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Mag 7, 2014 - teatro    2 Comments

Lo Spirito Di Marlowe E La Clarina – Ovvero, Matilde In Ostiglia

(Foto GB)

(Foto GB)

Kit – “Spirito del Bardo, tienmi la man sul capo,” dice… Tcha!

Clarina – Be’, tende a funzionare.

Kit (snorts) – Ho visto.

Clarina – Sì, in realtà hai proprio visto. Considerando che non c’era stata nessuna crisi pre-sipario, direi che è andata proprio benino.

Kit – Soprattutto l’Avventizio.

Clarina – Yes, well…

Kit – Non mi pare che lo Spirito del Bardo lo abbia fulminato mentre saltava le prove, o che gli abbia ispirato qualche entrata giusta ogni tanto… Né l’ho visto disperarsi per impedire la ritirata sull’Aventino che vi ha costretti a ricorrere all’Avventizio in the first place.

Clarina – Oh… non ci avevo pensato. Credi che quello valga come crisi pre-sipario?

Kit – Non saprei. Vedi un po’ tu.

Clarina – Forse no, eh? Voglio dire, Quello ha soltanto generato una collezione di disastri minori. A meno di voler pensare che, se non fosse andata così, sarebbe andata peggio…

Kit – Ah teatranti, gente obnubilata dalla superstizione! E tu, in particolare, sei obnubilata e indicibilmente contorta.

Clarina – No, è che era andato tutto troppo bene. Abbiamo persino fatto qualcosa che somigliava a una prova tecnica, eravamo tutti ragionevolmente placidi e collaborativi–

Kit – Tutti?

(Foto GB)

(Foto GB)

Clarina – Quasi tutti. Dico davvero: non sembravamo nemmeno noi.

Kit (snorts) – Peccato che, già che c’era, lo Spirito del Bardo non abbia pensato di fare le cose per bene fino in fondo.

Clarina – Per l’Avventizio? Be’, ha detto che non funziona così…

Kit – Chi l’ha detto? L’Avventizio?

Clarina – Lo Spirito del Bardo.

Kit (si osserva elaboratamente le unghie) – Ha detto così?

Clarina – Detto, scritto, whatever. Ad ogni modo, non è come se potesse controllare quel che fanno gli avventizi, giusto?

Kit – Evidentissimamente no.

Clarina – Perché, tu che cosa avresti fatto al suo posto? Evocato un plotoncino di diavoli per tenere il ragazzo in carreggiata?

Kit – Chi lo sa? Magari ne sarebbe bastato uno. Il diavoletto medio sette battute le impara in fretta, non si distrae quando tocca a lui, e mentre danza si blocca e riparte nei momenti opportuni…

Clarina – Ah, quella è stata una cosa pittoresca. Per poco A. non gli sfonda due costole con una gomitata.

Kit – Di sicuro l’ha bloccato.

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(Foto GB)

Clarina – È quasi un miracolo che poi si sia rimesso in moto. Ad ogni modo, gli altri sono stati bravi. È venuta bene, è stata bella a vedersi, i buchi sono stati coperti con sufficiente disinvoltura, le battute scritte sullo scotch da finestre alla fin fine non sono servite a nulla, le luci hanno funzionato, le bimbe sono state deliziose, col coro è filato tutto liscio, e la melagrana… persino la melagrana, anziché essere lanciata in platea, ha trovato un uso elegante e grazioso.

Kit – Lanciate spesso melagrane in platea?

Clarina – Sono rischi che si potrebbero correre – ma non importa. Ammettilo: nel complesso è andata proprio benino.

Kit – Non ammetto un bottone. Ci fossi stato io, a sovrintendere… Altro che Spirito del Bardo!

Clarina – Non saprei dire. Sei risaputamente pericoloso. Metti che poi ci troviamo attori soprannumerari che odorano di zolfo, o moschetti carichi in scena… robe così. Sono passati i tempi in cui un omicidio vero in teatro faceva cassetta.

Kit – Trascurabili minuzie. E comunque, se le cose stanno così, farai bene a trattenerti dal cuocere l’Avventizio al forno.

Clarina – Oh… Non ci avevo pensato. Sarà il caso che me lo annoti bene in vista.

Kit –  Sì, sullo scotch da finestre. E comunque, la prossima volta lascia fare a me. Lo spirito del Bardo è troppo placido. Voi avete bisogno di… un po’ di fuoco… -oco… -oco… -oco! (Getta indietro la testa, ride, si assesta sulla spalla la cappa di velluto ed esce a gran passi – tra gli sbuffi di una macchina del fumo che non sapevamo di avere).

Clarina (seguendolo a precipizio) – Ehi! Non ho detto che lascio fare a te! Non ho firmato niente! Non prendere iniziative, hai capito? E quando dici “un po’ di fuoco”, che cosa–?

(La Clarina sparisce a sua volta nel fumo. Buio. Sipario. Ci risentiamo presto per Aninha.)

Apr 30, 2014 - teatro    2 Comments

Prima Della Tempesta

Dress-rehearsals-for-A-Mi-001Dunque, oggi è mercoledì, giusto?

Venerdì sera si va in scena con Hic Sunt Histriones…

Che poi no, chiariamo: io non vado in scena affatto. Non recito, perché non recito più (checché ne dica o tenti di manipolare G. la Regista), e il testo non è nemmeno mio.

Tuttavia mi sto occupando del disegno luci e assistendo G., per cui in questi giorni abito praticamente a teatro per la consueta orgia di proveproveprove degli ultimi giorni.

E a dire il vero sono un po’ in ansia.

Sono in ansia perché, benché siamo indietro il proverbiale carro di refe, benché abbiamo avuto una defezione dell’ultimo minuto, benché abbiamo dovuto coprirla in parte lanciando in scena senza rete un apprendista giovanissimo e d’incerto grado di cottura, benché abbiamo il busillis aggiuntivo di dover interagire con musica dal vivo – nella terrificante forma di un coro d’implumini – benché, benché, benché tutto questo e molto altro, la tensione è ancora bassa.

Voglio dire, non è ancora successo nulla.

Lo commentavamo questa sera, e tutti abbiamo ammesso di sentirci lievemente ansiosi, perché:

– Nessuna delle due protagoniste eponime – soprattutto Young G – ha ancora avuto la tradizionale crisi di tantrums.

– G. la Regista è calma e amabile come una passeggiata di anatroccoli. Strilla il minimo indispensabile quando le sequenze di movimento si annodano al di là di ogni riconoscibilità, o quando parliamo tutti insieme e cominciamo a sembrare il finale secondo di un’opera russa, o quando qualcuno s’impunta, ma nulla di più. A questa distanza dallo spettacolo, di solito, G. esplode in maniera pirotecnica alla minima provocazione – ma questa volta no.

– La donna delle luci non ha ancora bisticciato con la regista sulla dicotomia logica-istinto applicata alle arti performative e alla scenotecnica, né ha maltrattato attori più o meno incolpevoli. Persino quando le hanno affidato l’apprendista crudo da grigliare un po’ in fatto di dizione e uso del diaframma, la donna delle luci lo ha grigliato senza perdere troppo la pazienza e senza tagliarlo a striscioline.

– Non si è ancora presentata la dolorosa necessità di scegliere tra una prova generale e una prova tecnica – anche se per questo, admittedly, è presto. Il problema si presenterà venerdì, e la donna delle luci sarà sola contro tutti, e indovinate come andrà a finire?55105460

– Nessuno ha ancora preso su e sbattuto la porta, annunciando che adesso basta, abbandona questa gabbia di matti, e sì arrangino, e al diavolo il teatro – in particolare e in genera

Er.. sì, be’, se vogliamo quest’ultima cosa in realtà è successa, ma è successa la settimana scorsa, e il problema comincia a non sembrare poi del tutto irrisolvibile – e quindi si può quasi dire che non conti. Almeno non ai fini della frenesia da pre-debutto.

Ed è vero, mancano ancora tutto oggi, tutto domani* e parte di venerdì, quindi c’è ancora tempo perché le cose pittoresche accadano – ma ammetterete tutti che, as of now, la situazione è un filo allarmante.

Quindi… mah. Ci si aggira dubbiosi, solerti e confusionari, si provaprovaprova, si aggirano, assaltano e neutralizzano difficoltà dell’ultimo minuto, si spera nello spirito del Bardo, si trattiene il fiato, si ritira un pochino la testa tra le spalle come le tartarughe – e si aspetta.

Vi farò sapere…

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* Semmai ve lo chiedeste, sì: prove anche I maggio – né si vede perché no. L’arte, miei signori, non conosce riposo… -oso… -oso… -oso… [Cue: R. Strauss, Heldenleben ♫] E semmai vi chiedeste anche questo, nell’immagine in alto a sinistra non siamo noi, è solo wishful thinking.

 

Nov 29, 2013 - considerazioni sparse    4 Comments

Guanti Spaiati, Pezzetti Di Spago E Biglie

Avete presente il cassetto che tutti abbiamo, in cui finiscono le cose bizzarre, smarrite, quasi finite o spaiate? L’Inglese ha questa bella ed efficace espressione – odds and ends, di cui al momento non mi viene in mente un corrispondente in Italiano. Ma insomma, questo post è fatto più o meno come quei cassetti lì.

1) Volevo cominciare con il mio ennesimo caso di Serendipità Storica – uno stampatore elisabettiano che, dopotutto, ha proprio il nome che gli avevo appiccicato provvisoriamente in prima stesura – ma poi ho letto questo post su strategie evolutive, e mi sono resa conto che il mio stampatore non può competere. In fondo Jones e il suo Tamerlano anni Novanta potrebbero essere un caso di memoria sepolta, magari l’avevo letto da qualche parte e non me ne ricordavo più consapevolmente – ma il ritorno della Buran… ah, questo è assolutamente fantastico.Teatroviaggiantesubito_fi--400x300

2) Domattina, salute permettendo, dovrei partire con Hic Sunt Histriones per una cosa molto à la Capitan Fracassa – o, se preferite, Scaramouche. Andiamo in quel di Biella con il mio atto unico Aninha. Non sto ancora benissimo, e l’idea del viaggio, del freddo e della neve mi scombussola un po’. E sì, il carro coperto e le sgambate notturne e i bivacchi nei boschi sono soltanto nella mia immaginazione guastata da troppi romanzi storici – but still. E l’immagine qui di fianco è merito della mia amica Milla, che ha scovato da qualche parte questo meraviglioso autobus convertito in teatro… l’Autobus di Tespi! Naturalmente non abbiamo nulla del genere – ma sarebbe fantastico.

3) Se davvero riesco a partire, domenica non sarò qui a postare il consueto posterellino musica-domenicale. Oh, proverò a programmare tutto quanto, con video e link, visto il modo in cui le cose funzionano – o più che altro non funzionano – ultimamente, ma non è affatto detto che serva ad alcunché. Per cui, se passando di qui domenica non trovate nulla, potete immaginarmi a bordo di un carro coperto nei boschi biellesi, a rabbrividire con le altre attrici in mezzo ai sacchi dei costumi, mentre gli uomini cercano di convincere i cavalli da tiro… ah no. Ho detto niente carro coperto, vero? Be’, potete immaginare qualcosa del genere – a vostro piacimento.

4) Ho ricevuto da recensire il terzo volume della trilogia di James Aitcheson sulla conquista normanna dell’Inghilterra. Ne avevamo parlato qui, ricordate? La cosa curiosa è che sulla sovraccoperta, tra gli stralci di recensione riportati a fini di marketing, c’è un pezzetto della mia recensione del secondo volume. A nome HNR, naturalmente – ma adesso posso dire che qualcosa di mio è apparso in un volume pubblicato da Random House.

5) La settimana scorsa, la lezione di Potsdam si concentrava su giochi e storytelling. Giochi al computer, you know. Per compito dovevamo discutere gli aspetti narrativi del gioco che ci ha colpiti di più da questo punto di vista. Dovevamo – o avremmo dovuto. Mi sono resa conto di aver giocato ben poco al computer in vita mia, e mai a nulla di più narrativamente complesso di Chocolatier – di cui mi sono annoiata presto, perché non c’era dentro una storia. Che devo dire? Sono proprio cresciuta su un platano, e tutt’ora ci vivo, e per di più ho una provata incapacità di muovermi con il topo, con le frecce direzionali o con un joystick. Morale: non ho fatto i compiti. O almeno, non sul serio.

6) Mi fermo qui. Buon finesettimana – e vi racconterò come sarà andata a Biella.

Ott 9, 2013 - libri, libri e libri, teatro    Commenti disabilitati su Assassinio Sul Palcoscenico

Assassinio Sul Palcoscenico

 

teatro, gialli, agatha christie, josephine tey, n'gaio marsh, nicola upson, barry unsworthImmaginate un posto labirintico e pittoresco, pieno di angoli bui e ogni genere di bizzarri attrezzi, popolato di gente temperamentale con tendenza all’egocentrismo che pratica la finzione per mestiere, percorso da rivalità e carrierismo di notevole ferocia… 

Non vi sembra perfetto per quantità industriali di omicidi? 

Be’, siete in buona compagnia: da decenni sembra perfetto a un sacco di giallisti che ambientano le loro storie a teatro e nell’ambiente teatrale…

In realtà dubito che attori, registi e autori teatrali abbiano una tendenza a delinquere superiore alla media. Al momento mi viene in mente soltanto Ben Jonson che uccide Gabriel Spenser in duello – ma ammetto che, essendo successo quattrocento e tanti anni fa, non è terribilmente significativo.

E se vogliamo, anche Marlowe passò un paio di settimane a Newgate per concorso in omicidio (compiuto più o meno per autodifesa da un altro autore teatrale, Thomas Watson), e morì accoltellato in una rissa… ma di nuovo, stiamo parlando di Elisabettiani.

E tuttavia, svariati secoli più tardi, nell’epoca d’oro del giallo classico inglese, si sviluppò una considerevole tendenza a far maturare delitti tra le sensibilità arroventate e le scarse inibizioni dei teatranti.teatro, gialli, agatha christie, josephine tey, n'gaio marsh, nicola upson, barry unsworth

Cominciamo pure da Agatha Christie, i cui attori – dalla Lady Edgware di Tredici a Tavola al Charles Cartwright di Tragedia in Tre Atti, non sono sempre creature equilibratissime. Badate, non sto dicendo che siano necessariamente assassini – ma di sicuro muovono parecchio la trama a furia di temperamento, ambizioni e mancanza di scrupoli.

Con Ngaio Marsh, poi, non c’è gioco. La signora era una regista e insegnante di teatro, per cui l’ambientazione le riusciva naturale. Tanto che, lo confesso, i gialli della Marsh li leggo, più che per l’indagine, per l’aguzzo ritratto dell’ambiente teatrale. Aguzzo e vario: per citare solo un paio di titoli, se il gaio e ironico Death at the Dolphin è costruito intorno al sogno di ogni autore teatrale degno del nome (meno l’omicidio, magari…), il più tardo First Night non risparmia nulla della fatica, delle perfidie e dell’occasionale squallore nascosti dietro le quinte di una produzione.

Dopodiché non sempre i delitti avvengono tra camerini, boccascena e magazzino degli attrezzi. Nessun romanzo di Josephine Tey è ambientato a teatro (anche se The Man in the Queue inizia davanti a un teatro del West End, e la Christine di A Shilling for Candles è un’attrice), ma Marta Hallard, la grande amica dell’Ispettore Grant, è un’attrice teatrale – e frequenta di conseguenza, cosicché attori, autori, registi e produttori non mancano mai.

teatro, gialli, agatha christie, josephine tey, n'gaio marsh, nicola upson, barry unsworthA questo proposito, potrei citare la contemporanea Nicola Upson, che proprio della Tey ha fatto la protagonista della sua serie di gialli. Nel primo volume, An expert in murder, Josephine e Archie Penrose indagano su due omicidi commessi durante l’ultima settimana di repliche del successone teyano Richard of Bordeaux. Per un motivo o per l’altro, mezza popolazione del teatro si ritrova ad avere mezzo, movente od occasione – e forse la maggiore delizia di questo libro sta nei personaggi modellati su gente come John Gielgud o le sorelle Harris di Motley, autentica fauna del West End anni Trenta.

Quindi, vedete, la tradizione continua ininterrotta ai giorni nostri. Spesso, è  vero, continua nei gialli storici. Qualche volta i protagonisti sono fittizi, come l’ur-direttore di scena elisabettiano Nicholas Bracewell di Edward Marston, o il farmacista settecentesco John Rawlings di Deryn Lake – che teatrante non è, ma a un certo punto della sua carriera si ritrova a investigare sulla morte di un primattore assassinato in scena al Drury Lane. Altre volte, il protagonista/detective è un personaggio storico, come il Tom Nashe di Mike Titchfield, o i (plurale) Kit Marlowe di M.J. Trow e Sarah D’Almeida.

Discorso a parte merita il bellissimo e già citato Mystery Play – La Commedia della Vita di Barry Unsworth, in cui un capocomico tardomedievale e i suoi attori risolvono un omicidio abbandonando la vecchia tradizione teatrale dei Misteri. Francamente, in questo caso, l’omicidio non è del tutto rilevante, se non come indovinello viscerale, cui offrono soluzione l’arte e la conoscenza.

Col che non voglio dire che il filone sia confinato ai secoli passati. Non vi stupirete se confesso di non leggere molti gialli di ambientazione contemporanea, ma basta contare quanti episodi de La Signora in Giallo siano ambientati a teatro e abbiano per vittima o assassino un attore, un autore, un regista, un produttore. O un critico – non dimentichiamoci dei critici. Ed è vero, eravamo tra gli anni Ottanta e Novanta, but still.

Perché alla fin fine, il teatro è sempre quel luogo di buio e luci parimenti artificiali, di illusioni, di corde, di armi finte, di gelosie, di apparenza che inganna, di false prospettive, di controllo supremo unito all’impulsività più scoperta. E se niente e nessuno è quel che sembra, torno a chiedervelo: c’è posto più adatto a mettere in scena un assassinio?

PBD

Visto, qui a sinistra?

Il contaparole nuovo, quello rosso?

Teatro – tanto per cambiare. Ve l’avevo detto che ho intenzione di concentrarmi sul teatro fino alla fine dell’anno?

Ecco. Per ora ci sono qualche centinaio di parole e un Who’s Who più intricato del previsto su una lavagna di sughero – ma abbiamo iniziato e tutto va bene.

Wish me luck. Vi terrò informati.

Lug 17, 2013 - scribblemania    3 Comments

Seaside Writing Week – Bilanci E Decisioni

Rieccomi. Sono tornata.

Non sono abbronzata per nulla perché, a parte otto km di nordic walking al dì, la mia settimana di mare l’ho passata a scrivere sotto l’uno o l’altro portico dell’albergo…

E in effetti ho scritto.

– Ho finito la prima stesura di Acqua Salata & Inchiostro – cui a questo punto potrei anche cominciare a strologare un titolo definitivo.

– Ho buttato giù un paio di cose brevi in vista di altrettanti concorsi cui mi piacerebbe partecipare, Oltretinozza.

– Ho, in quello che posso solo qualificare come un momento di felice follia, messo insieme in un giorno e mezzo una cosa della cui destinazione non ho ancora bene idea. Potrebbe essere un quarto di un play in due o tre atti – oppure potrebbe essere metà di un atterello unico. Dipende. Vedremo. E per il momento è in Inglese.

– Ho fatto alcuni seri progressi con la terza stesura di Mercutio (titolo provvisorio), quell’altro play di cui forse avevamo parlato…

– Ho scritto quasi quattromila parole di fantasmi. In un giorno. Una scena quasi completa, un pezzo di un’altra e un diluvio di appunti dettagliati per una serie di scene a venire.

E sono giunta a una conclusione.

Non una conclusione che mi piaccia terribilmente, badate bene – ma nondimeno una conclusione.

E la conclusione si è che a volte viene il momento di smettere di ostinarsi.

Perché non c’è niente da fare: per quanto mi piaccia in concetto, questa storia non funziona.

Il funzionamento dell’Oltretomba scricchiola, la trama si è malinconicamente allascata al centro, dopo cinquantamila parole la voce narrante ha ancora la flessibilità di una traversina ferroviaria – e onestamente non vedo come potrebbe essere altrimenti, visto come le cinquantamila parole in questione sono state scritte a bocconi e spizzichi. Per di più, voglio e non voglio dare un punto di vista a un altro personaggio e comincio ad essere un po’ stanca del ristrettissimo schema di colori che mi sono data per la maggior parte della storia.

E se non bastasse, ho riletto un po’, sabato pomeriggio, e che devo dire? Le parti che mi piacciono di più sono quelle in cui K., il mio protagonista, è vivo. E non so, ma per una storia di fantasmi non mi sembra promettentissimo, vero?

A parte tutto il resto, non credo che sia un caso se, dopo la prima felice writing week in cui sono arrivata fino alla morte del protagonista, questo romanzo ha portato la mia capacità di procrastinare a nuove vette di raffinatezza.

E così ho deciso di metterli da parte, i miei fantasmi.

Indefinitamente.

E non è detto che questo significhi “per sempre”. Non è detto che prima o poi non la riprenda in mano, questa storia, perché l’ho detto: mi piace davvero tanto. Ha tutto per piacermi. Dovrebbe essere perfetta per me. Solo che ho l’impressione di girare in tondo senza arrivare da nessuna parte, e nel frattempo ci sono parecchie cose (per lo più teatro) che dovrei e/o vorrei scrivere, ma finiscono sempre rimandate perché prima devo finire i fantasmi – e questo, ne converrete, non è una buona cosa.

Per cui credo proprio che fino alla fine dell’anno mi dedicherò seriamente al teatro. Se nel frattempo mi verranno in mente idee, possibilità, folgorazioni o altri uzzoli ectoplasmatici, li annoterò nel file apposito, per lasciarli a fare talea.

E poi si vedrà.

E sono davvero tutt’altro che contenta di questo sviluppo, ma forse – forse – sono un pochino sollevata.

Serendipità Marittima

Non è la prima volta che succede – e ogni volta mi solleva da terra.

Avevamo già parlato di quella che Diana Gabaldon chiama historical serendipity, ricordate? Ne avevamo parlato in fatto di mercanti d’olio e segretari greci.

E la serendipità storica è quel fenomeno per cui si piazza in un romanzo storico qualcosa di fittizio ma plausibile e poi, in qualche modo, si scopre che poi così fittizio non era.

Si scopre che il nostro immaginario mercante d’olio c’era davvero, e che il segretario greco si chiamava davvero con il nome che credevamo di avergli inventato…

È una faccenda di estrema soddisfazione. Mette dei gradevoli brividini giù per la schiena, e la sensazione di essere in qualche modo sulla strada giusta. Di avere capito almeno un po’ questo secolo e questa gente su cui si sta lavorando. Per un istante si apre una finestra e si ha l’impressione di avere toccato qualcosa.

Ecco, è successo ancora.

Teatro, questa volta.

Acqua Salata & Inchiostro, ricordate? O comunque debba finire per chiamarsi.

Ebbene, c’è di mezzo John Masefield, di cui abbiamo parlato più di una volta. E sapevo che John Masefield aveva scritto un poema narrativo intitolato Dauber, che sarei stata molto curiosa di leggere, perché lo sospettavo parecchio autobiografico – almeno fino a un certo punto. Solo che non riuscivo a trovarlo.

Oh well, pazienza.

E invece poi l’ho trovato, a prima stesura pressoché finita. E l’ho letto, contando di trovarci qualcosa da aggiungere alla mia caratterizzazione del personaggio.

E…

E che diamine, un sacco di pensieri che Masefield attribuisce al suo protagonista erano… non c’è altro modo di dirlo: erano già nel mio play. Erano cose che il “mio” Masefield dice e pensa.

Al limite della parafrasi.

E vi dirò: è stato davvero piuttosto eccitante scoprire che ci ho preso da vicino. Che la Serendipità Storica ha colpito ancora.

Immaginatemi a un certo numero di centimetri da terra.

 

Giu 13, 2013 - scribblemania, teatro    Commenti disabilitati su Piccolo Bollettino Diurno

Piccolo Bollettino Diurno

L’avete visto il nuovo contaparole qui a sinistra? Quello blu?

Ecco.

E siamo nella felice fase in cui le voci – ah, le voci – prendono forma, colore e consistenza.

Ecco.

E adesso vado a scrivere.

Giu 11, 2013 - scribblemania, teatro    Commenti disabilitati su PBD

PBD

Sedevo in biblioteca, vagamente infelice, e fissavo lo schermo della Bestiola, e mi sentivo un po’ stupida, perché l’acqua salata non andava bene.

E non ci andava in maniera un nonnulla incomprensibile.

Voglio dire, teatro, personaggi, argomento e vicenda after my own heart – anzi, per dire il vero, un tema su cui rimugino da mesi e mesi che finalmente trova forma… e non andava bene.

Un nonnulla deprimente, non vi pare?

E allora, in un momento di esasperazione, ho aperto un’altra pagina di Scrivener, e ho cominciato un’altra scena. Una scena diversa. Una scena più avanti. John Masefield e il Mozzo sono entrati in scena e…

Miracolo!

L’acqua salata ha preso il suo corso, in quel modo improvviso che risolleva il cuore, e in men che non si dica ho completato una scena che non solo è del tutto soddisfacente in sé, ma cambia le cose con il resto del play.

Un cambiamento piccolo e significativo – che prima mi era sfuggito, ma è proprio quello che ci vuole. L’acqua salata si è riallineata, e adesso tutto va come deve andare.

Ah…

Giu 2, 2013 - cinema, musica    Commenti disabilitati su Moon River

Moon River

Di fretta. Sono in partenza per una ventura teatrale.

Non lo dico nemmeno più che stavolta, stavolta sarà un disastro. Lo so che nessuno mi crede – ma stavolta… Non ho nemmeno l’energia di invocare lo Spirito del Bardo. 

Oh well. Musica, d’accordo? L’incantevole Audrey Hepburn che canta Moon River.

Buona domenica e buon giugno – and wish me luck. Magari una volta o l’altra poi forse chissà magari vi racconto…