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Gen 31, 2012 - Digitalia, pennivendolerie, teatro, virgilitudini    Commenti disabilitati su Al Volo

Al Volo

Posterellino indebito per due piiiiiiccole comunicazioni:

1) Su Plutonia Esperiment, il blog di Alessandro Girola, è uscita oggi questa recensione de L’Itala Giuditta. Mi piace particolarmente perchè spiega come la Giudi possa piacere almeno un po’ anche agli steamers duri e puri – categoria cui non appartengo e per la quale non ho scritto. La mia idea era di mescolare gli elementi base del genere con il linguaggio dei libretti d’opera… A quanto pare, avrei potuto fare di peggio.

2) Oggi pomeriggio alle 17.00, presso l’Università della III Età (Via Mazzini, 28 – Mantova), presentazione di Di Uomini E Poeti. Presenta Mario Artioli (who happens to be both man and poet), e intervengono Francesca Campogalliani (la Regina Amata) e l’autrice, di cui al momento mi sfugge il nome…

Fine del posterellino.

Somnium Hannibalis Al Premio Città di Leonforte

E questa, abbiate pazienza, è spudorata autocelebrazione, ma insomma.

Somnium Hannibalis ha ricevuto una segnalazione alla trentatreesima edizione del Premio Letterario Città di Leonforte – sezione narrativa edita.

Leonforte è in Sicilia – in quel di Enna – e comincio a temere che, tra un impegno e l’altro, non riuscirò ad andare di persona alla cerimonia il 10 dicembre, ma tant’è.

In celebrazione, ecco qui una delle mie scene preferite di Somnium Hannibalis:

Sto ancora sperimentando con i flipping books. Allargate a tutto schermo (bottone in basso a destra) – e dovrebbe diventare tutto leggibile.

ETA: ecco, siamo talmente sperimentali che forse non si vede nulla… Hmf. Nel dubbio, c’è un piccolo PDF qui: Canne.pdf

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Ho scoperto l’esistenza del Premio Città di Leonforte dal bel blog di Roberto Corsi, che lo definisce un premio virtuoso: una tradizione più che trentennale alle spalle e nessun esborso per partecipare….

Il Dilemma Del Recensore – Un Esame Di Coscienza

Tutto è cominciato con questo post di Davide Mana sul suo Strategie Evolutive (bel blog di libritudini, intelligente e ironico – da tenere d’occhio, by the way).

I recensori, dice Davide, si son messi a fare i critici e/o gli editor, e invece di offrire al lettore i lumi essenziali di cui il lettore è in cerca per decidere se il libro valga o no i suoi quattrini e il suo tempo, si lanciano in astruse disamine critico/tecniche.

Ma una recensione è un’altra cosa, dice Gene Siskel (riportato da DM): “Io sono un reporter, ed il soggetto del reportage è come io mi sono sentito guardando questo film.”

E qui cominciamo a divergere da Strategie Evolutive. La citazione mi blocca sulla soglia di un esame di coscienza, perché in realtà può darsi benissimo che “io” mi sia sentita colma di furore crociato per la quantità di minute o maiuscole irregolarità tecniche impilate dal regista/scrittore. È del tutto possibile che il recensore che fiammeggia riga dopo riga brandendo una copia corazzata di Strunk&White non faccia altro che prendere un po’ troppo alla lettera la massima di Siskel.

Ed è vero anche che un elenco dei paragrafi in cui l’autore ha detto anziché mostrare non mi è di grande aiuto nel decidere se voglio o non voglio leggere il libro in questione – anche perché nella maggior parte dei casi – e tanto più nella narrativa di genere – davvero non ci tengo a leggere particolari rivelatori sul plight del protagonista a pagina 434, grazie tante.

Mentre scrivevo questo ho avuto, credetemi, la grazia di arrossire – pensando alle mie analisi cruente… però datemi credito di una cosa: ho imparato a premettere le istruzioni per l’uso. Questa non è una recensione, questa è un’analisi: faremo il libro a pezzetti molto piccoli, smonteremo il giocattolo, riveleremo senza misericordia trama, sorprese e finale… Lo dico sempre, nevvero? Ma d’altra parte, e questo mi sembra fondamentale, SEdS è quel genere di blog: i miei lettori sanno che qui si parla di meccanismi narrativi, di tecnica e talvolta anche di editing.

E difatti non si tratta di recensioni.

Le recensioni sono quelle che scrivo, ad esempio, per la HNR – e qui qualche ulteriore scrupolo mi coglie. Per una serie di circostanze, come ho già avuto occasione di lamentare, mi sono ritrovata a recensire negativamente tre libri di seguito – e non è come se non fosse mai capitato prima. Rileggendo le mie doléances numero per numero ritrovo problemi narrativi e, più spesso, magagne stilistiche – più un certo numero d’inaccuratezze storiche. Queste ultime mettiamole pure da parte: scrivo per una rivista specializzata, ed è ovvio che l’accuratezza storica sia un elemento fondamentale su cui richiamare l’attenzione del potenziale lettore. Ma il resto? Sto confondendo recensione e editing? infliggendo al potenziale lettore le mie ubbìe in fatto di goffaggini espositive e dialoghi stentati? Sto soggiacendo alla mia conclamata ossessione per la fabula?

Confesso, arrossendo di nuovo e chinando contrita il capino, che la cosa non è del tutto impossibile.

E tuttavia…

Penso a una collega HNRiana che si limita a raccontare la prima metà della trama. Ho fatto acquisti molto incauti leggendo le sue recensioni. Penso alla volta in cui, lievemente incredula, cercavo recensioni su un libro (pubblicato in Italia) e trovavo soltanto citazioni verbatim della IV di copertina – del tutto inutili perché, a dispetto delle premesse allettantissime, il libro era davvero brutto.

E so benissimo che non è questo che intende Davide Mana. La sua posizione in materia è che le regole sono per gli scrittori e non per i lettori – e condivido in pieno. Il fatto si è che quando parliamo di scrittura, non mi stancherò mai di dirlo, la forma è sostanza. La sostanza non giungerà mai (o almeno non giungerà bene) al lettore se non è in buona, attraente e ragionata forma. Per cui, se è vero che le “regole” sono per gli scrittori, è pur vero che l’effetto delle regole è rilevante dal punto di vista dei lettori. Non vorrò spiegare dettagliatamente al lettore che l’autore X si macchia del gravissimo peccato di dire anche quando dovrebbe mostrare, ma sarà caritatevole da parte mia avvertirlo che il libro non risulta coinvolgente – perché questo al lettore interessa molto.

Pertanto, credo che qualificherò un pochino la massima siskeliana: il soggetto del reportage è come ritengo che si sentirebbe il potenziale lettore leggendo il libro – perché “io” potrei avere il dente avvelenato, l’ossessione della fabula, la deformazione professionale o whatever.

Che ne pensate? Che cosa cercate in una recensione?

Il Nuovo Nome Della Rosa – Eco A Canossa?

umberto eco, il nome della rosa, il messaggero, riscrittura, bompianiChe vuol mai dire? Umberto Eco che riscrive Il Nome Della Rosa? Stando al Messaggero* la notizia è certa, anche se finora se ne sa pochino – si può dire che i soli particolari già noti siano il numero di pagine e il prezzo del volume…

E perché “riscrivere” un super-bestseller a trent’anni di distanza?

La risposta mi colpisce in più di un modo.

In primis, secondo l’innominato redattore de Il Messaggero.it, per renderlo più accessibile ai nuovi lettori degli anni Duemila.

Hm. Più accessibile. In effetti, a suo tempo, ricordo di essermi fatta soprattutto una domanda, nel leggere INdR: come si conciliavano l’immensa popolarità del romanzo e le consistenti quantità di Latino, filosofia scolastica, divagazioni teologiche, occasionali passaggi in Greco ed Ebraico, e molta altra materia indigesta offerta in un linguaggio non precisamente divulgativo? E la domanda aveva una risposta lapalissiana, che si scopriva provando a discuterne con un campione appena consistente della legione di lettori nomerosisti: più che una lettura, INdR era un meeting di atletica, in cui molti saltavano spesso, molti altri (s)correvano rapidamente e qualcuno combinava entrambe le discipline. 

D’altro canto, il romanzo era molto à la page, il genere di tomo che bisognava avere letto e che, una volta letto, autorizzava a dire “sì, leggo molto.” E se non si capiva granché… oh well, è bastato avere un po’ di pazienza perché arrivasse il film. Così tutti si leggeva in muta adorazione e si usciva dall’esperienza patentati: “sì, io leggo molto – per esempio Umberto Eco.”

Poi le decadi sono passate, e altri autori hanno soppiantato Eco nel ruolo di dispensatori di patenti: Baricco, Khaled Hosseini, Muriel Barbery e Saviano, per citarne solo alcuni. Tra l’altro, tutta gente (da un po’ a molto) più facile da leggere: è possibile dire “sì, io leggo molto…” senza doversi sentire stupidi per molte centinaia di pagine. E l’atteggiamento nei confronti del professor Eco è cambiata da muta adorazione in impaziente indifferenza.

Di recente ho letto un articolo in cui la romanziera e autrice teatrale americana Cora Bresciano discuteva di metodi per l’utilizzo di lingue diverse in narrativa. Bresciano citava Eco come esempio del metodo più irritante – quello di inserire ampie quantità di una lingua straniera senza offrire nessun tipo di traduzione, lasciando che il lettore si arrangi se ne è capace o se ne ha voglia.

“Naturalmente lui è Umberto Eco,” commenta Bresciano, “autore di fama mondiale ed erudito, per cui può fare tutto quel che vuole – ma non posso fare a meno di sentirmi frustrata dalla sua indifferenza verso chiunque non sappia tutte le lingue che lui conosce.”

E forse Eco si è accorto che ai lettori d’oggidì, in particolare ai giovani abituati fin da piccoli alle tecnologie digitali, non va di leggere libri che li confondono e frustrano per la maggior parte del tempo. Il corsivo è tratto di nuovo dall’articolo del Messaggero, e non so se sia solo un riferimento alla tendenza delle nuove generazioni a perdere interesse in tutto ciò che non offre immediata gratificazione, o se voglia preannunciare che a breve, dopo le traduzioni della nuova versione, ci ritroveremo alle prese con Il Nome della e-Rosa enhanced – completo di canti gregoriani, fruscii di pergamena e urla nella notte…

No, siamo seri: sembra che Eco (o qualcuno per lui da Bompiani) abbia sentito il bisogno di rivedere il […] romanzo per sveltirne certi passaggi e rinfrescare il linguaggio. E subito mi coglie un altro dubbio: immagino che i “certi passaggi” da sveltire comprenderanno molti degli sfoggi di erudizione dell’autore – e fin qui tutto bene – ma il linguaggio? Per me il fascino de INdR consiste in buona parte nel linguaggio tra il medievaleggiante, lo scottiano e il vecchiamaniera, con la sua rete fittissima di citazioni, calchi, riferimenti, parodie e imitazioni… che ne sarà della personalità del libro, della sua voce, una volta che il linguaggio sarà stato rinfrescato?

Ho tanto la sensazione che, nella migliore delle ipotesi, ne resterà un giallo storico come molti altri.umberto eco, il nome della rosa, il messaggero, riscrittura, bompiani

Insomma: inclino a credere che tutto ciò sia assai più un’operazione editoriale che una conversione del nostro semi-romanziere nazionale. A dire il vero sono abbastanza curiosa di vedere come verrà condotta, ma non è un bel genere di curiosità: è un po’ come voler vedere il Dr. Frankenstein che trapianta un cervello nuovo in un corpo del tutto inadatto. Senz’altro si può fare – ma sarà davvero una buona idea?

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* Leggete anche i commenti: come spesso accade, sono istruttivi come e più dell’articolo…

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ETA: mi si segnala che, in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera, Eco avrebbe smentito riscritture drastiche, parlando invece di qualche errata corrige di anacronismi botanici (suppongo i celebri peperoni) e poco altro. Una rapida ricerca in rete mi ha dato accesso a questo articolo de Il Corriere della Sera.it, che sembra ridimensionare l’intervento cosmetico, ma ammette qualcosa di più dei peperoni e riporta qualche polemica transalpina in proposito – oltre a citare illustri precedenti. Resta il fatto che serviranno traduzioni nuove, cosa che sembra indicare, di nuovo, qualcosa di più consistente dei peperoni. Staremo a vedere – dal 5 ottobre in poi.

Ago 19, 2011 - blog life, Digitalia, kindle, pennivendolerie, Somnium Hannibalis    Commenti disabilitati su Google E Le Sue Gioie

Google E Le Sue Gioie

Non ho l’abitudine di cercarmi su Google.

E’ stata una combinazione di caso e di curiosità improvvisa se, quando ho aperto Google per vedere il doodle* di mercoledì, ho digitato il mio nome nella searchbox.

E guarda un po’ se non vado a inciampare in una recensione del Somnium che mi era sfuggita del tutto.

Giuseppe Panella si diffonde in proposito sul blog letterario Retroguardia 2.0 (la recensione è qui), con entusiasmo più che lusinghiero. Quando poi, a titolo di conclusione, paragona SH a Lord Jim – e me a Conrad – non vi fate l’idea di dove sia schizzata la mia pressione. Che poi sia ben chiaro: mi rendo conto benissimo che si tratta di un paragone impegnativissimo ed eccessivissimo, ma Conrad – come sapete fin troppo bene – è uno dei miei idoli e modelli, e LJ è IL libro della mia vita, per cui il solo fatto che a qualcuno sia venuto in mente un paragone del genere mi rende impossibilmente, incontenibilmente, divinamente felice. 

Essì; tre avverbi – Mark Twain sta già imbracciando la doppietta.

Poi, siccome non bastava, ho trovato questa intervista in cui la blogger Marta Manfioletti, di E-Letteratura, conta SEdS tra i cinque blog che non possono mancare nel suo blogroll. I drop a curtsey, e già che ci siamo: leggetelo, E-Letteratura, perché è una miniera di informazioni, acute riflessioni, approfondimenti e notizie sull’editoria digitale – nonché il diario della storia d’amore tra Marta e il suo Kindle.

E poi un sacco di altre cose di varie dimensioni e di non poca soddisfazione. Di qualcuna parleremo più avanti.

Insomma: non ho l’abitudine di cercarmi su Google – ma forse dovrei svilupparla.

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* E non so voi, ma io sono propensa a considerare i doodles come una delle gioie del titolo.

Recensioncella – Nonché La Sindrome Del Marinaio Greco

Comunicazione lampo: la Giudi è stata recensita su SognandoLeggendo – sito/community di recensioni, interviste, pennivendolerie e tutto ciò che ha a che fare con quei parallelepipedi di carta (o virtuali) pieni di storie.

La recensione è qui: recensione*, e ci sono anche tutti quei bei bottoni che permettono di segnalarla su FaceBook, o su Twitter, you know

E ora un’appendice alla comunicazione lampo: la recensione è positiva, va da sé. Se fosse stata cattiva, o anche solo mediocre, sarei qui a segnalarvela con tanto di post? Hardly. Conosco la teoria dell’affrontare le critiche negative, ma presentatemi qualcuno che possieda quel genere di masochismo…

Ecco, stavo scrivendo questo, e poi mi sono fermata. C’è un altro tipo di reazione. Se avessi ricevuto una recensione negativa potrei strillare agli alti cieli, dichiararmi perseguitata, ingaggiare scambi d’insulti con il recensore – diretti o a distanza, sul mio sito, sul suo, su blog, forum e social media…), potrei aizzare la mia clique

No, io non ce l’ho una clique, e d’altronde non ho nemmeno ricevuto recensioni negative – almeno non ancora, ma è quel genere di atti inconsulti e truculenti che si vedono accadere in giro per la rete e fuori di essa. Ci sono esempi nostrani recenti, ci sono casi vecchi come le colline – la cosiddetta Querelle Du Cid coinvolse Corneille, nientemeno – e poi c’è il caso che è diventato fulmineamente proverbiale nel mondo editoriale americano, tanto che già si parla di Sindrome del Marinaio Greco. Lettura interessante, se volete vedere una scrittrice che dà di matto nella più pubblica e irreparabile delle maniere** a proposito di osservazioni del tutto ragionevoli sulla qualità della sua scrittura e del suo lavoro autoeditoriale.

Dopodiché, guardate: la reazione è del tutto umana. Ricevere una recensione men che stellare e avere l’impulso di assassinare il recensore con amici, parenti, congiunti, ascendenti e discendenti fino alla quarta generazione è naturale. Questo fa degli scrittori degli equivalenti editoriali delle tazze di tè? Gente che ha nutrito, lisciato e iperprotetto il proprio ego al punto che il primo urto lo fa esplodere in minutissime schegge – e tanto peggio per chi si trova nel raggio? E’ possibile, ma non particolarmente scandaloso. Quello che è imperdonabile è mettersi a ululare in pubblico e – peggio ancora – scadere negli insulti. Potrà sembrare catartico al momento, ma non si fa mai una buona figura…

Non credo che si impari mai davvero a prendere le cattive recensioni con nonchalance, ma è bene sforzarsi di celare bene la propria furia distruttiva e il proprio cuore a brandelli.

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* E se ve la linko (horrid, horrid, horrid verb!) in questo modo dissennato è perché non riesco a fare altrimenti. Per qualche motivo, all’apposita finestrella di dialogo il “qui” non piace. Va’ a sapere…

** Poi c’è da chiedersi se con questa squilibratissima piazzata la Howett si sia rovinata del tutto qualsiasi possibilità di carriera o sia riuscita ad ottenere lo status di personaggio da talk show. Ho perso il polso della faccenda da ben prima che Big Al chiudesse i commenti, ma provate a cercare “Greek Seaman” su Google – sono certa che troverete abbondanza di materiale.

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Noterella non correlata – nemmeno per sbaglio: buon compleanno, L.!!!

Amazon Affiliate

Chiariamo una cosa.

Da qualche tempo avete cominciato a veder comparire qua e là per SEdS dei link con immagine che conducono a una pagina di Amazon.it o Amazon.uk su cui è possibile acquistare l’uno o l’altro libro. Si tratta di affiliate links: se qualcuno giunge alla pagina in questione e compra il libro, io ricevo una commissione. Ebbene sì: mi sono affiliata.

Perché l’ho fatto? Non tanto inseguendo il miraggio di folli guadagni – tra l’altro le commissioni non sono quel che si dice faraoniche, e sono destinate a diminuire – quanto perché abbastanza spesso mi capita di ricevere mail del tipo: dove trovo il tale e il tale altro libro? E mentre per i libri in Italiano, quando si parla di edizioni fuori catalogo, posso sperare di indicare qualche biblioteca, per quelli in Inglese la faccenda è più complicata, e Amazon è spesso una buona soluzione. Mi è capitato molte volte, girellando per blog altrui, di scoprire un libro che volevo assolutamente leggere, e di apprezzare il link del posto in cui potevo procurarmelo subito. Perché non offrire lo stesso genere di possibilità?

Vi dirò di più: siccome myBlog ha appena reso possibile la creazione di pagine aggiuntive, non è affatto improbabile che Senza Errori di Stumpa sviluppi un suo piccolo bookshop, dove sarà possibile trovare link diretti per l’acquisto dei miei libri e di un ristretto numero di altri titoli – quelli da cui sono particolarmente ossessionata. Anche quelli saranno affiliate links.

Ciò detto, è ovvio che continuerò a recensire, raccontare e dissezionare del tutto indipendentemente da quello che Amazon vende o non vende, e non tutto quello di cui parlerò sarà disponibile su Amazon.

Intanto sperimentiamo. Quando avrò rodato un po’, semmai riparleremo di come funziona.

Mag 16, 2011 - pennivendolerie    2 Comments

La Leggenda Del Buon Rifiuto

Vi diranno che c’è rifiuto e rifiuto. Vi diranno che dapprima le case editrici vi rifiutano e basta, poi cominciano a rifiutarvi con riserva… e questo è il segno che state per farcela.

Non dico che non sia così in assoluto, ma lasciate che vi racconti a little cautionary tale.

Qualche anno fa, nel mio candore, mando a un Piccolo Editore un romanzo di 250.000 parole. Ne avete già sentito parlare: è il primo volume-mostro della mia trilogia sulle Guerre di Vandea.

Non del tutto incomprensibilmente, la risposta è nograzie, però è un nograzie qualificato. Il PE mi convoca (addirittura!) per parlarne. E’ impressionato, dice. Il romanzo è notevole, dice. Solo improponibilmente lungo per una casa piccola come la loro. Perché non riprovo con qualcosa di più corto?

Io torno a casa gasatissima: ho appena ricevuto un Buon Rifiuto, quella bestia mitica che, stando alle leggende dell’ambiente, significa che si è catturato l’interesse dell’editore. Quella bestia che, se opportunamente coltivata, può condurre all’accettazione, alla firma del contratto, alla pubblicazione… you get the idea.

Così, un paio di anni più tardi, spedisco al Piccolo Editore qualcosa di più corto.

“Bello, davvero bello. Originale, ben scritto, ci si vede dietro molta ricerca e molta conoscenza del periodo. Però quest’ambientazione così poco conosciuta…” Perché non riprovo con un po’ di storia locale per sfondo?

Ancora un annetto ed eccomi alla porta del PE con la storia locale.

“Ah, interessantissimo, che stile originale, e che taglio fuori dal comune! Peccato che il mercato non sia più quello di tre o quattro anni fa. Sa, il mercato del romanzo è asfaltato dalle grandi case editrici, e noi sopravviviamo con la saggistica di nicchia. Però, con uno stile come il suo… non ha mai pensato di scrivere qualcosa di divulgativo?”

E bisogna dire che io sia proprio cretina, perché invece di sorridere, ringraziare e augurare privatamente una vita in tempi interessanti, ho anche scritto loro qualcosa di divulgativo – ricordate gli Sbregaverze? Ecco, a partire da quelli. Risultato? Indovinate…

“Che cosa carina, brillante e divertente. Ma sa bene anche lei che un testo del genere non ha mercato.”

Ammetto che un grado di recidività come il mio probabilmente merità questo ed altro*, ma beware: il giorno in cui riceverete un Buon Rifiuto gioitene pure, ma non scartate del tutto la possibilità che l’editore (specie se è un Piccolo Editore) stia menando il can per l’aia.

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* Vengo a sapere che costui “parla bene di me” con altra gente. Ah, è brava questa ragazza. Scrive cose molto originali…

 

Mag 13, 2011 - pennivendolerie    Commenti disabilitati su L’Itala Giuditta Al Salone Del Libro di Torino

L’Itala Giuditta Al Salone Del Libro di Torino

In occasione del Salone del Libro di Torino, SBF Narcissus – con cui ho pubblicato la versione Epub de L’Itala Giuditta – ha scelto un certo numero di ambassadors, autori di cui mostrare dati, titoli e miracoli sugli schermi nello stand. Una sorta di semi-presentazione virtuale, a titolo d’informazione e dimostrazione “per chi volesse avvicinarsi al servizio”, dice Marco Croella, capo della publishing services division.     

Tra questi nunzii della nuova editoria indie, o Lettori, ci sono anch’io. Purtroppo quest’anno una combinazione di impegni lavorativi ed elettorali mi tiene lontana da Torino e dal Salone, altrimenti sarei là a presentarla di persona, la Giudi. Però ci sono in ispirito e in immagine: semmai passaste dalle parti dello stand PAD2-J126… Oddìo, in realtà non so nemmeno bene che cosa suggerirvi di fare, perché ci saranno solo una foto, una copertina e dei link che conoscete già.

Però mettiamola così: se per caso siete al Lingotto in questi giorni, che passiate o meno dalle parti dello stand PAD2-J126, abbiatevi una certa quantità della mia invidia, visto che quest’anno la mia tradizionale capatina a Torino è saltata. E considerate le ironie della vita: da ragazzina volevo fare (in ordine sparso) la guardia forestale, la commediografa, la diplomatica e la scrittrice – e adesso mi ritrovo ambassador editoriale con una novella steampunk, sono molto grata di non essere una guardia forestale* e per quel che riguarda il teatro… diciamo che ci sono significative novità all’orizzonte. Stay tuned.

E intanto lasciate che vi mostri il widget “bancarella” di Narcissus, di cui ho appena scoperto l’esistenza, e che mi piace tanto:

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* Mica per altro, ma se aveste visto la scena invereconda di strilli e fughe che ho fatto poco fa per un r. (bestia con otto zampe) grosso più o meno come la falange del mio pollice… Credetemi: non sono la persona giusta da mettere a sorvegliar foreste.

Feb 24, 2011 - pennivendolerie    6 Comments

Grazie Per Averci Mandato Il Suo Racconto…

Nel mondo editoriale anglosassone non ti ringraziano mai con tanto calore come quando ti rifiutano una storia. E ti augurano ogni bene per la tua carriera di scrittore, e chiudono con qualche citazione che dovrebbe ispirarti a mantenere viva la fede nel tuo talento. Keep writing.

E sì: questo tono lievemente cinico si deve al fatto che dopo tutto A Soul For Cunning non è piaciuto agli Irlandesi – non abbastanza da includerlo nella loro shortlist. Qualche settimana fa avevo ricevuto notizie analoghe da Glimmer Train, e quindi adesso mi sento più qualificata del solito per scrivere un post sulla reazione a questo genere di accadimenti.

1) Fase Blasée: Oh, d’accordo. Sapevamo che era difficile, giusto? Insomma, GT pubblica gente come Annie Proulx, era un tentativo e non è riuscito – andrà meglio la prossima volta, giusto? In fondo, quante volte è stato rifiutato Il Gattopardo? E’ tutto a posto. E’ tutto normale. Adesso lo spedisco altrove, e prima o poi…

2) Fase Werther: Oh, ma chi voglio prendere in giro? A cosa serve mandarlo altrove? Perché diciamocelo: c’è anche la concreta possibilità che il racconto non sia un granché, dopo tutto. E poi non sono nemmeno madrelingua. E poi ho mai dato un’occhiata a un’antologia? Sono ben altre le cose che vincono i premi e finiscono sulle riviste… Hanno ragione loro, non era proprio niente di speciale.

3) Fase Achille (sconfinante in un nonnulla di Complesso della Vittima): Oh, che poi, te li raccomando, i premi e le riviste! Se non scrivi di droga, donne maltrattate o squallori misti assortiti, non ti guardano neanche. E che devo dire? Io ho avuto un’infanzia felice, non ho mai fumato nemmeno uno spinello e non ho un marito che mi picchia… significa che non posso scrivere racconti? Possibile che i lettori vogliano leggere solo di quello? Io sarò fuori mercato, ma è il mercato che è morboso. E gli editor delle riviste sono morbosi. E i giurati sono morbosi. Ecco! Morbosi, ingiusti, cattivi, pessimi, grrrrrrr!

4) Fase Doom&Gloom: Oh, che cosa infantile prendersela con la giuria… Il fatto è che non so più scrivere. Anzi, non ho mai saputo scrivere, e non so come abbia mai potuto credere il contrario. Quanta carta e quanto inchiostro sprecati – per non parlar del tempo! Dov’è, dov’è, dov’è la più vicina scogliera? Oppure – failing that – dov’è il più vicino caminetto, per alimentarlo con i miei patetici sforzi? O mie velleità letterarie, ardete in un funerale vikingo!

– Qui di solito intervengono quantità massicce di cioccolato. Oppure biscotti al cioccolato intinti nel cappuccino fasullo. –

5) Fase Tutto Daccapo: Oh, eppure l’idea non era male… E se lo rivedessi un’altra volta? E se provassi a modificare l’inizio? E se aggiungessi un altro personaggio o due? E se cambiassi il protagonista? E se trasportassi tutto in epoca moderna? E se aggiornassi molto il linguaggio? E se modificassi il tema? E se stravolgessi il finale? E se tagliassi tutta la prima metà? E se infilassi un flashback prima della risoluzione? E se eliminassi i riferimenti filosofici? E se lo riscrivessi daccapo? Tutto daccapo?

– Qui di solito segue notte parzialmente insonne: troppe idee che frullano per le cervici, troppe riaccensioni di luce per annotare quella che sembra sempre la folgorazione risolutiva, troppo cioccolato a tarda ora… –

6) Fase Scarlett: Com’è che, dopo averci dormito sopra, non mi pare più così tragicamente brutto? Forse potrei dargli un’altra occhiatina. Forse potrei supplicare qualcuno a HNR di leggerlo e darmi un parere. Forse potrei sottoporlo al mio critique group (anche se sono mesi che non mi faccio viva con loro). Forse potrei cercarmi un altro concorso o due e mandarlo… In fondo, quante volte è stato rifiutato Il Gattopardo? E’ tutto a posto. E’ tutto normale. Fa parte della vita dello scrittore, la vita dello scrittore è costellata di rifiuti. Basta paturnie. Mai più paturnie. Cattive paturnie. E in fondo, domani è un altro giorno. (*cue Tara Theme*)

Quindi adesso ho spedito A Soul For Cunning altrove, e suppongo che da qualche parte verrà rifiutato e mi farò venire di nuovo tutte le fasi canoniche, e prima o poi, qualcuno lo accetterà, e allora potrò sorridere delle mie paturnie – fino al rifiuto successivo.

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