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Lug 6, 2018 - romanzo storico, Storia&storie, Vitarelle e Rotelle    Commenti disabilitati su Facce

Facce

FacesMi è stato fatto notare che il mio romanzo in corso ha un sacco di personaggi, e che la caratterizzazione diventa sempre meno dettagliata e vivida mano a mano che ci si allontana dal centro – ovvero dal protagonista.

“Il che è anche normale,” mi si è detto, “ma c’è una certa quantità di gente, né protagonisti né comparse – e questa gente è un pochino generica.”

E a dire la verità è un dubbio/timore che nutrivo già – ma speravo, in quella maniera vaga in cui si sperano queste cose, che non si notasse troppo. Invece, a quanto pare, si nota, e quindi occorre riparare in qualche modo.  In particolare, mi ritrovo con due compagnie di attori da… ravvivare. Well, due compagnie e mezzo – o una compagnia e mezzo, se volete. O forse piuttosto una compagnia, più una compagnia, più qualche altro di contorno… Ah well, never mind. Le vicende, fusioni e passaggi delle compagnie elisabettiane costituiscono una storia intricata e tutt’altro che certa – ma questa gente è tutta storica. Di qualcuno sappiamo di più, di qualcuno sappiamo di meno o quasi nulla, ma tutti costoro sono esistiti.

VoiceChartNon che questo sia terribilmente importante ai fini pratici – se non per l’occasionale aneddoto che mette in luce un temperamento, oppure per una provenienza regionale che può influire su vocabolario e speech patterns per creare una voce individuale. E proprio da questo ho iniziato, preparandomi una tabella in cui riassumo tipo di voce e idiotismi per ciascuno di costoro. Dopo tutto sono attori, e il modo in cui parlano e usano la voce è rilevante, giusto? Anche solo la differenza tra una stage-voice e la voce normale è un tratto di caratterizzazione.

Nondimeno, la gente non è solo voce, e quindi ho aggiunto alla tabella una colonna per l’aspetto fisico e una per maniere, modo di muoversi e cose del genere. E non dovete pensare che non ci fosse nulla di tutto ciò finora: nel compilare la tabella mi sono consolata nel notare che in realtà alcuni degli attori sono ragionevolmente completi come sono – altri sono abbozzati in maniere promettenti, e qualcuno è curiosamente blando. Ed è in particolare su questi ultimi che sto lavorando.Faces3

E però mi accorgo che anche i più dettagliati sono un po’ vaghi quando veniamo a parlare di aspetto fisico. Non c’è nulla da fare, non sono una persona visiva e non sono fisionomista – il che si traduce in figuracce terribili nella vita quotidiana, e in una banda di attori senza volto nel romanzo. O non proprio senza volto – ma… hanno voci, maniere, predilezioni, movenze, ma non si vedono in faccia.

E così adesso credo che mi metterò al lavoro con Google Images e Pinterest, e metterò insieme una gallerietta di facce per i miei attori – ritratti, teatro, cinema, rievocazioni, whatnot – e vedremo che cosa salta fuori. È un metodo che ho utilizzato ancora, e so che funziona, e quindi perché non mi sia passato per il capino di farlo finora non saprei dire – ma tant’è.

Forse perché GI e Pinterest sono luoghi pericolosissimi, dove si sa quando si entra, ma non quando si esce, né dove si va a finire? Può essere, oh, può essere…

Ah well, se non ricompaio, sapete dove venire a cercarmi.

Pintereston Pinterestoni…

PinterestPinterest, sì… oh dear.

Sono entrata in Pinterest ai tempi in cui ci si entrava su invito. Non è più così, vero? In realtà non lo so – perché, appunto, ci sono entrata anni e anni fa, su invito di un amico, e con un certo divertito scetticismo.  No, perché davvero: mi si era detto che era terribilmente addictive, ma che poteva esserci mai di così interessante nel raccogliere figurine digitali? Così creai una piccola bacheca chiamata History, Stories, Books and Theatre, ed ero convinta che non sarei mai andata oltre, perché davvero: figurine digitali…?

Pinterest1Un paio di giorni e svariate centinaia di figurine più tardi, Pinterest era diventato il mio nuovo Pozzo delle Ore Perdute. Il giusto contrappasso per il mio divertito scetticismo, immagino.

Ma quando me ne resi conto, era troppo tardi. Cominciai a creare bacheche per libri prediletti, velieri, nevicate cinema muto e altre ossessioni, e poi per cose che ossessioni non erano – dal piccolo artigianato alle combinazioni di colori ai rapaci notturni… E mi sentivo in colpa da matti per tutto il tempo che dedicavo alla cosa – ma nondimeno…

Poi arrivarono le bacheche dedicate al teatro: una per le mie cose rappresentate, una per le luci, una per i costumi, una per le scenografie – e questo cominciava ad avere un’aria un pochino più seria e utile, abbastanza per acquietare un nonnulla la mia coscienza. E intanto il conto delle Ore Perdute lievitava. Pinterest2

E poi fu la volta delle bacheche dedicate alla scrittura: il disastro, la beresina procrastinativa… pincrastinazione? Alas, mi piace avviare una bacheca per ogni nuovo progetto, e mi piace avere un posto dove raccogliere immagini rilevanti, idee visive, suggestioni, links e atmosfere – e tanto più perché, lasciata a me stessa, non sono una persona terribilmente visiva. Il problema è che mi piace un po’ troppo. È terribilmente facile convincersi di star facendo qualcosa di utile writing-wise – e tutti sappiamo dove conduce questa strada, vero?

Quindi sì, lo confesso: mi chiamo Chiara, e ho una dipendenza da Pinterest. Lo trovo tanto utile quanto dilettevole, ed è persino diventato parte del mio processo di scrittura – ma non è di nessun aiuto nella mia costante lotta alla procrastinazione.

Ogni tanto ho l’impressione di disintossicarmi, e poi ci ricado. Una nuova bacheca per un motivo o per l’altro, qualche immagine di qua e di là, un’idea cui associare un’immagine… ed ecco che sono ricaduta giù per la tanta del Pinconiglio. È successo di nuovo ieri, per dire – hence questo post.

Non so che dire. Passerà. O non molto. E… non per volervi trascinare lungo sentieri pericolosi – ma, in caso vi siate incuriositi, le mie bacheche sono qui.

Set 20, 2015 - musica, posti    Commenti disabilitati su L’ultima volta che ho visto Parigi… ♫

L’ultima volta che ho visto Parigi… ♫

ParisbwE dopo Londra, Parigi.

E il primo giorno a Parigi bisogna procurarsi un po’ di pioggia, giusto?

Ciò è ancora per via di F., che – dopo Londra, tengo a far notare – aveva in mente Parigi. E allora Parigi sia, con questa faccenda di gente che ci torna e non trova più la Parigi che ricorda – mais n’importe: quella Parigi è indelebile nei cuori di coloro che la amano…

E sì, tutto ciò è tra il malinconico e il sentimentale. E sinceramente il film da cui viene è molto peggio. Van Johnson, Elizabeth Taylor, polmonite… ricordate? Confesso che il film non lo posso soffrire – però la canzone è deliziosa, e poi la versione che vi propongo è cantata nientemeno che da un Thomas Hampson in gran spolvero:

Ed è da ascoltarsi guardando le immagini di questa bellissima bacheca Pinterest – che prende il titolo da un altro e ben più incantevole film ambientato a Parigi.

E buona domenica parigina.

Parliamo Di Copertine

874e60f3acab015725db5ef9c23be48aAvete mai pubblicato – o avuto intenzione di pubblicare – un ebook? E allora, odds are che vi siate trovati davanti alla maiuscola questione della copertina.

Ah, la copertina.

Il primo strumento di vendita, la faccia del libro, l’arnese che deve catturare l’attenzione del potenziale lettore fin dal momento in cui è solo un thumbnail fra decine di altri thumbnail…

E tutti siamo stati tentati di dire: E che ci vuole? Chi fa da sé fa per tre, giusto? Ci si arma di Photoshop o qualcosa del genere, si cerca uno di quei siti di immagini stock – ed è fatta.

E però tutti abbiamo anche ripetutamente sentito o letto che nulla assassina le possibilità di un ebook come una copertina dall’aria dilettantesca. Proporzioni sbagliate, fonts un po’ così, o illeggibili, o combinati male, o inadatti al genere o all’immagine… Se bbiamo scritto qualcosa e lo abbiamo pubblicato o vogliamo pubblicarlo elettronicamente, diamo per scontato di essere anche degli avidi lettori – e siamo sinceri: quante volte abbiamo rabbrividito davanti a una copertina un po’… così?

Perché il fatto è, si direbbe, che non bastano una bella immagine e decine di font a disposizione. Bisogna avere un’idea di quel che si fa. La soluzione ovvia è che là fuori ci sono legioni di bravi grafici che sanno quello che fanno. Se ne trova uno e ci si affida. Ma la soluzione ovvia, naturalmente, è anche quella costosa – perché un bravo grafico, come è giusto, non lavora per nulla – e questi sono tempi di vacche magre. E per di più, come si scova tra i tanti un grafico davvero bravo che abbia tempi ragionevoli, con il quale si possa discutere e il cui lavoro sia adatto a quel che abbiamo scritto? Oh, ci si riesce – ma il processo può essere lungo e frustrante, e contempla un certo margine di trial & error. ggg

E allora? Ci sono modi per limitare i rischi dell’opzione fai-da-te?

Be’, vi dirò che ieri ho scoperto Canva. Premetto che ci sono arrivata tramite Guy Kawasaki – dunque possiamo dire che l’arnese ha buone referenze. Ma di che si tratta, di preciso?

Ebbene, Canva è un sito che, tramite un’interfaccia molto intuitiva e una sterminata collezione di immagini e templates, vi consente di mettere rapidamente insieme una copertina, del materiale da social network, una locandina e altre cose utili. Ieri ci ho giocato un paio d’ore, e mi pare che l’insieme bilanci piuttosto bene tra possibilità e guida. È possibile scegliersi un template e seguirlo, con la ragionevole certezza di non fare nulla di troppo tacky, oppure si può modificare quel che c’è, o partire from scratch. Si possono manipolare le immagini (davvero tante e a buon mercato), oppure caricare le proprie… Forse non c’è spazio per enormi voli di fantasia, ma i margini di manovra sono ragionevoli. Di buono c’è anche che il risultato viene salvato automaticamente con le dimensioni e le specifiche richieste da KDP – ma si può impostare secondo i parametri di altre piattaforme. E per chi volesse qualche dritta, ci sono anche numerosi tutorial chiari e sensati.

Insomma, Canva è la soluzione ideale e definitiva?

Be’ no – e di sicuro non da solo. Canva offre buoni suggerimenti e ne facilita enormemente l’applicazione in un modo solo parzialmente standardizzato – ma in sostanza fa quel che noi gli diciamo di fare. E quel che va davvero fatto per catturare l’attenzione, per spiccare senza eccessiva eccentricità e senza confondere… ah, quello è un cavallo di tutt’altro colore.

12-06-13_bookcover08Per quello non c’è scorciatoia: bisogna studiare la concorrenza, spulciare Amazon, Goodreads, Pinterest e posti simili in cerca di copertine elettroniche, scoprire che cosa va nel nostro genere, tenere presente che una copertina elettronica non è una copertina cartacea, e il lettore la vedrà per la prima volta grande come un francobollo… Due o tre suggerimenti: tenete d’occhio anche le copertine del mercato anglosassone, perché là l’editoria elettronica e il self-publishing sono più sedimentati, seguite qualche blog o sito di grafica, e mettete insieme una collezione (una cartella, una bacheca su Pinterest…) di copertine che vi piacciono davvero – e che potrebbero adattarsi al vostro genere.

E poi, quando vi siete fatti un’idea, allora Canva può funzionare.

 

Piccolo Bollettino Diurno

Il Chi È Chi si sta risolvendo quasi da solo…

Quasi.

Quindi ormai questa bacheca su Pinterest è più affollata di quanto sia strettamente necessario.

E tuttavia sapere che cosa sono i personaggi, e non chi, ha il suo genere di fascino. Ma d’altra parte, you know, parliamo di teatro, e di una situazione in cui c’è tutto il margine di manovra che si vuole: per una volta, efficacia batte rigore storico senza nemmeno pensarci troppo…

O quasi.

Perché voglio dire, in realtà, dovendo scegliere tra due soluzioni parimenti efficaci, quale miglior criterio della plausibilità storica? 

E se state pensando che ci sono ricascata, è possibile che non abbiate tutti i torti.

Oh well. Magari ne riparleremo.

Oltre A Leggerli

È tutta colpa di Pinterest.

Sì, da un paio di settimane ho una bacheca su Pinterest – l’ho sottotitolata “a visual appendage to Senza Errori di Stumpa” e non ho pensato a dirlo qui.

Be’, lo dico adesso: ho una bacheca su Pinterest. Si chiama Histories, Stories, Books & Theatre, e oltre a divertirmici un sacco, sto trovando la faccenda interessante.

libri,pinterestPer un paio di settimane I pinned happily away – un paio di immagini al dì, ogni volta che trovavo qualcosa di interessante. Poi è successo che su Twitter F. mi abbia chiesto: “ma come? Una bacheca sola? Non ti viene voglia di metterci di tutto?”

Confesso di essere rimasta lievemente sconcertata e, come il millepiedi di Kipling, mi sono fermata con la zampetta sollevata.

“Non ti senti limitata da una bacheca sola?” Ha insistito il fellow-twitterer, e gli ho risposto che in realtà mi ero tenuta il titolo abbastanza vago da poterci mettere parecchie cose… Quello che non gli ho detto, è stato che all’inizio ero partita con l’idea di tre o quattro bacheche diverse – una per i libri, una per il teatro e così via – e poi ho deciso che perdere del tempo a decidere se un’immagine ricadesse sotto la voce Libri o sotto la voce Storie non era proprio quello che volevo fare. Così mi sono limitata a una bacheca ragionevolmente generica e, come ho già detto, mi ci sto divertendo molto. 

Tuttavia, una volta che ha concepito dubbi sulle sue zampette, il millepiedi… er, considerando le mie difficoltà entomologiche, preferirei che Kipling avesse scelto una diversa creatura per la sua storia. Vi secca molto se passo dal millepiedi all’echidna? So che ha solo quattro zampe – but still.

Ma in realtà possiamo accantonare il regno animale nel suo complesso e tornare a noi: il fatto è che la conversazione mi ha spinta a badare a quello che stavo facendo con Pinterest, e sono giunta a due conclusioni.

La prima, è che Storia, storie, libri e teatro coprono abbastanza dei miei interessi perché “tutto il resto” possa starsene fuori dalla mia bacheca senza pregiudizio particolare. Ammetto che è una coperta piuttosto ampia, e ammetto che ci sono molte altre cose che restano fuori – ma può andare benissimo così.libri,pinterest

La seconda è che la mia ossessione per i libri sta assumendo aspetti nuovi. O se c’erano anche prima, non li avevo notati in modo consapevole. Si direbbe che limitarmi a leggerli non sia più sufficiente, dal modo in cui sulla mia bacheca sono comparsi libri alterati, oggetti a forma di libro e disposizioni pittoresche – come la suddivisione per colore. Ebbene sì, lo ammetto: sabato scorso ho iniziato a rivoluzionare la mia libreria suddividendo i libri per colore della costa****. Non è molto pratico (del che mi consolo pensando che l’ordine era molto casuale anche prima), però è grazioso a vedersi. Che posso farci? Scaffali come quelli nelle foto sono piccole soddisfazioni che ho coltivato per un paio di mattine di sabato*. Col che non voglio dire che riorganizzerò così tutta la mia libreria**, o che sia diventato più facile trovare i libri che cerco, ma potrei andare avanti per un po’. Mi piace l’idea che i libri, oltre a contenere storie, siano qualcosa che abita con me, con cui fare esperimenti decorativi, con cui giocare… I libri sono gente, dopo tutto. libri,pinterest

J. mi ha chiesto se riesco a indurmi a separare i libri dello stesso autore for the sake of colour. Francamente, i miei libri non sono molto abituati a vivere in gruppi famigliari – non lo erano nemmeno prima. Scegliendo uno scaffale a caso (tra quelli non riordinati per colore) trovo uno dopo l’altro Bryher, Aristofane, Erich Fromm, Stuart Kelly, Virgilio, Magdi Allam, Ben Jonson, Juliet Barker, Patrick Rambaud, D. G. Chandler, Susanna Clarke… senza logica particolare oltre ad associazioni mentali e una certa dose di serendipità. Oltre al resto, consulto, sposto e rileggo abbastanza spesso – e raramente ho la pazienza di rimettere esattamente dove ho preso. Mi piace vedere gli accostamenti che saltano fuori, nessuno dei quali è definitivo. Per cui non credo che i miei libri siano traumatizzati perché li ho risistemati per colore… Al massimo parrà loro un criterio vagamente più comprensibile di tanti altri.

anagram bookshop, libri alteratiDopo gli scaffali a colori, sulla bacheca sono comparse altre cose che, viste tutte insieme, cominciano ad avere qualche senso – come i meravigliosi libri-scultura di Anagram Bookshop, la custodia per l’iPad*** a forma di libro, i libricini-ciondolo, i libri ricoperti con carta da musica o mappe antiche… Tutto ciò perché non c’è niente da fare: un parallelepipedo di carta contenente una storia è un’irresistible combinazione di bellezza e concetto. Se volete, mi spingo persino ad ammettere che un ciondolo a forma di Kindle non sarebbe la stessa cosa.

E quindi, per riassumere: prima credevo di leggerli soltanto, i libri, poi ho cominciato con Pinterest, poi mi sono ritrovata a suddividere i libri per colore, e adesso mi vo scoprendo qualcosa di molto simile a una mania.

Sarà una brutta china? What next?

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* Dopodiché è arrivata F., ha storto la bocca e ha detto che la cosa le dava un’impressione di omologazione e appiattimento. “Ma vedi,” ho pigolato, “non sono in solid colour: ho cercato di ottenere delle sfumature…” F. non si è commossa – né io mi sono scoraggiata.

** A parte tutto il resto, troppe coste bianche. E non mi sono mai piaciute le coste bianche. Oh well.

*** Ma possibile che non ci sia qualcosa del genere per il Kindle?

**** Verosimilmente in preda a un attacco di quella che P. chiama “dorsomania”. Avete presente la febbre gialla di salgariana memoria e la peste nera? Ecco, si direbbe che io soffra di attacchi di dorsomania multicolore…