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Mag 27, 2016 - libri, libri e libri, romanzo storico, Shakeloviana, Shakespeare Year, teatro    Commenti disabilitati su Liste, Pagine, Letture…

Liste, Pagine, Letture…

ShakelovianaVi ricordate di Shakeloviana?

Romanzi, teatro, cinema, radio… A est della Manica fatichiamo a immaginare la quantità di storie che il mondo anglosassone ha dedicato all’uno e all’altro. E non è soltanto una questione di quantità, ma anche di selvaggia varietà: romanzi storici in senso stretto, ça va sans dire, ma anche gialli, ucronie, rinarrazioni, fantasy, spionaggio, metateatro, storie di fantasmi, la Questione del Vero Autore, l’omicidio a Deptford…

A patto che ci fossero in scena Marlowe e/o Shakespeare, andava bene, giusto?

Da un certo numero di anni vado a caccia di queste cose – e poi ci posto su. Molto di questo lavoro (such hardships!) risale al 2014 – anno di Shakespeare & Marlowe – ma poi mi sono detta: perché non continuare? E, già che ci siamo, perché non dedicare alla faccenda una pagina accessibile dalla colonna qui a destra? Da tempo mi proponevo di farlo, e adesso, con l’Anno Shakespeariano, è arrivato il momento.

E sì, il festeggiato deve dividere la lista con Kit Marlowe – ma mettiamola così: nel 2093 Shakespeare si prenderà la sua rivincita.

Per ora, la pagina si trova qui.

Mag 11, 2016 - Shakespeare Year, Storia&storie, teatro    Commenti disabilitati su La Dura Vita del Teatrante Elisabettiano

La Dura Vita del Teatrante Elisabettiano

fortune.jpgOra, se c’è una forma artistica per cui l’Inghilterra elisabettiana è più nota di altre, è senz’altro il teatro, il che è quasi paradossale quando si considera la posizione di teatro e teatranti nella società dell’epoca.

Da un lato vigeva un ostracismo sociale alquanto rigido: il teatro era considerato immorale, e teoricamente confinato al di fuori dagli spazi cittadini. La maggior parte degli attori e autori abitava fuori dalle mura di Londra propriamente detta e, se le locande e i palazzi che ospitavano le rappresentazioni si trovavano spesso dentro la città, i primi teatri costruiti appositamente per l’uso delle compagnie (come il Theatre, il Curtain e il Rose) sorsero a Norton Folgate o a Southwark, dove erano facilmente raggiungibili e, al tempo stesso, fuori dalla giurisdizione delle autorità cittadine londinesi. Non aiutava particolarmente che il teatro fosse spesso connesso ad altre attività ritenute fonte di corruzione: Philip Henslowe, uno dei più celebri impresari del tempo, si occupava abbondantemente di combattimenti di orsi e galli, e possedeva diversi bordelli. Tra le varie carriere connesse con il teatro, quella di attore seguiva le regole dell’apprendistato, pur senza averne la struttura formale: i ragazzi cominciavano giovanissimi, nelle compagnie di bambini, oppure sotto la guida di un attore adulto, svolgendo mansioni di servi di scena e interpretando comparse e ruoli femminili. L’idea che un bambini e adolescenti apparissero in scena in abiti da donna era considerata malsana e, tanto per cambiare, immorale.

Si tende a credere che attori e scrittori fossero gente violenta e sregolata, ma almeno questo è un globe.jpgpregiudizio che può essere ridimensionato. È vero che Ben Jonson e Thomas Watson uccisero un uomo ciascuno, che Marlowe morì accoltellato in circostanze dubbie, che Greene fu più volte arrestato per rissa, ma stiamo parlando di un’epoca violenta e con un tasso di criminalità stratosferico: francamente non credo che i playwrights fossero molto più sregolati di molti loro contemporanei – di certo erano personaggi pubblici, e mai in una luce favorevole.

Tutto considerato, non fa meraviglia che scrivere per il teatro fosse considerata una degradazione per un uomo di lettere – ciò che non impedì a tutta una generazione di poeti usciti da Oxford e Cambridge di darsi alla drammaturgia con straordinario successo. Era una carriera malcerta nella migliore delle ipotesi, tuttavia: i diritti d’autore non esistevano, e lo scrittore perdeva qualsiasi controllo sulla sua opera nel momento in cui la vendeva a una compagnia – di solito per cifre non astronomiche. Per il Tamerlano, Marlowe ricevette quattro sterline e mezzo all’acquisto, e poi i proventi della seconda giornata (poco meno di quattro sterline). Era una volta e mezzo l’appannaggio annuo di un parroco di campagna, ma la scala di valutazione cambia quando si considera che la Compagnia dell’Ammiraglio, che comprò il Tamerlano, poteva spendere quattro o cinque sterline per un singolo costume femminile. Inoltre i guadagni restavano sempre aleatori, perché il gusto della folla era mutevole, e il Master of Revels, il funzionario regio preposto alla supervisione degl’intrattenimenti, il Lord Mayor e il Privy Council potevano chiudere i teatri in ogni momento per qualsiasi motivo di ordine pubblico. Durante queste sospensioni, che potevano durare mesi, le compagnie, pur relativamente tutelate dal fatto di “appartenere” al loro mecenate (di cui gli attori ufficialmente portavano la livrea), non avevano altra scelta che andarsene a recitare nelle provincie. Quel che è certo è che in questi periodi non compravano testi nuovi, e gli autori erano lasciati ad arrangiarsi come meglio potevano.

inn-yard.jpgSi può dire che nessun playwright dell’epoca vivesse di solo teatro. Tutti scrivevano poesie, saggi, libelli e qualsiasi cosa potessero vendere o dedicare a qualche danaroso mecenate, e molti avevano una seconda carriera: Shakespeare e Ben Jonson recitavano nelle rispettive compagnie, Thomas Kyd faceva lo scrivano, Robert Greene era un libellista particolarmente velenoso (e comunque morì in miseria), Beaumont era avvocato (oltre che ricco di famiglia e poi sposato a una donna ricca), Marlowe, Watson, Nashe e altri lavoravano più o meno saltuariamente per il servizio segreto di Sir Francis Walsingham. Nel complesso, arricchirsi era più facile per un attore che per un autore: Edward Alleyn, stella delle scene londinesi per decenni, morì ricchissimo dopo avere fondato persino un collegio. Shakespeare si arricchì perché era azionista della sua compagnia – e perché aveva un solido senso degli affari.

Dall’altra parte c’era però la frenetica passione che tutta Londra dedicava al teatro, a partire dalla Regina fino ai popolani che pagavano un penny per assistere in piedi, mangiando salsicce e ululando il swan.jpgloro favore o sfavore. Era di moda tra i grandi cortigiani finanziare una compagnia che portava il loro nome (The Admiral’s Men, The Chamberlain’s Men…), ed Elisabetta stessa portò l’uso nella famiglia reale (The Queen’s Men). Va detto che l’augusta protezione non si estendeva praticamente mai all’autore, cui in compenso non era difficile crearsi nemici potenti scrivendo le cose sbagliate. La Grande Bess condivideva il gusto non eccessivamente raffinato dei suoi sudditi: a teatro le piaceva ridere, e Tarlton, il buffone della sua compagnia personale, era celebre per la quantità di scurrili licenze che poteva prendersi davanti alla sua sovrana. Le cosiddette burle (improvvisazioni in prosa, generalmente trivialucce anzichenò) erano moneta corrente persino nelle tragedie più truci o e nei drammi più lacrimevoli. Quando volle che il suo Tamerlano fosse rappresentato senza burle, Marlowe creò sensazione; il fatto che Ned Alleyn, il giovane ma già celebre primattore dell’Ammiraglio, fosse disposto a rinunciare a un elemento di sicura presa sul pubblico la dice lunga sull’impatto del genio di Marlowe e sull’acume di Alleyn.

Resta il fatto che, se avesse voluto, Ned Alleyn avrebbe potuto ignorare del tutto le intenzioni di Marlowe: aveva comprato la tragedia e poteva farne quello che voleva; per di più, i teatri pullulavano sempre di copisti che cercavano di trascrivere quello che potevano del testo, che veniva poi stampato in versioni fantasiose, e venduto senza che l’autore potesse metterci becco o riceverne un singolo penny.

Insomma, considerando l’ostracismo sociale, i guadagni moderati e non troppo sicuri, lo scarso riconoscimento e le molte difficoltà, viene da chiedersi che cosa motivasse le schiere di autori teatrali tra il tardo Cinquecento e il primo Seicento. Se dovessi fare un’ipotesi direi sete di gloria – per effimera che fosse – e l’eccitazione della vita teatrale, e un buon livello di pragmatismo… Ma di certo doveva esserci anche una sincera passione per la loro arte e per l’incandescenza artistica e umana di un teatro in fieri.

Dic 18, 2015 - gente che scrive, Storia&storie, teatro    Commenti disabilitati su Revisioni in Corsa

Revisioni in Corsa

dumas-william-henry-powellAdoro quelle storie dietro-le-quinte in cui gli autori modificano i loro drammi dopo il primo contatto con il pubblico – per lo più in risposta alla reazione del pubblico stesso, ma qualche volta… be’, perché hanno cambiato idea. Le adoro almeno al pari – e in almeno un caso persino di più – delle opere di cui parlano.

Per esempio, c’è questa storia di Alexandre Dumas Père che, dopo la prima del suo dramma storico Christine, fece le ore piccole insieme ai suoi amici Victor Hugo e Alfred the Vigny, per riscrivere qualche centinaio di versi che erano parsi un po’ legnosi. Viene da chiedersi quanto sia piaciuto agli attori dover mandare a memoria “qualche centinaio di versi”  tra il debutto e la prima replica – ma l’idea di questi giovani scrittori che collaborano febbrilmente per tutta una nottata primaverile è meravigliosa. Dalle due alle sei del mattino, dice l’aneddoto. Che nottata per il Romanticismo francese! FeliceCavallotti

Poi c’è Cavallotti – di cui abbiamo parlato a proposito di Agnese e Nulla Più. Cavallotti vendette la sua agnese ad Alamanno Morelli, celebre capocomico, che la fece debuttare a Roma. E il pubblico apprezzò moltissimo fino al quarto atto – e poi diventò freddino… E questo continuava a succedere rappresentazione dopo rappresentazione… Nondimeno, Morelli portò l’Agnese a Firenze, e poi a Torino, e la Freddezza da Quart’Atto continuò a prodursi, e ci vollero mesi prima che a qualcuno venisse in mente di consultarsi con l’autore. Cavallotti seguì a una rappresentazione, osservò il bizzarro fenomeno e fece una cosa molto sensata: chiese lumi a qualche membro del pubblico. E soprattutto le signore espressero la loro disapprovazione nei confronti di una scena che pareva loro “troppo violenta.” Avendo letto la tragedia nella versione originale, posso dire che a noi cinici del XXI Secolo sembra tutto molto blando – ma è chiaro che nel 1873 l’effetto era diverso. Cavallotti, uomo saggio, potò la scena -e l’Agnese continuò in scena con gran successo.

schillerIl caso del Don Karlos è un pochino diverso, visto che Schiller cambiò idea ben prima che il dramma arrivasse in scena – ma dopo che il primo paio d’atti era stato pubblicato (con gran successo e non poco scandalo) sul Deutsche Merkur. Solo allora A Schiller venne in mente di leggersi un po’ di storia spagnola* – e scoprì che non solo aveva fatto un gran pasticcio storico, ma anche che Re Filippo era un personaggio molto più complesso e interessante del Carletto eponimo. Peccato che quel che era già stato pubblicato non si potesse più cambiare… E così Schiller fece un’inversione di marcia là dove era arrivato e, quando si legge il Don Karlos per intero, si vede perfettamente il punto in cui l’autore cambiò idea, levò la scena al povero Karlos e concentrò il dramma sul Re e su Rodrigo di Posa, l’amico fittizio di Karlos. Marlowe

E che dire dell’unica pagina manoscritta del Massacro a Parigi arrivata fino a noi – forse** autografa di Marlowe – che contiene una versione del monologo di Guisa più lunga di quella che si vede nell’unica (e dubbia) pubblicazione in octavo sopravvissuta? In qualche modo fatico a immaginare Marlowe che cassa anche uno solo dei suoi preziosi versi – e comunque morì appena pochi mesi dopo il debutto del Massacro ad opera della Compagnia dell’Ammiraglio… Forse la versione pubblicata è un’edizione pirata dettata da qualche attore con poca memoria e ancor meno scrupoli? Oppure è una versione abbreviata, fatta per essere portata in provincia? E se sì, chi la adattò? Magari Shakespeare e Munday, come suggeriscono alcuni studi recenti? Sia come sia, le differenze tra la pagina manoscritta e il decisamente inferiore testo a stampa aprono un’affascinante finestra su pratiche e abitudini del teatro elisabettiano.

E vedete perché adoro queste storie? Ciascuna ci lascia intravedere il processo creativo e la personalità di un autore, la vita dietro le quinte in un altro secolo… È sempre dove le cuciture non sono perfette, dove si apre qualche crepa e si possono sbirciare le ruote del meccanismo, che si annidano le storie, in attesa di essere scritte.

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* E a costui Goethe procurò una cattedra di Storia all’Università di Jena…

** Saremmo tutti più felici in proposito se la pagina l’avesse trovata qualcuno che non fosse John Payne Collier – notevole studioso ma, alas, anche falsario compulsivo.

 

Nov 16, 2015 - pennivendolerie, Storia&storie    Commenti disabilitati su History Will Be Kind su Amazon

History Will Be Kind su Amazon

History will be kind to me because I intend to write it,

diceva Winston Churchill, ovvero “La storia sarà gentile con me perché ho tutta l’intenzione di scriverla” – e in effetti non si può negare history-kind-sml-2che l’abbia fatto. I narratori storici, in genere, hanno aspirazioni più modeste, quando si mettono in testa di scrivere la storia… O forse non è del tutto vero o, anche se è vero, a volte le loro intenzioni vengono abbondantement superate. Pensate a quanto gente come Dickens o Scott abbiano influito non tanto sulla storia, ma sulla sua percezione da parte dei posteri.

E pensate alla soddisfazione quando un lettore vi dice di avere cambiato idea su un personaggio o un evento storico leggendo il vostro romanzo.

Ma non allarmatevi: se rimugino su tutto questo non è perché abbia intenzione di modellare la percezione della storia nei secoli a venire (anche se non dico che mi dispiacerebbe), ma perché History Will Be Kind, la prima antologia di The Copperfield Press, è disponibile su Amazon.

Come vi avevo già raccontato, contiene la mia storia elisabettiana Gentleman in Velvet, una vicenda di ambizioni, atti sconsiderati, conseguenze e prezzi da pagare che ha per protagonista un giovane Kit Marlowe.* Naturalmente c’è molto altro: una ricca collezione di narrativa e poesia storica ambientata in una varietà di periodi – con una spruzzatina di saggistica. Dal Messico del 1914 alla Terza Crociata, dall’Imperatrice Maud a Giovanna d’Arco ad Alessandro il Grande – History Will Be Kind è una piccola storia del mondo narrata per storie. Non so se Kipling avesse ragione quando diceva che, se la storia venisse raccontata in forma di storie, nessuno se la dimenticherebbe mai – ma di sicuro un racconto o una poesia possono aprire una finestra su un periodo o un avvenimento, risvegliare un interesse, presentare un altro punto di vista…

In fondo credo che, al di là del gusto o della compulsione a raccontare storie, ogni narratore storico aspiri un po’ a questo: aprire una finestra su quel che s’indovina tra le righe dei libri di storia, su quel che è perduto, su quello che non sappiamo più… È un buon momento, credo, per confessare che sesquipedale soddisfazione sia stata quando un’insegnante di storia in un liceo locale mi ha detto di aver fatto leggere ai suoi alunni il mio Somnium Hannibalis. “Per mostrare loro che non esiste solo il punto di vista romano…”

E forse History Will Be Kind è anche una piccola rassegna di modi in cui questo genere di bizzarra creatura, il narratore storico, persegue il suo bizzarro genere di ambizione.

Se a questo punto foste incuriositi, l’antologia si trova qui.
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* No, non siete sorpresi.

In Conclusione…

b1eb421defE così abbiamo terminato il secondo ciclo di letture de Il Palcoscenico di Carta.

Ieri è stata la volta del possente finale del Dottor Faust – Christopher Marlowe nella traduzione anni Ottanta di Nemi D’Agostino. Adesso tocca ai nostri omologhi di Canterbury il 12 di ottobre, e poi il 27 sarà Londra a chiudere le danze: tre letture dello stesso testo, in tre città, due paesi e tre lingue – con la collaborazione di due università e due compagnie teatrali. Harry Newman, l’ideatore del Paper Stage originale, dice che non è mai successo prima.

E dunque sì: abbiamo fatto qualcosa di unico e senza precedenti.

Qualche considerazione volante.Czech-American-Faust

I. Il Faust è una bizzarra commistione di forza sconvolgente , vita quotidiana e comicità tra il nero e il… mah. A me piace pensare che le scene comiche non siano farina del sacco di Kit. Sappiamo che a un certo punto, dopo che l’autore era già morto, Philip Henslowe pagò qualcuno per ritoccare il testo – ma anche prima di questo… Dopo tutto c’erano autori specializzati nello scrivere le burle per le tragedie altrui – e uno di questi era Thomas Watson, che di Marlowe era amico e coinquilino. Non è poi così impossibile immaginare che la Compagnia dell’Ammiraglio abbia commissionato a lui le scene in cui Faustus spreca i suoi ventiquattro anni di potere illimitato facendo scherzi al papa e truffando mercanti di cavalli. Il risultato è un certo qual senso di disparità – che d’altra parte è molto tipico del gusto elisabettiano. Tal dei tempi era il costume.

faustdoubledevilsII. Conseguenza diretta della considerazione I è che forse la suddivisione in tre parti non ha giovato poi troppo al testo. La prima parte afferra subito il lettore/spettatore con le inquietudini di Faust e le immagini sulfuree, e il patto con il diavolo; la terza parte precipita il protagonista di dubbio in dubbio verso il finale sconvolgente; la seconda… Alas, la seconda è rimasta – letteralmente – senza capo né coda. Il susseguirsi di cose bizzarre, con la processione dei Peccati Capitali, la truffa della tazza, gli sberleffi al papato e la negromanzia sanitizzata ai piedi del trono, in realtà è una specie di  catalogo di elisabettianerie. Per noi – e presa da sola, senza l’ombra terribile del patto col diavolo, senza il climax vertiginoso, non è terribilmente efficace. E in effetti qualche ascoltatore che aveva cominciato dalla seconda parte, ieri non è tornato. Peccato.

III. Un attore dell’Accademia Campogalliani mi ha detto che il Palcoscenico di Carta è come prima lettura e debutto tutto in uno – senza niente in mezzo, e di conseguenza un nonnulla sconcertante per chi è abituato a un lungo lavoro sui testi. Affascinante punto di vista – da approfondire.

IV. La nostra mascotte decenne (ieri Angelo Cattivo, Wagner e Lucifero) ha letto con un impegno e una disinvoltura da non credere. Anche le cose difficili. Anche senza preparazione di sorta, quando qualche defezione ci ha costretti a redistribuire parti già assegnate. E ha già chiesto se può tornare alla prossima lettura, per favore. E, nel frattempo, ha deciso di far fare una recita ai suoi compagni di classe… faustcz2

V. Chi l’avrebbe mai detto? Sono riuscita a far leggere una particina alla mia riservatissima e per nulla teatrale mamma. Potenza del Palcoscenico di Carta, del teatro in generale e di Marlowe in particolare.

VI. Ieri pomeriggio, tra malanni di stagione, riunioni dell’ultimo momento e parcheggi impossibili, abbiamo avuto l’impressione che Mefistofele ci mettesse lo zampino… Ma non gli è riuscito troppo bene e, in barba a lui, abbiamo chiuso con il vento in poppa.

VII. Ci saranno sviluppi. Alcuni sono più certi di altri – per esempio siamo certi di riprendere tra qualche mese con un altro testo. Se ci saranno forme di gemellaggio più concreto con l’Isoletta e se questo primo contatto col Faustus si evolverà in qualche altra cosa… eh. Sarebbe bello, ci piacerebbe, ce lo diciamo l’un l’altro scherzando solo a metà – ma per ora è tutto in grembo agli dei.

Adesso tocca a loro, là sull’Isoletta. Vi farò sapere. Per ora… non terminat hora diem, sed terminat blogger opus.

Set 16, 2015 - il Palcoscenico di Carta    Commenti disabilitati su Cronache di Carta

Cronache di Carta

20150915_180456Credo proprio che lo Spirito di Kit abbia aleggiato con qualche soddisfazione, ieri pomeriggio, all’Einaudi di Corso Pradella*, per il primo appuntamento dedicato al suo Faustus.

Siamo partiti in tanti – una dozzina di lettori e quasi altrettanti ascoltatori – con gli auspici d’Oltremanica e con una piccola introduzione… Sì, perché Romeo e Giulietta lo conoscono tutti, ma il Faustus è un’altra faccenda. In Italia, per lo più, dici “Faust” e tutti pensano a Goethe, e semmai a Gounod e/o Boito… Magari anche a Thomas Mann – ma quanti a Marlowe?

Quindi credo che per qualcuno la lettura di ieri fosse una novità, e per tutti un’occasione piuttosto rara, perché non è come se il Faustus in questione in Italia si rappresentasse tutte le settimane.

Confesso che qualche timore ce l’avevo. Dopo Shakespeare, dopo Romeo e Giulietta, dopo i fanciulli innamorati e i duelli per strada, il Faustus è… tutt’altro. Invece dell’osservatore dell’umana natura, ci si trova il teorico fiammeggiante, il pensatore audace, l’erudito cui della sua erudizione piace fare sfoggio, il teologo impaziente. Dal secondo verso di MarloweFaustus è evidente che a Kit Marlowe dell’umanità interessa davvero poco – se non per il gusto di farla sobbalzare.  A lui interessano il pensiero, l’idea del potere, l’ambizione, i limiti dell’umanità…

Per cui sì – ho passato l’immediata imminenza del PdC a cullare dubbi tardivi, in ansiosa conversazione con lo Spirito di Kit… Dici che funzionerà? Dici che passerà? Dici che piacerà? Lo Spirito di Kit, va detto, in circostanze del genere è d’aiuto e non lo è.  Ha una tale suprema fiducia in quel che ha scritto, che non si sa se essere rincuorati o dubitare dell’utilità del suo giudizio…

Il mio nuovo taccuino con la locandina del Faustus al Globe. Grazie, D.

Grazie, D. 🙂

Ma salta fuori che lo Spirito aveva ragione, dopo tutto. Faust con i suoi dubbi e la sua coscienza bifronte, Mefistofele astuto e tormentato, lo spudorato Wagner, gli studiosi, gli alchimisti e i sempliciotti di questa Germania di fantasia hanno preso vita in una danza di ambizione, tentazioni, hybris, ritrosie e gesti irreparabili. Faustus si è messo in guai enormi, è chiaro che le cose possono solo peggiorare – e l’abbiamo lasciato appeso per i polpastrelli a una metaforica scogliera, in compagnia di Lucifero e Belzebù.

Funziona. Passa. Piace.

Tutti i presenti – lettori e ascoltatori – intendono tornare la settimana prossima, e nessun diavolo soprannumerario è apparso nella scena dell’incantesimo, e lo Spirito di Kit è compiaciuto.

Se lo chiedete a me, credo che ne abbia tutte le ragioni. E adesso ci prepariamo per martedì prossimo.

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* Per i non-mantovani: sì, avevamo detto Corso Vittorio Emanuele II. Stessa cosa. Un tempo il corso portava a Porta Pradella – hence il vecchio nome che resiste. Una volta o l’altra magari parleremo dell’ostinata persistenza di odonimi e toponimi…

Set 4, 2015 - elizabethana, il Palcoscenico di Carta, teatro    Commenti disabilitati su Faustus

Faustus

LocandinaFaustusPiccola

Dopo la felice esperienza di maggio, il Palcoscenico di Carta torna con una nuova lettura: per tre settimane, a partire dal 15 di settembre, ci ritroveremo alla Libreria Galleria Einaudi per leggere Il Dottor Faust di Christopher Marlowe.

E potrei lanciarmi in un peana su che opera straordinaria sia il Faustus – ma lo farò più avanti. Per ora invece vorrei mettervi a parte del fatto che questa lettura è inserita in un evento internazionale. Tra settembre e ottobre ci saranno tre letture del Faust – in due lingue e due paesi: noi, The Paper Stage, West London e The Paper Stage, Canterbury.

Come dice Harry Newman, docente di letteratura rinascimentale alla Royal Holloway University e ideatore del progetto, sarà qualcosa di unico e notevole. Io essendo io, non posso fare a meno di domandarmi che cosa ne penserebbe Kit Marlowe di questa gente che, a quattrocentocinquant’anni e moneta dalla sua nascita, di qua e di là della Manica, si riunisce per leggere il suo Faustus… Considerando le aspirazioni di grandezza e immortalità che prestava costantemente ai suoi personaggi, non credo che gli dispiacerebbe.

Detto questo, se volete leggere con noi oppure ascoltare, se volete scoprire una tragedia poco nota e ancor meno rappresentata, se volete essere parte di questo abbraccio ideale e poetico con l’Isoletta, qui trovate tutto quel che vi serve sapere.

Unitevi a noi – ne varrà la pena.

Cavalieri di Malta

knights_of_maltaGli Ospitalieri di San Giovanni – in generale meglio conosciuti come Cavalieri di Malta, in narrativa appaiono in diversi colori, ma in genere non godono della nomea nigerrima che affligge altri ordini cavallereschi – primi tra tutti i Templari.

Ci sono pessimi Cavalieri di Malta, come Farnese, governatore dell’isola nell’Ebreo di Malta di JewofMalta.jpgMarlowe – un opportunista machiavellico e fedifrago, cui non pare nulla di brutto non solo vessare gli Ebrei (peccato veniale a fine Cinquecento – ammesso che peccato fosse affatto), ma anche di venir meno alla parola data con estrema facilità. Insomma, se il Barabas eponimo è l’antieroe della tragedia, non è che Farnese ci faccia una gran figura… Oh, d’accordo: nessuno fa una gran figura in questa storia – ma d’altra parte una delle tesi di Marlowe era che in fatto di religioni c’era poco da scegliere e, come si dice con colorita efficacia dalle mie parti, prendi uno e strozza l’altro…

Don_Carlos_Marquis_Posa__500x664_On the other hand, avete presente il Marchese di Posa? L’amico di Don Carlos, quello di animo nobile, fiero e disinteressato, il campione del libero pensiero che si guadagna l’ammirazione e l’affetto dell’algido Re Filippo, quello che alla fine – con più generosità che buon senso, if you ask me – si fa uccidere per salvare il suo amico? Ecco, all’opera di solito lo si dimentica, ma Rodrigo, Marchese di Posa, è un Cavaliere di Malta. Ed è il genere di giovanotto che a diciotto anni lascia gli studi per arrivare a Malta alla vigilia del Grande Assedio, presentandosi come uno “la cui croce è stata comprata, e ora viene a guadagnarsela. E se la guadagna eccome – battendosi valorosamente a Sant’Elmo e, dopo che il forte è perduto ai Turchi e tutti i suoi compagni sono morti, tornando a nuoto sull’isola a portare notizie vitali.

Tutto ciò per dimostrare che di Ospitalieri narrativi ce ne sono di buoni e di cattivi – ma d’altra parte, l’Ordine non aveva Sir Walter Scott a fare cattiva stampa. Ora, Sir Walter Scott può piacere o non piacere, ma non gli si può negare una capacità non comune nel creare miti duraturi. I Malvagi Templari, il Malvagio & Meschino Giovanni Senzaterra, la Guerra delle Due Rose e gli Scozzesi in kilt sono soltanto alcune delle ombre lunghe dei suoi romanzi – di quelle cose che non si sa se volerlo strangolare per i macelli storici che ha combinato, o ammirare la sua capacità di modellare la percezione della storia per secoli a scendere… knightssiege

E quest’uomo pericoloso non nutriva per i Cavalieri di Malta un briciolo dell’antipatia che invece riservava ai Templari. Anzi. Li trovava abbastanza simpatici e ammirevoli da voler dedicare un romanzo al loro exploit più celebre: il Grande Assedio di Malta del 1565. Ora, è vero che è più facile simpatizzare con gli assediati – e questo assedio in particolare fu una di quelle faccende che sembrano fatte apposta per un romanzo: poco più di seimila difensori che ricacciano indietro otto volte tanti Ottomani… Immaginatevi una seconda edizione di Costantinopoli 1453 – però vittoriosa. E in tutto questo i Cavalieri si comportarono bene e pagarono un prezzo piuttosto alto .

Quindi si capisce la simpatia di Scott, che partì con una manciatina di Spagnoli in vari gradi dell’Ordine, poi si spostò nel campo turco, e infine si stancò della storia che stava scrivendo, e virò sulla cronaca dei fatti, disinteressandosi dei suoi personaggi… Poi nel 1832 Scott morì, lasciando un po’ meno di ottantamila parole manoscritte di The Siege of Malta – talmente bruttine che un perplesso esecutore letterario si augurò di non vedere mai pubblicato un romanzo così poco all’altezza della carriera dell’autore.

SiegeSolo che poi si sa come vanno queste cose: un ultimo Scott? Uno Scott inedito? Uno Scott sepolto con il suo autore? E i lettori, allora? E gli studiosi? Tutto sommato, c’è da stupirsi che si sia aspettato il 2008 prima di arrivare a una pubblicazione. Meno sorprendente è il caos che ne seguì, con i filologi che si accapigliavano sulla trascrizione dell’illeggibile manoscritto, i recensori impegnati a dissezionare la qualità tutt’altro che eccelsa dell’insieme, e qualche purista indignato per la speculazione editoriale sugli ultimi sforzi di un autore decaduto. Perché il fatto è che The Siege of Malta non è davvero un granché. Dopo una serie di ictus e indebitato fino al collo, Scott non era più lo scrittore di un tempo, e The Siege, con la sua trama senza capo né coda e i personaggi abbandonati per strada, ha tutta l’aria di risentirne. D’altra parte, Scott si dichiarò soddisfatto del romanzo – ma non fece nessun tentativo di pubblicarlo prima di morire, il che probabilmente è significativo…

Piacevano davvero a Sir Walter Scott questi suoi ultimi personaggi, Don Manuel de Vilheyna, il giovane Francisco e Ramegas? O li aveva lasciati cadere perché dopo tutto non si trovava così bene con i Cavalieri di Malta come aveva creduto dapprincipio? Si sarebbe mai sforzato di finire il romanzo se non fosse stato per tutti i debiti che doveva pagare? Sono di quelle cose che non sapremo più, e forse – forse sarebbe stato davvero giusto e compassionevole lasciare il manoscritto pieno di correzioni là dov’era – chiuso in una biblioteca, nell’ombra di un uomo malato, infelice e smarrito, che aveva avuto il dono di plasmare l’immaginazione dei secoli a venire, e forse sapeva fin troppo bene di averlo perduto.

Mag 8, 2015 - teatro    Commenti disabilitati su Spiriti di Carta

Spiriti di Carta

DSCN1107È sera. Nello studio semibuio, lo Spirito del Bardo aleggia attorno al teatrino faticosamente costruito dalla Clarina con le sue mani. Lo Spirito di Kit se ne sta in poltrona e fuma la pipa, guardando pigramente le volute di fumo azzurrastro che s’innalzano verso il soffitto. La Clarina è al computer, ancora intenta a compiacersi di quanto sia andato bene il debutto del PdC. Poi si gira, appoggia i gomiti sullo schienale della sedia e guarda lo Spirito del Bardo che aleggia.

La Clarina: “Dillo.”

Lo Spirito del Bardo: “Eh?”

C. “Avanti, dillo.”

SdB “Che cosa, di grazia?”

C. “Dì che sei compiaciuto.”

SdB “Sì, è un grazioso teatrino–”

C. “Fiddlesticks! Quello che intendo…”DSCN1111

Lo Spirito di Kit “Oh, non fare finta di non volere complimenti per il teatrucolo, per favore. Hai impiegato una vita a farlo perché hai la manualità di un paguro, e hai anche rovesciato mezzo barattolo di colla.”

C. “Ssssì. Tuttavia, quello che intendo è, O Spirito del Bardo, ammettilo: sei compiaciuto del Palcoscenico di Carta?”

SdB “Non sono insoddisfatto.”

SdK (snorts) !

C. “E direi, perbacco! Hai visto quanta gente c’era? E che entusiasmo?”

SdB “In effetti…”

C. “E che varietà di età? E di esperienze? Dagli attori semiprofessionisti all’implumino novenne al suo primo Shakespeare.”

SdB “Devo ammettere…”

DSCN1105C. “Implumino che si è portato a casa il copione per leggerlo al papà, questa sera.”

SdB “Vero, vero…”

C. “E attori deliziati dalla prospettiva di sperimentare personaggi mai provati prima.”

SdB “Lo so, lo so…”

C. “E il ritmo? Che mi dici del ritmo? Harry Newman lo aveva detto – ed è proprio vero: appena abbiamo cominciato a leggere, la faccenda ha assunto una vita propria. Ritmo! Efficacia! Vita!”

SdB “Non dico di no…”

C. “E vorrei vedere! Quindi sei compiaciuto?”

SdK “Dille che sei compiaciuto, Will, o non ne usciamo più.”

C. (facendo occhi da cocker) “Ma non lo sei, in realtà?”DSCN1113

SdB “Lo sono. Lo sono. Lo sono sul serio: insomma, quattrocento anni, e voi che vi riunite a leggermi… Sono compiaciuto.”

C. “Bene, perché non è come se avessimo finito. Tutti a fare progetti, oggi. Sulle prossime due settimane, e poi su settembre, e su che altro faremo, e su cosa aggiungeremo…”

SdK (Finge di tossire) “Edoardo II…” (Altro finto colpo di tosse.)

C. “Tu fa’ silenzio!”

SdK “E perché? Non è vero che avete parlato del mio Edoardo II per l’autunno?”

C. “Sì, ma…”

SdK “E non è vero che hai trovato modo di citarmi anche oggi nell’introduzione – benché c’entrassi come i cavoli a merenda?”

C. “Be’, in realtà…”

SdK “Ed è vero o no che era bello cominciare con il Bardo, – ma tu sei partita con lo scopo preciso di arrivare a leggere qualcosa di mio?”

DSCN1116C. “Sei una bestiaccia!”  (allo Spirito del Bardo) “Non dargli retta. È che… È solo…”

SdK (sottovoce, allo Spirito del Bardo) “Per Natale le hanno regalato una maglietta con la scritta My Heart belongs to Marlowe…”

C. “Niente affatto! Dice solo Marlowe, it’s an Elizabethan thing.”

SdB “Allora c’è davvero una maglietta?”

C. “Er…

SdK “Sei ancora così compiaciuto?”

C. “Non provarci nemmeno! Sono anni che porto al collo una Vita di Shakespeare in miniatura – e quindi semmai siamo pari. E abbiamo cominciato con Romeo e Giulietta, sì o no? E a settembre o giù di lì leggeremo Edoardo. E il PdC è o non è una meraviglia?”

Sdb “Be’, sì…”

C. “Kit?”

SdK (s’inchina alla spagnuola) “Non mi azzarderei a dir di no.”

C. “Bene. E il teatrino, lasciatemelo dire, non è brutto nemmeno per metà.”

SdK “Hear-hear…”

Soddisfatta, la Clarina se ne torna al computer, e gli spiriti riprendono ad aleggiare e fumare a loro gusto. Non sono gente incline a dichiararsi compiaciuta – ma lo sono entrambi, perché il PdC è cosa bella, ed è qui per restare.

 

Dic 31, 2014 - anglomaniac, elizabethana, libri, libri e libri, Natale    Commenti disabilitati su Libri Sotto l’Albero ’14

Libri Sotto l’Albero ’14

MattonellaAvete passato un buon Natale, o Lettori? Ricevuto bei regali?

Io sì.

Una bellissima sciarpa, una scatola d’argento – e naturalmente i libri.

Il Caso dei Libri Scomparsi, di  Ian Sansom, giallo librario – o bibliowhodunit, vedete voi. C’è questo giovane bibliotecario che arriva in Irlanda per un posto di lavoro – e scopre che non solo la biblioteca è circolante nella più stretta delle accezioni, ma ha anche una certa tendenza a… sparire. Gli ho dato appena una scorsa, ma sono già molto felice che il volume sia parte di una serie.

Storia di Quirina, di una Talpa e di un Orto di Montagna, di Ernesto Ferrero. Di Ferrero adoro i romanzi storici, e per di più ho un’incoercibile simpatia per le talpe. Questo librino piccolo piccolo dovrebbe essere la perfezione.

The Sultan’s Organ, di Thomas Dallam, curato da John Mole*. Nel 1599 il giovane organaro londinese Thomas Dallam parte per Costantinopoli per accompagnare e consegnare il dono di Elisabetta I al Gran Turco: uno stupefacente organo automatico che lui stesso ha costruito  e – si spera – saprà rimontare, nonché suonare, per il potentissimo e misterioso Sultano Mehmet III. Il diario del suo viaggio è un incantevole spaccato del Mediterraneo e Vicino Oriente visti da un Elisabettiano intelligente e curioso.

The Festival of Nine Lessons and Carols, un bellissimo libro illustrato che segue passo per passo l’equivalente anglicano della messa di mezzanotte – così come la si celebra nella cappella del King’s College, a Cambridge. Il fatto che ci sia un CD con carole e servizio aggiunge alla meraviglia. 2aea921d5919381c75a432ab5631b230

Bonnie Dundee, di Rosemary Sutcliff. Vista la mia recente scoperta della signora e dei suoi romanzi, e vista la mia simpatia per Claverhouse, c’è stato chi ha pensato (con ragione) che questo titolo potesse fare al caso mio…

E poi… be’, strettamente parlando non sono libri – ma come non citare i regali della famiglia? Li vedete nelle illustrazioni del post. Credo che non siano in tantissimi a ricevere una mattonella di pastafrolla decorata a tempa shakelovian-natalizio…** “E la mangiamo oggi?” mi si è chiesto il giorno di Natale. Nemmeno per idea, naturalmente. Non la si mangia affatto – né per Natale, né mai. E che dire della maglietta che recita “MARLOWE – it’s an Elizabethan Thing”? Non ho ancora capito se la famiglia indulga alle mie ossessioncelle o stia celebrando così la fine dell’Anno Shakeloviano…

Anyway, Babbo Natale è stato bravo con me. E voi? Che avete trovato sotto l’albero?

E, come mi si dice usi dire nel Trentino, buona fine e buon principio, o Lettori.

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* Ha ha ha! No, non l’ho fatto apposta. Si chiama proprio così.

** Peccato che in pasticceria si siano lasciati sfuggire un’acca…

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