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Mag 27, 2011 - guardando la storia, teatro    Commenti disabilitati su Uno Dei Mille – Nel Bene E Nel Male

Uno Dei Mille – Nel Bene E Nel Male

spedizione dei mille,giuseppe nuvolari,garibaldi,centocinquantesimo,unità d'italiaDa un paio di mesi lavoro con tre terze medie sulle memorie di un garibaldino locale, e l’esperienza è stata interessante sotto più di un aspetto.

Intanto, Giuseppe Nuvolari era un personaggio decisamente singolare. Membro di una famiglia che fece il salto da contadini a proprietari terrieri nel giro di una generazione, rude, spiccio, senza peli sulla lingua, permaloso, coraggiosissimo, onesto e sgrammaticato, il Giuspin cominciò con una condanna a morte in contumacia nel 1852 – troppo prossimo all’ambiente dei Martiri di Belfiore. Era un mazziniano e passò alcuni anni da esule, infaticabile portaordini e raccoglitore di fondi. Quando incontrò Garibaldi fu una folgorazione. Nel Cinquantanove era nelle guide a cavallo dei Cacciatori delle Alpi, nel Sessanta era con i Mille, nel Sessantadue si guadagnò i galloni di capitano sul campo, nel Sessantasei era aiutante di campo di Garibaldi in persona.

A Italia unificata, Garibaldi gli affidò per mesi interi la gestione di Caprera, e il Giuspin, da buon contadino mantovano, inorridì dei metodi allegri usati sull’isola, e mise tutti e tutto in riga. Al ritorno di Garibaldi, che un gran senso degli affari non doveva averlo, Caprera era così ordinata e redditizia che sembrava un altro posto. Temendo di vedersi scalzare dal posto di amministratore, il genero di Garibaldi non trovò di meglio che calunniare pubblicamente il nostro brav’uomo: sui giornali comparvero articoli che accusavano Nuvolari di trascuratezza nella migliore delle ipotesi e di malversazione nella peggiore, imputando alle malefatte di questo Mantovano malfido addirittura una malattia di Garibaldi… Nuvolari, infuriato e amareggiato, chiese al suo Generale di discolparlo pubblicamente, ma Garibaldi si limitò a ribadirgli tutta la sua stima in privato. Non poteva, fece capire, svergonare la famiglia davanti a tutta l’Italia. Comprensibilmente, i rapporti tra i due si raffreddarono, e Nuvolari seguitò la sua vita tra le sue campagne, Genova e Roma – sempre scorbutico, sempre solitario, sempre tranchant.

Nel 1888, quando uscirono le memorie dell’ormai defunto Garibaldi, ci fu chi chiese a Nuvolari di annotarle. Nuvolari disse no, poi ni e poi (“se tacessi farei credere di non avere visto niente, o di non ricordarmi niente…”) scrisse. Oh, se scrisse. Le sue Note non furono mai pubblicate sul serio – e forse è un bene, perché così ne sono sopravvissute due versioni: il manoscritto originale e la versione edulcorata e corretta da un vecchio amico di Nuvolari. Il confronto tra le due è una meraviglia: da un lato l’impetuosa, sgrammaticata e vivida eloquenza del vecchio Garibaldino, dall’altra il compito e più istruito Maggiore a riposo che cerca di prestare al suo amico una vernice di cultura e di refinement.  

Personalmente adoro il diverso modo in cui i due uomini descrivono il faticoso passaggio di un torrente in Aspromonte e la pittoresca scena delle Camicie Rosse che guadano con l’acqua al ginocchio nella luce dorata del primo mattino.

“Avere avuto là un pittore, faceva affari!” commenta il rustico Nuvolari – mentre Ezechielli rapsodizza sugli effetti di luce, sulle macchie di colore, sulle pose plastiche dei soldati. A leggere le due versioni pare di vederli discutere: Nuvolari che scrolla le spalle e sporge ostinatamente il labbro inferiore, mentre il buon Maggiore Ezechielli cerca di convincerlo che scrivendo di guadagni non fa buona figura…

Per questo sono rimasta deliziata quando i miei quattordicenni, nello scrivere il piccolo testo teatrale che abbiamo tratto dalle Note, hanno scelto proprio questo brano, nelle sue due versioni, per far discutere i personaggi di ideale e senso pratico, di dedizione e indipendenza di giudizio, di arte e sincerità. Alla fine di tutto, il nostro Nuvolari rivendica orgogliosamente di essere e rimanere “uno che dice quel che pensa e fa quel che dice, un buon Italiano – uno dei Mille.”

Sono soddisfatta del risultato. Adesso, se tutto va bene, se piace alla Legge di Murphy, ai numi della pioggia, degli amplificatori e dei coloranti per tessuti, Uno Dei Mille va in scena domenica sera a Governolo, per un pubblico di genitori, nonni, zii e parenti vari, ai quali cercheremo di restituire Giuseppe Nuvolari così come è apparso ai ragazzi: brusco, matter-of-fact e innamorato della causa italiana – così poco romantico e così umano.

 

 

Mag 6, 2011 - Somnium Hannibalis, teatro    Commenti disabilitati su Somnium Hannibalis a Revere

Somnium Hannibalis a Revere

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Da Hostilia, il numero unico di Hic Sunt Histriones, edizione 2011: Note di Regia per Somnium Hannibalis.
Volevamo che lo spettacolo avesse il colore e il movimento delle fiamme.
Fin dall’inizio, discutendo il testo alla ricerca di una suggestione visiva a cui ancorarci, è emersa l’idea del fuoco, che pervade la storia di Annibale: la fiamma dell’altare del giuramento, i roghi dopo le battaglie, l’immagine del grande generale che “brucia tutto sul suo cammino”, il giavellotto infuocato scagliato verso le mura di Roma…
Il fuoco simboleggia la natura di Annibale, le sue passioni, la sua ambizione, i suoi sogni visionari, la sua guerra, la sua forza distruttiva.
Abbiamo trasposto questa qualità fiammeggiante in tutti gli aspetti dello spettacolo, a partire dai colori dei costumi: oro, ocra, ruggine, bruno. Solo Annibale veste di bianco: l’incandescenza della fiamma alla sua massima potenza. Lo stesso schema di colori torna nelle scene, scarne e semplicissime, segnate da accenti rossi nelle armi e nel mantello che simboleggia la condivisione del potere – e del sogno – tra Amilcare e il piccolo Annibale nella scena del giuramento.
Le luci sottolineano ulteriormente questa atmosfera, alternando colori di fiamme e di tramonti al biancore della luce estiva – anche se lo spettacolo si svolge prevalentemente (e significativamente) di notte. Sullo sfondo, le immagini di Simone Ceoloni creano una fitta rete di rimandi tra reale e simbolico: le colonne calcinate di un tempio in rovina, profili di città, accampamenti, corridoi oscuri, drappi al vento e ancora tante fiamme per disegnare insieme un’antichità stilizzata e un paesaggio interiore.
Ogni volta che è possibile, nelle rappresentazioni all’aperto ci concediamo il lusso di un fuoco vero, in un grande braciere che i personaggi alimentano a turno: un simbolo in più del senso di divorante volontà individuale che pervade Somnium Hannibalis.
Hostilia è disponibile gratuitamente presso biblioteche, negozi ed esercizi pubblici nella Provincia di Mantova.
Apr 20, 2011 - gente che scrive, teatro    3 Comments

Di Spie, Verbi e Paranoia

Gli scrittori, sapete, son gente pittoresca.

Qualche mese fa contatto un autore americano, chiedendogli come posso procurarmi una copia del suo play biografico su Christopher Marlowe, che risulta pubblicato ma fuori commercio. Siccome non ottengo risposta alcuna, mi rivolgo allora alla Shakespeare Society of America, che a suo tempo aveva pubblicato il testo: è possibile contattare l’autore, oppure acquistare una copia in qualche modo? Non è la prima volta che lo faccio: in genere l’autore si dimostra piacevolmente stupito che qualcuno sull’altro lato della Tinozza sia interessato al suo lavoro, e come ne ho sentito parlare, e posso trovarne una copia così-e-così, e mi va, quando l’avrò letto, di dirgli che cosa me ne pare?

Questo signore qui, invece, mi cerca su Facebook, chiedendo se sono “la persona che ha conttattato la SSA per il suo Marlowe“, e se può sapere perché sono interessata.

Gli spiego di avere tentato un contatto diretto per prima cosa, e gli racconto del mio interesse per il personaggio e della mia intenzione di scrivere in proposito a mia volta…

E questo signore,  che sarà meglio lasciare innominato, mi spiega che no, non mi metterà in condizione di leggere il suo testo, perché poi non potrei fare a meno di esserne influenzata, e non vorrebbe che mi esponessi ad accuse di plagio. In fondo, si tratta di fatti storici, e c’è un limitato numero di interpretazioni che ne possono scaturire – e la sua è sua.

Replico allora che, avendo letto e studiato parecchio su Marlowe negli ultimi anni, ho fiducia nella mia capacità di produrre un’interpretazione personale e originale dei fatti in questione, thank you very much. Dininguardi, non parliamo più di leggere il suo play, ma resta il fatto che su Marlowe esistono infiniti romanzi e plays: vuole suggerire che siano tutti plagi del suo lavoro?

Questo Slightly Paranoid American Playwright dice che non sa nulla degli altri, ma il suo è basato su anni di ricerca originale e una profonda conoscenza del funzionamento dell’intelligence, avendo lui stesso lavorato per molti anni nei servizi segreti militari americani: come già detto, non potrei evitare di esserne influenzata. Se proprio voglio lavorare su Marlowe, perché non scrivo un romanzo, invece? Potrei perseguire gli aspetti personali e psicologici del personaggio, ai quali lui non è davvero interessato: non essendo un sociopatico sadico e morboso, non riesce a calarsi nella psiche di un uomo del genere – e nemmeno ci tiene. A man has to know his limitation.

Incerta se offendermi o divertirmi, ingollo i miei dubbi sul fatto che i servizi di spionaggio elisabettiani funzionassero granché come quelli contemporanei, ignoro l’implicazione che io debba essere una sociopatica sadica e morbosa e lo ringrazio molto del permesso di scrivere un romanzo. in realtà, con o senza il suo permesso, preferirei proseguire con il mio progetto, ma può stare tranquillo, perché sono molto più interessata alla psiche di Marlowe, alla sua poesia e a un possibile taglio metaletterario – senza nessuna enfasi sull’intelligence, di cui peraltro so soltanto quello che ho letto. A woman must know her limitations.

SPAP sembra essere allora colto dal dubbio di avere reagito un nonnulla inconsultamente. Devo perdonare un filo di deformazione professionale, ma il fatto è che il suo play è ora in predicato di diventare un film che verrà distribuito anche in Italia, e quindi non è un po’ strano che io me ne salti fuori proprio adesso con una richiesta del genere?

Ormai convinta di avere a che fare con uno squadrellato, auguro a SPAP ogni bene per il suo film e considero chiusa la corrispondenza.

Un paio di settimane fa, invece, SPAP si fa vivo per comunicarmi che il suo play è appena stato ripubblicato in versione Kindle. Visto che in precedenza non si era comportato troppo bene, tiene a farmelo sapere. Gli farebbe piacere conoscere la mia opinione – e naturalmente, se ho delle domande, sarà ben felice di rispondere.

Bemused and amused, leggo debitamente. E più leggo, più resto perplessa. Intanto, l’edizione Kindle è disseminata di errori di stumpa. Poi la faccenda è scritta in un Inglese pseudo-elisabettiano, improbabilmente rigido e con un uso dei verbi e delle forme di cortesia che lascia adito a molti dubbi. Tra parentesi, a cosa pensava la Shakespeare Society of America, mentre pubblicava un testo che confonde seconde e terze persone come se piovesse? Poi la caratterizzazione dei personaggi è tanto bidimensionale quanto può esserlo – ma già: SPAP non è interessato alla psiche, ricordate? Be’, mi dico, vediamo almeno i frutti della ricerca originale e dell’approfondita conoscenza delle operazioni d’intelligence… E leggo e leggo, ma l’unica cosa che mi pare scostarsi un po’ dal coro è la possibilità che Marlowe fosse più o meno il supervisore della sua cellula, e non un agente di basso rango. Ne deduco che SPAP abbia trovato qualche pezza per sostenerlo… Sia ben chiaro: a teatro potrebbe sostenerlo anche senza un’ombra di pezza, ma dove diamine è la ricerca originale?

Così gli scrivo cautamente, dicendomi incuriosita da questo specifico aspetto del play.

“Oh, quella è una tesi non documentata, basata sulla mia profonda conoscenza delle operazioni d’intelligence,” mi risponde SPAP, “E’ la logica di queste cose. Però la confessione di Kyd è autentica, sa? E ho recentemente scoperto che c’era un altro agente incaricato di sorvegliare Marlowe, un certo Baines. E questo è molto, molto interessante, se ci pensa bene: una confessione sotto tortura non sarebbe mai stata sufficiente per far arrestare Marlowe, e agli avvocati della Corona servivano prove per corroborarla.”

E qui ormai è chiaro che non  ci siamo. Spiego che la confessione di Kyd e le note di Baines sono documenti ben noti da molti anni. D’altro canto, all’epoca la tortura era considerata un mezzo d’interrogazione del tutto legittimo, e quindi trovo la sua interpretazione… singolare.

Ed ecco che SPAP comincia a sudare. All’improvviso sono diventata My dear Ms. Prezzavento: è chiaro che ho idee molto intelligenti e un’approfondita conoscenza del periodo (lo sentite il violino sullo sfondo?), ed è un piacere discutere con me. Però mi ricordo, vero, che stiamo parlando di teatro e solo di teatro? E poi lui la sua ricerca l’ha fatta in altri tempi, prima che Internet rendesse tutto facile com’è successo per la mia generazione…

E con questo siamo arrivati a ieri sera. Credete che dovrei infierire? Dovrei fargli notare che tutti i documenti in questione sono citati estesamente o riportati per intero in qualsiasi biografia degna del nome? Dovrei suggerirgli con tatto di controllare con qualche cura i suoi doth, dost, maketh e thou?

Sì, lo so, sarebbe malvagio da parte mia… magari sono vagamente sociopatica, un pochino sadica e dotata di un tocco di morbosità. E se lo sarebbe anche meritato alla grande – però è un anziano signore, e non sono sicura che non sia già destinato a una sesquipedale delusione per quel che riguarda il film… Oh be’, stiamo a vedere. Intanto, però, permettetemi: Italia 1 – USA 0.

 

Dic 23, 2010 - Natale, teatro    Commenti disabilitati su I Ninnoli Di Vetro

I Ninnoli Di Vetro

Old-Fashioned_Christmas_Tree_Desc.jpg– E’ a forma di violino, guarda. E’ di vetro sottilissimo…

– Ma è rotto… l’hai comprato già così?

– Sì, perché nessuno lo voleva, e prima o poi l’avrebbero gettato via.

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Una storia di alberi di Natale, tradizioni, memoria, radici e infanzia.

Stasera, nell’ambito di Stelle… di Natale, serata benefica in favore dell’Associazione Bambino Emopatico Oncologico, Hic Sunt Histriones mette in scena il mio atto unico miniature I Ninnoli Di Vetro – Carola Natalizia A Due Voci, con la partecipazione di Claudio Burchiellaro, Chiara Prezzavento, Margherita Vaccari, Maurizio Vaccari, e la regia di Gabriella Chiodarelli.

Ostiglia – Teatro Sociale, Ore 21,00.

Dic 18, 2010 - teatro    Commenti disabilitati su Fotografie Di Scena

Fotografie Di Scena

Bibi e il Re degli Elefanti torna in scena oggi pomeriggio alle 17 nell’Oratorio di Sant’Orsola, a Mantova.

Intanto, ecco un’immagine della rappresentazione dello scorso otto novembre al teatrino d’Arco: Bogus (Massimo Fabris) e Bibi (Sara Spagna) a passeggio tra le stelle, a caccia di sogni…

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La galleria dello spettacolo si trova qui

Dic 12, 2010 - musica, teatro    Commenti disabilitati su Chi Ha Detto Che Lo Spettacolo Deve Andare Avanti?

Chi Ha Detto Che Lo Spettacolo Deve Andare Avanti?

Ho trovato in un libro una scena in cui, tra gli ospiti di una festa chic-risquée nella Londra dei primi Anni Trenta, c’è Noel Coward, attore e autore di commedie e canzoni, che a un certo punto si siede al piano forte e comincia a cantare una delle sue canzoni (o almeno credo che sia sua) in una maniera che l’eroina/narratrice descrive come precisa ed annoiata insieme.

Coward era un curioso personaggio con un umorismo sottile e cinico, che scriveva commedie di enorme successo ed eseguiva le sue stesse canzoni con irresistibile flair. Kenneth Tynan, un critico americano degli Anni Cinquanta, lo descrive mentre si piazza davanti al microfono “deciso a dimostrare come vanno fatte queste cose” e poi “tubando come una colomba baritonale” esegue il suo pezzo “con l’impulsività  tambureggiante e cieca di una mitragliatrice.” Ammetto che non suona come un gran complimento, ma Tynan aveva in mente certe altrui maniere languide e strascicate, e adorava Coward.

Ora, per darvi un’idea, ecco come Noel Coward dissacrava uno dei mantra del teatro dei suoi e dei nostri tempi. The show must go on? Be’, a dire il vero…

Buona domenica!

 

 

 

Nov 8, 2010 - teatro    2 Comments

In Cui La Clarina Approda Al Teatrino d’Arco

D'Arco.pngIl Teatrino d’Arco riesce ad essere una bomboniera e un’amatissima istituzione cittadina allo stesso tempo. Ottanta posti o giù di lì, un palcoscenico piccino, colonne che sostengono un soffitto a botte – ed è la casa della celebre e benemerita Accademia Teatrale Campogalliani, volontari sì, ma di caratura professionale. Gente che di giorno fa tutt’altro e la sera porta in scena con passione, finezza e abilità del teatro di qualità favolosa – dal meglio del meglio in fatto di commedie dialettali agli sperimentatori contemporanei, passando per Shakespeare, Checov e D’Annunzio.

Inutile dire che questa gente coraggiosa e brillante è richiesta e pluripremiata, in Italia e all’estero.

Non bastandosi, questa gente instancabile e determinata insegna: la Scuola di Teatro, diretta da Maria Campogalliani.pngGrazia Bettini, prende ragazzini e adulti e insegna loro arte e mestiere per davvero, sfornando talenti: qualcuno di loro si ferma alla Campogalliani, altri passano altrove e fanno onore a sé e all’Accademia.

Come tutti i Mantovani, adoro Accademia e Teatrino. Ho cominciato ad andare alle matinées domenicali da bambina e non ho più smesso. Nel corso degli anni ho avuto la fortuna di venire a contatto con la compagnia, di essere invitata a una cena natalizia nel “nido” sopra il Teatrino stesso (preparata da quella specie di fata madrina teatrale che è la presidente dell’Accademia, la signora Francesca Campogalliani), di visitare il favoloso magazzino dei costumi, da cui non sarei più uscita… E’ stata la cosa più simile a una visita dietro le quinte di un teatro che mi sia mai capitata! E adesso sono lusingata e onorata di dire che scrivo per loro.

BibiPiegh3.jpgSapete già – perché, lo ammetto, ve l’ho ripetuto ad nauseam – che la fantastica Maria Grazia Bettini e i suoi allievi hanno messo in scena (con la collaborazione preziosa dell’Accademia Nazionale Virgiliana) il mio atto unico Bibi e il Re degli Elefanti. Ebbene, dovete sapere che quest’anno la Campogalliani dà corpo a una parte speciale del suo Progetto Mantova. Nell’intento di valorizzare gli autori mantovani, quest’anno i Lunedì del D’Arco (serate teatrali ad ingresso libero) sono dedicati alla rassegna Mantova Scrive il Teatro, messinscene e letture sceniche di autori mantovani che hanno scritto per il teatro.

E non so dirvi quanto sia onorata di far parte della schiera, accanto a gente del calibro di Edgarda Ferri, Fausto Bertolini, Frediano Sessi e altri autori, locali per nascita o per adozione. Stasera, in effetti, la mia storia di bambine malate ed elefanti magici approda sul palco piccino del Teatrino d’Arco: un sogno realizzato e, spero, l’inizio di una collaborazione.

Per chi volesse, ore 21, ingresso libero. E un’autrice al VII cielo.

Ott 26, 2010 - guardando la storia, teatro    4 Comments

La Regina e il suo Giullare

Velazquez_The_Dwarf_Don_Juan_Calabazas_called_Calabacillas_ca_1639.jpgDon Juan Martìn de Calabazas, con questo nome altisonante, era un giullare, buffone di corte di Re Filippo IV dopo avere servito una serie di Grandi di Spagna e Infanti reali. Conosciuto come Calabacillas o Bizco, fu tanto celebre al suo tempo da meritarsi due ritratti, uno dei quali dipinto da Velazquez, niente meno.

Fausto Bertolini, giocando con date e luoghi, porta Calabacillas alla corte di Elisabetta I d’Inghilterra. Regina e giullare dialogano fittamente, in bilico continuo tra ironia trasognata, incursioni metateatrali e scatti d’ira, e – tra una disquisizione sul metodo per catturare un orbe riluttante e un passo di dana – offrono un’affilata analisi di arte, potere, e del rapporto tra i due.

“Non ci sono eroi innocenti in politica – o nella storia,” sussurra Calabacillas al pubblico: soltanto un “nesso di colpe” che i detentori del potere cercano di districare oppure ispessiscono con le loro azioni. E gli artisti? Gli artisti camminano sul filo sottile tra un ruolo di coscienza e la necessità di mantenere la testa là dove si trova…

Ieri sera, al Teatrino d’Arco, i bravissimi Francesca Caprari e Claudio Soldà hanno recitato un estratto de La Regina e il suo Giullare. La regia era di Mario Zolin, che gioca con ironia ed eleganza sul carattere metastorico della pièce. reginaegiullare.jpg

A questo proposito, è stato interessante sentire l’autore definire la sua passione per il teatro-nel-teatro come un aspetto sintomatico della Sindrome del Demiurgo (aka il complesso della subcreazione). La tendenza a sfondare la quarta parete sarebbe, secondo Bertolini, una conseguenza del desiderio di manipolare la realtà: non contento di creare la realtà teatrale, l’autore desidera intervenire anche su quella più vasta che esula dal palcoscenico. Su quella fetta di realtà, mi verrebbe da dire, che connette palco e platea – di fatto la sospensione dell’incredulità.

Interessante teoria e interessante pièce – che spero di vedere presto per intero.

Ott 23, 2010 - scribblemania, teatro    Commenti disabilitati su Non sapevo che scrivessi per l’infanzia…

Non sapevo che scrivessi per l’infanzia…

BibiPiegh3.jpgIl titolo del post è qualcosa che mi sento ripetere spesso ultimamente – in pratica, ogni volta che accenno al debutto di Bibi e il Re degli Elefanti.

Non vi eravate dimenticati di Bibi, vero? Stasera alle 6, a Gonzaga (MN), presso l’Arena Spettacoli della Fiera Millenaria. Sono in fibrillazione. Non ho mai visto le prove, ho avuto contatti sporadicissimi con la prim’attrice, solo un po’ più frequenti con la costumista (costumista di lusso: nientemeno che Francesca Campogalliani, presidente dell’Accademia teatrale omonima), ho lo stomaco pieno di farfalle e la sensazione che le 6 di stasera non arriveranno mai.

Ma non è questo il punto. Il punto è che più di una persona ha reagito levando le sopracciglia e dicendo, con variabili gradi d’incredulità: Non sapevo che scrivessi per l’infanzia…

Tendo a rispondere che non lo sapevo nemmeno io, perché è il genere di risposte che si dà, e perché Bibi è nato in modo bizzarro, a metà via tra una commissione e una scommessa, per poi catturarmi completamente mano a mano che procedevo. Tra l’altro, è una storia contemporanea, giusto? Non mi si può più accusare di non scrivere mai nulla di contemporaneo – ma non divaghiamo.

Il fatto è che qualche volta, lo confesso, scrivo per l’infanzia. Ci sono le fiabe che ho scritto per la Scuola Materna Farinelli, c’è Bibi e il Re degli Elefanti, e poi adesso ho un adorabile figlioccio, per il quale ho cominciato a scrivere storie.

E’ una strana esperienza, scrivere per i bambini. Il linguaggio, il tono, i colori – è tutto diverso. Avevo editato storie per bambini, e quindi me n’ero occupata non solo da lettrice, ma scriverne ha richiesto una serie di affascinanti esercizi: bisogna ricordarsi molto bene della bambina che si era, e scrivere per lei senza dimenticarsi che sono passati decenni tra quella bambina e i piccoli lettori odierni. Bisogna ritrovare il senso di magia che si vedeva racchiuso nelle storie – non necessariamente nelle favole, ma nel fatto che pagine bianche e parole nere contenessero ogni possibile genere di personaggi, posti e vicende. E al tempo stesso…

Maria Rosaria Berardi, un’autrice per fanciulli del tutto fuori moda, chiudeva una sua Nota dell’Autore augurandosi che il suo romanzo piacesse ai piccoli lettori. “E se vi piacerà, sarà perché avrò saputo scriverlo tenendo gli occhi fissi al lumicino che brilla laggiù, dietro i cancelli chiusi del giardino incantato della mia infanzia.”

Linguaggio sentimentale e un po’ fané, mi rendo conto, ma il concetto mi piace ancora. Ci sono dei cancelli chiusi, tra me e i miei otto anni – l’età della mia protagonista Bibi, l’età dei miei piccoli spettatori – ma da questa distanza, il mio mestiere è recuperare il senso d’incanto di allora e trasmetterne almeno la luce e il gusto a un’altra generazione di bambini.

Fra qualche ora saprò se ci sono riuscita – almeno un po’ – per questa volta.  

 

Ott 22, 2010 - pennivendolerie, teatro    2 Comments

Finalista a Per Voce Sola

Domani. Domani i piccoli mercanti, i connestabili, le balie, gli apprendisti, gli stallieri, le verduraie del mercato decidono il destino di Tamerlano. La gente che paga un penny, la gente mal lavata che viene a teatro con le salsicce nel cartoccio. Non è una beffa? Non è questo che sognavo a Cambridge, mentre scrivevo – anche se sa il diavolo che cosa sognassi…

E’ una notte di maggio del 1587, a Londra. Domani, nel cortile di una locanda dietro la Cattedrale di San Paolo, gli attori della Compagnia dell’Ammiraglio debutteranno con Tamerlano, la tragedia diversa da tutte le altre, destinata a cambiare per sempre la storia del teatro inglese.

Kit Marlowe, poeta, scavezzacollo e spia, ha solo ventuno anni, è nei guai con le autorità universitarie a Cambridge (e forse anche con la Corona) e tutti continuano a dirgli che il capriccio del pubblico è imprevedibile. Kit sa che il suo Tamerlano è poesia senza precedenti – ma basterà a dargli la gloria che sogna e la sicurezza di cui avrebbe bisogno? Perché nella Londra elisabettiana un debutto teatrale può essere questione di vita o di morte… PerVoceSola.jpg

Credo è un monologo teatrale che dà voce al più grande drammaturgo elisabettiano insieme a Shakespeare, alle sue visioni, alle sue paure, alla sua sete di arte, conoscenza e bellezza.

Credo è anche finalista all’edizione 2010 di Per Voce Sola, premio per monologhi teatrali.

Wish me luck!