero, vero. Armada

Ed ecco dove entrano in scena i romanzi. Perché il romanzo, attraverso gli occhi, le paure, le impressioni e le reazioni dei personaggi, è in grado di restituire al lettore il sobbalzo collettivo dell’Inghilterra all’accendersi dei beacons lungo la costa, la furia collettiva dei Francesi che tirano pietre alla principessa di Lamballe, la frustrazione di Eleonora costretta dissimulare il suo acume tanto superiore a quello di tutti gli uomini che la circondano, l’impazienza di Annibale mentre i suoi alleati italici nicchiano…

E con questo non voglio minimamente condonare errori e (dininguardi!) anacronismi, ma sono disposta ad ammettere che, alla fin fine, l’età della principessa di Lamballe può anche essere un particolare secondario, se siamo capaci di mostrare la Storia in movimento, con la sua complessità, la sua imprevedibilità e iridescenza. Se riusciamo a dare, anche solo per qualche pagina, l’impressione di qualcosa che sta succedendo. Se arriviamo a trasmettere un senso di realtà e vividezza da accompagnare alle date e ai fatti. E allora, per un po’, siamo tutti Sara Crewe – e, guarda un po’, dopo tutto Kipling aveva ragione.

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* E quella di Goldman ha il vantaggio aggiuntivo di essere interpretata da Katherine Hepburn – need I say more?

** E questo mi fa venire in mente l’irresistibile The Talisman Ring, di Georgette Heyer, in cui la giovane émigrée Eustacie passa un sacco di tempo a a romanticizzare il suo scampato pericolo, commuovendosi all’ipotetica immagine di se stessa sulla via della ghigliottina: una giovane fanciulla vestita di bianco, sola nell’orribile carretta… “A parte il fatto che le carrette di solito sono affollate, credo che mi dispiacerebbe altrettanto per qualunque condannato, quali che fossero il suo sesso, la sua età e il colore del suo abbigliamento,” replica il suo unromantic cugino (e riluttante fidanzato) inglese. Mi diverte l’idea che Sara sia della stessa scuola di Eustacie…

*** Yes well, potrei considerare l’ipotesi di offendermi un nonnulla perché M. sembra disposto a dare retta a qualsiasi altro romanziere prima che a me, ma fingiamo di nulla…

 

Dic 17, 2014 - grilloleggente, romanzo storico    Commenti disabilitati su E Niente Condiscendenza

E Niente Condiscendenza

FCTNon ricordo più se l’ho detto qui o su Scribblings – ma quest’anno Santa Lucia mi ha portato, oltre a una tazza/elefante, un ninnolo per l’albero e un paio di deliziose londinesità, due romanzi di Rosemary Sutcliff – che sarà pure un’autrice per bambini, ma mi si dice essere molto il mio genere.

E in effetti, un’autrice di romanzi storici d’ambientazione inglese, dichiaratamente ispirata da Kipling…

E poi, se non bastasse, c’è questo articolo in cui Sally Hawkins del Sunday Times racconta di come un romanzo della Sutcliff abbia cambiato la sua vita. Da ragazzina, la Hawkins lesse Eagle of the Ninth, e ne rimase folgorata, innamorandosi della storia e della narrativa storica, e lasciandole un’impressione così forte da influenzare, molti anni dopo, le sue scelte in fatto di studi.

A volte succede. Da bambini ci imbattiamo in un libro, qualcosa che non solo ci piace, ma è destinato a tornare ancora e ancora, più o meno consapevolmente, nelle nostre scelte, nelle nostre impressioni… E questo sarebbe un altro discorso, se non fosse che, apparentemente, Ms. Sutcliff aveva dato alla piccola Sally anche qualcosa d’altro: un principio di senso di prospettiva storica, con la sua fedeltà alle fonti e la sua scarsa inclinazione ai compromessi.

Non so a voi, ma a me piace pensare a un romanzo per bambini capace di lasciare in una bambina un senso del Vallo di Adriano come ultimo confine della Romanitas, nella romanzesca forma di una soglia su tutto ciò che è ignoto e pericoloso. E sì, c’è lo spirito di Kipling che aleggia qui, con i suoi due centurioni che invecchiano difendendo le Colonne d’Ercole mentre il loro mondo crolla… FCS

È parte di quello che la Hawkins chiama mancanza di condiscendenza: una narrativa storica per fanciulli che – invece di sbattere ripetutamente in testa ai fanciulli qualche messaggio moderno travestito in costume – sotto i colori dell’avventura lascia intravedere le iridescenze, i declini, gli incontri tra civiltà destinate a mescolarsi… Un senso di correnti profonde che non farebbe male cominciare a intuire da giovani.

E poi il linguaggio. Dice la Hawkins che non c’è nulla di predigerito e simplificato nel linguaggio della Sutcliff. Lo stile non è più lineare di quanto debba essere, e ci sono parole “difficili”, sì – e allora? I dizionari e internet servono per questo. I bambini  sono curiosi per natura – o dovrebbero esserlo. Una lettura che richieda qualche sforzo, a patto di essere sostenuta da una narrazione coinvolgente, non li ucciderà. Anzi, sarà uno stimolo ad apprendere.

E quindi sì. Dato tutto questo, credo proprio che mi metterò a leggere romanzi storici per fanciulli. Questi romanzi storici per fanciulli, quanto meno – con tanti ringraziamenti a Santa Lucia.

Vi farò sapere.

 

 

Ago 9, 2013 - blog life, Storia&storie    6 Comments

Cinque Anni!

senza errori di stumpa, quinto anniversario, storia e storie, anacronismi, romanzi storiciIeri SEdS ha compiuto cinque anni.

1188 post, quarantanove MB di spazio – e a dire il vero non ho mai contato le parole, ma pochissime non devono essere…

Però credo che la pianterò di stupirmi ogni volta perché Senza Errori di Stumpa è durato un altro anno…

E credo anche che invece vi ringrazierò dei vostri crescenti numeri. È piacevole pensare che tre o quattro volte la settimana siate così tanti a passare da queste parti per una bagola di storia, storie, libri e teatro, scrittura, elisabettianerie, opera, anglomania varia e ossessioni miste assortite.senza errori di stumpa, quinto anniversario, storia e storie, anacronismi, romanzi storici

Festeggiamo, volete?

Anche quest’anno, candeline, vino bianco e torta sono virtuali, e il cotillon lo è un po’ meno.

Lasciate che vi presenti… Storia&Storie.*

Storia&Storie.pdf raccoglie una decina di post apparsi nel corso degli anni in materia di storia, romanzi storici e anacronismi – che non sempre sono quel che sembrano – ed altre questioncelle che probabilmente non levano il sonno a nessuno tranne i romanzieri storici, ma potrebbero rivestire qualche interesse per chiunque si ritrovi qualche gusto per la Storia e/o la scrittura.

E odds are che, se siete arrivati qui, apparteniate alla categoria…  

Quindi, buona lettura, o Lettori – e grazie per questi cinque anni.

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* In teoria, dovreste poter scaricare il PDF cliccando sull’immagine qui sopra, ma siccome non si sa mai, c’è anche il link…

Leggendo In Inglese

Ricevo una mail che, tra molte altre cose, dice anche questo:

Sul fatto che tu legga solo libri inglesi e americani, non dico niente. Sono fatti tuoi e ciascuno legge quel che gli/le pare e poi ne scrive sul suo blog. Quel che mi domando è perché tenere un blog in italiano e poi recensire libri che in italiano non sono stati tradotti. […] Tutti i tuoi lettori sanno l’inglese abbastanza bene per leggere le cose che recensisci? Io ti leggo da un po’ meno di due anni, e noto che ultimamente ti sei messa a recensire cose non tradotte. In tutta sincerità, quando trovo un post così, mi fai venir voglia di leggere e poi alla fine scopro che non posso. Ci resto male, non è divertente, e sinceramente ti fa anche sembrare un po’ snob. Possibile che non trovi niente di tradotto, che possiamo leggere anche noi?

Ah già, le recensioni di libri non tradotti…

Ok, parliamone. Ho raccontato qui*, come e perché una ventina d’anni fa io abbia cominciato a leggere in Inglese e sia rimasta folgorata dall’esperienza. La versione breve della storia è che negli ultimi due decenni ho letto tutto quello che potevo in lingua originale – in Inglese, ma anche in Francese e, in anni più recenti, in Spagnolo. Sul Tedesco sto ancora lavorando, ma nutro speranze.

All’inizio è stata una faccenda di pura esuberanza, entusiasmo da scoperta. Ho riletto in originale libri che avevo già letto in Italiano, per il gusto del diverso colore della lingua, e per la quantità di parole, modi idiomatici, costruzioni e colloquialismi che si potevano assorbire. Il che può essere parzialmente responsabile delle sfumature dickensian-austenesche del mio Inglese, ma questa è un’altra storia.

Dunque, per un po’ di anni ho letto anche in Inglese, anche perché non è che fosse facilissimo procurarsi edizioni in lingua originale. A Pavia sì, ovviamente. A Cardiff e a Londra il problema non si poneva. Una volta tornata a Mantova… oh well, stendiamo un tulle misericorde.

Ma nel frattempo avevo scoperto internet e Amazon, e le possibilità si erano allargate enormemente – e anche di questo abbiamo già parlato.

Poi ho scoperto un’altra cosa. E cioè che, se volevo leggere nel mio genere, in Italia non c’era gran trippa per gatti. E non sto parlando di nulla di spaventosamente esoterico: romanzi storici.

Alas, non c’è paragone tra la scelta di romanzi storici italiani e romanzi storici inglesi e americani, in fatto di abbondanza, di varietà di periodi storici e ambientazioni e anche di qualità generale. Di tutto questo bendidio in Italia si traduce poco – qualche romanzo storico propriamente detto, un po’ di saggistica, pochissimi gialli storici – e quel poco non sono particolarmente ansiosa di leggerlo in traduzione, ma non è questo il punto. Il punto è tutto il resto che non si traduce affatto: treni merci di straight historicals, gialli ambientati nei secoli più improbabili, saggistica meravigliosa e fantasy storici.

Quindi, o Corrispondente, non leggo in Inglese perché sia snob, ma perché molto di quel che mi piace leggere si trova in Inglese o non si trova affatto e, se anche volessi leggerlo in traduzione, non potrei. Quanto alle recensioni…

Lo confesso: ho esitato prima di cominciare a dedicare post interi alla recensione di titoli non tradotti – e finora credo di averlo fatto non più di un paio di volte. Interesserà a qualcuno se lo faccio? Si sentirà maltrattato chi non legge in Inglese? A decidermi è stata la lettura di una certa quantità di ottimi fantasy storici e fantasy of manners, generi trascuratissimi alle nostre latitudini e, a mio timido avviso, meritevoli di scoperta. Perché sono diversi, perché tendono ad essere originali, intelligenti e ben scritti. Perché mostrano alcune affascinanti direzioni che può prendere la narrativa a sfondo storico se non vuole anchilosarsi.

E allora sì: credo che continuerò a recensire libri non tradotti – titoli recenti e classici da riscoprire, e bizzarrie vecchie e nuove, perché… be’, perché c’è un mondo là fuori. E perché leggere resta il mio modo preferito di imparare ed esercitare una lingua. E perché penso che valga la pena di sapere che ci sono altre possibilità.

Ecco, alla fin fine è questo il punto: credo davvero che ne valga la pena.

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* E a dire il vero un pochino anche qui

 

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