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Apr 18, 2016 - considerazioni sparse, scrittura, teatro    Commenti disabilitati su Bei Ricordi Productions II: La Clarina e gli Appunti Fantasma

Bei Ricordi Productions II: La Clarina e gli Appunti Fantasma

NotebookFacciamo finta, volete? Facciamo finta che, dall’ultimo post in qua siate rimasti a mangiarvi le unghie, abbiate perso il sonno e l’appetito chiedendovi…

Che ne è stato degli appunti della Clarina? Essi esistono da qualche parte? Riuscirà ella a riscrivere ciò che deve riscrivere? Come? Quando? Dove? Perché?

Facciamo finta che abbiate passato quest’ultimo paio di giorni trepidando al pensiero della Clarina che fissa, basita e scossa, la sua misera mezza pagina di appunti. Ma – ma – ma…

Ma come? Mezza pagina? E sera dopo sera, in platea o backstage ad annotare annotare annotare? E niente – dopo aver furiosamente sfogliato l’incolpevole taccuino da cima a fondo in un senso e nell’altro, non mi resta che arrendermi: apparentemente ho quel genere d’immaginazione cui, come si diceva, degli appunti piace romanticizzare forma, quantità e collocazione. Il che, a suo modo, è pittoresco di per sé – ma non molto incoraggiante. A parte tutto il resto, vvuol dire che sonoda sola. Riscrittura da farsi senza l’ausilio della Clarina di cinque anni fa… Oh well, che bisogna fare? In alto la testa e avanti, giusto? Eppure mi rode, perché mi pareva proprio di ricordare…NotesPlay

Ed ecco che il film si modifica leggermente. Sera dopo sera, in platea e backstage, ad annotare, annotare, annotare – ma non su un moleskine: su una stampa del testo in fogli A4! Meno romantico ma, a ben pensarci, molto più funzionale.

Ancora un po’ di safari ed ecco spuntare la stampa – più che annotata, abbondantemente segnata in verde. Sottolineature, punti interrogativi, punti esclamativi, onde dubbiose a lato, faccine infelici… Non proprio quello che speravo, scarsi dettagli, ma indicazioni numerose. Meglio che niente, film.

E così, armata di Meglio Che Niente, mi metto a scavare nel mio fido hard disk in cerca della versione più recente del play – quello defintivo, consegnato alla compagnia e all’editore… Vi mettete a ridere se vi dico che di versioni ne trovo non una, non due e nemmeno tre – ma sette?! No, dico – sette, e le ho tenute tutte… Ah well, poca meraviglia che la mia soffitta sia piena come un uovo. Scuotendo il capino all’indirizzo di me stessa, controllo le date e faccio un’altra scoperta. Il Numero Sette è stato modificato per l’ultima volta dopo la prima. Se c’è da fidarsi della mia memoria (e considerando i precedenti non è affatt detto…) è stato modificato durante il run. Vuoi vedere che…?

Apro il file e…

♫ Musica appropriata ♫*

Il file è annotato. Abbondantemente annotato. Pieno di commenti, suggerimenti, sospiri per iscritto e, nel complesso, molto di quello che credevo di avere scribacchiato sul mio moleskine, sera dopo sera, seduta nella penombra in platea o backstage. E quindi alla fin fine e casi sono due: o dopo tutto c’è da qualche parte un altro taccuino/play stampato/tovagliolino di carta su cui ho annotatoannotatoannotato freneticamente tutto ciò, per poi trascrivere al computer, oppure le annotazioni non ci sono mai state e una sera, tornando da teatro, ho creato una copia nuova del file, riletto e agito a memoria. E in entrambi i casi Bei Ricordi Productions ha sceneggiato il tutto nella maniera che sappiamo.

Ah well – una volta di più: che dobbiamo farci? Immaginate l’Incorreggibile Clarina che ride di se stessa e poi… musica e fade to: riscrittura in corso.

_______________________________

* Perché qui, se non ve ne siete accorti, si sta girando un altro film…

Apr 15, 2016 - considerazioni sparse, scribblemania, teatro    Commenti disabilitati su Bei Ricordi Productions

Bei Ricordi Productions

TakingNotesIl film inizia con un’inquadradura stretta sulle pagine di un taccuino – un Moleskine, per la precisione – e una penna che corre, corre e annota… C’è una penombra strana e dorata e si sentono delle voci. Due voci maschili. Due voci maschili che recitano.

“…Nessuno lo dirà – perché nessuno ne saprà nulla.”

“Lo saprò io. E dovrò vivere con il pensiero di aver bruciato…”

La penna si ferma, l’inquadratura si allarga… Vediamo il proscenio di un piccolo teatro e capiamo che la luce dorata viene dal palcoscenico, dove due uomini stanno recitando. Poi vediamo tra le quinte un altro attore in costume e una direttrice di palcoscenico con il copione in mano, poi vediamo la platea piena – e in prima fila, di lato, la Clarina con il moleskine e la penna. Sta ascoltando in piena concentrazione…

“…Le debolezze umane. Non credo che ti biasimerebbe.”

“Tu non credi.”

La Clarina storce il naso e riprende ad annotare. La signora in tailleur seduta accanto a lei, che la sta sbirciando da un po’, non resiste oltre: si china di lato e le bisbiglia: “È una giornalista?” La Clarina scuote la testa con un piccolo sorriso misterioso e torna ad annotare, e annotare, e annotare…

Musica.

Montaggio:

La Clarina è rannicchiata su uno sgabelletto dietro le quinte, sempre armata di penna e taccuino. In scena – e lo vediamo di lato – l’attore che prima era dietro le quinte sta parlando con uno degli altri due.

“…Una faccenda più drastica, quando si è fatti di carne e d’ossa…”

La platea – gente diversa – ridacchia. La direttrice di palcoscenico da una piccola gomitata alla Clarina, e le due scambiano un sorriso. La Clarina torna ad annotare, annotare, annotare…Audience

Poi panoramica sulla platea – altra gente ancora – fino all’ultima fila, alla cui estremità la Clarina siede vicino alla consolle luci.

“Bisogna pregare gli dei di dispiacerti!” esclama una voce femminile dal palcoscenico che non vediamo.

La Clarina cerca di annotare nella semioscurità. Il tecnico delle luci la guarda, sospira e modifica appena appena l’orientamento della lucetta della consolle, in modo da illuminare un pochino le pagine del moleskine… La Clarina lo ringrazia con un cenno e torna ad annotare, annotare, annotare…

E potremmo andare avanti – ma fermiamoci qui. Vi siete fatti un’idea. Questo è il film che è entrato in programmazione nella mia testa quando mi sono messa a cercare gli appunti che avevo preso a suo tempo in vista della riscrittura di cui vi dicevo. Sera dopo sera in platea o dietro le quinte, ad annotare quel che non funzionava affatto o funzionava solo un po’, quel che mancava e quel che era di troppo… Pagine e pagine e pagine di appunti. Un piccolo, pittoresco film – starring la Clarina nel ruolo de L’Autrice Drammatica Alle Prime Armi.

Il che era di soddisfazione anche solo come ricordo – ma prometteva anche di essere d’aiuto: pagine e pagine e pagine d’appunti, giusto? Dovevo solo cercarli, trovarli e farne buon uso. E così mi sono messa a cercare.

Diciamo, per amor di brevità, che dopo una certa quantità di safari sono riuscita a trovare il taccuino che usavo allora. L’ho sfogliato trepidante, ho ritrovato la data giusta e…

E c’era poco più di mezza pagina di noterelle.

MoviePoco più di mezza pagina.

Qualcosetta di utile, qualcosetta di terribilmente generico. Mezza pagina o poco più.

E qui immaginate pure il mio grazioso film interiore che si spiaccica sul pavimento con rumore di semolino freddo…

E..

Fine della prima puntata!

Che ne è stato degli appunti della Clarina? Essi esistono da qualche parte? Riuscirà ella a riscrivere ciò che deve riscrivere? Come? Quando? Dove? Perché?

Non perdete il prossimo appassionante episodio de… La Clarina e gli Appunti Fantasma!

 

 

Apr 8, 2016 - scrittura, teatro, Vitarelle e Rotelle    Commenti disabilitati su Qualcosa di Vecchio, Qualcosa di Nuovo…

Qualcosa di Vecchio, Qualcosa di Nuovo…

rewritingddPer varie ragioni… No, in realtà la ragione è una – e di quelle ottime e felici. E quindi per un’ottima e felice ragione ho ripreso in mano una cosa “vecchia”, e la sto rimaneggiando.

È qualcosa che volevo fare da anni – a dire il vero, dall’epoca in cui fu rappresentata per la prima volta. Da un lato, all’epoca ero molto inesperta, e dall’altro non avevo idea del concetto di workshop, per cui di un sacco di magagne mi resi conto solo nel vedere la faccenda in scena per la prima volta. Non tutte erano catastrofette, sia chiaro. È solo che, ne abbiamo parlato tante volte, ci sono cose che sulla carta funzionano e sul palcoscenico no, ed è qualcosa che all’epoca non sapevo.

O forse lo sapevo soltanto in teoria, perché ripeto: fin da allora volevo rimetterci le mani. Ricordo che un amico con cui ne avevo parlato reagì con molta perplessità: ma è stato rappresentato… è stato pubblicato! Come puoi volerlo modificare?

E io gli dissi che non c’è una sola delle mie cose rappresentate e pubblicate che non voglia modificare in qualche modo. Perché col passare del tempo, per fortuna, s’impara. Si continua a leggere, a scrivere, a studiare, ad andare a teatro, a sperimentare, a rileggere, ad avere di quei momenti Come, Come, Come Ho Potuto Scrivere Questo?…

E adesso mi capita questa magnifica occasione per riscrivere – almeno in parte – questa cosa. E credo che sia un bene farlo adesso e non averlo fatto prima. Non averlo fatto allora, quando sapevo di dover fare qualcosa, ma non avrei saputo cosa fare di preciso né come farlo. Adesso… Adesso ho più esperienza, più tecnica, più maturità – e avrò un workshop, a quanto pare. A mio timido avviso, le cose promettono bene.Rewriting-Race-in-Admissions

E quindi ho ritrovato i miei appunti di allora (un po’ fortunosamente, a dire il vero – perché non solo sono disordinata oltre ogni dire, ma ho anche un’immaginazione cui degli appunti piace romanticizzare forma, quantità e collocazione) e mi sono messa al lavoro. Ed è un bizzarro ritrovarsi con i miei personaggi di allora, con la storia e con questa Clarina di Cinque Anni Fa… Soprattutto con lei, che ritrovo così acerba e inesperta…

Ah well, è istruttivo. Davvero tanto.

E così siamo al lavoro, la Clarina Di Cinque Anni Fa e io, attorno ai blocchi del play in fieri. Non era più in fieri – era decisamente finito, quando l’ho consegnato alla compagnia. Però adesso è di nuovo in fieri, e il fatto si è che mi piace. Mi piace enormemente spingere a posto qualcosa di vecchio, qualcosa di nuovo, qualcosa di (tecnicamente) prestato… Non credo che ci sia qualcosa di blu, ma fa lo stesso. Finalmente a posto.

 

Apr 6, 2016 - Shakespeare Year, Storia&storie, teatro    Commenti disabilitati su Coriolano

Coriolano

Avevo detto che mi sarei messa a caccia di Shakespeare che non avevo mai visto in scena, giusto?

Coriolanus2Ebbene, ho cominciato con il Coriolanus del 2013 al Donmar Warehouse. E dopo averlo visto posso solo dire che è un peccato che non lo si rappresenti di più.

Nel mondo anglosassone gode di più attenzione, ma in Italia? Pressoché nulla – e secondo me è un peccato. Titolo tardo, di datazione incerta tra il 1605 e il 1610, ultimo tra i Roman Plays, e ispirato a un Plutarco  malsicuro di cui gli storici moderni dubitano un nonnulla, Coriolano è una storia potente con un protagonista singolare.

Il Caio Marzio di Shakespeare è un aristocratico generale romano, soldato di prim’ordine, patriota e onest’uomo che, nell’atto primo, strappa ai Volsci la città di Corioli quasi da solo. Di conseguenza se ne torna a Roma in trionfo, e il Senato gli tributa il cognomen onorifico di Coriolano, e tutto andrebbe bene – se non fosse che Marzio ha due problemi: una madre ingombrante e un’assoluta incapacità per le pubbliche relazioni.

Uomo di rara arroganza, con un’avversione per il governo popolare e nessuna timidezza nel farlo sapere, l’ormai Coriolano sarebbe ben contento di continuare a fare il generale e tempestare occasionalmente contro la plebe e i suoi tribuni – ma la mamma, la temibile matrona Volumnia, lo spinge a correre per il consolato… e lui alla mamma proprio non sa dire di no. Coriolanus

Il guaio è che per diventare console bisogna corteggiare il voto della plebe… E Coriolano ci si lascia indurre, ma con tale malagrazia che, pur dopo averlo acclamato per meriti di guerra, il popolo si lascia rapidamente convincere a ritrattare dai tribuni Bruto e Sicinio. Chiamato a difendersi e accusato di tradimento, Coriolano s’infuria e dice tutto quello di cui i suoi nemici hanno bisogno – e si ritrova bandito da Roma.

Ferito nell’orgoglio, non trova di meglio che rivolgersi proprio ai Volsci, proponendo loro di condurli contro quella città ingrata che è Roma… Apparentemente i Volsci riconoscono un generale quando lo vedono, e ben presto Roma si ritrova addosso i vecchi nemici in avanzata travolgente. Inizia la processione di supplicanti, ma Coriolano respinge al mittente commilitoni e amici – finché qualcuno non ha il colpo di genio: mandiamogli la mamma!

E lo dicevamo: alla mamma Coriolano non sa dire di no. Volumnia riesce dove tutti gli altri avevano fallito. Per amor suo Coriolano depone la sua furia e si adopera per una pace tra Romani e Volsci. Ma naturalmente non tutti i Volsci sono contenti, soprattutto il generale che aveva accolto Coriolano esule… Come dire? Non va a finire bene.

Ecco, in teoria questa dovrebbe essere la storia di un aspirante despota che disprezza il popolo e grida e pesta i piedi ogni volta che le cose non vanno come vuole lui, e in effetti è così che molti registi moderni l’hanno interpretata – Berthold Brecht per dirne uno. Ma il fatto è che il Coriolano di Shakespeare non è affatto un mostro. È sprezzante e abrasivo – e al tempo stesso onorevole, umano e capace di generosità. Alla sua arroganza si contrappone la doppiezza meschina dei tribuni, e la sua ferocia vendicativa si risveglia di fronte a quello che ritiene un oltraggio mortale e incomprensibile – salvo poi sciogliersi di fronte alle suppliche di Volumnia. E d’altra perte questo è lo Shakespeare maturo, dove nulla è mai solo bianco o nero. Coriolano è un pericolo per sé e per il prossimo, ma c’è spazio per le sue ragioni.

Coriolanus3Dopodiché molto dipende dalle intenzioni registiche e dal carisma del prim’attore. Josie Rourke ha costruito una produzione asciutta e piena di ritmo, in cui qualche sedia, una scala e un po’ di vernice restituiscono un’antichità scura, sanguinosa, tutta spigoli. E in tutto ciò il giovane Coriolano di Tom Hiddleston funziona alla perfezione. Noi spettatori storciamo il naso davanti alla sua superiorità sprezzante e assoluta incapacità di vedere le ragioni altrui, e però non fatichiamo troppo a capire la sua riluttanza a umiliarsi. Rabbrividiamo davanti alla sua sete di vendetta, ma comprendiamo il suo risentimento nel sentirsi tradito…

Insomma, una storia sullo scontro tra l’individualità potente e le necessità della politica, sull’incapacità di comprendere il resto del mondo, sul significato della lealtà, sul prezzo delle scelte, sull’impossibilità di certa coerenza… Coriolano meriterebbe più attenzione – al di là delle letture ideologiche.

Mar 16, 2016 - considerazioni sparse, teatro    Commenti disabilitati su Potere del Teatro…

Potere del Teatro…

Reminiscenza sparsa – abbiate pazienza.

CardiffQuando studiavo a Cardiff, andai a teatro a vedere The School for Scandal, di Sheridan. Quella sera una mia compagna d’appartamento dava una festa e mi aveva invitata – ma io avevo il biglietto per Sheridan da mesi, e nessuna intenzione di rinunciare. Tanto meno per una festa perché, confesso, non sono mai stata un animale da feste. Per cui, quando la coincidenza di date saltò fuori, feci del mio meglio per nascondere che ero molto meno dispiaciuta della mia coinquilina.

“Ma non preoccuparti,” mi disse lei. “Quando torni saremo ancora qui.”

Ecco, a questo non avevo pensato – ma sull’Isoletta si a a teatro presto e si finisce presto… Il che significava che, invece di tornarmene in tempo per salutare e ritirarmi nella mia stanza, mi sarei ritrovata nel bel mezzo di una festa piena di sconosciuti in buona parte brilli anzichenò. D’altra parte, non c’era modo di evitarlo.

La sera in questione, dopo avere aiutato a fare le tartine, indossai il mio abitino blu da teatro e da concerto, salutai le mie flatmates, presi l’autobus e sbarcai davanti al New Theatre. Avevo un buon posto di platea, e lo spettacolo fu incantevole. Regia, interpreti, luci, scene, costumi… Oh, le meravigliose voci – e vorrei tanto ricordarmi chi fosse l’attore che interpretava Joseph Surface. In realtà all’epoca tenevo un diario, e volendo potrei cercarlo e risalire. Forse ci ritroverei persino dentro la locandina… Ma sono pigerrima e quindi accontentatevi  di sapere che Joseph ci conquistò tutti e che l’insieme fu delizioso e perfetto. Sheridan

Uscii da teatro nella più felice delle disposizioni, e nemmeno il fatto di avere perso l’autobus bastò a scalfire il mio entusiasmo. Era una sera primaverile deliziosa, così m’incamminai a piedi strologando sulla possibilità di mettere in scena Sheridan prima o poi e sull’opportunità di far interpretare Joseph Surface al protagonista di ciò che stavo scrivendo (un attore, manco a dirlo…) e altre amenità del genere. Ero così presa dalla mia bolla teatral-narrativa che ero persino decisa a divertirmi a quel che restava della festa. Non era possibile essere a disagio o men che festevoli nello spirito in cui ero, giusto? Per una volta nella mia vita, auspici Sheridan e Talia, mi sarei divertita a una festa in cui non conoscevo quasi nessuno – e che diamine!

E poi arrivai alla residenza, e la festa era ancora in corso, e l’appartamento era pieno di sconosciuti brilli anzichenò, e a nessuno interessava men che nulla della mia meravigliosa serata a teatro – ma d’altra parte la musica era altissima e non c’era modo di parlare nemmeno volendo – e il mio abitino blu e le mie scarpette col tacco erano del tutto inadatti alla situazione, e mancavano ancora due ore abbondanti all’orario limite che la mia coinquilina era riuscita a strappare al responsabile…

Così, con la scusa di andarmi a cambiare, me ne fuggii in camera e mi misi a scrivere, ragionevolmente certa che nessuno avrebbe sentito la mia mancanza. All’ora in cui la musica finì il mio protagonista aveva incantato Londra con il suo Joseph Surface, e io avevo recuperato la certezza di non essere un animale da feste, né passibile né, tutto sommato, specialmente desiderosa di diventarlo.

“E intendi trarre una morale da tutto ciò, o Clarina?”

Una morale? Santo cielo, no – ma potrei osservare che, per quanta fiducia si nutra nel potere del teatro, forse è meglio non aspettarsene cose irragionevoli. Euforia, idee, capitoli decenti – sì. Mutamenti repentini dell’umana natura… not so much.

 

 

 

Mar 9, 2016 - blog life, teatro    Commenti disabilitati su E le Cronache Teatrali?

E le Cronache Teatrali?

TeaÈ mattina. Mattina presto. Praticamente il cuore della notte. È l’ora del post. La Clarina beve tè e fissa lo schermo con l’aria di chi si è strappato al sonno dei giusti prima di quanto le paresse bello – ma è così che va. Se la Clarina andasse a dormire prima, forse non andrebbe così – ma che vogliamo farci? La Clarina si rinfranca con un altro sorso di tè bollente, nella speranza che l’Earl Grey induca i neuroni a stropicciarsi tra di loro e generare qualche genere di scintilla… All’improvviso odesi dall’aere una voce che non s’udiva da tempo.

Senza Errori di Stumpa – Sai che cosa mi manca, o Clarina?

La Clarina (sobbalza, inala il suo sorso di tè, tossisce) – È il modo? Dopo mesi ti fai risentire e lo fai così?

SEdS – Non rovesciare il tè sulla tastiera, vuoi? Il latte non fa bene.

C – Sciagurato. Sconsiderato. Catastrofe. Disastro…

SEdS – Whatever. Anch’io sono contento di rivederti. E buongiorno anche a te. Ma dicevo – lo sai che cosa mi manca?

C – No…

SEdS – Lo sai che cosa manca a te e anche a me?

C – Sono in trepida attesa di scoprirlo.

SEdS – Lo sai che cosa manca a me, a te – e, scommetterei la testa, anche ai lettori?

C – Tu non hai una testa.

SEdS – Non essere letterale, o Clarina. Lo sai che cosa manca?

TheatreSDC – No, bloggerello. Non lo so. Illuminami. Che cos’è che manca a te, a me e ai lettori?

SEdS – Percepisco un nonnulla di sarcasmo…

C – Non so che cosa te lo faccia pensare, blogo – ma se non mi dici all’istante che cos’è che manca a tutti e a ciascuno, giuro che ti rifilo un post sulla differenza tra le edizioni 1923 e 1924 della Guida del Touring della Lombardia occidentale.

SEdS – Così acidognola la mattina presto…

C – Blogo…

SEdS – Acidognola e malmostosa.

C – Continua così e aggiungo anche l’edizione 1926.

SEdS – Come sarebbe Ventisei? E il Venticinque?

C – Niente Venticinque. Post zoppo, così ti rimane il rovello.

SEdS – Non lo faresti mai.

C – Vuoi scommettere?

SEdS – …

C – Appunto. E quindi dimmi: che cosa manca a tutti noi? Theatrecnf

SEdS (col sospiro di chi cede under duress) – Teatro, o Clarina. Ci manca il teatro.

C – Come sarebbe il teatro?

SEdS – Sarebbe che ci manca. Ci mancano quelle cose avventurose e pittoresche. Ci mancano le improbabilità, le trasferte, gli implumi, i disastri, lo Spirito del Bardo, persino lo Spirito di Kit… Ci manca vederti affannata e sconcertata. Ci manca la condizione naturale del teatro, i miracoli dell’ultimo minuto, i pulmini, gli applausi…

C – Oh.

SEdS – Non manca anche a te, tutto questo?

C – Sì… È che ultimamente succede un po’ di meno… E anche quando succede… er.

theatrebngSEdS – Non credere che non lo sappia, che queste storie ultimamente le scrivi su Scribblings.

C –  Stai per esplodere in una crisi di gelosia fiammeggiante?

SEdS – No…

C – Stai per aprire le opere idrauliche?

SEdS – No…

C – Stai per farti venire le convulsioni? Il deliquio? I vapori?

SEdS – No, no, no, no! Ma rivoglio il mio teatro. Rivoglio le mie storie backstage! Rivoglio il mio nonsense dietro le quinte! È parte del mio fascino, che cosa credi? Lo rivoglio, lo rivoglio, lo rivoglio!!!

C – Ecco, appunto. Niente vapori, vero?

SEdS (con voce lacrimosa che va svanendo nell’aere) – Lo rivoglio… -oglio… -oglio… -oglio…

C – Heavens above…

La Clarina svuota d’un fiato quel che resta del tè. Che blog temperamentale… Ma è possibile che non abbia tutti tuttissimi i torti? Ah well, o Lettori. Forse è ora di tornare alle Cronache Teatrali. Ebbene, ricompariranno.

 

Feb 15, 2016 - grilloparlante, Shakespeare Year, teatro    Commenti disabilitati su Amici

Amici

Esiste davvero, l’amicizia? L’amicizia perfetta e virtuosa di Cicerone, l’amicizia dispari di Aristotele, l’amicizia idealizzata di Montaigne… A Shakespeare non interessavano le dispute filosofiche – ma le loro applicazioni nella vita e su un palcoscenico. E in un mondo che ancora si provava addosso il nuovo concetto d’amicizia post-feudale quando già era diventato (forse) un idillio fittizio, le opere del Bardo sono piene di amici che si perdono e ritrovano, si tradiscono e si uccidono, si contendono una donna e se la cedono a vicenda, rischiano la vita l’uno per l’altro. Veri e falsi amici, legati da uncini d’acciaio – come Polonio raccomanda a Laerte. Legati nel bene e nel male da vincoli che salvano, mettono nei guai o uccidono, né più né meno dell’amore… Oh – e a proposito: in tutto questo le donne dove sono?

Ne parliamo oggi pomeriggio alla Libera Università del Gonzaghese, nel secondo incontro del ciclo “Malvagi, Amici, Amanti.”

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Gen 13, 2016 - grillopensante, scrittura, teatro    Commenti disabilitati su E Intanto il Pubblico Che Fa?

E Intanto il Pubblico Che Fa?

JeffHatchHam_Edit_32514State a sentire che cosa dice Jeffrey Hatcher nell’introduzione al suo libro The Art and Craft of Playwriting. Traduzione mia:

Magari col vostro dramma volete rimediare a un torto, o espiare una colpa, o far ridere, o cambiare il mondo… Ok – ma ricordatevi sempre questa domanda – che R. Elliott Stout, il mio insegnante di teatro alla Denison University, aveva incorniciato e appeso sopra la sua scrivania:

E INTANTO IL PUBBLICO CHE FA?

David Mamet […] una volta disse che far passare al pubblico due ore in un teatro significa chiedere molto a una persona. Contate le ore che anche il più occasionale degli spettatori passa là al buio*,  e vedrete che prima di compiere ottantatre anni, a quello spettatore occasionale piacerebbe riaverne indietro parecchie, di quelle ore… Ecco, il nostro mestiere a teatro è far sì che il nostro ottuagenario non rimpianga un singolo momento di quelli che ha passato al buio in platea.

Pensate a tutte le volte in cui siete andati a teatro alla fine di una giornata lunga, dura e faticosa. Dio sa com’è che avete il biglietto, e mentre si fanno le otto, volete solo andarvene e tornare a casa il prima possibile. Dando un’occhiata al programma scoprite con orrore che lo spettacolo ha non uno ma due intervalli. Sarete fortunati se siete a casa per le undici o mezzanotte… Cercate con gli occhi l’uscita, ma prima che possiate fare la vostra mossa la folla si zittisce, le luci di sala si spengono e voi siete intrappolati – e sotto sotto sapete che mettersi a strillare “al fuoco!” sarebbe brutto… Ed ecco che sono passati quaranta minuti, le luci si riaccendono, la folla sciama verso il foyer – e voi non vedete l’ora di scoprire che cosa succederà nel secondo atto. Tornate alla vostra poltrona ben prima che si apra il sipario, perché non volete perdervi una parola. E all’improvviso è il secondo intervallo, e questa volta non vi alzate affatto, perché state discutendo il dramma con lo sconosciuto seduto accanto a voi. E poi le luci si spengono di nuovo, e prima che ve ne accorgiate il sipario si è richiuso definitivamente, gli attori hanno lasciato il palco e voi siete ancora impegnati ad applaudire, siete ancora lì al vostro posto e non volete andarvene, e state cercando di ricordarvi l’ultima volta che vi siete sentiti così a teatro…

Ecco, questo è il nostro mestiere di autori teatrali. È quel che facciamo: questa gente stanca, che avrebbe tutte le ragioni per tornarsene a casa, noi la obblighiamo a restarsene incollata alla sua poltrona. E a volerci restare. E a tornare la prossima volta.

Ecco. Sì, sì – . È quello che facciamo. Quello che vogliamo fare. Rendere lla gente in platea felice di essere obbligata in questo modo.

Credo di volerla incorniciare a appendere anch’io, questa domanda…

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* Be’, è ovvio che le ore in questione tendono ad essere di più in un paese anglosassone…

Dic 18, 2015 - gente che scrive, Storia&storie, teatro    Commenti disabilitati su Revisioni in Corsa

Revisioni in Corsa

dumas-william-henry-powellAdoro quelle storie dietro-le-quinte in cui gli autori modificano i loro drammi dopo il primo contatto con il pubblico – per lo più in risposta alla reazione del pubblico stesso, ma qualche volta… be’, perché hanno cambiato idea. Le adoro almeno al pari – e in almeno un caso persino di più – delle opere di cui parlano.

Per esempio, c’è questa storia di Alexandre Dumas Père che, dopo la prima del suo dramma storico Christine, fece le ore piccole insieme ai suoi amici Victor Hugo e Alfred the Vigny, per riscrivere qualche centinaio di versi che erano parsi un po’ legnosi. Viene da chiedersi quanto sia piaciuto agli attori dover mandare a memoria “qualche centinaio di versi”  tra il debutto e la prima replica – ma l’idea di questi giovani scrittori che collaborano febbrilmente per tutta una nottata primaverile è meravigliosa. Dalle due alle sei del mattino, dice l’aneddoto. Che nottata per il Romanticismo francese! FeliceCavallotti

Poi c’è Cavallotti – di cui abbiamo parlato a proposito di Agnese e Nulla Più. Cavallotti vendette la sua agnese ad Alamanno Morelli, celebre capocomico, che la fece debuttare a Roma. E il pubblico apprezzò moltissimo fino al quarto atto – e poi diventò freddino… E questo continuava a succedere rappresentazione dopo rappresentazione… Nondimeno, Morelli portò l’Agnese a Firenze, e poi a Torino, e la Freddezza da Quart’Atto continuò a prodursi, e ci vollero mesi prima che a qualcuno venisse in mente di consultarsi con l’autore. Cavallotti seguì a una rappresentazione, osservò il bizzarro fenomeno e fece una cosa molto sensata: chiese lumi a qualche membro del pubblico. E soprattutto le signore espressero la loro disapprovazione nei confronti di una scena che pareva loro “troppo violenta.” Avendo letto la tragedia nella versione originale, posso dire che a noi cinici del XXI Secolo sembra tutto molto blando – ma è chiaro che nel 1873 l’effetto era diverso. Cavallotti, uomo saggio, potò la scena -e l’Agnese continuò in scena con gran successo.

schillerIl caso del Don Karlos è un pochino diverso, visto che Schiller cambiò idea ben prima che il dramma arrivasse in scena – ma dopo che il primo paio d’atti era stato pubblicato (con gran successo e non poco scandalo) sul Deutsche Merkur. Solo allora A Schiller venne in mente di leggersi un po’ di storia spagnola* – e scoprì che non solo aveva fatto un gran pasticcio storico, ma anche che Re Filippo era un personaggio molto più complesso e interessante del Carletto eponimo. Peccato che quel che era già stato pubblicato non si potesse più cambiare… E così Schiller fece un’inversione di marcia là dove era arrivato e, quando si legge il Don Karlos per intero, si vede perfettamente il punto in cui l’autore cambiò idea, levò la scena al povero Karlos e concentrò il dramma sul Re e su Rodrigo di Posa, l’amico fittizio di Karlos. Marlowe

E che dire dell’unica pagina manoscritta del Massacro a Parigi arrivata fino a noi – forse** autografa di Marlowe – che contiene una versione del monologo di Guisa più lunga di quella che si vede nell’unica (e dubbia) pubblicazione in octavo sopravvissuta? In qualche modo fatico a immaginare Marlowe che cassa anche uno solo dei suoi preziosi versi – e comunque morì appena pochi mesi dopo il debutto del Massacro ad opera della Compagnia dell’Ammiraglio… Forse la versione pubblicata è un’edizione pirata dettata da qualche attore con poca memoria e ancor meno scrupoli? Oppure è una versione abbreviata, fatta per essere portata in provincia? E se sì, chi la adattò? Magari Shakespeare e Munday, come suggeriscono alcuni studi recenti? Sia come sia, le differenze tra la pagina manoscritta e il decisamente inferiore testo a stampa aprono un’affascinante finestra su pratiche e abitudini del teatro elisabettiano.

E vedete perché adoro queste storie? Ciascuna ci lascia intravedere il processo creativo e la personalità di un autore, la vita dietro le quinte in un altro secolo… È sempre dove le cuciture non sono perfette, dove si apre qualche crepa e si possono sbirciare le ruote del meccanismo, che si annidano le storie, in attesa di essere scritte.

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* E a costui Goethe procurò una cattedra di Storia all’Università di Jena…

** Saremmo tutti più felici in proposito se la pagina l’avesse trovata qualcuno che non fosse John Payne Collier – notevole studioso ma, alas, anche falsario compulsivo.

 

Dic 6, 2015 - cinema, Storia&storie, teatro    2 Comments

Povero Giovanni…

PoorJohnSì, sì – povero Giovanni. Giovanni Senzaterra. John Lackland.

Ho una simpatia per lui. Il re più maltrattato della e dalla storia d’Inghilterra. Perché se poi si va a vedere, lo si trova buon amministratore e buon soldato, più sfortunato che altro, e tormentato dal confronto con quell’irresponsabile di suo fratello – il cosiddetto Buon Re Riccardo, la cui bontà, alla fin fine, consisteva principalmente nell’essersene stato lontano dall’Inghilterra per la maggior parte del tempo. Facendosi, incidentalmente, improgionare a fini di riscatto. Esorbitante riscatto – che Giovanni dovette pagare.

Ma no: il Buon Re Riccardo, il Baldo Robin Hood e compagnia cantante – e il Malvagio Principe Giovanni.

E poi arriva Walter Scott – e tutti sappiamo che razza di danni fosse capace di fare.

Uno dei pochi ritratti non del tutto negativi (il che non equivale precisamente a dire positivi) del povero Giovanni è quello di Shakespeare – King John. Che tra parentesi, io avrei molta voglia di leggere un momento o l’altro: che ne dite, o Gente del Palcoscenico di Carta?

Chiusa parentesi e veniamo a oggi, con uno scampolino di film del 1899, nientemeno. Un pezzettinino di Herbert Berbohm Tree – star delle scene inglesi a cavallo tra Otto e Novecento – nei panni del John shakespeariano. Solo un minuto – ed è teatro filmato, badate, nemmeno un film muto. Ma è molto pittoresco a vedersi, per la maniera e le convenzioni teatrali di un altro tempo, perché credo che sia tutto quel che resta da vedere di Tree, perché mostra uno dei primissimi anelli fra teatro e cinema…

E la musica è selvaggiamente inappropriata, e davvero non so come e a chi sia parso bello appiccicarla alla scena… Una volta di più: povero Giovanni. Magari guardatelo muto e accostateci… non so, la Morte di Aase del Peer Gynt? Un movimento a scelta della Patetica di Tchaikovskij?

E buona domenica.