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E Il Pescatore Alla Sua Ninfa

john donne, the bait, christopher marlowe, walter raleighC’è gente da cui magari non te lo aspetti, perché per la maggior parte del tempo te ne parlano come de IL poeta metafisico, autore di poesia religiosa, sermoni, elegie, difese del suicidio, traduzioni dal Latino, epigrammi et multa caetera – tutta roba seria. E per di più, ti dicono, è un criptocattolico che poi diventa sacerdote anglicano. Oppure forse un pochino potresti aspettartelo, perché in realtà, tra una roba seria e l’altra, questa gente ha scritto carretate di satire, canzoni e poesia d’amore a forte carica erotica – solo che questo a scuola non te l’hanno mai detto.

Per cui sì, forse te lo potresti anche aspettare, ma resta il fatto che il nome di questa gente è legato a tutt’altro – ai suicidi, e ai Gesuiti, e a nessun uomo è un’isola, e a per chi suona la campana… non certo agli idilli ittico-pastorali.

Per cui è con un certo divertimento che scopri un’ulteriore – ed acquatica – risposta al pastorello marloviano e alla ninfa di Rale(i)gh, ad opera del metafisico reverendo John Donne*:

The Bait

Come live with me, and be my love,
And we will some new pleasures prove
Of golden sands, and crystal brooks,
With silken lines, and silver hooks.

 

There will the river whispering run
Warm’d by thy eyes, more than the sun;
And there the ‘enamour’d fish will stay,
Begging themselves they may betray.

 

When thou wilt swim in that live bath,
Each fish, which every channel hath,
Will amorously to thee swim,
Gladder to catch thee, than thou him.

 

If thou, to be so seen, be’st loth,
By sun or moon, thou dark’nest both,
And if myself have leave to see,
I need not their light having thee.

 

Let others freeze with angling reeds,
And cut their legs with shells and weeds,
Or treacherously poor fish beset,
With strangling snare, or windowy net.

 

Let coarse bold hands from slimy nest
The bedded fish in banks out-wrest;
Or curious traitors, sleeve-silk flies,
Bewitch poor fishes’ wand’ring eyes.

 

For thee, thou need’st no such deceit,
For thou thyself art thine own bait:
That fish, that is not catch’d thereby,
Alas, is wiser far than I.
 
Come al solito, vi tocca la mia traduzione al volo:
 
L’Esca

Vieni a vivere con me e sii l’amor mio,
E proverem  delle delizie nuove
Di sabbie d’oro e rivi di cristallo;
Lenze di seta e begli ami d’argento.

E là sussurrerà scorrendo il fiume,
Caldo degli occhi tuoi ancor più che del sole;
E là dimoreran rapiti i pesci,
Di potersi tradire supplicando.

Quando ti bagnerai  in quell’acqua viva,
Ogni pesce per ogni liquida via
Ti raggiungerà nuotando amoroso,
Più lieto di trovarti che tu di pescar lui.

Se sei ritrosa d’esser vista
Da sole o luna, entrambi oscura,
Che, se ho licenza di guardare,
Ho te e non voglio la lor luce.

Stian altri al freddo con le canne da pesca,
A ferirsi con conchiglie ed alghe,
O a far la posta a tradimento ai pesci,
Strozzarli nelle trappole, acchiapparli nelle reti,

Con mani rudi, dai nidi fangosi
A strappare i pesci ascosi sotto riva;
O con le mosche di seta traditrici,
Ad ammaliare i pesci sventurati.

Ma tu, di tale inganno tu non hai bisogno,
Chè tu, tu stessa la tua esca sei,
E dal pesce che così sfugge alla cattura,
Di me è assai più saggio, ahimè.
 

Verrebbe da dire che i pescatorelli siano più… er, pratici dei pastorelli, vero? E di sicuro non fanno promesse di lungo periodo. Mi piacerebbe veder rispondere la ninfa… Chissà se anche Donne ha avuto il suo Rale(i)gh? 

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* Sì, ok: il ritratto è di prima che diventasse reverendo e metafisico.

Spettri, Diavoli E Magie

Vi ricordate di Elizabethan Metaphysicks, il video tratto da Magickal Realism di Alistair Gentry?

Se non ve ne ricordate, dategli un’occhiatina. Sono solo due minuti e tre quarti.

Fatto?

Bene.

Allora magari sotto il post in questione avete letto anche questo commento di S.:

Splendido! All’inizio però c’è un’immagine da un testo di geometria, con tanto di formule. Essendo io un matematico di professione, mi sento inquieto: devo considerarmi affine a spettri, diavoli e magie?

E io ho risposto che era una buona domanda, e che ne avremmo riparlato. E adesso ne riparliamo. E la risposta, o S. è che, se tu fossi stato un matematico alla fine del XVI Secolo, avresti potuto considerare i tuoi studi affini a spettri, diavoli e magie. Quanto meno a magie. E di certo un buon numero dei tuoi contemporanei e varie autorità religiose l’avrebbero pensata così – con possibili conseguenze in vari gradi di pericolosità.

Ma probabilmente lo avresti pensato anche tu.

Mi viene in mente, per prima cosa, Ian Mortimer, che in The Time Traveler’s Guide To Elizabethan England lo spiega molto bene:

Proprio l’idea che tutto sia possibile consente tanta apertura mentale nei confronti della sperimentazione. Si esplorano i fenomeni superstiziosi nella convinzione di investigare il mondo reale. Se non si fa distinzione tra verità scientifica e credenze superstizione, non è irrazionale investigare ogni fenomeno cose se potesse essere scientificamente vero.*

john dee,thomas harriot,christopher marlowe,ian mortimer,alistair gentryQuando il Doctor Faustus di Marlowe entra in scena passando in rassegna le branche della conoscenza alla ricerca di un campo su cui esercitare le sue notevoli qualità, elenca nell’ordine la filosofia, la medicina, il diritto, la teologia – e poi la magia. Vero, la magia non è disciplina universitaria, ed è decisamente più pericolosa delle altre, come non noteranno di fargli notare gli altri eruditi che metterà a parte delle sue intenzioni. Ma questa gente cauta non obbietta alla natura dei nuovi studi del Dottore, bensì alla loro pericolosità. Il problema non è che i contatti con il diavolo siano un’idea ridicola, bensì che siano una faccenda praticabile e pericolosissima. john dee,thomas harriot,christopher marlowe,ian mortimer,alistair gentry

Ma senza bisogno di cercare su un palcoscenico, John Dee è un matematico e astronomo di tutto rispetto, docente di algebra euclidea alla Sorbona a vent’anni, conteso dalle università del Continente – ma ciò non gl’impedisce una carriera parallela di (regio) astrologo e negromante, né decenni di sforzi per comunicare con gli angeli**.

Dopodiché ci sono piccoli problemi di sicurezza personale, come il fatto che fuori d’Inghilterra le pratiche magiche sono materia per l’Inquisizione, e in Inghilterra sono tradimento – ma d’altra parte, per semplificare, diciamo che entrambi i tipi di autorità diffidano abbondantemente di ogni tentativo di indagare oltre la versione della verità stabilita dalle Scritture.

Per dire, Galileo. O la lista di accuse di blasfemia redatta per Marlowe, che comprendeva, senza particolare distinzione di gravità, l’evocazione del diavolo nei boschi in quel di Cambridge e un tentativo di cronologia pre-biblica. E tra parentesi, la cronologia non era farina del sacco di Marlowe, ma del matematico Thomas Harriot.

Per cui, o S., credo che tu possa ritenerti un discendente ideale di questa gente che indagava la realtà cercando di sbirciare oltre le costrizioni religiose – qualche volta a rischio della reputazione e/o del collo. Il fatto che questa indagine talvolta sconfinasse in campi che adesso reputiamo eminentemente non-scientifici è dovuta alla diversa percezione di quel che è vero e possibile. 

Tutto considerato, è molto possibile che adesso non crediamo a spettri, diavoli e magie anche perché i tuoi precursori elisabettiani hanno cominciato a indagare in proposito con mentalità scientifica – mentre si occupavano di Euclide e di leggi della rifrazione.

Per cui direi che non hai ragione di sentirti inquieto.

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* Pag. 125, traduzione mia.

** Per mezzo di un medium che si rivelerà un grandioso truffatore, ma questo è un altro discorso.

E La Ninfa Al Pastore Appassionato

sir walter raleigh, marlowe, the nymph's replyC’è gente da cui non te lo aspetti, perché per tutta la vita naviga, esplora colonizza, reprime gl’Irlandesi, complotta, si fa accusare di stregoneria e d’ateismo, si tiene in casa il Galileo inglese entra ed esce dalla Torre di Londra… Oppure forse un pochino potresti aspettartelo, perché tra una spedizione in cerca di El Dorado e un tentato coup questa gente trova il tempo di scrivere poesia, corteggiar regine e rovinarsi o quasi per sposarsi in segreto – sfidando l’ira delle regine corteggiate.

Per cui sì, forse te lo potresti anche aspettare, ma resta il fatto che il nome di questa gente è legato ad altro – ai galeoni, alla Virginia, alle battaglie e alle compagnie pericolose… Non certo agl’idilli pastorali.

Per cui è sempre con un certo divertimento che leggi l’ironica – e amarognola – risposta della ninfa al pastorello marloviano – sapendo che è dell’avventuroso Sir Walter Rale(i)gh:

The Nymph’s Reply

If all the world and love were young,
And truth in every shepherd’s tongue,
These pretty pleasures might me move
To live with thee and be thy love.

Time drives the flocks from field to fold,
When rivers rage and rocks grow cold;
And Philomel becometh dumb;
The rest complain of cares to come.

The flowers do fade, and wanton fields
To wayward winter reckoning yields;
A honey tongue, a heart of gall,
Is fancy’s spring, but sorrow’s fall.

Thy gowns, thy shoes, thy bed of roses,
Thy cap, thy kirtle, and thy posies,
Soon break, soon wither, soon forgotten,
In folly ripe, in reason rotten.

Thy belt of straw and ivy buds,
Thy coral clasps and amber studs,
All these in me no means can move
To come to thee and be thy love.

But could youth last and love still breed,
Had joys no date nor age no need,
Then these delights my mind might move
To live with thee and be thy love.

Di nuovo, vi tocca la mia traduzione improvvisata. Abbiate pazienza – è così che van le cose*.


La Replica della Ninfa al Pastore Appassionato

Se il mondo e l’amore fossero giovani,
E tutti i pastori fossero sinceri,
Queste incantevoli delizie potrebbero convincermi
A vivere con te ed essere l’amor tuo.

Il tempo caccia le greggi dal pascolo,
Quando i fiumi s’ingrossano e i massi diventano freddi;
E Filomele si ammutisce;
Ed è tutto un lamento per le pene a venire.

I fiori appassiscono e l’abbondanza dei campi
Paga il conto all’inverno ostinato;
Parole docli e cuore amaro,
Amor di primavera e pena d’autunno.

I tuoi abiti, le tue scarpe, i tuoi letti di rose,
Le tue acconciature, le tue gonne e i tuoi mazzolini,
Son presto disfatti, appassiti e dimenticati,
Maturi quando si è sciocchi, e putridi quando ci si ragiona.

Nè la tua cintura di paglie ed edera,
Né i tuoi ornamenti di corallo ed ambra,
Né nulla ti tutto ciò mi convincerà
A venire con te ed esser l’amor tuo.

Ma se la gioventù potesse durare e l’amore prosperare,
Se la gioia non conoscesse data, o età o bisogno,
Allora queste delizie potrebbero convincermi
A vivere con te ed esser l’amor tuo.

Che bisogna dire? Che le ninfe hanno un animo più pratico dei pastori. Che alla scuola della notte non si confabulava soltanto di rotazione terrestre, d’alchimia e di massimi sistemi – ma ci si divertiva anche un sacco. E che queste due poesie sarebbero una delizia messe in scena insieme…

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* Ma se qualcuno avesse traduzioni da segnalarmi, sarei grata…

Il Pastore Appassionato All’Amor Suo

christopher marlowe, come live with me and be my love, san valentinoC’è gente da cui non te lo aspetti, perché per tutta la vita scrive tragedie magniloquenti e feroci, popolate di gente che aspira al potere, alla conoscenza, alla ricchezza e al generale nocumento… Oppure forse un pochino potresti aspettartelo, perché tra una scena di battaglia e una di tortura questa gente trova il tempo di piazzare un certo numero di appassionati corteggiamenti tra conquistatori e principesse, tra re e favoriti, tra dei e semidei, tra eruditi e mitologiche bellezze* – e, a latere, traduce Ovidio e scrive (e non finisce, per cause di forza maggiore) uno dei grandi poemi erotici del suo tempo.

Per cui sì, forse te lo potresti anche aspettare, ma resta il fatto che il nome di questa gente è legato ad altro – alle fiamme, alle battaglie, alle aspirazioni sovrumane, alle scene di tortura… Non certo agl’idilli pastorali.

E quindi è sempre con lieve e divertita incredulità che rileggi quella che forse è la più graziosa canzone d’amore di tutta la letteratura inglese – sapendo è che opera del fiammeggiante e truce Kit Marlowe:

The Passionate Shepherd To His Love

Come live with me and be my love,
And we will all the pleasures prove
That valleys, groves, hills, and fields,
Woods, or steepy mountain yields.

And we will sit upon rocks,
Seeing the shepherds feed their flocks,
By shallow rivers to whose falls
Melodious birds sing madrigals.

And I will make thee beds of roses
And a thousand fragrant poises,
A cap of flowers, and a kirtle
Embroidered all with leaves of myrtle;

A gown made of the finest wool
Which from our pretty lambs we pull;
Fair lined slippers for the cold,
With buckles of the purest gold;

A belt of straw and ivy buds,
With coral clasps and amber studs;
And if these pleasures may thee move,
Come live with me, and be my love.

The shepherds’s swains shall dance and sing
For thy delight each May morning:
If these delights thy mind may move,
Then live with me and be my love.

E ammetto di non avere cercato moltissimo, ma non ho trovato traccia di una traduzione pubblicata – per cui dovrete accontentarvi della mia traduzioncella impromptu – una faccenda letterale anzichenò, senza metro né rima, goffa a tratti e puramente funzionale. Magari un giorno o l’altro mi ci metterò sul serio. Per ora, abbiate pazienza:

Il Pastore Appassionato All’Amor Suo

Vieni a vivere con me e sii l’amor mio,
E proveremo tutte le delizie
Che vallate, boschetti, colli e campi,
Foreste o monti ripidi san dare.

E siederemo sui massi,
A guardare i pastori che pascolano le greggi,
Presso i ruscelli alle cui cascate
Gli uccelli canori gorgheggian madrigali.

E ti preparerò letti di rose
E mille mazzolini fragranti,
Un’acconciatura di fiori, e un vestito
Ricamato a foglie di mirto**;

E un abito della lana più fine,
Che prenderemo dai nostri begli agnellini;
Delle belle pianelle imbottite per i giorni freddi,
Con le fibbie d’oro purissimo;

E una cintura di paglia ed edera,
Ornata di corallo e d’ambra;
E se tutto questo può attirarti,
Vieni a vivere con me e sii il mio amore.

I pastorelli danzeranno e canteranno
Per deliziarti nelle mattine di maggio:
Se queste delizie possono convincerti,
Vivi con me, allora, e sii l’amor mio.

Ed essendosi domani San Valentino, eccovi il tutto cantato da Annie Lennox***:

E già che ci siamo, una versione un tantino più… period.

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* In versi che qualche volta attraversano i secoli per finire nei film, nelle scatole di cioccolatini e nell’inconsapevole corredo letterario generale. Was this the face that launched a thousand ships? chiede Faustus, ammirando la Elena che il diavolo gli ha recuperato… “Era questo il volto che lanciò mille navi?” O, come disse una volta un’attrice di mia conoscenza in un momento d’entusiasmo “il volto che gettò mille navi…”

** O di pervinca, se preferite, chè la pervinca minore è parente del mirto. Son quelle nozioni che non si sa mai – potrebbero sempre servire nella vita…

*** Non perché a SEdS abbiamo sviluppato improvvisamente una vena sentimentale – ma ci piace tanto Annie Lennox.

Apr 20, 2011 - gente che scrive, teatro    3 Comments

Di Spie, Verbi e Paranoia

Gli scrittori, sapete, son gente pittoresca.

Qualche mese fa contatto un autore americano, chiedendogli come posso procurarmi una copia del suo play biografico su Christopher Marlowe, che risulta pubblicato ma fuori commercio. Siccome non ottengo risposta alcuna, mi rivolgo allora alla Shakespeare Society of America, che a suo tempo aveva pubblicato il testo: è possibile contattare l’autore, oppure acquistare una copia in qualche modo? Non è la prima volta che lo faccio: in genere l’autore si dimostra piacevolmente stupito che qualcuno sull’altro lato della Tinozza sia interessato al suo lavoro, e come ne ho sentito parlare, e posso trovarne una copia così-e-così, e mi va, quando l’avrò letto, di dirgli che cosa me ne pare?

Questo signore qui, invece, mi cerca su Facebook, chiedendo se sono “la persona che ha conttattato la SSA per il suo Marlowe“, e se può sapere perché sono interessata.

Gli spiego di avere tentato un contatto diretto per prima cosa, e gli racconto del mio interesse per il personaggio e della mia intenzione di scrivere in proposito a mia volta…

E questo signore,  che sarà meglio lasciare innominato, mi spiega che no, non mi metterà in condizione di leggere il suo testo, perché poi non potrei fare a meno di esserne influenzata, e non vorrebbe che mi esponessi ad accuse di plagio. In fondo, si tratta di fatti storici, e c’è un limitato numero di interpretazioni che ne possono scaturire – e la sua è sua.

Replico allora che, avendo letto e studiato parecchio su Marlowe negli ultimi anni, ho fiducia nella mia capacità di produrre un’interpretazione personale e originale dei fatti in questione, thank you very much. Dininguardi, non parliamo più di leggere il suo play, ma resta il fatto che su Marlowe esistono infiniti romanzi e plays: vuole suggerire che siano tutti plagi del suo lavoro?

Questo Slightly Paranoid American Playwright dice che non sa nulla degli altri, ma il suo è basato su anni di ricerca originale e una profonda conoscenza del funzionamento dell’intelligence, avendo lui stesso lavorato per molti anni nei servizi segreti militari americani: come già detto, non potrei evitare di esserne influenzata. Se proprio voglio lavorare su Marlowe, perché non scrivo un romanzo, invece? Potrei perseguire gli aspetti personali e psicologici del personaggio, ai quali lui non è davvero interessato: non essendo un sociopatico sadico e morboso, non riesce a calarsi nella psiche di un uomo del genere – e nemmeno ci tiene. A man has to know his limitation.

Incerta se offendermi o divertirmi, ingollo i miei dubbi sul fatto che i servizi di spionaggio elisabettiani funzionassero granché come quelli contemporanei, ignoro l’implicazione che io debba essere una sociopatica sadica e morbosa e lo ringrazio molto del permesso di scrivere un romanzo. in realtà, con o senza il suo permesso, preferirei proseguire con il mio progetto, ma può stare tranquillo, perché sono molto più interessata alla psiche di Marlowe, alla sua poesia e a un possibile taglio metaletterario – senza nessuna enfasi sull’intelligence, di cui peraltro so soltanto quello che ho letto. A woman must know her limitations.

SPAP sembra essere allora colto dal dubbio di avere reagito un nonnulla inconsultamente. Devo perdonare un filo di deformazione professionale, ma il fatto è che il suo play è ora in predicato di diventare un film che verrà distribuito anche in Italia, e quindi non è un po’ strano che io me ne salti fuori proprio adesso con una richiesta del genere?

Ormai convinta di avere a che fare con uno squadrellato, auguro a SPAP ogni bene per il suo film e considero chiusa la corrispondenza.

Un paio di settimane fa, invece, SPAP si fa vivo per comunicarmi che il suo play è appena stato ripubblicato in versione Kindle. Visto che in precedenza non si era comportato troppo bene, tiene a farmelo sapere. Gli farebbe piacere conoscere la mia opinione – e naturalmente, se ho delle domande, sarà ben felice di rispondere.

Bemused and amused, leggo debitamente. E più leggo, più resto perplessa. Intanto, l’edizione Kindle è disseminata di errori di stumpa. Poi la faccenda è scritta in un Inglese pseudo-elisabettiano, improbabilmente rigido e con un uso dei verbi e delle forme di cortesia che lascia adito a molti dubbi. Tra parentesi, a cosa pensava la Shakespeare Society of America, mentre pubblicava un testo che confonde seconde e terze persone come se piovesse? Poi la caratterizzazione dei personaggi è tanto bidimensionale quanto può esserlo – ma già: SPAP non è interessato alla psiche, ricordate? Be’, mi dico, vediamo almeno i frutti della ricerca originale e dell’approfondita conoscenza delle operazioni d’intelligence… E leggo e leggo, ma l’unica cosa che mi pare scostarsi un po’ dal coro è la possibilità che Marlowe fosse più o meno il supervisore della sua cellula, e non un agente di basso rango. Ne deduco che SPAP abbia trovato qualche pezza per sostenerlo… Sia ben chiaro: a teatro potrebbe sostenerlo anche senza un’ombra di pezza, ma dove diamine è la ricerca originale?

Così gli scrivo cautamente, dicendomi incuriosita da questo specifico aspetto del play.

“Oh, quella è una tesi non documentata, basata sulla mia profonda conoscenza delle operazioni d’intelligence,” mi risponde SPAP, “E’ la logica di queste cose. Però la confessione di Kyd è autentica, sa? E ho recentemente scoperto che c’era un altro agente incaricato di sorvegliare Marlowe, un certo Baines. E questo è molto, molto interessante, se ci pensa bene: una confessione sotto tortura non sarebbe mai stata sufficiente per far arrestare Marlowe, e agli avvocati della Corona servivano prove per corroborarla.”

E qui ormai è chiaro che non  ci siamo. Spiego che la confessione di Kyd e le note di Baines sono documenti ben noti da molti anni. D’altro canto, all’epoca la tortura era considerata un mezzo d’interrogazione del tutto legittimo, e quindi trovo la sua interpretazione… singolare.

Ed ecco che SPAP comincia a sudare. All’improvviso sono diventata My dear Ms. Prezzavento: è chiaro che ho idee molto intelligenti e un’approfondita conoscenza del periodo (lo sentite il violino sullo sfondo?), ed è un piacere discutere con me. Però mi ricordo, vero, che stiamo parlando di teatro e solo di teatro? E poi lui la sua ricerca l’ha fatta in altri tempi, prima che Internet rendesse tutto facile com’è successo per la mia generazione…

E con questo siamo arrivati a ieri sera. Credete che dovrei infierire? Dovrei fargli notare che tutti i documenti in questione sono citati estesamente o riportati per intero in qualsiasi biografia degna del nome? Dovrei suggerirgli con tatto di controllare con qualche cura i suoi doth, dost, maketh e thou?

Sì, lo so, sarebbe malvagio da parte mia… magari sono vagamente sociopatica, un pochino sadica e dotata di un tocco di morbosità. E se lo sarebbe anche meritato alla grande – però è un anziano signore, e non sono sicura che non sia già destinato a una sesquipedale delusione per quel che riguarda il film… Oh be’, stiamo a vedere. Intanto, però, permettetemi: Italia 1 – USA 0.

 

Dic 9, 2010 - grilloleggente    Commenti disabilitati su Entered From The Sun – The End

Entered From The Sun – The End

Finito.

Finito e sono molto perplessa. No, non è vero: dovrei essere perplessa, perché non ho capito moltissimo. Ho capito che è stato Sir Walter Ralegh a ingaggiare Barfoot, il quale, in una bellissima serie di scene notturne concitate e sospese, va a rapporto e spiega che secondo lui a far uccidere Marlowe è stato Tom Walsingham.

Non sono sicura di aver capito se il committente di Hunnyman fosse lo stesso Tom Walsingham. Secondo Ralegh e Barfoot sì, per verificare se ci fosse modo di risalire fino a lui – ma, ripeto, non sono sicura. Ad ogni modo, Hunnyman non ha capito un bottone (men che meno l’esatta natura del servizio per cui è stato pagato). Al posto di Walsingham – sempre che sia davvero lui – non mi sentirei troppo al sicuro per non essere stata sgamata da un investigatore tanto inetto…

Non ho capito affatto la rilevanza della linea narrativa in cui il fantasma di Marlowe visita la vedova Alysoun, specialmente perché per fare svanire il fantasma stesso è bastato che Alysoun ne parlasse al Dottor Forman (senza nemmeno dirgli di chi si trattava). Fantasma timido?

Ho capito che la gente sveglia non necessariamente trionfa alla fine. Barfoot muore combattendo in Irlanda durante la campagna del conte di Essex; Alysoun, che si è fatta mettere incinta da Barfoot, si libera del povero Hunnyman, sposa convenientemente un giovane apprendista, sembra avere ottenuto tutto quel che voleva, e poi muore di peste con marito e prole. Il misterioso poeta-narratore in prima persona è morto, assassinato dagli uomini del misterioso-giovanotto-che-forse-è-Walsingham (era al servizio di Ralegh, lui, e tutta la faccenda l’ha narrata da morto). Hunnyman riprende la sua vita d’attore in una compagnia di giro particolarmente scalcinata e, parecchi anni dopo, lo troviamo installato in un maniero di campagna, scoprendo che ha sposato un’altra vedova e, alla morte di lei, ha ereditato castello e terre, su cui regna con benevolenza se non con particolare sagacia, generoso, amato da tutti, finalmente soddisfatto e del tutto dimentico di Marlowe.

Insomma, ricapitolando: la trama ha senz’altro un inizio, ma se ha un mezzo non me ne sono accorta, e la fine è solo vagamente imparentata con l’inizio; l’arco narrativo non c’è; i punti di vista sono più di quanti riesca a contarne – e neanche sempre individuabilissimi; i personaggi entrano ed escono di scena senza un briciolo di logica e agiscono per motivi non sempre comprensibili; il linguaggio è eccentrico e convoluto, con punte sperimentali ai limiti dell’azzardo sintattico; il finale non conclude la storia in modo soddisfacente, non risponde davvero alle domande sollevate all’inizio, non mostra cambiamento ed effetti del cambiamento causati dallo svolgersi della vicenda… se Garret avesse deliberatamente scritto un libro con tutte le caratteristiche che mi irritano nel profondo, non avrebbe potuto fare di meglio. Eppure…

Eppure mi è piaciuto alla follia. I want more. E per di più, voglio saperlo fare anch’io – qualunque cosa fosse. E forse, qualche volta, sono un pochino intransigente nella mia ossessione per la fabula? Ecco, tra le altre cose, Entered From The Sun mi porta ad ammettere che magari, forse -talvolta – molto raramente e appena un pochino, tanto quanto se ne potrebbe mettere sulla lama di un coltello – può anche capitare che lo sia.

Dic 2, 2010 - grilloleggente    Commenti disabilitati su Entered From The Sun – Pag. 227

Entered From The Sun – Pag. 227

Forse comincia a vedersi qualcosa, ed era ora: si comincia ad avere l’impressione  che Hunnyman e Barfoot si occupino davvero di Marlowe e della sua morte. E’ chiaro che Hunnyman non andrà molto lontano: parla con qualche attore, discute le sue magre scoperte con la Vedova Alysoun (che è sempre svariati passi avanti a lui) e si ritrova con un numero crescente di domande e ben poche risposte. Barfoot, uomo più efficace, e con connessioni migliori, consulta documenti di cancelleria, parla con Gesuiti in carcere, fa due più due. Ad ogni modo, entrambi si sono fatti un’idea della fine di Marlowe – indimostrabili congetture – e nessuno dei due crede alla storia dell’incidente nella taverna.

Qualcosa che finge di essere un chiarimento: ricordate il misterioso narratore in prima persona? Ammette di essere stato vago ed elusivo, di essersi fatto passare per un veterano per avvicinare Barfoot e adesso,bontà sua, confessa di essere in realtà un poeta a sua volta. Un poeta fallito, ridotto a fare l’intermediario in affari dubbi… e se credete che questo semplifichi alcunché le cose, lasciate che vi dica che non è così. L’unico (vago) progresso è che possiamo far coincidere il narratore in I persona con uno dei personaggi narrati in III, e domandarci quale delle due forme stia mentendo più spudoratamente.

Ma la persona che mente di più, scopre di più e ha più segreti è decisamente Alysoun e, in premio, la signora vince un capitoletto in prima persona dal suo punto di vista – forse. Perché in realtà potrebbe anche essere nel punto di vista di Hunnyman, che la ascolta raccontare in prima persona una versione molto purgata del suo incontro con Barfoot. Ad ogni modo, Alysoun è estremamente attratta dal Capitano, Alysoun consulta ripetutamente il Dottor Forman (singolare personaggio storico, parte astrologo, parte medico, parte alchimista, parte scienziato, parte ciarlatano), Alysoun è visitata nei suoi sogni dallo spirito senza requie di Marlowe, Alysoun vede molto meglio di Hunnyman la pania d’implicazioni di tutta la faccenda, Alysoun forse conserva in casa un libello eretico singolarmente pericoloso, Alysoun mente a tutti.

Ho detto di avere qualche dubbio sul punto di vista di Alysoun, ed era un eufemismo. Sto diventando come i personaggi di Garret? Può essere. In realtà potrebbe anche essere uno squarcio di III persona oggettiva che registra il menzognero monologo che la Vedova offre al povero Hunnyman per sviarlo da altri pensieri. Il povero Hunnyman sembra destinato a questo genere di cose: qualche decina di pagine più tardi c’è un altro capitolo, Quel Che Ingram Frizer Aveva Da Dire A Hunnyman, che funziona esattamente allo stesso modo. Frizer, tra parentesi, è un personaggio storico: l’assassino di Marlowe, rapidamente perdonato per legittima difesa. Ci viene lasciato supporre che Hunnyman lo interroghi, ma il capitolo è un altro monologo. Frizer parla, ostenta, si giustifica, minaccia sottilmente, rievoca, mente, versa lacrime di coccodrillo, offre un prestito, sa più di quanto Hunnyman vorrebbe, vanta le sue buone connessioni e, nel complesso, non permette a Hunnyman di dire una parola. Il tutto in una voce individuale e diversa da tutte quelle che abbiamo sentito finora. ‘Cipicchia! Ma il punto di vista di chi è? Di Frizer stesso? Di Hunnyman che ascolta, soverchiato e muto? Della cosiddetta “telecamera” che riporta solo le parole (e le eventuali azioni, ma qui non ce ne sono)? Difficile a dirsi e, a seconda dell’ottica che si sceglie, il senso della scena cambia sottilmente. Ho già detto qualche volta che considero l’iridescenza una delle più affascinanti qualità che la scrittura possa assumere?

Sempre più complesso, sempre più intricato, sempre più impossibile da abbandonare: we are in for the duration.

Nov 27, 2010 - grilloleggente, Oggi Tecnica    2 Comments

Entered From The Sun – Pag. 145

Sì, dopo tutto non l’ho piantato lì, e dopo tutto anche il Capitano Barfoot è stato incaricato da altra gente (davvero?) di indagare sulla morte di Marlowe. A differenza di Hunnyman, Barfoot non accetta per paura o per avidità, ma perché è incuriosito e per proteggere gli interessi della sua famiglia. Tra parentesi, è vieppiù chiaro che Hunnyman è un caso senza speranza: un buon ragazzo che si crede molto più astuto e più cinico di quanto sia, alla completa mercé sia della vedova che del suo misterioso datore di lavoro – chiamiamolo Tom, per il momento. I have a fondness per Tom Walsingham, anche se forse nel 1597 non sarebbe stato considerato così giovane da descriverlo sempre come “un giovanotto”. E chiunque egli sia, il suo giudizio in fatto di investigatori è suscettibile di dibattito…

Ma non è di questo che volevo parlare.

Quello che mi fa diventare matta in questo libro sono i punti di vista. Tutto è cominciato con una narrazione in III persona a punti di vista alternati: Hunnyman, poi Barfoot, poi Hunnyman, occasionalmente Alysoun… salvo che poi ogni tanto s’infila altra gente, come un misterioso narratore in I persona che all’inizio si è presentato come “nulla più che un fantasma”, poi ha cominciato a sconfinare nei capitoli di Barfoot, e io credevo che fosse uno sporadico intervento autoriale, ma adesso sono sicura che non è così. Costui salta fuori ogni tanto come un pupazzo a molla, fa considerazioni e digressioni, moraleggia e ipotizza, si rivolge al lettore – why, in almeno un’occasione, per un po’, identifica il lettore con Barfoot… E quando il discorso si fa indiretto, a volte sembra essere lui che ascoltiamo.

Un fantasma… che sia Marlowe? Ma no: da un lato, l’autore ha descritto tutti i personaggi come fantasmi; dall’altro il narratore in I persona (che non è l’autore) ha elencato i personaggi comprendendo sé stesso e Marlowe (che in questa storia non avrà molto da dire per sé) come entità distinte. Ossignor!

A scuola c’insegnano a limitare funzionalmente i punti di vista. Ad essere molto cauti nel mescolare I e III persona (e ad evitare la II come la peste); ad essere coerenti nei tempi verbali; e soprattutto a non confondere il lettore – mai – e a non permettere che la scrittura abbia il sopravvento sulla storia. Ebbene, con Garret non ho mai la più pallida idea di chi parlerà nella pagina successiva – e ho smesso di considerare significativi i titoli dei capitoli), mi trovo chiamata in causa come in conversazione nei momenti più inaspettati, vengo sbalzata continuamente dall’immediatezza colloquiale del presente al distacco apparente del passato remoto, dal discorso diretto (come usa nei romanzi) al discorso indiretto caricato di ulteriori strati di significato, mi ritrovo a sbirciare le lettere di Barfoot per suo fratello, e per di più mancano deliberatamente un sacco di pronomi.

Sono confusa? Un pochino, a volte, ma non tanto quanto mi pare che dovrei esserlo nelle circostanze. Noto troppo la scrittura? La noto di sicuro, ma con golosa delizia. Il notarla mi trascina fuori dalla storia? No, accidenti, no! In qualche misterioso, alchemico, invidiabile modo, questa scrittura fa parte della storia, o forse è la storia… o quanto meno, è congegnata in modo tale da non farmi notare l’allarmante particolare che la storia in realtà non c’è.

Perché siamo, per l’appunto, a pagina 145 e non è ancora successo un bottone. O almeno pochi bottoni. A parte il fatto che Hunnyman spera di sistemarsi con la vedova e Barfoot aiuta segretamente i missionari gesuiti, ci sono le due indagini, ed è vieppiù evidente che, se qualcuno può scoprire qualcosa, quello è Barfoot, che sa come muoversi per le cancellerie, ungere le ruote giuste (o pizzicarle con la punta di un coltello), dissotterrare informazioni dai posti più improbabili. A parte questo, zero. In circostanze normali sarei furibonda e avrei già abbandonato la lettura. E’ chiaro che la scrittura iridescente, imprevedibile e densa di Garret non è una circostanza normale.

E non solo voglio continuare a leggere: voglio provare a fare altrettanto, cribbio!

Nov 23, 2010 - grilloleggente    Commenti disabilitati su Entered From The Sun – Pag. 87

Entered From The Sun – Pag. 87

E’ dai tempi dell’Eleganza del Riccio che non faccio un diario di lettura, così ho pensato…

Stavolta Entered From The Sun, di George Garret, un tempo poeta laureato della Virginia, nonché prolifico romanziere. Non ho mai letto nulla di suo, prima. Ho comprato questo romanzo perché: a) parla di Marlowe; b) il titolo è una citazione di Emily Dickinson; c) ne ho trovato solo due recensioni, una schifata e una estatica – ce n’era più che a sufficienza per decidermi.

La mia copia, prima di essere mia, apparteneva a una biblioteca di Dayton, nell’Ohio. Sì: dismesso da una biblioteca, e allora? Capita e non vuol dire granché. Le pagine non hanno un’aria sfogliatissima, ma la costa della rilegatura rigida è malridotta, come se qualcuno avesse letto il libro piegandolo per tenerlo con una mano sola. Un po’ un’impresa, perché Entered From The Sun è pesantuccio anzichenò – ma, a mio modestissimo e privato avviso, una tendinite è un castigo molto mite per la gente che tratta i libri (specie altrui) in questo modo.  

Alla fine del saluto dell’autore ero conquistata. “Abbiate pazienza con me, fantasmi – e benediteci tutti, vecchi amici ritrovati. Parlate con me. Parlate attraverso di me. Parlate a noi.” Mi piace.

Una rapida occhiata rivela che mi aspetta una serie di capitoli di lunghezza variabile, ciascuno con il suo titolo descrittivo. Come tutto ha inizio per Joseph Hunnyman. Entra il Capitano Barfoot. Attore e Soldato. Hunnyman Sotto Esame. Consideriamo il Capitano Barfoot. Eccetera. Mi piace che ogni capitolo abbia un titolo.

L’incipit è fantastico: punto di vista di Hunnyman, si alza da tavola ridendo, rapida e vividissima descrizione (colori, luci, odori, temperatura…), poi esce dalla taverna ed è… be’, non c’è altra parola: rapito. Uh!

Segue colloquio con misterioso giovanotto che commissiona al nostro Hunnyman delle indagini segrete sulla morte di Marlowe, il poeta, assassinato. Sono passati degli anni, tutti sanno cos’è successo, e che cosa può fare un povero attore senza ingaggio… Il giovanotto sconosciuto ha risposte per tutto – oltre a due scagnozzi armati fino ai denti e una borsa di denaro. Hunnyman – giovane, bello, vanesio, non particolarmente coraggioso, non eccessivamente onesto, scaltro e incauto al tempo stesso, infondatamente speranzoso, non sa troppo bene come rifiutare. E poi c’è William Barfoot è tutt’altro genere di uomo: gentiluomo, soldato veterano, cattolico segreto, caritatevole, violento, spregiudicato e sottile. So dalla quarta di copertina che anche Barfoot verrà incaricato di indagare sulla fine di Marlowe, ma finora di questo non si vede traccia.

Poi entrerà in scena la bella vedova Alysoun, amante di Hunnyman: manipolatrice, calcolatrice, fredda, ambiziosa, intelligente…

Peccato che a questo punto la lettura sia diventata un po’ laboriosa. Lo stile è notevole, la voce è molto personale e molto elisabettiana al tempo stesso… no, non davvero elisabettiana, ma un’eco convincente nel lessico, nelle costruzioni e nella forma mentis. Tutto molto bello, ma le costruzioni convolute o bizzarre, il continuo passaggio dal presente al passato e viceversa, l’alternarsi di dialogo diretto e indiretto e un’abbondanza di digressioni non aiutano.

Faticosetto – il che non mi ha impedito di leggerne un’ottantina abbondante di pagine prima di rendermi conto che, dopo l’incipit fulminante, non era più successo niente. Oh sì, so un sacco di cose su Hunnyman, adesso, e so che Barfoot ha dei segreti, e ho scarsa simpatia per la vedova, e non ho ancora capito chi siano i committenti delle due indagini. Che sia Tom Walsingham il giovanotto misterioso? A pagina 85 mi sono imbattuta in un capitolino intitolato “Complicazioni Del Tempo Presente: Abbigliamento”, costituito da una serie di citazioni di documenti dell’epoca in fatto di abbigliamento, appunto – e lì mi sono arresa. O quanto meno sono stata tirata fuori dalla storia abbastanza da restarne fuori.

Sono incuriosita, leggermente irritata, un po’ frastornata e forse solidarizzo un po’ di più col recensore scontento. Non so se ho davvero voglia di leggere altre centocinquanta e rotte pagine di questo. Anche se, anche se… Stiamo a vedere.

 

Ott 22, 2010 - pennivendolerie, teatro    2 Comments

Finalista a Per Voce Sola

Domani. Domani i piccoli mercanti, i connestabili, le balie, gli apprendisti, gli stallieri, le verduraie del mercato decidono il destino di Tamerlano. La gente che paga un penny, la gente mal lavata che viene a teatro con le salsicce nel cartoccio. Non è una beffa? Non è questo che sognavo a Cambridge, mentre scrivevo – anche se sa il diavolo che cosa sognassi…

E’ una notte di maggio del 1587, a Londra. Domani, nel cortile di una locanda dietro la Cattedrale di San Paolo, gli attori della Compagnia dell’Ammiraglio debutteranno con Tamerlano, la tragedia diversa da tutte le altre, destinata a cambiare per sempre la storia del teatro inglese.

Kit Marlowe, poeta, scavezzacollo e spia, ha solo ventuno anni, è nei guai con le autorità universitarie a Cambridge (e forse anche con la Corona) e tutti continuano a dirgli che il capriccio del pubblico è imprevedibile. Kit sa che il suo Tamerlano è poesia senza precedenti – ma basterà a dargli la gloria che sogna e la sicurezza di cui avrebbe bisogno? Perché nella Londra elisabettiana un debutto teatrale può essere questione di vita o di morte… PerVoceSola.jpg

Credo è un monologo teatrale che dà voce al più grande drammaturgo elisabettiano insieme a Shakespeare, alle sue visioni, alle sue paure, alla sua sete di arte, conoscenza e bellezza.

Credo è anche finalista all’edizione 2010 di Per Voce Sola, premio per monologhi teatrali.

Wish me luck!

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