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Feb 27, 2010 - Oggi Tecnica    Commenti disabilitati su Randy Ingermanson: Il Mercante di Venezia II

Randy Ingermanson: Il Mercante di Venezia II

Riecco Randy, con la seconda parte dell’analisi de Il Mercante di Venezia, completa di considerazioni su Shakespeare, l’antisemitismo e l’arte. [La prima parte è qui]

Il Mercante di Venezia (Parte II)

Shylock.jpgNella seconda metà del Secondo Atto, Bassanio se n’è andato a corteggiare la sua Porzia, e ha successo! Nel frattempo, a Venezia, i termini del prestito scadono e Antonio non è in grado di ripagare Shylock, che quindi chiede di riscuotere la libbra di carne pattuita e si rivolge al Doge per avere giustizia. Quando Shylock sostiene che un annullamento dell’accordo violerebbe la legge su cui si fonda la prosperità di Venezia, il Doge accetta di deliberare sul caso. Intanto, il neo-sposo Bassanio, viene a sapere in che razza di pericolo mortale si trova Antonio, e si affretta a tornare a Venezia con 6000 ducati (di Porzia) per riscattare il prestito del suo amico.

Il DISASTRO n° 3 si produce al processo, quando Bassanio offre a Shylock 6000 ducati – il doppio dell’ammontare del prestito – e Shylock li rifiuta, insistendo che è suo diritto riscuotere la garanzia in natura, ed è questo che avrà: una libbra di carne tagliata dal petto di Antonio. Anche questo disastro è assolutamente critico per la storia: se Shylock accettasse il pagamento, e Antonio si salvasse così facilmente, non solo la storia finirebbe qui, ma anche tutto quello che è successo prima perderebbe di significato. E’ la decisione di Shylock a creare il Terzo Atto: senza di essa, la storia perderebbe tutto il suo interesse.

Nel Terzo Atto, la bella Porzia arriva al processo travestita da giovane avvocato, e assume la difesa di Antonio. Si discute il caso, e Porzia sbalordisce il Doge affermando tranquillamente che la legge è chiara: a Shylock spetta la sua libbra di carne. Ma quando Shylock sfodera il pugnale e si prepara a riscuotere, Porzia gli fa notare che il suo credito ammonta a una libbra di carne e nulla di più: non può prendere nemmeno una goccia di sangue. Shylock perde la causa, ed è condannato a sborsare metà del suo patrimonio. (Poi c’è un buffo epilogo in cui Bassanio ritorna a Porzia senza fede nuziale…)

La storia è perfettamente strutturata in tre atti, con tre disastri equidistanti tra loro, secondo il punto di vista di Bassanio. Come abbiamo visto, Bassanio è il protagonista nominale, ma devo dire che le mie simpatie, più che a lui o ad Antonio, vanno a Shylock. Antonio non perde occasione di comportarsi crudelmente con Shylock, se non quando vuole da lui denaro o misericordia, e non ha nessuna ragione per la sua crudeltà, se non un odio nei confronti dell’Ebreo. Anche Shylock è crudele con Antonio, quando preferisce la libbra di carne al riscatto del prestito, ma ha un motivo ben definito: cerca vendetta per come è stato trattato. Tra i due, Shylock è l’uomo migliore.

Il Mercante di Venezia ha generato un dibattito infinito: Shakespeare intendeva ritrarre gli Ebrei come inferiori e bestiali, facendo di Shylock un esempio archetipico dell’usuraio ebreo assetato di sangue, o voleva denunciare l’antisemitismo del suo tempo mostrandolo in tutta la sua deumanizzante ignominia?

Io sospetto che Shakespeare abbia lavorato un po’ in entrambe le direzioni. Da una parte mostra Shylock come un essere umano vero e complesso, insultato dall’antisemitismo, ingannato dalla figlia, fatto oggetto di sputi, insulti e furti. Questa è una denuncia. D’altro canto, però, Shakespeare caratterizza Shylock sopra le righe, caricando lo stereotipo del “perfido Ebreo” con la pretesa di riscuotere la libbra di carne. Per di più, la struttura della trama chiaramente ha il suo eroe in Bassanio, perché tutti i punti di svolta, che dividono ordinatamente la storia in quattro quarti pressoché equivalenti, sono individuati dal suo punto di vista. Se cerchiamo i punti di svolta che costituiscono i disastri dal punto di vista di Shylock, la suddivisione è molto meno netta e regolare. Da un punto di vista strutturale, non c’è modo di definire Shylock l’eroe di questa storia.

E allora, Shakespeare era antisemita? Io credo di no. Secondo me, le parole sull’umanità degli Ebrei messe in bocca a Shylock sono quelle di un anti-antisemita. Forse fare di Bassanio l’eroe del dramma era una sottile ironia, calcolata per non essere colta dalle masse – e mettere Shakespeare al riparo da reazioni inconsulte delle masse stesse.

Potrei obiettare a me stesso che Shakespeare è stato fin troppo sottile con la sua ironia, tanto che ancora oggi, nel mondo anglosassone, si definisce “shylock” un usuraio assetato di sangue, e non è certo un complimento. Il mio spirito umanitario dice che Shakespeare avrebbe dovuto essere più aperto e coerente nella sua denuncia, ma il mio spirito di narratore dice che, se lo fosse stato, non avrebbe avuto nulla da raccontare, perché tutta la trama dipende da quel DISASTRO n° 3 in cui Shylock rifiuta di essere clemente e pretende l’applicazione della legge.

 Insomma, Shakespeare aveva bisogno di un compromesso per far passare il suo messaggio: “Se ci ferite, non sanguiniamo forse?” Non è che il compromesso mi piaccia, ma da un punto di vista puramente narrativo, non vedo come avrebbe potuto evitarlo.

Se non altro, non è responsabile per quelle povere ragazze a seno nudo nella gelida notte veneziana!

 

Feb 25, 2010 - grillopensante, scrittura    Commenti disabilitati su Cambiamento Irreversibile

Cambiamento Irreversibile

Holly, la mia writing teacher americana, dice che a dare spessore al conflitto e alle motivazioni dei personaggi è il cambiamento irreversibile.

Per capirci, supponiamo che Janey si faccia inavvedutamente tingere i capelli di rosa shocking: tutti (lei compresa) trovano che stia malissimo, e lei è molto angosciata dalla faccenda, la sua migliore amica la prende in giro, il suo ragazzo le dice ripetutamente quanto poco le doni quel colore… Sì, il conflitto c’è, ma poi i capelli crescono, Janey se li taglia molto corti, trova che il nuovo stile le doni assai, fa pace con l’amica del cuore e con il ragazzo… fine. Non precisamente una storia di spessore, giusto?

Supponiamo, tuttavia, che il meschinissimo datore di lavoro di Janey colga il pretesto dei capelli rosa per licenziarla (diciamo che J. lavorasse per un’impresa di pompe funebri: il rosa shocking è singolarmente indatatto, giusto?), che l’amica del cuore la prenda in giro piuttosto crudelmente davanti a tutti, che il litigio con il ragazzo si faccia drastico… Dopo averci pianto sopra ed essersi commiserata un po’, Janey decide che forse aveva sbagliato tutto fin dapprincipio: con la supposta amica c’era in realtà solo un legame superficiale, e a pensarci bene, il ragazzo non aveva mai tollerato troppo che lei facesse alcunché senza la sua approvazione. E il lavoro… era sicuro, era tranquillo, ma era veramente quello che voleva? E da qui si apre ogni genere di possibilità: Janey, con i suoi capelli rosa, potrebbe fare la cameriera in un pub intanto che cerca un lavoro di suo gusto, potrebbe decidere di lasciare definitivamente il ragazzo prepotente che pure ama molto*, potrebbe trovare il coraggio d’inseguire i suoi sogni, fare un provino per un musical, fare della gavetta, trovare le amicizie e l’amore della vita… D’accordo, nemmeno questo vincerà il Nobel per la letteratura, ma di sicuro il conflitto è un po’ più consistente, giusto?

E il punto è che nel primo caso sapevamo tutti (e Molly per prima) che i capelli rosa sarebbero stati un problema transitorio; mentre nel secondo caso i capelli rosa sono altrettanto transitori, ma scatenano una serie di effetti irreversibili: il licenziamento, la rottura con l’amica, il rivelarsi della vera natura del giovanotto… Molly non può tornare indietro, e quindi il modo in cui va avanti diventa all’improvviso molto più interessante.

Poi non è così semplice, in realtà.

In Via col Vento, la Guerra di Secessione sconvolge il mondo di Rossella. Però, mentre tutto le frana attorno, lei si rifiuta di accettare l’irreversibilità del cambiamento: vuole ricostruire Tara com’era prima, continua a credere che Ashley finirà con l’amarla, in pieno bombardamento di Atlanta vuole soltanto tornare a casa, passa allegramente sopra due successive vedovanze e tre maternità, si affanna per recuperare la sua vita agiata e felice…  Il punto del conflitto è proprio questo: Rossella vs. i cambiamenti irreversibili. Nemmeno si accorge di cambiare (e in parte maturare, ma non molto) a sua volta, tanto è occupata a rivolere tutto com’era prima.

Per contro, in Lord Jim, nessuno sembra considerare irreversibile il guaio di Jim, tranne lui. Sì, è vero, la sua patente di ufficiale mercantile è perduta dopo l’incidente del Patna, ma forse si sarebbe potuto evitare anche quello, se solo si fosse difeso affermando di avere obbedito agli ordini. Tuttavia, a Jim importa meno della patente che della macchia indelebile sulla considerazione che ha di se stesso, ed è da quella macchia che scapperà per tutta la sua vita, sempre nella direzione più sbagliata possibile, finendo col perdere rovinosamente anche la redenzione che pure si è procurato. E’ Jim a considerare irreversibile il cambiamento, e a bruciare dietro di sé, uno dopo l’altro, ponti che sarebbero ancora perfettamente utilizzabili.

E in generale, la letteratura è piena di gente che cerca di riportare le cose com’erano, di recuperare quello che ha perduto: le loro storie ci toccano e ci coinvolgono di più se non è possibile. E allora, o i nostri eroi riescono a ottenere qualcosa d’altro, e abbiamo un lieto fine; oppure non ci riescono. Oppure ancora muoiono nel riuscirci: come Maggie e suo fratello Tom che, nel Mulino sulla Floss, superano l’astio che li aveva divisi solo sul punto di morire insieme.

E quindi, forse, qualificherei l’affermazione: a dare spessore al conflitto (e di conseguenza alle storie) può essere sì il cambiamento irreversibile, ma anche la tensione fra il cambiamento irreversibile e la volontà dei personaggi di recuperare ciò che il cambiamento irreversibile ha spezzato.

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* Bisogna assolutamente che lo ami, e possibilmente che lui abbia anche delle buone qualità che rendano difficile lasciarlo, sennò dov’è il conflitto? Nella peggiore delle ipotesi, può avere plagiato Janey, o può avere il modo di ricattarla… Oh, dear. Sto degenerando in direzioni vieppiù d’appendice, vero? Questo esempio dei capelli rosa non mi fa bene.

Feb 20, 2010 - Oggi Tecnica    Commenti disabilitati su Randy Ingermanson: Il Mercante di Venezia I

Randy Ingermanson: Il Mercante di Venezia I

Rieccoci all’appuntamento con Randy Ingermanson. L’articolo su Il Mercante di Venezia è lungo, e quindi verrà – come dire? – A puntate.

Struttura e Trama de Il Mercante di Venezia

Qualche tempo fa l’insegnante d’Inglese ha raccomandato alla classe di mia figlia (seconda media) di guardare Il Mercante di Venezia, di Shakespeare, e io ho richiesto il DVD su NetFlix. Non la versione con Al Pacino, che è vietata ai minori di diciassette anni non accompagnati, ma quella della BBC, che non ha divieti e, presumibilmente, è più adatta a una dodicenne.

Quando il DVD è arrivato, ero impegnato con uno dei miei innumerevoli progetti, e così mia moglie e i bambini lo hanno guardato da soli. E quando hanno finito, mia moglie mi ha detto che era stato un po’ imbarazzante, perchè “c’erano delle donne molto scollate”. Naturalmente ho voluto rendermi conto, e ho trovato il tempo di dare un’occhiata. La prima cosa che ho notato è stato il divieto ai minori di diciassette anni non accompagnati. La seconda è stata che Shylock era Al Pacino. Il che significa che qualcuno ha sbagliato qualcosa con il mio ordine a NetFlix, e che mia moglie non è molto osservatrice. La terza cosa che ho notato è che le signore in questione non avevano una scollatura particolarmente bassa: non avevano scollatura affatto, povere care. Suppongo che dovessero rappresentare delle prostitute veneziane, e che il regista abbia pensato di aumentare le vendite con qualche seno nudo e un divieto ai minori… Ah, l’arte! 

Ora, sono sposato da un certo numero di anni, ho visto seni nudi in abbondanza, e il punto non è questo: il fatto è che la scena diventa un tantino ridicola. Voglio dire, immaginate Al Pacino che fa la celebre tirata di Shylock sull’essere ebrei in un mondo antisemita: “Se ci ferite, non sanguiniamo, forse? Se ci solleticate, non ridiamo? Se ci avvelenate, non moriamo?” e via dicendo. E’ una scena potente, forse la più forte dell’intero film, e Al la recita alla grande, davvero con una forza travolgente. Solo che la scena è girata di notte, in una Venezia tutta gelida e nebbiosa: Al indossa un mantello pesante, e tutti gli altri uomini presenti sono coperti da freddo. E poi, sullo sfondo, ci sono queste due ragazze col seno nudo in mostra, e non hanno l’aria di avere freddo. Per niente. Non mostrano nemmeno un brividino, non so se mi spiego: hanno l’aria di stare perfettamente comode, e l’illogicità di quella piccola incongruenza è bastata a trascinarmi fuori dalla storia.

Ed è un gran peccato, perché tutta la mia attenzione doveva essere concentrata su Al: era la sua scena, una scena potente e significativa, e invece il regista mi ha fatto ridere! Ahi ahi… mi sa tanto che il regista ha fatto una cavolata!

Oh be’, passiamo all’analisi della Struttura in Tre Atti & Tre Disastri. La studieremo dal punto di vista di Bassanio, che è l’eroe nominale della storia.

Nel I ATTO il nostro eroe Bassanio chiede al suo amico Antonio un prestito di 3000 ducati, che gli servono per corteggiare la ricca e bella Porzia. Antonio è un ricco mercante, ma tutto il suo denaro è impegnato in una serie di spedizioni mercantili, navi che non faranno ritorno a Venezia prima di un paio di mesi. Allora Antonio si rivolge all’usuraio ebreo Shylock per un prestito. Va detto che Shylock odia Antonio, che di recente gli ha sputato addosso per strada e l’ha chiamato cane.

Il che ci porta al DISASTRO n° 1: Shylock potrebbe rifiutare il prestito, e invece lo concede, chiedendo in garanzia una libbra di carne di Antonio, “vicino al cuore”. Antonio è sicuro di recuperare presto il suo denaro, e quindi accetta i termini del prestito. Questa è la pericolosa decisione che manda avanti il resto della storia: se Antonio rifiutasse l’offerta, tutto finirebbe qui e non ci sarebbe nulla da raccontare. Ma Antonio accetta, e quindi mette sé stesso in pericolo mortale, qualora le sue navi dovessero affondare.

Nella prima parte del SECONDO ATTO, la figlia di Shylock fugge con un amico di Antonio, portandosi anche un bel po’ del denaro di suo padre. Quando Shylock lo scopre, s’infuria parecchio, ma non non può farci nulla: la legge non è di grande aiuto per lui, che è ebreo. Poi arriva la notizia che due delle navi di Bassanio sono affondate, una dopo l’altra, e vediamo alcune scene in cui Porzia viene corteggiata da gente inadatta (vale a dire, gente che non è Bassanio).

Il DISASTRO n° 2 avviene quando un altro usuraio informa Shylock che sua figlia è stata vista a Genova, intenta a sperperare il suo tesoro come se nulla fosse, e che una terza nave di Antonio ha fatto naufragio. Shylock giura di riscuotere la sua garanzia – una libbra di carne di Antonio! Questo disastro impedisce che il Secondo Atto si afflosci nel mezzo.

What next? Randy torna la settimana prossima, con la seconda parte de Il Mercante di Venezia.

Feb 13, 2010 - Oggi Tecnica    Commenti disabilitati su Randy Ingermanson: Orgoglio e Pregiudizio

Randy Ingermanson: Orgoglio e Pregiudizio

Chi l’avrebbe detto? Anche Jane Austen ragionava in termini di tre atti e tre disastri… O, quanto meno, in O&P c’erano tre disastri e tre atti per gli sceneggiatori! Ecco l’analisi di Randy.

Trama e Struttura di Orgoglio e Pregiudizio

Il primo dell’anno, la mia famiglia e io abbiamo finalmente trovato l’occasione di guardare Orgoglio e Pregiudizio. Volevamo farlo da un po’, in realtà, ma capitava sempre qualcosa. Be’, ci è piaciuto un sacco. Il film è molto più breve della versione televisiva della BBC, che dura 5 ore, ma devo dire che sono entrambi eccellenti.

L’eroina di questo film è Elizabeth Bennet, interpretata da Keira Knightley. (So che cosa state pensando, e la risposta è no! Non ho una cotta per Keira Knightley, ed è un puro caso che abbiamo guardato due suoi film di fila. Keira è molto carina, lo ammetto, ma non è carina come mia moglie. Giuro).

Ora, Orgoglio e Pregiudizio non è uno di quei film tutti trama e azione: non ci sono duelli all’arma bianca o inseguimenti in macchina, e nemmeno un elicottero che esplode; solo un sacco di dialogo intelligente preso pari pari dalla grande Jane Austen. E’ un film incentrato sui personaggi, diciamo un film da ragazze. Ciò non toglie che abbia una trama ben definita, e che sia facile individuarne le linee principali usando la Struttura in Tre Disastri, che adesso vi mostrerò insieme alla Struttura in Tre Atti.

INIZIO: Siamo in Inghilterra, alla fine del XVIII Secolo, ed Elizabeth Bennet vive in campagna con i suoi genitori e quattro sorelle, tutte nubili come lei e in età da marito. Mr. Bennet è un gentiluomo non particolarmente ricco, e la volubile e ciarliera Mrs. Bennet vuole disperatamente trovare mariti ricchi e giovani per le sue figlie. Jane, la sorella maggiore, incontra Mr. Bingley, un giovane piacevole e ricco che si è trasferito in campagna da Londra, provvisto di un amico, l’acido Mr. Darcy, ancora più ricco, ma molto meno piacevole. Dapprincipio le cose sembrano mettersi bene per Jane e Mr. Bingley, ma poi…

 DISASTRO n° 1: Mr. Bingley parte bruscamente per Londra, abbandonando la povera Jane senza un motivo o una spiegazione.

MEZZO (I Parte): in conseguenza di questo disastro, prima Jane e poi Elizabeth si recano a Londra. Jane non riesce a incontrare Mr. Bingley, ma in compenso Elizabeth incontra Mr. Darcy, che le piace sempre meno, e a maggior ragione quando scopre che è stato lui a spingere Mr. Bingley ad abbandonare Jane.

DISASTRO n° 2: del tutto inaspettatamente, Mr. Darcy chiede a Elizabeth di sposarlo, confessandole di essere innamoratissimo, nonostante lei gli sia socialmente inferiore. Elizabeth rifiuta sdegnata.

MEZZO (Parte II): sconvolta, Elizabeth torna a casa, a vedersela con la sua bizzarra madre e le sue sorelle minori a caccia di marito. Dopo qualche tempo, parte per un viaggio con una coppia di zii, capita casualmente a visitare la magione avita di Mr.Darcy, mentre lui è assente, e scopre che i suoi servitori lo considerano un uomo generoso e gentile. Il viaggio di Elizabeth è bruscamente interrotto dalla notizia che la sua sorella minore è fuggita di casa con Mr. Wichkam, un ufficiale di scarsa moralità. La famiglia evita a stento uno scandalo quando qualcuno offre a Wickham una somma generosa, purché sposi la ragazza e se ne vada lontano con lei.

DISASTRO n° 3: Elizabeth scopre che è stato Mr. Darcy a pagare Wickham, salvando la sua famiglia dal disonore. Ora si trova in debito verso un uomo con cui credeva di avere rotto ogni rapporto.

FINALE: Mr. Bingley ritorna in campagna e torna a corteggiare Jane, con cui ben presto si fidanza. Nel frattempo Elizabeth ha cambiato opinione su Darcy, scoprendo che la sua maschera gelida nasconde in realtà il classico cuore d’oro e, quando lui le chiede nuovamente di sposarlo, accetta. Il film finisce con il bacio di rito.

Visto come, ancora una volta, i Disastri sono punti nel tempo, ciascuno dei quali effettua la transizione al successivo blocco di tempo?

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Blurb: Randy Ingermanson, romanziere pluripremiato, “Quello del Fiocco di Neve”, pubblica mensilmente The Advanced Fiction Writing E-zine per più di 19,000 lettori. Per imparare mestiere e marketing della narrativa, catturare l’occhio degli editor, e divertirsi facendo tutto ciò, visitate http://www.AdvancedFictionWriting.com.

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Bizantinerie

Siege_of_Constantinople.jpgSono sempre persa nella revisione del mio romanzo turco-bizantino, talmente persa che non sto scrivendo un bottone per il Premio Stagionalia, cui pure vorrei partecipare…

Hm.

Però poi succedono piccole cose felici come questa: nella prima stesura avevo fatto del Genovese di Pera che in realtà è una spia al servizio del Sultano un mercante d’olio. Non so di preciso perché, l’avevo fatto e basta. E oggi m’imbatto in un dettaglio tecnico che non conoscevo: gli artiglieri ottomani, per evitare che i loro enormi cannoni di bronzo fuso si spaccassero, dopo ogni sparo coprivano la canna di panni intrisi di olio caldo. Di conseguenza, l’esercito assediante consumava quantità stravaganti di olio, e lo comprava tutto a Pera (con grande scandalo dei Veneziani e dei Greci della Città). Morale, il mio mercante di olio cum spia ha una ragione per andare e venire dal campo turco, si rivela essere del tutto plausibile e mi permette di mostrare più di un particolare d’epoca in una scena sola.

Piccole soddisfazioni. Ed è vero: non mi costerebbe niente, se fosse invece un mercante di stoffe, cambiarlo in mercante d’olio per la bisogna. Però, quando si sta revisionando, cambiando, spostando, tagliando, aggiungendo, lucidando e tutto quanto, inciampare in qualcosa che non solo può restare com’è, ma è persino meglio del previsto, è come un cioccolatino inatteso.

Feb 6, 2010 - Oggi Tecnica    Commenti disabilitati su Randy Ingermanson: Pirati dei Caraibi

Randy Ingermanson: Pirati dei Caraibi

La parola a Randy, per un’analisi della Struttura in Tre Disastri di uno dei film più deliberatamente, spudoratamente (e spassosamente) non-storici che si possano immaginare.

La Struttura de La Maledizione della Prima Luna.

La sera dell’ultimo dell’anno sono stato alzato fino a mezzanotte con la mia famiglia per guardare La Maledizione della Prima Luna. L’eroina del film è Elizabeth Swann, interpretata da Keira Knightley.

E’ uno dei nostri film preferiti. Era stato progettato come un film avventuroso e romantico per ragazzi, con Orlando Bloom nella parte dell’innamorato di Elizabeth, Will Turner, ma poi, grazie all’ispirata recitazione di Johnny Depp, che ruba la scena nel ruolo dello squinternato capitano pirata Jack Sparrow, ha acquistato un aspetto addizionale: quello della commedia sopra le righe. Insomma, c’è qualcosa per tutti, in questo film, tranne chi va pazzo per le corse di camion – perché NON ci sono corse di camion!

In compenso c’è un sacco di azione, e la trama è piena di sorprese e imprevisti: c’è da perdersi nel seguirli tutti, ma è abbastanza facile individuare la storia principale usando la Struttura in Tre Disastri. Ecco la mia analisi, in cui metto in evidenza i tre Disastri in mezzo agli Atti della Struttura in Tre Atti.

INIZIO: Elizabeth Swann è la figlia del governatore di Port Royal, ed è appena stata chiesta in moglie da un uomo che non ama, un commodoro della flotta inglese, a cui preferisce Will Turner, un povero fabbro senza posizione sociale. Appena arrivato in città, il capitano pirata Jack Sparrow cerca di sfuggire all’impiccagione usando Elizabeth come scudo umano, ma finisce in prigione ugualmente, sempre condannato alla forca. Elizabeth è segretamente in possesso di un medaglione maledetto, che apparteneva in origine a Will Turner, e che induce l’ex equipaggio del Capitano Sparrow ad attaccare Port Royal.

DISASTRO n° 1: i pirati catturano Elizabeth con il suo medaglione, ma lei rivendica il diritto al “parley”, un incontro con il capitano pirata Barbosa.

Prima Parte del MEZZO: il Capitano Barbosa porta il medaglione (ed Elizabeth) su un’isola non segnata sulle carte, dove intende spezzare la maledizione che dieci anni prima ha trasformato lui e il suo equipaggio in altrettanti non-morti, condannati a non morire né vivere davvero. I pirati sono convinti che il sangue di Elizabeth metterà fine alla maledizione. Will Turner,  che è innamorato di Elizabeth e disposto a tutto per salvarla, si allea con Jack Sparrow per rubare una nave della Royal Navy, arruolare un equipaggio, e inseguire i pirati. Jack sa benissimo che Barbosa e i suoi intendono uccidere Elizabeth.

DISASTRO n° 2: Jack Sparrow e Will Turner liberano Elizabeth, ma Jack è lasciato alla vendetta dei pirati quando Will ed Elizabeth riescono a fuggire.

Seconda Parte del Mezzo: i pirati vogliono uccidere Jack, che però li persuade a inseguire Will ed Elizabeth e il loro equipaggio di vagabondi. Durante una battaglia navale, i pirati distruggono la nave inglese rubata e catturano l’equipaggio, abbandonando su un’isola Jack ed Elizabeth, quando scoprono che è lui a dover morire per spezzare la maledizione. Jack ed Elizabeth vengono salvati dal commodoro, che intende riportare a casa la ragazza (da cui aspetta ancora una risposta alla sua proposta di matrimonio), impiccare Jack e abbandonare Will al suo destino.

DISASTRO n° 3: Elizabeth persuade il commodoro a salvare Will Turner, promettendogli in cambio la sua mano.

FINALE: quando i pirati sono sul punto di assassinare Will Turner, Jack Sparrow li convince ad affrontare gl’Inglesi prima, mentre sono ancora non-morti (e quindi virtualmente imbattibili), e la maggior parte dell’equipaggio pirata ingaggia un feroce combattimento contro l’equipaggio del commodoro. Jack e Will, incaricati di occuparsi del Capitano Barbosa, spqzzano la maledizione. I pirati vengono catturati o uccisi, e tutti ritornano a Port Royal, dove Jack deve essere impiccato, ed Elizabeth sposerà il commodoro. Naturalmente non va a finire proprio così, e tutti vivono felici e contenti, tranne il commodoro.

Notate che i disastri sono tutti punti precisi nel tempo, e ciascuno di essi forza una transizione al successivo blocco di tempo.

Feb 5, 2010 - blog life, considerazioni sparse, grillopensante    Commenti disabilitati su Motori di Ricerca

Motori di Ricerca

Un po’ di numeri: qualcuno sensato, qualcuno… er, meno.

Se le statistiche di MyBlog sono attendibili, nel corso della giornata del I Febbraio, i lettori che sono arrivati a Senza Errori di Stumpa via motore di ricerca lo hanno fatto con queste parole chiave:

– Alla fine della storia io tocco

– Manfred von Richtofen storia

– Parallelepipedo

– Tecniche narrative

Per quello che riguarda Cyrano e il Barone, nulla da dire, se non che sono molto contenta che si arrivi dalle mie parti cercando di loro… Ed è evidente che aggiungere “storia” alla ricerca è d’aiuto. In entrambi i casi, chiedendo lumi a Google, SEdS è nella prima pagina. Fort bien.

“Tecniche narrative” ci trova in terza pagina, il che tutto sommato non è male, ma di fare assai meglio non dispero*.

Un po’ più sconcertante è scoprire che, digitando “parallelepipedo” nella search box di Google, SEdS e io spuntiamo a metà della sesta pagina, per via di questo post… Chiunque sia sbarcato qui cercando nozioni geometriche sarà rimasto un tantino deluso!

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* Scoperta effettuata in giorni successivi al 1° di Febbraio: per “Show, don’t tell”, SEdS è a metà della prima pagina… Così va bene.

 

Gen 30, 2010 - Oggi Tecnica    6 Comments

Randy Ingermanson: Trama e Struttura

Come promesso, ecco a voi Randy Ingermanson. Cominciamo con una serie di articoli sulla costruzione della trama, apparsi sulla sua Advanced Fiction Writing E-zine fra il gennaio e il febbraio 2006.

1) Trama e Struttura: la Visione d’Insieme

Costuire trame è facile per alcuni e difficile per altri. I miei amici scrittori mi dicono che sono un buon costruttore di trame, cosa che trovo ironica, perché costruire trame è una delle ultime cose che ho imparato a fare. Credo che ancora adesso non mi venga naturale, ma almeno ho imparato qualche metodo analitico da applicare alle idee. Questi metodi mi aiutano a definire “che cosa è veramente la mia trama”, e mi servono anche a individuare quando manca qualche elemento.

Lo strumento che vorrei discutere qui è quella che chiamo la “Struttura in Tre Disastri”. Non sono sicuro che questa sia una definizione standard – non sono nemmeno sicuro che l’idea sia standard – ma mi piace perché mi aiuta a dar forma ai miei romanzi a livello macro.

Probabilmente avete sentito parlare della “Struttura in Tre Atti”: l’ha inventata un tale chiamato Aristotele, ed è rimasta in voga per un certo tempo. Io l’ho imparata da James Scott Bell, coautore della rubrica di Narrativa per il Writer’s Digest.

La Struttura in Tre Atti divide la linea del tempo della nostra storia in tre parti di durata differente: l’Inizio, il Mezzo e il Finale. E quando dico che sono di durata differente, non sto scherzando: il Mezzo è lungo il doppio dell’Inizio e del Finale.

Quindi, se il nostro romanzo fosse una partita di football americano in quattro tempi, l’Inizio sarebbe il primo tempo, il Mezzo riunirebbe il secondo e il terzo tempo, e il Finale sarebbe il quarto tempo.

Fin qui è terminologia standard, ma come entra in tutto questo la Struttura in Tre Disastri?

Semplice: la Struttura in Tre Disastri dice che nella nostra storia abbiamo tre disastri principali, e che i tre disastri cadono a intervalli regolari. Quindi, il Disastro n° 1 arriva alla fine del primo tempo; il Disastro n° 2 è giusto a metà strada; il Disastro n° 3 capita alla fine del terzo tempo.

Matematicamente parlando, la Struttura in Tre Disastri è complementare alla Struttura in Tre Atti: gli Atti sono costituiti da blocchi temporali, e i Disastri sono punti nel tempo che segnano le transizioni tra i blocchi.

Dunque, il Disastro n° 1 arriva alla fine dell’Inizio, e costringe il nostro personaggio a prendere la decisione che lo introduce nel Mezzo.

Il Disastro n° 2 arriva a metà del Mezzo, ed è lì per evitare che il Mezzo si afflosci (cosa che gli editor dicono quando la storia comincia a perdere ritmo in qualche punto del secondo atto).

Il Disastro n° 3 cade alla fine del Mezzo, costringendo i nostri personaggi ad una decisione che li traghetta nel Finale.

Semplice, no? Nelle prossime parti, applicherò questo schema analitico ad alcuni film che ho visto di recente con la mia famiglia.

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Blurb: Randy Ingermanson, romanziere pluripremiato, “Quello del Fiocco di Neve”, pubblica mensilmente The Advanced Fiction Writing E-zine per più di 19,000 lettori. Per imparare mestiere e marketing della narrativa, catturare l’occhio degli editor, e divertirsi facendo tutto ciò, visitate http://www.AdvancedFictionWriting.com.

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Gen 18, 2010 - Oggi Tecnica, scrittura    Commenti disabilitati su Il Medico di Se Stesso, ovvero La Scrittura da Dentro II

Il Medico di Se Stesso, ovvero La Scrittura da Dentro II

E oggi, parte II di La Scrittura da Dentro alla Libera Università del Gonzaghese. So che sembra un annuncio, ma aspettatevi una confessione personale prima della fine.

La settimana scorsa si è parlato di trama e struttura, e adesso è il momento di mettere in scena.

Servono posti, serve gente, servono arredi di scena, costumi e musica, per cui oggi ci si occupa di personaggi, ambientazione, descrizioni e dialoghi, il tutto all’insegna di quello che è forse il più ripetuto assioma della scrittura creativa: show, don’t tell.

Non è curioso dover mostrare e non dire in una forma d’arte che, alla fin fine, consiste tutta nel dire? Ma è il modo in cui si dice, il punto di vista che si sceglie, la voce che si adotta, gli aggettivi che si usano, la forza dei verbi… Le parole hanno colore, peso e forma, certe combinazioni di parole hanno un effetto, altre non riescono ad averlo, altre ancora ne hanno di imprevisti. E’ tutta un’intricata questione di effetti e di scelte: ogni scelta ha un effetto, e ogni effetto va calcolato, almeno un po’.

“Ma questo varrà forse per la scrittura strumentale!” ha obiettato la settimana scorsa un partecipante al corso.

Ebbene, indovinate un po’: tutta la scrittura narrativa è strumentale. Se non volessimo ottenere un effetto con le parole che scriviamo, non ci disturberemmo a scriverle affatto. Persino quando è solo l’effetto di vedere sulla carta le proprie emozioni solo per sé stessi – e forse sarò cinica, ma credo che non siano in molti a scrivere senza l’intento di far leggere a qualcun altro – persino allora si tratta di usare degli strumenti (alfabeto, grammatica, sintassi, stile) per un fine (nel caso specifico, riprodurre un’emozione). E nella maggior parte dei casi, quando il procedimento coinvolge un lettore, la necessità di rendere ciò che si scrive logicamente ed emotivamente decifrabile comporta un uso di causa ed effetto molto più complesso e consapevole.

Parlo con dolorosa cognizione di causa: in un momento di follia ho deciso di revisionare un romanzo che ho scritto una decina di anni fa, quando non avevo ancora cominciato a studiare scrittura, quando credevo che bastasse avere una buona storia e delle adeguate conoscenze storiche per cavarne un romanzo…

Ohi ohi, gente!

Non mi ricordavo di essere mai stata tanto acerba: la storia c’è e non è male; i personaggi ci sono, e di qualcuno di loro sono soddisfatta;  qualche dialogo non è poi troppo disastroso. Fine. Il resto… mi piacerebbe poter dire che il resto è silenzio, ma di fatto: il resto è disastro. Conflitto, spessore, profondità, colori, consistenze, tridimensionalità, ombre… dov’è tutto ciò? E ripensandoci, ricordo che avevo in mente queste cose, che intendevo metterle sulla carta. Why, ogni tanto ce n’è persino qualche traccia, sepolta tra i cumuli di detto, detto, detto, detto. Perché sapevo che cosa volevo fare, ma non sapevo come farlo.

E nemmeno mi accorgevo di non saperlo fare, a giudicare dal fatto che in un primo momento ho mandato questo semolino a qualche casa editrice. Ossignore.

E però adesso, una volta superati lo shock (Ma è tutto insipido! Orrore, orror!), l’incredulità (Come, come, come ho potuto partorire ciò?), il panico (Urge ricerca attività alternativa… chissà come me la caverei con l’uncinetto?) e la momentanea depressione (E’ finita, sono distrutta, ho fallito, e no, grazie, non voglio una tazza di cioccolata calda con i biscotti *cue Chopin, Marcia Funebre*), ho colto una cosa importante. Ho colto che in questi dieci anni ho imparato a:

– riconoscere gli articoli dell’assortimento di lacune, mancanze, orroretti, peccati veniali e capitali, parole blande, opere insignificanti e omissioni di ogni genere che ho commesso a piene mani in quel romanzo;

– individuare la cura per ciascuno (o almeno la maggior parte) di essi.

– porre rimedio, a costo di riscrivere l’intero dannato romanzo da cima a fondo!

Non è divertente rimuginare su quanto poco sapessi dieci anni fa. Lo è di più giungere alla conclusione che da allora ho imparato molto, e sto ancora imparando, e potrò sempre imparare ancora. Ma la cosa migliore di tutte è mettere a frutto quello che ho imparato per rimodellare quel che avevo messo insieme a tentoni e a istinto, e farne una storia avvincente, narrata in modo efficace, vivido, ricco.

Perché adesso ho gli strumenti per ottenere gli effetti che volevo fin dall’inizio.

Gen 16, 2010 - scrittura, teorie, Traduzioni    Commenti disabilitati su Randy Ingermanson a SEdS

Randy Ingermanson a SEdS

Novità in arrivo a Senza Errori di Stumpa! E nientemeno che da Oltre Oceano.

Randy Ingermanson è un romanziere americano, scrive fantascienza e thriller cum viaggio nel tempo, e ha vinto un Christy Award. E’ anche un fisico teorico (che sia per questo che i suoi romanzi tendono ad avere dei fisici per protagonisti?), e un teorico della scrittura.

In America, ancora più che per i suoi romanzi, è noto come “Quello del Fiocco di Neve”, dal nome del suo metodo d’ingegneria narrativa: the Snowflake Method. E’ un sistema molto sensato ed efficace per sviluppare trame tese e prive di buchi… una volta o l’altra ne parleremo.

Per ora, la notizia è che ho chiesto a Randy il permesso di tradurre e postare qui alcuni articoli tratti dalla sua Advanced Fiction Writing E-zine, e la risposta è stata sì. Ciò significherà la prima serie di guest post (più o meno…) mai apparsa su questo blog nonché, cosa più rilevante, un po’ di tecnica molto tosta e tutto un altro modo di considerare scene e capitoli, descrizioni, ritmo, caratterizzazione, dialogo, subtesto… Il modo di un fisico teorico.

Prossimamente su queste pagine!

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