Dic 13, 2009 - musica    Commenti disabilitati su The Book of Love

The Book of Love

Anche voi passate dicembre in un continuo altalenare tra euforia, ansia da ritardo e maudlin mood? Per fortuna, stasera vado a teatro e poi a cena.

Intanto, però…

Buona domenica.

Dic 12, 2009 - considerazioni sparse, Natale, scribblemania    Commenti disabilitati su Come fare felice uno scrittore

Come fare felice uno scrittore

Essendo domani Santa Lucia, parliamo di regali e regalini.

“Che cosa si regala a uno scrittore?” mi domanda E. E’ possibile che questa sia in realtà una manovra poco sottile per scoprire che cosa vorrei sotto l’albero, ma forse a E. interesserà sapere che uno scrittore è un tipo di animale che, avendo ricevuto una domanda del genere, per prima cosa ci fa un post.

Allora, vediamo un po’. Come rendere felice uno scrittore/aspirante scrittore la sera del 24?

Pocketbook.gifTaccuini. Magari di quelli con lo spazio per una penna, ma piccoli, da tenere in borsetta o in tasca, da portarsi sempre dietro, ma proprio sempre, perché non si sa mai quando si vorrà prendere nota di qualcosa. La scelta è infinita, dal classico taccuino Moleskine ai Paperblanks che riproducono rilegature antiche, ai quadernini minimalisti Ikea*… Ha anche il vantaggio di essere uno di quei regali dove fare un doppione non conta, perché di questi arnesi, lo scrittore medio ne consuma a bizzeffe.

Cancelleria. Con giudizio, e premurandosi di conoscere preventivamente il metodo del destinatario: una scatola intera di biro blu confezionata con cura è molto benaugurante per chi scrive tutte le sue prime stesure a mano. Per gli aficionados della tastiera, però, meglio un mousepad a tema. Una volta, durante un periodo di sconforto, ho ricevuto una scatola: dentro c’erano un bel po’ di biro e una risma di carta, sul cui primo foglio il donatore si era premurato di stampare un’ipotetica copertina del romanzo in cui ero impantanata. Avevo apprezzato molto. Un caveat: la penna elegante, questo classico tra i regali, non è sempre la migliore delle idee. Chi scrive con una penna speciale, probabilmente la penna speciale ce l’ha già, mentre la maggior parte degli amanuensi usa biro, roller o matite di largo consumo.

pooryorick.gifMugs. Ovvero quelle tazzone alte con il manico. Potrei dire che è un dato di fatto: gli scrittori fanno le ore piccole e si sostentano a tè e caffè lungo; oppure potrei dire che è un fatto: gli scrittori scrivono nelle soffitte, dove fa freddo, e una bella tazzona fumante serve a scaldarsi le mani ogni tanto… Ma siamo onesti, il fatto è che il mug fumante accanto alla tastiera/quaderno/pila di fogli fa tanto, tanto, ma proprio tanto scrittore all’opera. Che ne esistano tante a tema*** è senz’altro d’aiuto. Qui di fianco ne vedete uno shakespeariano. Una tazza di caffè, Yorick?

Penne colorate. O pennarelli. O matite. Per sottolineare le fotocopie degli articoli, per cercar di chiarire il tortuosissimo schema del XXXII capitolo, per codificare gli interventi necessari in fase di revisione (verde: sono così felice di essere la persona che ha scritto questo paragrafo; giallo: a cosa stavo pensando quando ho scritto ciò?; arancione: urge energico intervento; le sfumature di rosso vanno dal disastro al macello, alla catastrofe, all’apocalisse, a come-ho-mai-potuto-pensare-di-avere-un-briciolo-di-talento?), per disegnarsi luoghi e personaggi se si è abbastanza bravi. Ad ogni modo, lo scrittore medio ama le penne colorate. Come le Stabilo Pen 68, che esistono a punta media e punta fine, e in una cinquantina di colori.

Writing Software. C’è di tutto un po’. Ci sono editor di testo/gestione progetti a prezzi ragionevoli (20-40 $): Writer’s Cafè, molto colorato, con pretese di stile e una quantità di funzioni, compresi i suggerimenti giornalieri, una vasta scelta di esercizi di scrittura, un sistema di brainstorming, un sistema di importazione, raccolta e archiviazione di materiale (foto comprese), un diario/agenda, un generatore di nomi e una funzione di progettazione “Storylines”, oppure Liquid Story Binder (per PC) o Scrivener (per Mac). Questi sono strumenti di lavoro, buoni per organizzarsi e tenere a portata di mano il materiale. Per chi vuole qualcosa di più didattico, c’è il celebre Dramatica Pro, che costa un’ira e consente di sviluppare personaggi, archi narrativi, trama e sottotrame, ambientazioni, dialoghi, ritmo e passo tramite una serie di strumenti molto sofisticati. Un po’ meno costoso è Write Pro, di Sol Stein (celebre autore di manuali di scrittura creativa), che però è a mezza via tra un software e un corso. Il che ci porta a…

Corsi di scrittura. Qui bisogna essere certi che il destinatario non prenderà il regalo come un apprezzamento poco lusinghiero. In un mondo ideale, tutti gli scrittori sarebbero gente matura, umile e seria, sempre ansiosa d’imparare e perfezionare la propria arte… essendo il mondo quello che è, siate ben sicuri di non provocare incidenti diplomatici, prima di regalare uno di questi. Detto questo, la scuola di scrittura più celebre d’Italia è la Scuola Holden di Torino****, che offre una scelta di corsi, laboratori e seminari, da seguirsi in loco oppure online. Naturalmente non parlo tanto del (costoso) biennio di Scrittura&Storytelling, quanto dei corsi brevi, dei weekend di scrittura, dei corsi di narrativa o sceneggiatura online, o magari dell’accesso ai servizi editoriali… c’è un po’ di tutto, per chi è in vena di un regalo importante. Per chi conosce bene l’Inglese, ho già parlato di più di una volta di Holly Lisle, ma potrei citare anche il celebre Gotham Writers Workshop, il cui materiale si trova anche tradotto in italiano in forma di manuale di scrittura.

Dizionari. Non troverete molte altre categorie disposte ad andare in estasi per un dizionario. E non dico il vocabolario italiano (quello deve già averlo, deve averne più d’uno, sennò non è uno scrittore!), ma di tutte le meraviglie come dizionari ragionati dei sinonimi e dei contrari, dizionari idiomatici, dizionari tecnici, glossari specifici, dizionari storici, cronologie complete, atlanti storici, dizionari scientifici, dizionari visuali, repertori, libri di terminologia… non c’è argomento che non abbia la sua quantità di dizionari, è solo questione di cercare. E da questo segue logicamente, last but not least…

Libri. E qui, che posso dire? Un’edizione preziosa di un autore molto amato, un manuale di scrittura, un libro che a voi è rimasto nel cuore e vorreste tanto condividere, l’ultimo bestseller da analizzare riga per riga, un saggio su quel certo argomento, immagini di quel dato posto… Non c’è limite alle possibilità, e non c’è libro che uno scrittore non sia, in un modo o nell’altro, interessato a leggere.

Ecco qui. Poi tutto è relativo, ma di sicuro c’è qualcosa cui queste bizzarre creature non sanno resistere (come dicevano in quel documentario della BBC in cui Gerald Durrel attirava allo scoperto un echidna con un pezzo di formaggio), ed è mostrare che considerate la loro scrittura una parte integrante della loro vita e della loro personalità: un tratto fondamentale, che vale la pena di prendere in considerazione nella scelta dei regali natalizi. A parte la fatidica domanda “che cosa stai scrivendo?” non c’è mezzo più sicuro per far felice un echidna, a Natale o in altre stagioni.

Uno scrittore: volevo dire uno scrittore, of course!

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* Va bene, lo confesso: non ho mai messo piede in un coso Ikea e conto di non farlo mai. Però conosco gente che adora l’Ikea, che possiede quadernini minimalisti acquistati all’Ikea, che li ama con passione.

** Mentre cercavo un’illustrazione di un mug, mi sono imbattuta in questo sito. Onestamente, non so immaginare chi possa volere una bambola di pezza con le fattezze di Virginia Woolf o di Mark Twain, ma sono completamente affascinata…

*** Ok, non mi tengo: questo è il mio mug, comprato a Covent Garden piazza. IlMioMug.gifQuando ho visto che le coste riprodotte riportavano titoli delle Bronte, di Jane Austen, di Kipling, di Thackeray, potevo forse lasciarlo dov’era? No, non potevo.

 **** In questo periodo ha anche una promozione natalizia per chi vuole regalare uno dei suoi corsi. Vedere sul sito. E no: non sono in nessun modo affiliata alla Holden e non percepisco percentuali su nessuno dei prodotti che ho citato in questo post.

Dic 11, 2009 - guardando la storia    Commenti disabilitati su Giornate

Giornate

Se parliamo di 11 dicembre, si viene a sapere che nel 1282 Llewellyn ap Gruffyd venne assassinato nel Galles centrale. Ah.

Poi bisogna passare al 1719 per la prima osservazione di un’aurora boreale registrata scientificamente. Già meglio.

Nel 1769 un Londinese di nome Edward Beran brevetta le veneziane. Nel senso di tapparelle. Non avrei mai detto che fossero un brevetto inglese: credevo che si chiamassero veneziane per una ragione.

Nel 1792 la Convenzione aprì il processo per tradimento contro Luigi XVI. Sappiamo tutti che non andò a finire molto bene. Anche se forse dipende dai punti di vista.

Nel 1844 abbiamo la prima estrazione dentale previa anestesia. E ci voleva tanto a pensarci? Secoli e secoli di estrazioni dolorose, prima che a qualcuno saltasse in mente l’idea?

Nel 1928, sventato attentato al neo-eletto presidente americano Hoover. Eletto, ma non ancora insediato: quando si dice un buon inizio…

Nel 1930, fallimento della Bank of United States. Pessimi tempi.

Nel 1936 Edoardo VIII abdicò per sposare Wallis Simpson, nel ’37 l’Italia uscì dalla Lega delle Nazioni, nel ’41 Germania e Italia dichiararono guerra agli USA. Nel 1946 fu fondata l’UNICEF.

 Nel ’67 venne presentato pubblicamente il prototipo del Concorde, nel ’94 la Russia entrò in forze in Cecenia, nel ’97 Tony Blair incontrò Gerry Adams del Sinn Fein…

Nel 1998 venne decifrata la mappa genetica di un vermetto. Da qualche parte bisogna pur cominciare.

Nel 2001 fu annunciato il ritiro degli Stati Uniti dal trattato sugli armamenti balistici del ’72.

A parte la tentazione di pescare tre 11 dicembre a caso e legarli in una storia (per esempio, il processo a Luigi XVI, Hoover e il Sinn Fein… volete che non sia possibile ricamarci attorno una di quelle belle trame complottiste, con le società segrete e i documenti nascosti per secoli? Quelle da cui poi si traggono i film?), peccato non averlo fatto ieri, questo post, quando sarebbe stato il compleanno di Emily Dickinson. O mercoledì prossimo, in occasione del 236° anniversario del Boston Tea Party, quando per protesta contro le tasse inglesi, un sacco di tè finì a mollo nella baia di Boston. Cosa che, dice George Banks in Mary Poppins, lo rese imbevibile persino per gli Americani

 

Dic 9, 2009 - Oggi Tecnica, scribblemania, scrittura    Commenti disabilitati su Revisioni

Revisioni

Ho cominciato da circa una settimana il nuovo corso di Holly Lisle, How To Revise Your Novel.

Come sempre, Holly ha un approccio inatteso ed estremamente rivelatore. Sostiene che molti scrittori non revisionano mai i loro lavori fino a raggiungerne la piena potenzialità, perché il concetto diffuso di revisione è il seguente: riga 1, tutto ok; riga 2, cambia “azzurro” con “ceruleo”; riga 3, sono davvero tutti a cavallo? non a dorso di mulo, magari? Poi devo cambiare tutto… per ora lasciamo i cavalli, ci penserò poi*; riga 4, correggo “setimana” con “settimana”…

E via così, con il risultato che a pagina dieci ho gli occhi fuori dalla testa, a pagina venti comincio ad avere la nausea del mio libro, e quando a pagina venti mi accorgo che i due terzi di quello che viene fino a questo punto si possono tranquillamente eliminare, ho perso una diottria per nulla.

Chi non ha mai fatto così, alzi la mano e si consideri un mortale fortunato.

Per tutti gli altri, HTRYN è pieno di idee sensate. Per esempio, abbiamo cominciato ricostruendo l’idea originaria del romanzo, poi rileggendo la prima stesura senza correggere nulla e limitandoci ad annotare quello che risponde e quello che non risponde al concetto originario. Infine abbiamo individuato il risultato finale che vogliamo, tenendo conto delle direzioni inattese prese e degli errori commessi nella prima stesura.

Insomma, dopo una settimana di lavoro, non solo ho individuato un sacco di falle nella prima stesura, ma ho anche un’idea ragionevolmente precisa di quello che il romanzo non è ma può diventare a lavoro finito. Molto, molto più stimoltante (e, tendo a credere, più efficace) che correggere gli errori di battitura riga per riga.

Seguono adesso altre venti o ventuno settimane di lavoro, schede, analisi eccetera, per imparare il procedimento, adattarlo alle mie esigenze ed addestrarmi a ripeterlo in molto meno di venti settimane… Laborioso ed entusiasmante.

E’ in Inglese, si capisce, ma vale veramente la pena. Se qualcuno fosse curioso, può dare un’occhiata qui:  

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* E si può star certi che i muli cadranno nell’oblio.

 

Dic 7, 2009 - considerazioni sparse, Poesia    Commenti disabilitati su Vocali

Vocali

A noir, E blanc, I rouge, U vert, O bleu; voyelles,
Je dirai quelque jour vos naissances latentes:
A, noir corset velu des mouches éclatantes
Qui bombinent autour des puanteurs cruelles,

A nera, E bianca, I rossa, U verde, O blu: vocali,
Io dirò un giorno le vostre origini segrete:
A, nero corsetto villoso delle mosche lucenti
Che ronzano intorno a fetori crudeli,

Golfes d’ombre; E, candeurs des vapeurs et des tentes,
Lances des glaciers fiers, rois blancs, frissons d’ombelles;
I, pourpres, sang craché, rire des lèvres belles
Dans la colère ou les ivresses pénitentes;

Golfi d’ombra; E, candori di vapori e di tende,
Lance di fieri ghiacciai, re bianchi, brividi di umbelle;
I, porpore, sangue sputato, riso di belle labbra
Nella collera o nelle ebbrezza penitenti;

U, cycles, vibrements divins des mers virides,
Paix des pâtis semés d’animaux, paix des rides
Que l’alchimie imprime aux grands fronts studieux;

U, cicli, vibrazioni divine di mari verdi,
Pace dei pascoli seminati di animali, pace delle rughe
Che l’alchimia scava nelle ampie fronti studiose.

O, supreme Clairion plein des strideurs étranges,
Silences traversés des Mondes et des Anges;
– O l’Oméga, rayon violet de Ses Yeux!

 

O, Tuba suprema piena di stridori strani,
Silenzi attraversati dai Mondi e dagli Angeli:
– O l’Omega, raggio violetto dei Suoi Occhi!

 

Arthur Rimbaud, 1872

(Per la cronaca, le mie vocali personali sono diverse: A bianca, E verde, I nera, O gialla, U marrone. )

Dic 6, 2009 - musica    Commenti disabilitati su Neve

Neve

Non che nevichi, ancora… e anzi, dalle mie parti non nevica quasi mai. Ma proprio per questo, e perché mentre non stavo attenta è arrivato dicembre, and just because.

 

Buona domenica a tutti.

Dic 5, 2009 - grillopensante    Commenti disabilitati su Sinestesie

Sinestesie

Si parlava, un paio di post orsono, di libri e musica e tè al bergamotto.

Ripensandoci, credo che Sociologia+Mahler+Bergamotto si possa ritenere un’esperienza sinestetica, ovvero che coinvolge più sensi contemporaneamente.

180px-Cerchio-di-Skrjabin.pngL’argomento è affascinante, abbastanza perché numerosi artisti in vari campi ci si siano cimentati. Viene in mente prima di tutti Skrjabin, con i suoi accostamenti di suoni e colori (figura qui accanto). E poi le Vocali di Rimbaud, e l’odore di fragole rosse di Pascoli…

Confesso che resto sempre leggermente perplessa quando sento parlare di codici sinestetici: tutti, credo, annodiamo spontaneamente delle associazioni di questo genere, e per i motivi più disparati. A proposito di Voyelles, Rimbaud raccontava che per lui la E era bianca a causa dell’illustrazione del suo primo abecedario: per la E, un Emiro dal turbante candido. Non terribilmente scientifico, vero? E però, perfettamente legittimo, così come la mia E, che è verde, e come il Mi azzurro di Skrjabin, e il mio Mi giallo oro…

Ljerka Ocic, questa fantastica organista croata che si occupa molto di didattica musicale, sostiene che le associazioni sinestetiche sono del tutto naturali e altrettanto personali: non tutti le effettuano spontaneamente, ma chi lo fa, associa in base a poche costanti culturali e molti fattori imprevedibili, come l’emiro di Rimbaud. Ma allora, mi domando: com’è possibile elaborare un codice sinestetico, senza che le sue associazioni siano legate all’esperienza di qualcuno e completamente arbitrarie per tutti gli altri?

Comunque, senza perderci in speculazioni, resta il fatto che l’esplorazione sinestetica è un campo di sperimentazione meraviglioso, nella pratica di tutte le arti e nella vita quotidiana. Ciascuno di noi, nel corso della sua vita, elabora una rete complessa che lega tra loro suoni, colori, profumi, forme, parole, consistenze, temperature, situazioni, ricordi… Mi piace molto pensare che quella rete sia personale e irripetibile e significativa: una sorta d’impronta sinestetica in continua evoluzione, che reca traccia non solo delle esperienze, ma anche del pensiero che le elabora e media.

Promessi Sposi, Capitolo VI

Il capitolo VI dei Promessi Sposi è una lezione di story-telling.

Oh, d’accordo: non solo il VI… ma siccome oggi pomeriggio introduco il VI alla UTE, lasciate che mi concentri su quello.

Tanto per cominciare, il capitolo precedente è terminato con un cliffhanger, vale a dire costringendo il lettore a voltar pagina, a iniziare il capitolo successivo benché siano le tre e venticinque del mattino… In effetti, se ci pensate, quand’è che mettete giù un libro? A fine capitolo. Ebbene, se la fine del capitolo vi lascia con il fiato sospeso, la tentazione di dare una sbirciatina alla pagina successiva è forte. E una volta data quella sbirciatina, una volta cominciato un altro capitolo… chiunque abbia passato la notte in bianco su un libro sa di  che cosa sto parlando.

Ebbene, il capitolo V, dopo una consistente seconda parte dedicata a far montare la tensione fra Don Rodrigo e Padre Cristoforo, s’interrompe nel momento in cui i due passano in un’altra sala per parlare da soli. A questo punto sappiamo che il signorotto è sovreccitato e di cattivo umore, che il cappuccino ne ha dovute mandar giù abbastanza da far perdere la pazienza a un santo…

Verrà un giorno....gifInizia il capitolo VI, così in medias res che di più non si potrebbe, con Don Rodrigo che, in tutta insolenza, chiede a Padre Cristoforo che cosa voglia. E qui comincia una delle scene celebri del romanzo, un dialogo turbolento, inframezzato dai pensieri dei due contendenti, ma specialmente del frate, in un crescendo che culmina nel celebre “Verrà un giorno…”. Scena scura, mossa, quasi concitata.

Subito dopo, il nostro frate esce dal castello, ma non prima di avere scambiato qualche parola in segreto con il vecchio servitore: sussurri, misteri, dubbi, e qualcosa che non si può dire, non ancora… il servitore verrà domani. Sospensione, visto?

Intanto, rapido cambio di scena: eccoci a casa di Lucia, dove Agnese pontifica ed espone la sua ultima brillante idea. Anche qui si congiura, ma il tono è ben diverso. Una congiura casalinga, semplice e piena di scrupoli, tra una madre che vuol essere scaltra ad ogni costo, un giovanotto impetuoso e una ragazza così integra che non par nemmeno vera… Colori chiari.

Poi via, prima a casa di Tonio, con la famiglia riunita attorno alla polentina bigia, e dopo all’osteria. Nuove congiure all’acqua di rose, tra un Renzo determinato e un Tonio cui non par vera la sua buona sorte: lui, che ha avuto in sorte anche l’intelligenza del fratello, che è in credito di bugie con la moglie, saprà aiutare Renzo proprio a puntino. Il lettore sorride.

Di nuovo chez Lucia, dove arriviamo sulla coda di una discussione madre/figlia. Lucia non si smuove, ma Renzo e Agnese supplicano, rimbrottano, perfezionano il loro piano… forse ci siamo? Forse la ragazza cede? Toc-toc! Si bussa alla porta, e chi arriva è… Padre Cristoforo! Prima di aprire, Agnese sussurra alla figlia di tenere la bocca chiusa, e il sipario si chiude. Se ne starà zitta Lucia? Che dirà Padre Cristoforo (il quale, noi sappiamo, non porta buone notizie)? Procederanno lo stesso i nostri congiurati? E come andrà a finire? Fingete di non avere letto i PS a scuola, ed ecco che avete un altro cliffhanger.

Insomma: ritmo, alternanza di toni e colori, manovre differenti che s’incrociano… aggiungete che ogni tratto di caratterizzazione dei personaggi muove la trama in avanti (l’ostinazione e l’orgoglio di Don Rodrigo, l’ingenua furberia di Agnese, le remore di Lucia, il debito di Tonio…), e si capisce che gli autori dei manuali di scrittura non hanno inventato nulla.

 

 

Dic 1, 2009 - fenomenologia dello sbregaverze    Commenti disabilitati su Lo Sbregaverze: congedo con coda musicale

Lo Sbregaverze: congedo con coda musicale

E così siamo giunti alla fine: cala il sipario sulla Fenomenologia dello Sbregaverze. Chiudiamo, abbiate pazienza, pindareggiando un pochino.

Immaginateli, tutti in fila, ombre scure nella luce di taglio, che s’inchinano con un gran fiorire di cappelli piumati… E dietro di loro, nell’ombra tra le quinte, i loro autori.

Di sicuro non è un caso che diversi di loro abbiano compiuto le loro più o meno memorabili gesta nel XVII Secolo: D’Artagnan, Cyrano, Morgan… Il Seicento, questo secolo pittoresco e tumultuoso, si presta bene. Tutti ne abbiamo quest’idea, non è vero? Intrighi, congiure, galeoni, duelli per uno sguardo storto e via dicendo: il terreno di coltura ideale per gli Sbregaverze.

Gli altri, le orbite eccentriche di questa piccola galassia, in definitiva non si scostano troppo: Crichton alla fine del ‘500, Alan attorno alla metà del Settecento, e Madame Sans-Gène, la più atipica, a cavallo tra Sette e Otto… ma possiamo capire sia lei che Sardou: c’erano una rivoluzione e un impero in corso, parbleu!

Gente di passione triste, figurine ripescate dalla storia per essere cavalieri dell’aspirazione inappagata, campioni di un romanticismo amarognolo, non è strano che non abbiano ispirato più opere? Opere liriche, intendo. Ce ne sono soltanto due, ed eccole qui, a titolo di congedo.

Una è la Madame Sans-Gène di Umberto Giordano, da cui vediamo Catherine intenta a cantarne quattro alle sorelle dell’Imperatore:

 

E poi il Cyrano de Bergerac di Alfano, in un videino bizzarro che cuce insieme un pezzetto di ouverture, un pezzetto di I Atto e la fine del finale… La regia è un po’ stramba, ma Cyrano è Placido Domingo.

 

Ecco qui. Finito. Gente che troverebbe posto a mala pena nelle note a pie’ di pagina della Storia, se la Letteratura non ne avesse fatto dei simboli indimenticabili. Chissà che cosa penserebbero il vero Alan, l’autentico Cyrano, il D’Artagnan storico, e Catherine, e il Critonio, e Morgan di queste loro lunghe ombre, silhouettes nere stagliate contro la luce d’oro, come simboli araldici, chi più chi meno perfetto, della sublime incapacità dell’uomo di riconciliarsi alle cose vere?

Nov 30, 2009 - grilloleggente, libri, libri e libri    Commenti disabilitati su Alfredo Oriani

Alfredo Oriani

oriani.jpgVenerdì scorso, all’ Accademia Virgiliana, Marco Debenedetti (nipote dello scrittore e critico Giacomo, detto en passant) ha presentato il suo libro su Alfredo Oriani (1852-1909), che era uno scrittore estremamente prolifico e un uomo privo di buon senso.

Era, tra le altre cose, convinto che tutti ce l’avessero con lui: editori, politici, scrittori, critici, tutti accaniti a relegare nell’oscurità proprio lui, che era il più grande scrittore vivente… Insomma, un ego delle dimensioni di un’anguria, combinato con delle manie di persecuzione di tutto rispetto, un’incapacità completa di convivere con la realtà, un gran desiderio di gloria e un talento spaventosamente inuguale.

Scrisse di tutto un po’: trenta (grossi) volumi di romanzi, racconti, articoli, saggi, drammi teatrali, ranging dal capolavoro (Vortice, Gelosia) al misericordiosamente dimenticabile. E intanto, siccome nella tenuta di campagna dove si era rifugiato gli avanzava del tempo, scrisse anche un epistolario che, pubblicato, occupa un trentunesimo volume di seicento pagine.

Quando l’editore milanese Treves, interessato a pubblicare il suo saggio storico La Lotta Politica in Italia, gli chiese di modificare il titolo polemico e di eliminare l’ultimo capitolo, Oriani rispose che avrebbe tanto preferito di no. Treves gli fece capire come, a sua volta, preferisse proprio di sì… e Oriani? Abozzò? Nemmeno per idea. Cercò un compromesso? Ma giammai! Negoziò? Per carità! Scrisse a Treves (in Latino) che o il libro restava com’era o non se ne faceva nulla, e l’editore lo accontentò: non ne fece nulla. Oriani pubblicò a sue spese con un altro editore molto meno prestigioso, molto meno rilevante sulla scena culturale italiana, e il libro fu un disastro.

Quando Francesco Crispi acconsentì a riceverlo, passò tutto il tempo a litigarci e, apparentemente, non in quel modo che nei romanzi funge da burrascoso preludio a lunghe e durature amicizie, no.

Non è il genere di comportamento che conduca ad una diffusa e ammirata benevolenza: Oriani morì solo e complessivamente dimenticato nel 1909, a 57 anni. Al suo funerale c’era una manciata di persone appena. Poi, giusto per affossare definitivamente la sua reputazione, il Fascismo in cerca di legittimazione culturale lo elesse a precursore e artista emblematico. Ci furono un sacco di licei Alfredo oriani, un cacciatorpediniere Alfredo Oriani e, a guerra finita, decenni di silenzio completo.

Adesso lo si riscopre con cautela ma, prima che lo si riscopra troppo, diciamolo: Alfredo Oriani meriterebbe un romanzo tutto per sé. Madre autoritaria, fratello più amato e morto giovane, scrittura ossessiva, manie di persecuzione, esilio volontario in campagna, fiaschi giornalistici e teatrali, un figlio illegittimo, baruffe editoriali, errori clamorosi, velleità politiche, funerale desolato, gloria postuma (e dannosa)… mancano soltanto le crisi mistiche perché quest’uomo sembri uscito dalla penna di un autore russo!

Intanto, Marco Debenedetti dice che i suoi romanzi migliori (Vortice e Gelosia, già citati, in un ordine d’importanza aperto a dibattito) non sfigurano in un confronto con Flaubert. Se dicessi di non essere incuriosita, mentirei. Se qualcun altro lo fosse, qui c’è il sito della Fondazione Casa di Oriani, qui si parla del libro di Debenedetti e qui ci sono diverse opere di Oriani in formato elettronico (.pdf, .rtf o .txt a scelta) presso il mai abbastanza lodato Progetto Manuzio.