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Premio Speciale Della Giuria

A Stagionalia.

Un’altra volta.

Lo so, lo so…

È sempre il premio speciale della giuria*…

Ma comincio a pensare che sarà sempre così finché mi ostinerò a scrivere questo genere di cose.

Quale genere di cose, dite?

Be’, giudicate voi:

Cliff era il proprietario dell’unica agenzia funebre express del Maine.

E questo sono io.

No, non Cliff. Io sono “Cliff era il proprietario dell’unica agenzia funebre express del Maine.”

Sono un romanzo. O almeno, si suppone che lo diventi. Per il momento sono dieci parole. Se lo chiedete a me, credo che dovrei essere un racconto. A parte tutto il resto, alla velocità con cui mi sta scrivendo, sarò fortunato se arrivo a 2000 parole prima che lei abbia settant’anni. Cortino, come romanzo.

Per di più, lei non sa un bel niente di agenzie funebri, e ancora meno del Maine. Mi ha buttato giù un pomeriggio, cinque mesi fa o giù di lì, perché ha letto questa faccenda dei funerali express, che l’ha fatta sobbalzare. E cinque mesi dopo se ne sta qui a mordersi il labbro con l’aria di chi medita un assassinio.

Il mio assassinio.

Per qualche ragione, per la mancanza di feminicidi, amori difficili, abbandoni e abusi, perché non c’è nulla di più cruento che qualche giocattolo narrativo smontato**, si direbbe che io dia l’impressione di non fare sul serio. 

È come per i romanzi storici. In qualche maniera, non è serio. Non è the genuine article.

Oh be’…

Il resto de Le Morte Stagioni & La Presente, premio speciale della giuria a Stagionalia, lo potete scaricare e leggere qui.

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 * “E che titolo!” mi ha detto Davide Bregola… Già. Che titolo.

** In realtà una guerra c’è. Sullo sfondo e di ter- no, quarta mano, ma c’è. E c’è anche un certo numero di morti – data la professione di Cliff… Si vede che non basta.

Mar 25, 2013 - scribblemania    10 Comments

Il Club Delle Tre Pagine

Molti anni fa, quando ero una fanciulla con più tempo libero di quanto ne abbia ora, volevo avviare con la mia amica P. un gruppo di scrittura chiamato The Three Pages Club.

La faccenda doveva funzionare così: ogni due mesi, a turno, un membro avrebbe proposto tre regole. Tre regole di qualsiasi tipo: contenuto, forma, restrizioni, temi o elementi narrativi obbligatori, stile, registro, tono… Nel corso del mese successivo, ciascun membro avrebbe scritto un racconto della lunghezza approssimativa di tre pagine, rispettando le regole in questione. Alla fine del mese, tutti i racconti sarebbero stati caricati sull’apposito sito o blog – strettamente riservato ai membri del gruppo. Per il mese successivo si sarebbe letto, discusso e offerto critica costruttiva. Dopodiché il membro successivo avrebbe dettato le sue tre nuove regole, ricominciando daccapo il gioco. Chi dettava le regole era, per i suoi due mesi di carica, deputato a moderare la discussione. Qualora qualcuno avesse proposto una regola manifestamente impraticabile, gli altri membri avevano la possibilità di bocciarla se avessero raggiunto l’unanimità in proposito. Se fosse ammissibile o no bocciare più di una regola per tornata era ancora materia di discussione quando il progetto naufragò.

Scarse adesioni, dubbi sulla procedura, timore che un mese di tempo fosse troppo poco per scrivere, timore che un mese di tempo fosse troppo per rimanere motivati e coesi, terrore che la discussione degenerasse prima o poi in rissa…

Sinceramente mi dispiace ancora un pochino che the TPC non sia mai andato in porto. Mi attraeva la combinazione di gruppo di scrittura, possibilità di esplorare il rapporto tra vincoli e creatività, e società giocattolo.

Se avessi tempo, mi piacerebbe riprovarci. Ma d’altra parte, se avessi tempo mi piacerebbe riprendere a sciare e cavalcare, prendere lezioni di disegno, viaggiare di più, studiare il Tedesco come si deve… Suppongo che il TPC resterà nel fumoso reame delle idee irrealizzate. Però, se qualcuno di voi avesse voglia di mettere in pratica, si accomodi pure.

Magari poi fatemi sapere come è andata.

Mar 23, 2013 - scribblemania    3 Comments

In Nessun Posto, A Nessun Patto, In Nessun Modo

Non è che posti di sabato pomeriggio per divertimento.

È un momento di afflizione dopo l’ennesima campagna di ricerche a vuoto – afflizione unita al sospetto di potermi arrendere: ASfC proprio non si trova.

ASfC (titolo provvisorio, a quanto pare), è un atto unico da trenta minuti, l’equivalente teatrale di un racconto breve.

ASfC a dire il vero ha visto la luce come racconto (lunghetto) e poi, sulla via di diventare un radiodramma, ha cambiato idea ed è diventato un atto unico da trenta minuti o giù di lì. Nel mondo anglosassone c’è un mercato per questo genere di cose. Ci sono concorsi. E infatti ASfC è in Inglese.

Ed è passato attraverso una biblica quantità di revisioni, rimaneggiamenti e riscritture più o meno drastiche. Fra qualche secoletto, quando sarò una scrittrice celeberrima e defunta, il dottorando che vorrà fare la sua tesi sulla genesi di ASfC, troverà tante fasi della genesi stessa, e tante versioni del racconto, del radiodramma e del play, da compilarci un volume d’enciclopedia.

Ma tutto ciò non sta né qui né là, e il punto adesso è: dove, dove, dove diavolo è la mia ultima  stampa annotata di ASfC?

Sono dodici o quindici paginette stampate sul retro di vecchie fotocopie di atti di un convegno di medicina pediatrica, e annotate in color ocra. Molto annotate. Per un po’ di giorni, un mesetto fa, me le ero portate dietro ovunque, quelle paginette, arrotolate nella borsetta in modo da essere pronte per una sessioncina di strologamenti dovunque e quandunque capitasse. E dei risultati non ero affatto insoddisfatta.

Forse c’eravamo – quasi. Si trattava di rivedere le modifiche, ristampare il tutto un’altra volta e, se tutto andava bene e con un’ultima revisione, essere pronti per un concorsetto o due Oltremanica.

Cosa che ho rimandato ripetutamente – altre scadenze, altre impellenze, stupidità pura – e adesso che il termine incombe e che sarei pronta per occuparmene, ASfC non si trova più. In nessun posto, a nessun patto, in nessun modo.

Sono tre giorni che cerco con l’ossessiva metodicità di una talpa, e il risultato è sempre lo stesso: nulla.

Il che si deve, almeno in parte, al fatto che sono disordinatissimaa. Sono costituzionalmente incapace di rimettere alcunché dove lo avevo preso. Così appoggio quel che ho in mano sulla prima superficie disponibile – senza nemmeno preoccuparmi troppo che sia orizzontale – e carte, libri, dischi, quaderni e fogli sparsi si stratificano e stratificano e stratificano fino alla volta successiva in cui ci sono ospiti in arrivo.

E anche allora, non è che metta ordine in modo utile o ragionevole: mi limito ad afferrare tutto ciò che è in vista e non dovrebbe, e lo infilo in posti che a volte sono vagamente ragionevoli e più spesso no.

E quindi ASfC potrebbe essere dovunque in una casa che ha le dimensioni di una piccola caserma. Sempre che non sia stato gettato via inconsultamente.

E il termine si avvicina. E io ho bisogno dei miei appunti. E tutto sommato, se anche mi fossi ricordata della scadenza che ho perduto, non sarei riuscita a mandare ASfC comunque, ma non è una gran consolazione.

Prima di pranzo, c’è persino stato un momento in cui ho creduto di avere trovato. Ero così intenta a credere di aver trovato, che ho impiegato una decina di secondi a rendermi conto che non solo la storia era sbagliata, ma il colore era sbagliato, la formattazione era sbagliata, why, la lingua era sbagliata.

E quindi doom, gloom, despair.

E adesso che ho riversato la mia furia e il mio avvilimento in un post*, credo che mi farò una tazza di tè, mi ricomporrò e mi rimetterò a cercare.

Vi farò sapere come va.

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* È da mercoledì che ogni tanto mi produco in frenetici cinguettii in proposito, ma siamo arrivati al punto nulla meno di qualche centinaio di parole può fare al caso…

PBD – Sei Tipi d’Idiota

Gli idioti si lasciano sfuggire le scadenze.

Se le lasciano sfuggire mentre rincorrono altre scadenze.

Si convincono di avere tempo fino all’inizio del mese prossimo – convinzione fallace.

E così per quest’anno perdono il giro al concorso perfetto per il loro atto unico…

Gl’idioti allora si mangiano le unghie e chiamano se stessi in molti modi interessanti.

E ci postano su.

Mar 12, 2013 - scribblemania    Commenti disabilitati su PBN

PBN

O magari PBS – in cui S sta per serale – perché è inverecondamente presto per un bollettino notturno, vero?

Ad ogni modo, era solo per dire che XYZ è praticamente a posto.

Io no, io non sono a posto, io ho cominciato con la tonsillite* e adesso ho anche la tosse. Ogni volta che apro bocca, tossisco – e ogni volta che tossisco suona come un raglio. Hence, niente scuola oggi e domani, e domani niente Dickens–

Mi sa che il bollettino è deragliato un nonnulla. Tutto quel che volevo dire è che XYZ è quasi a posto.

Ecco tutto.

E adesso, for once & for a wonder, vado a dormire presto e magari finisco A Sea Of Troubles.

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* Sì, prima che lo chiediate: non ho l’età, ma d’altra parte, unlike most people, ho ancora tutte le mie tonsille. A me, quando ero piccina, hanno levato le adenoidi. Se sia stata una mossa deliberata o se abbiano solo sbagliato mira, non lo so. Per cui soffro di tonsilliti, e ne soffro spesso.

Mar 9, 2013 - scribblemania    Commenti disabilitati su PBD

PBD

XYZ è a buon punto.

“E che d’è XYZ, o Clarina?”

Er…

“È per caso un nome in codice per i Fantasmi?”

No. Non è un nome in codice per i Fantasmi.

“È magari uno qualsiasi dei tre plays su cui dovresti proprio cominciare a lavorare?”

Mi piacerebbe dire di sì, ma il fatto è che XYZ non è nessuno dei tre plays. Non è affatto un play, se è per questo.

“E dunque, o Clarina?”

Ecco… Romanzo. Concorso. Scadenza. Scadenza vicinissima. Revisione.

“Tu ti accorgi, nevvero Clarina, che tutto ciò non dice molto a favore del tuo buon senso?”

Sì. Oh sì – me ne accorgo benissimo. Ma d’altra parte si sa che non ho buon senso. Nemmeno una briciola. E dunque, invece di lavorare al mio romanzo, invece di occuparmi dei miei impegni di natura teatrale, invece di preoccuparmi della gente che aspetta i miei impegni di natura teatrale, invece di tutto ciò, sto rimaneggiando un romanzo di qualche anno fa. Lo sto rimaneggiando per una faccenda il cui termine scade tra una manciatina di giorni.

Che devo dire?

Per un’altra manciatina di giorni va così – poi sarò brava.

“Finché non capita all’orizzonte il prossimo premio/torneo/concorso per il quale ti ridurrai a men che l’ultimo minuto?”

Er…

Ma d’altra parte, bisogna pur provarci. Oltre a scrivere, bisogna pur mandare Là Fuori quel che si è scritto. E quindi quest’anno ci si prova. Quest’anno va così. Ecco. E non è come se la Vocina Tra Virgolette non avesse ragione – ma forse farà bene a tenere il fiato per raffreddare il porridge.

Mar 3, 2013 - scribblemania    2 Comments

PBN

Stamattina – un po’ sul tardi, ma pur sempre stamattina – mi sono pubblicamente riproposta di provare, for once and for a wonder, a scrivere  di giorno, anziché nel cuore della notte.

Ecco…

Il bilancio della giornata è di 498 parole e una scena finita – il che non sarebbe nemmeno malissimo di per sé, ma di quelle 498 parole 164 sono state scritte ad orari che, con qualche sforzo d’immaginazione, si possono definire diurni. Il resto, be’… Il resto no.

Ecco, non so, ma mi pare che non sia andata proprio strabenissimo, eh?

Annibale, Di Nuovo?

“Non ti andrebbe di riscrivere un po’ il Somnium?” mi domanda allegramente G.-La-Regista.

Me lo domanda così, come se niente fosse, mentre camminiamo sotto la neve dopo che ho fatto una visita a sorpresa alla compagnia.

“Perché sai, ho ripreso in mano il romanzo proprio ieri pomeriggio, e anche solo spulciando qua e là ci ho ritrovato tante cose che mi piacciono da matti, e che sono rimaste fuori dalla versione teatrale… Adesso che non abbiamo più il problema delle scuole e il limite di tempo, perché non lo riprendi in mano?”

E io non so se G. abbia ben chiaro che razza di bomba abbia sganciato, perché…

Ma cominciamo dall’inizio – e poi no, nemmeno quello. Cominciamo di lato.

Se avete mai presentato un libro, o se avete mai avuto la ventura di lasciarvi scappare che scrivete, odds are che qualcuno prima o poi vi abbia chiesto quanto impiegate a scrivere un libro. Quanto meno, a me capita tutto il tempo, e rispondere a proposito del Somnium Hannibalis può essere divertente o imbarazzante, a seconda dell’interlocutore. Perché l’ineludibile verità è che a scrivere SH ho impiegato più o meno vent’anni.

E adesso sì che cominciamo dall’inizio, e dalla Clarina sedicenne che, dopo avere divorato tutto il G.B. Shaw della ben fornita libreria di casa, decide di provarci e scrive a matita su fogli gialli a quadretti… Annibale – dramma storico in un prologo, tre atti e un epilogo.

Sì, davvero. E no, non ridete. Oppure ridete pure – a distanza di vent’anni e rotti ci rido anch’io, e all’epoca mio padre non finiva di divertircisi. Io però lo prendevo molto sul serio. E lo finii, sapete? Fu la prima cosa più lunga di un raccontino che finii sul serio.

Che dire? Se davvero l’imitazione è la forma più sincera di adulazione, lo spirito di Shaw aveva di che sentirsi molto lusingato. E da qualche parte devo averli ancora, i foglietti gialli a quadretti con il mio primo dramma scritto a matita. Quel che ricordo con vera felicità di quella stesura è che ero capace di lavoraci, in piena concentrazione, nel bel mezzo di qualsiasi grado di casino. E adesso smetto di sdilinquirmici, ma abbiate pazienza: è un bel ricordo.

Poi, in sporadici e successivi sussulti di buon senso, eliminai l’epilogo. E poi il prologo. E poi un atto. E poi un altro. Arrivando a Pavia da matricoletta, mi portai dietro un atto unico. Ed era ancora un atto unico quando partii per Cardiff – solo che era stato trascritto su foglietti azzurri. Sempre a quadretti. E si svolgeva tutto la sera dopo la battaglia di Canne.

Maarbale, e la vittoria, e nimini dii nimirum dederunt, e perché diavolo dopo Canne non aveva attaccato Roma? Perché il punto era quello: sapevo bene che c’erano tutte le buone e solide ragioni strategiche del mondo per non cacciarsi ad assediare una città murata in territorio ostile, eppure l’idea che la tentazione dovesse pur essersi presentata, e poi nulla, mi dava i brividini alla schiena.

Avete presente quando sapete, proprio sapete con assoluta certezza di avere una buona idea per le mani – solo che sappiate darle la forma giusta? Ecco, così. Peccato che la forma giusta continuasse a sfuggirmi. Ho perso il conto delle stesure di quell’atto unico. Ho anche quelle, da qualche parte. Foglietti azzurri in una copertina ad anelli azzurra, pieni di cancellature e correzioni. Sapevo quel che volevo, solo che non riuscivo a dargli la forma che avevo in mente.

E immaginatevi gli anni che passano, le stagioni che si succedono e la Clarina che, tra Cardiff, Pavia, la Vandea e Londra, decide che forse dopo tutto la sua strada non è il teatro, ma il romanzo storico. Fast forward un certo numero di anni, mentre scrivo tutt’altro, eppure, eppure… Annibale resta sempre lì, tra le quinte, in attesa che mi decida a farne qualcosa.

Ma in realtà nel frattempo è diventato difficile. Non che sia mai terribilmente facile, ma Annibale è peggio della media. Se non fosse buffo, direi quasi che non riesco ad essere debitamente lucida…

Finché, dopo due volumi di Vandea e il Rinascimento mantovano, dopo la Francia seicentesca e Costantinopoli moribonda, ecco che arriva la folgorazione: Annibale, sì, ma in forma di romanzo. E comincio a strologarci su, e prendo… come chiamarla? Una deviazione? Immagino di sì. Una consistente deviazione: un metaromanzo su… er, gente che non scrive su Annibale. 

I know, I know... Eppure anche quello aiuta. Mentre scrivo di gente che esplora l’idea da vari punti di vista e poi rinuncia per un motivo o per l’altro, in qualche modo mi convinco. Prima di tutto, mi convinco a leggere e studiare di più in proposito, perché a teatro non c’è davvero bisogno di ricostruire minutamente un mondo – basta suggerirlo – ma un romanzo è un’altra faccenda. 

E così si legge in abbondanza e in varie lingue, ci si documenta e si strologa, e si scoprono varie cose. Come la vecchiaia passata presso Re Antioco, ospite di lusso, pericoloso e inascoltato. O come il probabilmente apocrifo episodio del giavellotto scagliato dentro le mura prima di allontanarsi per sempre da Roma… Apocrifo finché si vuole, ma indicibilmente bello.

E allora…

Ma no, che diavolo. È tardi, devo precipitarmi al seggio, da brava piccola segretaria. Mi perdonate se per oggi mi fermo qui?

Ci sarà una seconda puntata di questa storia: giungerà la nostra eroina alla conclusione di riscrivere il Somnium? Staremo a vedere. 

Staremo a vedere tutti, credetemi…

Feb 14, 2013 - scribblemania    Commenti disabilitati su Piccolo Bollettino Notturno

Piccolo Bollettino Notturno

Cinquecentosettantuno.

E mancherebbe solo un centinaio di parole al primo specchio – ma me le tengo per domani.

Feb 13, 2013 - scribblemania    Commenti disabilitati su Piccolo Bollettino Notturno

Piccolo Bollettino Notturno

E no, non è che 213 parole siano un gran progresso, ma:

I. Sono le prime duecentotredici parole da qualche giorno a questa parte, per cui è tutta glassa. E poi…

II. Erano duecentotredici parole piuttosto intense. Credo che trovandosi in un posto buio e freddo, e con la prospettiva di restarci più o meno indefinitamente, per il calore del fuoco si possa avere una nostalgia davvero feroce, don’t you think?

E, a parte questo, qualcosa- qualcosa è sul punto di succedere…

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